Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/307

Anno 307

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Anno di Cristo CCCVI. Indizione X.
SEDE PONTIFICIA VACANTE.
GALERIO MASSIMIANO imper. 3.
MASSENZIO imperadore 2.
MASSIMIANO ERCULIO imper. 2.
COSTANTINO imperadore 1.
LICINIO imperadore 1.
Consoli

MARCO AURELIO VALERIO MASSIMIANO AUGUSTO per la nona volta e FLAVIO VALERIO COSTANTINO CESARE.

Col Relando2948, appoggiato ad alcuni Fasti, ho ben io enunziati i consoli suddetti; ma avvertir debbo i lettori che gran confusione cominciò ad introdursi nei consolati per questi tempi, a cagion delle turbolenze e divisioni insorte nel romano imperio, e dei molti regnanti fra loro discordi. Altri consoli furono fatti in Roma da Massenzio e da Massimiano, ed altri da Galerio Augusto nell’Oriente. I sopra enunziati sembrano i Romani. Gli altri, secondo i Fasti di Teone, furono Severo Augusto e Massimino Cesare. Forse anche Costantino fu promosso da Galerio al consolato, solamente dopo la morte di Severo. Alcuni, per non fallare, usarono allora di notare il post consulatum dei consoli dell’anno precedente. Giusteo Tertullo esercitò in questo anno la prefettura di Roma. Da che conferita fu da Massenzio l’augustal dignità a Massimiano Erculio suo padre, questi per maggiormente imbrogliare le carte, e dar da pensare a Galerio, scrisse lettere a Diocle, o sia Diocleziano, che [p. 1081 modifica]si godeva la quiete in una villa di Salona, dove si era fabbricato un sontuoso palazzo e un delizioso orto e giardino, invitandolo ed esortandolo a ripigliar la porpora imperiale. Son di parere altri che questo succedesse più tardi. Diocleziano, che più senno di lui e meno ambizione avea, tosto rigettò la proposizione, con dire al messo2949: Oh se vedesse i bei cavoli piantati di mia mano qui in Salona, al certo non darebbe il cuore a Massimiano di tentarmi in questa maniera. Che anche Galerio tentasse Diocleziano, lo scrive ben Aurelio Vittore, ma non par credibile. Che poi fosse veramente disingannato esso Diocleziano della vanità del regno, si può anche raccogliere da Vopisco2950, il quale racconta di avere inteso da suo padre, come questo principe attestava, non esserci cosa più difficile che il ben regnare; perchè dicea che quattro o cinque persone del primo ministero si collegano insieme per ingannare il padrone, e tutto ciò che esse vogliono san farlo volere a lui. Imperciocchè, aggiungeva egli, non potendo il principe, collo stare nei suoi gabinetti, veder le cose co’ proprii occhi, crede di operar saviamente stando sulla fede di molti che gli attestano la medesima cosa. E intanto nulla egli vede, nè sa la verità, e qualunque sia la sua buona intenzione, capacità e prudenza, egli è ingannato e venduto, e dà le cariche a chi meno le merita, e le toglie a chi sarebbe più atto ad esercitarle. Allorchè Galerio Massimiano Augusto ebbe intesa la ribellion di Massenzio genero suo, parve che non se ne mettesse gran pensiero2951, ben sapendo che egli era un solennissimo poltrone, ed immerso nei vizii, per i quali in vece dell’amore si guadagnerebbe l’odio di tutti. Però senza curarsi di venir egli in persona ad abbattere questo idolo (il che se avesse fatto, sarebbono forse passati gli affari a seconda dei suoi desiderii), diede questa incombenza a Severo Augusto sua creatura, a cui particolarmente apparteneva il governo dell’Italia. Venne Severo in Italia nell’anno presente con una buona armata, ma composta la maggior parte di milizie, che due anni prima aveano servito a Massimiano Erculio, ed ansavano di tornare alle delizie di Roma. Però appena si presentò Severo alle mura di Roma, che Massenzio facilmente subornò con segrete offerte quell’armata, la quale, alzate le bandiere, e passata nel suo partito, rivolse l’armi contra di Severo. Altro scampo adunque non restò a costui che di prendere la fuga, ed incontratosi in Massimiano, che probabilmente conduceva rinforzi di gente a Roma, il più che potè fare fu di ritirarsi a Ravenna. Quivi fu bensì assediato da Massimiano, ma essendo quella città forte ed abbondante di viveri, apparenza non v’era di superarla2952. Superolla la frode, se è vero quanto narra Zosimo2953, perchè non si accordano in tutto con lui Eusebio ed Eutropio: cioè Massimiano con varie lusinghe, promesse e giuramenti il trasse a deporre la porpora e a venir seco a Roma. Giunto che fu Severo al luogo appellato le Tre Taberne, sbucò un agguato di armati ivi dallo spergiuro Massimiano preparati, che col laccio gli tolsero la vita, o pure, come ha l’Anonimo Valesiano2954, tenuto ivi in prigione, allorchè Galerio calò in Italia, fu fatto strangolare. Gli altri scrittori il dicono ucciso in Ravenna, e che per grazia gli fu permesso di morir dolcemente colle vene tagliate; e Lattanzio2955 lasciò scritto, che egli, veggendo disperato il caso, volontariamente s’era renduto a Massimiano. Pare che tal tragedia succedesse nel febbraio di questo anno. Rimase di Severo un figlio per nome Severiano, che [p. 1083 modifica]Licinio fece poi morire nell’anno di Cristo 313 per estinguere in lui ogni pretensione al dominio. Sbrigato da questo nemico, Massimiano Erculio ben conosceva che gli restava più da fare con Galerio Augusto, uomo temuto pel suo valore, ma più per la copia e possanza delle sue armi; giacchè ognun prevedeva ch’egli non lascerebbe invendicata la morte di Severo. Pertanto andò in persona a trovare il vecchio Diocleziano che si godeva un delizioso riposo nella sua villa di Salona, per muoverlo a riassumere la porpora imperiale. Gittò i passi, perchè Diocleziano vedeva il mare in burrasca, ed egli se ne voleva stare sicuro sul lido, di là mirando le altrui tempeste. Rivolse dunque Massimiano le speranze e i passi suoi a Costantino Cesare, che nelle Gallie, dopo le vittorie riportate contro ai Franchi, con gran credito di valore e di forze si godeva la pace2956. Per tirarlo nel suo partito, gli disse quanto male potè di Massenzio suo figliuolo, probabilmente esibendo di deporlo; il dichiarò ancora Imperadore Augusto, e gli diede in moglie Flavia Massimiana Fausta sua figliuola, chiamata così nelle medaglie2957, giacchè si suppone che fosse già mancata di vita Minervina sua prima moglie, o pur concubina e madre di Crispo suo primogenito, che fu poi Cesare. Perciò di qui cominceremo a contare gli anni dell’imperio di Costantino. Intanto calò in Italia con poderoso esercito Galerio Augusto, e venne a Roma, con trovare che si era ingannato in credere sufficiente quell’armata ad assediarla, perchè, non avendola mai veduta, non ne sapeva la vasta circonferenza. Arrivato a Terni, spedì Licinio e Probo a Massenzio suo genero, per indurlo a venire a trovarlo, e trattare d’accordo. Se ne rise Massenzio: dal che maggiormente irritato Galerio minacciava l’eccidio al genero, al senato e a tutto il popolo romano2958. Ma seppe anche questa volta Massenzio sedurre una parte della di lui armata, perchè conoscendo costoro quanto fosse vergognosa azione che soldati romani volgessero l’armi contra di Roma lor madre, non durarono fatica ad abbandonar Galerio, per darsi a Massenzio. Avrebbe fatto altrettanto il resto dell’armata di Galerio, s’egli, gittatosi ai lor piedi, non avesse con preghiere e promesse frastornata la lor sollevazione. Sicchè fu costretto a levar l’assedio; e colui che si credeva di far paura a tutti, ebbe per grazia il potersene andare in salvo, pieno non so se più di rabbia o di vergogna. Nel tornarsene addietro, parte per impedire ai nemici il tenergli dietro, e parte perchè così avea promesso ai soldati restati con lui, loro permise di dare il sacco a tutto il paese per dove passò: nella quale occasione commisero tutte quante le enormità che si sogliono praticare nel saccheggio delle nemiche prese città. Ebbe in questa maniera Galerio il comodo di tornarsene nella Pannonia, ma con lasciare in Italia il nome non d’Imperadore, ma di assassino de’ Romani. Mentre tali cose succedeano in Italia, Massimiano Erculio, che dimorava nelle Gallie, avea ben conseguito che il genero Costantino Augusto non si unisse con Galerio, ma non potè già ottenere ch’egli prendesse l’armi contra del medesimo Galerio, ancorchè venissero le nuove ch’esso al maggior segno spelato e scornato se ne scappava dall’Italia. Indispettito il suo cuore per questo, se ne ritornò a Roma, e quivi col figlio Massenzio seguitò a signoreggiare2959. Ma l’ambizioso ed inquieto vecchio non sapea sofferire che si desse la preminenza al figliuolo, benchè da lui avesse ricevuta la porpora, nè che i soldati mostrassero maggior obbedienza ad esso suo figlio che a lui. Perciò pien di veleno cominciò sotto mano a procurar [p. 1085 modifica]d’alienare gli animi delle soldatesche da Massenzio; ma vedendo che non gli riusciva il tentativo, un dì, fatte raunar le milizie e il popolo, alla presenza del figliuolo, esagerò forte i mali e i disordini correnti dello Stato, e poi si rivolse con fiera invettiva contra Massenzio, attribuendo alla di lui poca testa e cattiva condotta la serie di tutti que’ malanni. Non avea lo indiavolato vecchio finito di dire, quando preso colle mani il manto purpureo del figliuolo, glielo strappò di dosso, e lo stracciò. Si contenne Massenzio in quel frangente, ed altro non fece se non che si rifugiò fra i soldati, i quali caricarono di villanie Massimiano, e si sollevarono contra di lui. Sembrerà a taluno una semplicità il dirsi da Zonara2960, che Massimiano volle dipoi far credere ai soldati che quella era stata una burla, per provare se amavano veramente suo figlio: il che nulla gli valse, perchè tanto strepito fecero le milizie, ch’egli fu forzato a fuggirsi di Roma. Se ne andò nelle Gallie a dolersi col genero Costantino d’essere stato cacciato dal figlio2961; ma Costantino, a cui non doveano mancare più sicuri avvisi del fatto, niun impegno volle assumere dell’inquieto suocero, di maniera ch’egli, dopo essere dimorato qualche tempo, ma senza vantaggio de’ suoi interessi, nelle Gallie, prese lo spediente di andar a trovare il maggior nemico che si avesse il figliuolo, cioè lo stesso Galerio Augusto. Fu creduto, per vedere se potesse aprirsi la strada a qualche tradimento per levargli la vita, ed occupar, se gli veniva fatto il suo luogo2962. Trovavasi allora Galerio nella Pannonia a Carnonto, dove avea fatto venir Diocleziano da Salona, per dar più credito alla elezione di un nuovo Augusto ch’egli meditava, per supplire la mancanza dell’ucciso Severo. Andarono falliti tutti gl’intrighi, tutte le speranze di Massimiano, per aver trovato quelle milizie fedeli a Galerio, e tentata invano la costanza di Diocleziano per fargli riassumere la porpora imperiale. Sicchè altro non gli restò che di assistere con lui e di dar vigore, per non potere di meno, alla promozione che Galerio fece di Licinio, dichiarandolo Augusto, avendogli forse ne’ precedenti mesi conferito il titolo di Cesare, come ha preteso taluno, e sembra confermato da Aurelio Vittore. Seguì tal funzione, secondo Idacio2963, nel dì 11 di novembre, non già dell’anno seguente, come ha esso Idacio, ma del presente, come si raccoglie dalla Cronica Alessandrina. Licinio che, creato Augusto, si trova appellato nelle medaglie2964 e nelle iscrizioni2965 Caio Flavio Galerio Liciniano Licinio, era nativo2966 anch’egli dell’Illirico, perchè venuto alla luce nella Dacia nuova, oggidì la Servia, di vile e rustica famiglia2967, ancorchè egli dipoi cresciuto in fortuna si vantasse di trar l’origine sua dall’imperadore Filippo. Passato dall’aratro alla milizia, niuna conoscenza avea delle lettere, anzi se ne protestava nemico dichiarato2968, chiamandole un veleno e peste dello2969 stato, e massimamente odiando gli avvocati e procuratori, ch’egli credeva atti solo ad imbrogliare ed eternar le liti del foro. L’amicizia fra lui e Galerio Augusto avea avuto principio fin quando si diedero entrambi al mestiere delle armi; ed ora poi cresciuta a tal segno la loro intrinsichezza, massimamente dipoi che di grandi prodezze avea fatto Licinio nella guerra co’ Persiani, che Galerio nulla quasi facea senza il di lui consiglio. Pertanto prima d’ora avea egli risoluto di crearlo Augusto, subito che fosse mancato di vita l’imperador Costanzo. Ma essendo stato prevenuto da Costantino, Galerio eseguì ora il suo disegno con dargli la porpora imperiale, disegnando poi di mandarlo a far guerra a Massenzio tiranno di Roma [p. 1087 modifica]e dell’Italia. Scrive Eusebio2970 che sul principio del principato di Costantino i Britanni posti all’Occidente dell’Oceano, si sottomisero al di lui dominio. Non so io dire, se ciò sia un fatto diverso da quanto si è narrato al precedente anno della guerra di Costanzo suo padre coi Pitti e Caledonii.