XII - Il Furore

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XI - Il Teatro XIII - All'Ancella


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Cessa: gli Dii mi tolgano
     All’odíata vista.
     Il crederai? per lagrime
     4Forza il mio sdegno acquista.

Tuo mi chiedesti: arrisero
     Gli avversi fati, il sono:
     Godi, se puoi, rallegrati
     8Di sì funesto dono.

Lasso! così celavasi
     Sotto al Tessalic’auro
     Il sangue infausto ad Ercole
     12Del traditor Centauro.

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Ardo: un gelato incendio
     Pel vinto cor s’aggira.
     Se non è questa, ahi misero!
     16Qual dell’Erinni è l’ira?

O gli occhi tuoi rivolgere
     Soavi in giro io veda,
     Fremo: tu sei colpevole
     20Di ricercata preda.

O i neri crin soggiacciano
     A leggi estranie e nove;
     Ohimè! di Leda piacquero
     24I neri crini a Giove.

Tremo, se ignote grazie
     Ostenta il petto, e ’l viso;
     A impallidir condannami
     28Una parola, un riso.

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Parlin segrete, accrescono
     Le ancelle i miei timori:
     Guai se il tuo seno adornasi
     32Di sconosciuti fiori.

M’è grave il dì: le tenebre
     Sul mio dolor non ponno;
     E indarno gli occhi invocano
     36Il fuggitivo sonno.

Egli non ode, o il seguita
     D’ombre drappel nefando,
     E i sogni a me presentano
     40Quel ch’io temea vegliando.

E un freddo orror la torbida
     Quíete infetta, e scioglie:
     Lascio le piume, e rapido
     44Accorro alle tue soglie.

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Taccion le porte immobili,
     Regna profonda pace;
     Ma nel comun silenzio
     48Il mio terror non tace.

E scintillar Lucifero
     Sul pallid’asse io vedo,
     E l’alba affretto, e ai talami
     52Gridando il Sol precedo.

Invan smarrita e attonita
     Rivolgi al cielo i lumi,
     E chiami in testimonio
     56Dell’innocenza i Numi.

In te di colpa indizio
     La mia ragion non trova,
     Il veggio, il sento; e crederti
     60Spergiura, e rea mi giova.

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D’ogni più nera istoria
     Gli esempj in te pavento.
     Inorridisci; io Biblide,
     64Io Pelopea rammento.

Ah m’abbandona, e lasciami
     Preda ai rimorsi miei:
     No, tu con me dividere
     68Lo strazio mio non dei.

Ahi questo dì medesimo
     Io barbaro, io profano,
     In te volea commettere
     72La scellerata mano.

Degni dell’opra il Tartaro
     Supplizj aver non puote:
     Non l’urne infami bastano,
     76Non d’Issíon le ruote.

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Nè fuggi? e in me s’affisano
     Pietosi i languid’occhi,
     E piangi, e supplichevole
     80Abbracci i miei ginocchi?

Cessa: del rio spettacolo
     Tutto l’orror comprendo.
     Cessa. Tu segui? ah, Furie,
     84L’abisso aprite: io scendo.