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si godeva la quiete in una villa di Salona, dove si era fabbricato un sontuoso palazzo e un delizioso orto e giardino, invitandolo ed esortandolo a ripigliar la porpora imperiale. Son di parere altri che questo succedesse più tardi. Diocleziano, che più senno di lui e meno ambizione avea, tosto rigettò la proposizione, con dire al messo2949: Oh se vedesse i bei cavoli piantati di mia mano qui in Salona, al certo non darebbe il cuore a Massimiano di tentarmi in questa maniera. Che anche Galerio tentasse Diocleziano, lo scrive ben Aurelio Vittore, ma non par credibile. Che poi fosse veramente disingannato esso Diocleziano della vanità del regno, si può anche raccogliere da Vopisco2950, il quale racconta di avere inteso da suo padre, come questo principe attestava, non esserci cosa più difficile che il ben regnare; perchè dicea che quattro o cinque persone del primo ministero si collegano insieme per ingannare il padrone, e tutto ciò che esse vogliono san farlo volere a lui. Imperciocchè, aggiungeva egli, non potendo il principe, collo stare nei suoi gabinetti, veder le cose co’ proprii occhi, crede di operar saviamente stando sulla fede di molti che gli attestano la medesima cosa. E intanto nulla egli vede, nè sa la verità, e qualunque sia la sua buona intenzione, capacità e prudenza, egli è ingannato e venduto, e dà le cariche a chi meno le merita, e le toglie a chi sarebbe più atto ad esercitarle. Allorchè Galerio Massimiano Augusto ebbe intesa la ribellion di Massenzio genero suo, parve che non se ne mettesse gran pensiero2951, ben sapendo che egli era un solennissimo poltrone, ed immerso nei vizii, per i quali in vece dell’amore si guadagnerebbe l’odio di tutti. Però senza curarsi di venir egli in persona ad abbattere questo idolo (il che se avesse fatto, sarebbono forse passati gli affari a seconda dei suoi desiderii), diede questa incombenza a Severo Augusto sua creatura, a cui particolarmente apparteneva il governo dell’Italia. Venne Severo in Italia nell’anno presente con una buona armata, ma composta la maggior parte di milizie, che due anni prima aveano servito a Massimiano Erculio, ed ansavano di tornare alle delizie di Roma. Però appena si presentò Severo alle mura di Roma, che Massenzio facilmente subornò con segrete offerte quell’armata, la quale, alzate le bandiere, e passata nel suo partito, rivolse l’armi contra di Severo. Altro scampo adunque non restò a costui che di prendere la fuga, ed incontratosi in Massimiano, che probabilmente conduceva rinforzi di gente a Roma, il più che potè fare fu di ritirarsi a Ravenna. Quivi fu bensì assediato da Massimiano, ma essendo quella città forte ed abbondante di viveri, apparenza non v’era di superarla2952. Superolla la frode, se è vero quanto narra Zosimo2953, perchè non si accordano in tutto con lui Eusebio ed Eutropio: cioè Massimiano con varie lusinghe, promesse e giuramenti il trasse a deporre la porpora e a venir seco a Roma. Giunto che fu Severo al luogo appellato le Tre Taberne, sbucò un agguato di armati ivi dallo spergiuro Massimiano preparati, che col laccio gli tolsero la vita, o pure, come ha l’Anonimo Valesiano2954, tenuto ivi in prigione, allorchè Galerio calò in Italia, fu fatto strangolare. Gli altri scrittori il dicono ucciso in Ravenna, e che per grazia gli fu permesso di morir dolcemente colle vene tagliate; e Lattanzio2955 lasciò scritto, che egli, veggendo disperato il caso, volontariamente s’era renduto a Massimiano. Pare che tal tragedia succedesse nel febbraio di questo anno. Rimase di Severo un figlio per nome Severiano, che