Adramiteno/Varianti lezioni dell'Adramiteno
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VARIANTI LEZIONI
DELL’ADRAMITENO
DELL’ESEMPLARE, CHE TROVASI FRA I MANOSCRITTI
DELLA BIBLIOTECA DI TORINO.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Ost. E se il rumor non senti,
Odi le voci d’un, che ti consiglia.
» D’Adramiteno omai
» L’amor poni in obblio.
» Il consiglio è fedel, pensaci, addio.
SCENA II.
Jet. L’altre vicende umane
Co’ Prenci Semidei
» Quasi non han, che far; son tutte vane.
» Dimmi se dico il vero.
SCENA III.
Aria tepida.
Così l’accesa foce
D’un cor, che non paventa,
» Si spegne nella brenta,
Se sente a nevicar.
SCENA IV.
Cib. Credimi, Asinio caro;
Prendi miglior partito,
Lascia l’armi, e l’amor, e fatti eunuco,
Asin. » Inique stelle! E poi?
Cib. Fra li più illustri Eroi
Avrà luogo il tuo nome.
Asin. » Oh santi Numi! E come?
Cib. Di più non ricercare;
Del furioso Orlando
» Sarai l’emulatore.
Asin. » Oh Sacripante! E quando?
Cib. Allorchè il sole perderà i suoi rai.
Asin. » E dove, dove mai?
Cib. Nel mare di Faenza,
Là dove ogni nocchiero
Già perde la pazienza.
» Nel gran Museo d’Ajace.
Asinio, ho detto assai, lasciami in pace.
Asin. » Uh dura legge! Oh Principessa audace!
SCENA V.
Som. Le sue nozze tentai sin dalle fasce;
» Ma contento non Mostrasi l’incauto
Mio consorte adottivo, il buon Ostilio.
» Or se fia mai, che il Prence
» Disperata mi lasci in abbandono,
Sdrucciola la mia sorte ec.
Cur. Quando ei nacque, non l’ebbe, al dir di Prisco;
» Nè mai dal Dio d’amore
» Collo stral fu distinto ec.
ATTO SECONDO.
SCENA III.
Cib. Veggo Marte, che s’adira,
Là un gigante, mi minaccia:
» Qui un leon mi guarda in faccia;
» Tutto freme contro me.
» Fermi, olà, che son regina.
» No, che son Ninfa vagante,
» Anzi sposa d’un Atlante.
» Ma lo sposo mio dov’è?
Parte e poi torna subito.
SCENA IV.
Cib. » Mettili pur, Signor, tutti sul fuoco.
Va nelle selve Ircane ec,
Mangia le carni umane,
» Orrendo Drago ingrato;
Poi vanne disperato
A vomitar il cor.
Parte Ciborra, e Adramiteno va nelle selve Ircane a vomitare il cuore.
SCENA V.
» Fondo d’antica torre in cima ad un Solajo defunto.
Curatore solo.
Misera umanità! parte.
SCENA VI.
Adramiteno ritornato dalle selve Ircane.
Or sì, che le mie glorie
Son giunte a seguo eccelso di grandezza!
Ciborra mi disprezza,
» E le passate istorie
Dell’Asiatica gente,
» Poichè in Ircania ho vomitato il core,
Mi chiameran fellone e traditore.
Cavatina accompagnata da varii stromenti di dote.
» Stelle, se ingiuste siete,
» Venite giù a cimento;
» Più rischi non pavento;
» Già tutto orror mi fa.
» Vengan pure con voi i Pirenei,
» Vengan salvo-condotti, ed Appennini,
» Ed isole, e pianeti, ed assassini.
E se qualcun a piè venir non puote,
Si serva pur del carro di Boote.
» Uno stridor di vento
» Veggo, che in mar s’innalza;
» La terra già si scalza,
» Il polo se ne va.
» Crepano gli elementi;
Freme di rabbia Euclide;
Ma il mio valor ne ride,
E niun si salverà. scappa via.
SCENA VII.
» Sala egregia, orsi penduli, e tre camere al quinto piano da affittare al prossimo ospedale.
Asinio, e Somarinda.
Som. Se d’Ostilio non mente la favella ec.
SCENA VIII.
Ost. » Così dicea de’ Genii alla presenza
» L’idiota Cavalier con veemenza ec.
Nel fine della scena in vece dell’altra si legge la seguente
Aria dell’Autore.
» Qui finisce il second’atto,
» Nè si canta o aria, o duetto:
» Chi ha sonno vada a letto,
» E si ponga a riposar.
» Chi non l’è, diventi matto,
» Rompa gli argini del fiume;
» E di notte senza lume
» Cerchi l’acqua in mezzo al mar.
ATTO TERZO.
Antico palazzo ec.
SCENA I.
Ciborra colla maglia in testa inghirlandata di fiori e di belzoino, e di matricaria, con giubba ricamata a fior di latte, e sottanino a forma di brevetto; indi Adramiteno con guardie corporee.
Cib. » Grazie, o beati Numi Anacreonti
» Eccomi giunta al fin d’ogni tormento.
»A voi torno, e già un tempo amici fonti,
» Già mia delizia, or del mio mal conforto.
» Respira, anima mia, eccoci in porto.
» Ah! sì furbette:
» Mie passerette,
» Voi festeggiate ec.
Cib. Anzi son grata
Al tuo amor, a’ tuoi doni:
Pur, se rifiuto la tua destra, e il soglio,
Sol per tuo ben divento ingrata, e voglio,
Che il mio error tu perdoni.
» Si tesse in Roma un’insidiosa trama:
» Elvia matrona, Elvia superba brama,
» Di salir sposa tua teco all’Impero:
» E, se una ignobil Ninfa
» Ella con te veder dovesse unita,
» Io tremerei per la tua cara vita.
»E vorresti, ch’io stessa
» Diventassi (ahi che orror!) la tua tiranna:
» Ah! seconda, ben mio,
» L’affannoso desìo, che il cor mi preme.
» Torna, deh! torna, o Prence ai Roman colli;
Vanne trionfator, e lieto vivi
A Roma, all’Asia doma, all’urbe intero:
» Lasciami pure, e il mio buon cuor ti basti:
» Quest’atto aumenterà li nostri fasti.
Adr. Anima grande in pastorella umile! ec.
» Ecco, che mentre intanto
Già mi spoglio, e depongo il regal manto ec.
In alto di ritirarsi in un fosso per cominciare a deporre civilmente i calzoni.
Cib. » Meglio è dunque, che a tempo
» Uno sforzo si faccia.
» Orsù, coraggio, via lasciami in pace.
Dà un urtone a Adramiteno.
Adr. Cedo alla tua virtù, ma ti sovvenga
Dell’infelice amor d’Adramiteno...
» Per carità, Ciborra, ah ti rammenta,
» Che ti fui caro un dì! Sospirando enfaticamente.
Cib. Deh! non parlar così.
Tu mi vuoi far morir; già vengo meno.
Scolorisce, e cude supra un letamajo.
Adr. Apri le luci belle... Scuotendola per le gambe, e poi slacciandole il busto.
» Già l’opprime il dolore. Inique stelle,
» Uccidetemi almeno. Con trasporto arrabbiato.
» Ma che più mi trattien, che più pavento?
Finirà quest’acciajo il mio tormento.
Si uccide con un tridente d’acciajo temperato a pachetto.
Cib. » Ferma; già assai di duolo
Sai, che ci costa un infelice amore.
» Io per tenerti sempre vivo in core,
» Il nome prenderò di Dramitena.
» Parti, ch’io parto: oh dolorosa scena!
Cava il fazzoletto, si soffia il naso, e poi parte: ma giunta alla scena, si rivolge ancora a guardare Adramiteno ucciso, che va via dal lato opposto.
Coro co’ sedili di noce, che si canta da dodici pastori, ed altrettante pastorelle, accompagnate da un flauto, e da sessanta contrabbassi per parte.
Dramitena, Dramitena ec.
Manca la seconda strofa.
Il salir dà troppa pena ec.
Scomparisce il Coro.
SCENA III.
» Spiaggia in mezzo al mar Baltico,
» circondata d’isolette superbamente vestite all’eroica.
Adr. » Fu infedeltà virtuosa.
Som. » Ah! signore, permittimi una chiosa, ec.
SCENA IV.
» Soliloquio tra Somarinda, e lei medesima.
Som. Giacché la speme ec.
» Ha un nobil dorso, che un terror lo rende.
Capisce poco, è ver, ma molto intende:
Ha un par d’orecchie sensitive al suono,
» E per far il tamburro è bello, e buono.
altrove
» E per far l’intendente è bello, e buono.
SCENA ULTIMA.
Asin. Voglio ancor il parer del Curatore.
Cur. » Bella comparsa da Procuratore!
Asin.
e Udiamo alfin de nascituri il resto.
Som.
Cur.
pei Senza di voi si perderebbe il testo.
nascit.
Som. » Ecco dunque la destra.
Dà la mano ad Asinio.
Asin. » Ah! suonin gli stromenti dell’orchestra.
Corno Finale.
Dell’Arcadia fra la gente
Mai vi fu Coppia più bella,
Che i Copisti di Cappella
Quasi vince in nobiltà.
Del Parnaso il stuol sapiente
» A sporcar i quadernarj cc.