Abrakadabra/Prologo/VIII
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CAPITOLO VIII.
L'avvenire comincia a beffarsi del presente.
Conciliare la più ampia libertà individuale colle maggiori guarentigie di sicurezza e di ordine pubblico, ecco il principio a cui si informano tutte le istituzioni politiche e sociali dell’Unione Europea.
Il secolo precedente disputava di forme. Monarchia costituzionale o Repubblica, tale il dilemma rappresentato da due frazioni ugualmente ispirate da liberalismo.
Le moltitudini si lasciavano imporre dalla parola senza badare all’essenza. Ignare di storia o dimentiche, non comprendevano che la tirannia può prendere tutti i nomi e inalberare tutte le bandiere.
Si discuteva, si pugnava per le apparenze, per le etichette, per il timbro delle carte pubbliche.
L’Unione Europea riflette quegli antichi assurdi nei mirabili risultati della sua tolleranza. I capi dei dipartimenti, e perfino i capi dei comuni si chiamano capricciosamente Gran Proposti, Sindaci, Presidi, Re, Imperatori, Capo— famiglie, Padri, Czarri, Sultani, Borgomastri, Consoli, Dogi, Centurioni, Pretori, Custodi, Moderatori, Gonfalonieri, Istromenti, Bani, Governatori, Commissarii, ecc., ecc. Tanto è vero che la nuova civiltà non fa caso dei nomi.
Le attribuzioni di questi Capi, comunque si chiamino, sono perfettamente identiche. Vittorio Emanuele III re comune Dora, Berretta III gran proposto dell’Olona, Manin Il doge di Venezia, Libeny II governatore di Vienna, Camillo Ugo presidente di Parigi, Carlo Bixio borgomastro di Genova, non sono che mandatarii del popolo, eletti per voto universale, incaricati di presiedere il Consesso degli Anziani o Padri di famiglia nelle adunanze Comunali. Vittorio Emanuele III, con titolo di Re, rappresenta il capo del dipartimento Italia, sebbene i proposti dei singoli comuni sieno affatto indipendenti da lui.
Tutti i proposti (usiamo questo titolo per intenderci) sono anche rappresentanti del comune nelle assemblee del dipartimento e nei congressi generali della Unione. Le assemblee parziali del dipartimento, per l’Italia, si tengono a Napoli nell’ultimo giorno di ciascun mese. I congressi generali si adunano a Berlino due volte all’anno, alla fine di ciascun semestre. I rappresentanti del popolo Europeo sommavano, nel 1976, a duemilasettecento quattordici.
Lo statuto della Unione ha per base la santificazione di un diritto naturale che l’umanità per lunghi secoli disconobbe; il diritto di esistenza. Ciascun cittadino di Europa, dal giorno della nascita fino al giorno dell’estinzione, è alloggiato, vestito, nutrito a spese del comune.
Questo comune, che noi chiameremo Famiglia per conformarci al linguaggio dei tempi, diviene necessariamente l’esclusivo proprietario delle terre, l’amministratore della sostanza pubblica.
Tutti i cittadini della Unione sono guarentiti dalla miseria, e l’educazione si estende a tutte le classi del popolo. — Ed ora, chi vorrà consacrarsi alle manuali fatiche? Chi vorrà sottomettersi ai disagi, alla servitù dei lavori agricoli? I canapi e le officine rimarranno deserte...
I terrori del nostro parroco reverendissimo si sono realizzati da oltre venti anni. La rivoluzione del 1935 ha tolto di mezzo le ultime tirannie sociali. Il mondo ha dovuto convincersi che disuguaglianza di condizioni non può esistere dove tutti abbiano raggiunto l’uguale sviluppo di civiltà.
L’uomo che pensa non può essere il volontario dell’aratro. La scienza conquistava gli intelletti, le braccia disertavano dal campo. La reazione del 1835 si provò di respingere alla gleba gli spiriti ribelli, ma si riconobbe impotente. I paria si emanciparono.
L’Europa tremò del futuro — l’umanità tutta intera ebbe a dubitare della propria conservazione.
L’agricoltura è una necessità della esistenza umana — l’agricoltura è dunque un dovere di ciascun uomo.
Questo assioma sociale arresterà il disastro minacciato. La coscrizione agraria prenderà il posto della coscrizione militare. Dai venti ai venticinque anni, per legge del nuovo Statuto, ciascun individuo della Unione sarà coltivatore.
Vanno esenti dalla coscrizione gli impotenti ai lavori manuali, e gli Eletti dell’intelligenza. A questi ultimi, di numero assai limitato, lo Statuto accorda l’esenzione per rispetto ai privilegi del genio.
Godremo più tardi l’imponente e giocondo spettacolo di un campo di coscritti. Vedremo come la vegetazione si avvantaggi da questa nuova coltura operata da braccia vigorose e intelligenti. I cinque anni di agraria sono pei contadini dell’Unione, i più felici, i più caramente ricordati nella vita. Qual differenza fra l’antica e la nuova circoscrizione! Questa destinata a fecondare la terra, a portarvi la salute e il ben’essere; quell’altra condannata a distruggersi distruggendo, al soldo di una idea non compresa o ripugnante!
I lavori campestri sono un esercizio riparatore pel giovane estenuato dalle lunghe fatiche della mente. Lo Statuto dell’Unione, accordando a tutti i cittadini i mezzi di esistenza a patto che lavorino, pretende altresì che tutti sappiano. Ma il sapere non è facile conquista — non lo fu mai — oggi meno che mai.
Eccovi, brevemente tracciato, il programma degli studi obbligatorii a ciascun individuo dell’Unione.
La lingua cosmica è la sola adottata nel pubblico insegnamento. Fra pochi anni lo studio di questa lingua sarà molto semplificato. Purchè i padri e le madri si facciano scrupolo di parlarla in famiglia a tutto rigore di grammatica e di stile, i figliuoli la apprenderanno naturalmente, si risparmierà il tempo e la noia degli esercizii scolastici. Ma i padri e le madri, nel 1977, risentono un poco dell’antica barbarie. La lingua cosmica non ha peranco distrutti gli antichi dialetti, e a Milano si odono ancora dei vecchi sessagenarii ricambiarsi il loro meneghino con qualche pretesa di municipalismo.
Lo studio della lingua cosmica fa dunque parte del programma scolastico. Il fanciullo l’apprende dai cinque ai sette anni. A otto anni egli ne sa quanto basta per comporre i suoi temi in prosa ed in versi, e sostenere un dibattimento improvvisato dalla cattedra di eloquenza.
Poichè tutta Europa parla in lingua cosmica, ne viene di conseguenza che lo studio d’altre lingue si rende superfluo. Se l’Asia o l’America vorranno intendersela coll’Unione converrà bene che apprendano a parlare come noi. Questa massima vanitosamente praticata dai francesi in epoca più remota, oggi è all’ordine del giorno in Europa.
Ciò fa sperare che fra un altro mezzo secolo la lingua cosmica diverrà praticamente la lingua di tutti.
Dagli otto ai quindici anni — il tempo che i barbari del secolo precedente sprecavano nel latino e nel greco — oggi viene impiegato negli studi matematici e filosofici, nella storia, nella fisica, nella astronomia, nella geologia, e nella spiritodossia, di cui fa parte il magnetismo, il galvanismo animale, e l’ipoteticonia.
Grulli, grullissimi i nostri nonni, che si ebetizzavano dieci anni a imparare una lingua morta, per non averne più traccia cinque anni dopo!
Ma venti volte più grulli, e pazzamente spietati, quando alla povera vittima del Ginnasio e del Liceo, inesperta dei propri talenti, della propria individualità, imponevano la scelta indeclinabile delle quattro professioni universitarie — la medicina, la farmacia, le matematiche, o il diritto!
Forse che ciascun uomo non è tenuto a conoscere le leggi del proprio paese, i diritti e gli obblighi che gli insegnino a governarsi, a tutelare i propri interessi? E la scienza della economia animale, dell’organismo umano, non è forse un bisogno di tutti? Come può l’uomo provvedere alla propria conservazione, alla igiene propria, esercitare la beneficenza e l’amore verso i congiunti e le persone più care, quando non sia in grado di applicare opportunamente i pochi trovati dell’arte farmaceutica?... E la matematica? Potete voi reggervi sulla persona, camminare, muovere un passo — che dico? — affidarvi ad un consiglio della ragione, se questa scienza non vi presti il suo appoggio e la sua logica?
Or bene: dopo un corso regolare nella Università della Unione, all’età di venti anni, ciascun cittadino è giurisperito, medico, farmacista, ingegnere, architetto e magnetizzatore. Vale a dire: egli conosce delle singole scienze quanto può occorrergli per l’uso proprio e pel servigio altrui. Le Università della Unione vi danno l’uomo completo, l’uomo che basta a sè stesso, che a tutti può giovare.
Nel secolo gaglioffo del latino e del greco, chi avesse osato proporre un tale programma di studii universitarii si sarebbe buscato dell’utopista, del matto! Eppure, a quei tempi, uno studente, purchè si ricordasse di sfogliare il suo testo una settimana innanzi all’esame, apprendeva in poche ore tutta la scienza medica o legale di un intero anno scolastico. Che vuol dir ciò? Vuol dire che i professori di quell’epoca diluivano in otto mesi di insegnamento la scienza aquisibile in poche ore. Vi pare inverosimile che, dopo cinque mesi di studi patologici e chimici e dopo altrettanti mesi di clinica pratica, un giovane di buona volontà sappia conoscere le febbri al moto del polso, e sia in grado di comporre una purga, di forare la vena per un salasso, di strappare un molare o una mascella? Eppure, i grandi dottori del secolo precedente non erano più illuminati nè più pratici.
Ma il massimo torto dei metodi antichi era di insegnare le scienze ab origine, discutendo i vari sistemi, raffrontando, eliminando, riproducendo tutte le ipotesi e tutti gli assurdi, pel gusto di confutarli e di agglomerare nei cervelli una erudizione, al meno danno, superflua.
Che m’importa di Giustiziano e delle Pandette? — fatemi conoscere il mio codice, i miei doveri e i miei diritti! ne saprò abbastanza per l’uso mio, ed anche un poco per l’uso degli altri. — In medicina, riepilogate il buono degli antichi, e i risultati positivi delle esperienze più recenti. In una parola: dateci la scienza dei tempi nostri, la sua ultima parola. Più tardi, per lusso, per capriccio di erudizione, consulterò le Pandette, o leggerò il vecchio Ippocrate.
Così ragiona il secolo nuovo — su questa logica si basa il nuovo programma degli studi universitari. I giovani, che in un ramo speciale della quadrupla scienza, dimostreranno una attitudine fuori della comune; gli Eletti della Intelligenza godranno la esenzione dalla legge agraria, e a spese della Famiglia verranno mantenuti per altri cinque anni in qualche Ateneo di perfezionamento. Ivi, sotto la scorta dei più illustri Primati si applicheranno al più ampio svolgimento della scienza preferita, per divenire più tardi Medici consulenti, Legali di ricorso, o Ingegneri di miracolo. Meno questi pochi eletti, tutti gli altri escono dalla Università per divenire coscritti dell’agro. Ivi si completano con esercizii corporali molto favorevoli alla salute ed alla vigoria.
Mi sono un po’ dilungato sul metodo di educazione, perchè da quello vi sarà facile argomentare il grado di civiltà generale.
Come vedete, i carichi della Famiglia sono gravi e dispendiosi, ma i proventi, le rendite sono enormi.
Oltre ai prodotti naturali delle terre, che esclusivamente le appartengono, la Famiglia percepisce le imposte sul lusso, le multe criminali, e gli accidenti ereditarii.
Le multe criminali costituiscono per la famiglia una sorgente di reddito importantissimo. Desse furono sostituite, nel nuovo codice, alla pena di reclusione. Una volta abolita la pena di morte, dietro il principio che l’uomo non ha diritto per qualsivoglia ragione di togliere la vita al proprio simile; come potreste mantenere l’inumana condanna della carcerazione, per cui il cittadino è privato della libertà, diritto sacro del pari e forse più inviolabile del diritto di esistenza? Alla morte civile, supremo castigo dei grandi delinquenti, nel Codice di redenzione si coordinano gradatamente le multe criminali.
Per comprendere queste multe è mestieri ricorrere alle leggi che provvedono al diritto di esistenza.
Ciascun cittadino della Unione, nato da legale matrimonio, viene, dal giorno di sua nascita, iscritto nel libro di famiglia, e da questa iscrizione ha principio l’assegno di vita. I genitori, o chi per essi, ritirano l’assegno fino a quando il fanciullo abbia toccato l’età gestiente, vale a dire ch’egli sia in grado di governarsi. Raggiunta questa età — dodici anni — l’adulto percepisce direttamente il proprio assegno. La Famiglia gli fornisce l’alloggio, il mantenimento, l’uniforme', e una somma di cento lussi (franchi) all’anno, fino al compimento del corso universitario. La posta lettere, le strade ferrate, i vapori di mare, tutti i mezzi di trasporto sono gratuiti, ad eccezione dei palloni aereostatici, delle navi sottomarine, e delle locomotive a ribalzo. Il popolo ha libero accesso in tutti i teatri di prosa, direttamente amministrati e sorvegliati dal Consiglio di Famiglia.
Sospendete questi provvedimenti, queste agevolezze, questi comodi, questi piaceri al cittadino che ha mancato a’ suoi doveri verso la società — ecco un eccellente codice di punizione!
Cento lussi!... Ah! voi non potete apprezzare il valore di cento lussi per un nullatenente, per un povero diavolo che non abbia risorse fuori della piccola pensione che gli viene pagata dalla famiglia!
Figuratevi la disperazione di un borsaiuolo, quando, alla scadenza del suo premio, udrà la voce del pubblico tesoriere gridargli alla coscienza: — il tribunale ha posto il veto su’ tuoi cento lussi per il battizza che hai fatto sparire, per la catena che ti sei appropriato!
Procedete dai minori ai maggiori delitti, applicate le pene in proporzione. Sospendete il premio de’ cento lussi, vietate l’ingresso ai teatri, negate il trasporto sulle ferrovie, su tutti i veicoli della Unione, diminuite l’assegno necessario, salite di grado in grado alla più terribile delle punizioni, alla morte civile. Voi avrete una idea generica, ma precisa del nuovo codice criminale.
Però anche in queste leggi tanto provvide e benefiche, apparisce, a chi ben le consideri, lo stigmate inevitabile della umana imperfezione.
Perchè esclusi dal benefizio di esistenza i nati da unione illegittima? Forse hanno colpa i miserelli della loro origine meno legale? Non hanno diritto alla vita?
I dottori dell’epoca vi rispondono: — la eccezione si è fatta per ristabilire e generalizzare il matrimonio, orribilmente screditato nel secolo precedente. Sotto questo aspetto, è mestieri confessarlo, legge più efficace non potevasi ideare.
E perchè l’uniforme obbligatoria agli adulti che percepiscono l’assegno di famiglia? — Una misura economica basata sull’orgoglio umano. Non accordandosi l’assegno agli adulti che a patto di indossare la uniforme del nullatenente, molti si asterranno per vergogna, e penseranno a guadagnarsi l’esistenza col lavoro. Ma i poveretti che moriranno di inedia piuttosto che far mostra della loro miseria? E i ricchi sfrontati che indosseranno la livrea per vivere a spese altrui? — Meno male che la Legge ereditaria restringerà, fino a renderlo impercettibile, il numero degli accumulatori e degli usurai. Ma di questa legge, e d’altre importantissime, come di tutti i progressi giganteschi delle scienze, delle arti e delle industrie, si vedranno manifestamente gli effetti, quando al breve accenno delle istituzioni seguiranno le storie del fatto.
L’anno 1977, da cui appunto principiano queste storie, presenterebbe l’apogeo del moto saliente dell’epoca. L’ordine pubblico, la pace, la moralità, il sentimento umanitario e religioso diffuso in tutte le classi e perfettamente armonizzante colla intelligenza e col sapere, il rapido succedersi delle scoperte, la pronta effettuazione di ogni idea veramente utile, gli incredibili ardimenti del genio, e l’impotente cooperazione di tutte le forze animate e materiali che si associano per tradurli in fatto, ci obbligherebbero a chiamar questo il vero secolo d’oro, l’era preconizzata della felicità universale, se...
Questo se è il punto nero di tutti i tempi, di tutte le storie umane. Noi lo vedremo disegnarsi, prender corpo, agitarsi nella nuova epoca, mischiarsi a tutte le sue aspirazioni, a tutte le sue feste, a’ suoi trionfi, per gridarle eternamente: «il secolo peggiore e il secolo migliore per l’umanità non esistono!»
Ma prima che si rivelino i dolori latenti, illudiamoci ancora un istante su questa superficie di bene.