Dizionario mitologico ad uso di giovanetti/Note

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Mitologia - Z
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NOTE

1. Abari. Secondo alcuni Storici, Abari viveva circa al tempo dell'assedio di Troja; secondo altri, are contemporaneo di Creso, e di Pitagora. Egli volle conoscer davvicino questo celebre filosofo, l'adorò come lo stesso Apollo, e gli offerì la sua freccia incantata. Una peste orribile, che minacciava la desolazione universale, diè motivo a suoi viaggi, ed allo sviluppo del suo fanatismo. Secondo l'oracolo di Apollo, i soli Ateniesi potevano, coi loro voti, ottenerne la cessazione. A tale oggetto Abari fu inviato dagli Sciti in Atene, ove concorrevano i messaggieri di molte altre nazioni. Questo sedicente profeta fece in questo, come in altri suoi viaggi, un grande spaccio di predizioni. Da questo traffico, egli ricavò gran quantità di oro, che al suo ritorno consagrò ad Apollo Iperboreo 1. Erodoto 2 dice che Avari, ne' suoi viaggi, portava una freccia, e che non faceva uso di alcun cibo; ma Giamblico 3 crede che egli era portato dalla freccia, sulla quale viaggiava stando cavalcioni. Cum Apollinis ejus, qui ab Hyperboreis colebatur jaculo sibi donato inequitaret, fluvios et maria, ac loca inaccessa per aerem quodammodo incedens, permeabat.

Abari era forse un gran viaggiatore a piedi, e la sua freccia volante dinota la celerità de' suoi viaggi. [p. 308 modifica]2. Absirto. Àlea dì Mitologi dicono che Medea tradusse Àbsirto, allora,fanaiullo, a fine di farlo in {fel- zi, e di trattener così i di Itti coifcipagoi, che la inse- guivano.

Coloro che* suppongono Àbsirto adulto, è che fosse gpedito da sno Padre insieme con altri compagni ad in- seguire Giasone, dicono che Medea "cónoscèndo il pe- ricolo di èsser raggiunta nell'atte che gli Argonauti di- spoùèrahti per mettere alla Vela, inviò alcuni doni à suo fratello i est diede a credere eh* ella seguiva i Grè*» ci sua malgrado, e che desiderava di abboccarsi con lui in un certo luogo per ritornare al patrio tetto \ che iì ere lulo Àbsirto rrtrovossi séni* alcuna precauzione nel luogo destinato, do* e la barbara sorèlla lo trucidò 5 lè sue membra sparse sulla strada, ritardando il camminò de 9 compagni di Àbsirto 9 diedero tempo agli Argonauti d* imbarcarsi (a) *

3. Acheloo. V origine storica di questa favola può verisimìlmente attribuirsi ad nna delle più utili fatiche sostenute da E cole per dare un corso regolare al fiume Acheìoo, che scorre fra l'Etolia, e rAcarnania, e che al dir di Gluverio (b) ex Pindo monte oriens in mare Jonfùm è mira Echinate* insula* sese exonerat y. *U- etus olìm dxenus s deinde Tkestius, denique Àcbelous, ab accolis Acarnat vocatur*

Le metamorfosi di questo fiume in serpente ^ ed in toro dinotano il suo corso rapido e tortuoso, e quella specie di muggito prodotto dalle acque, allorché Urtano contro i sassi.

(a) Nat. Com. Mythol. lib. vi. 'cap. vu.

(b) Intr. in uni»* geogr. lib. ir. cip. x. [p. 309 modifica]4. Acheronte » Un fiume di questo nome era pres^ so Pandosia in Tosprozia. Le sue acque amare e no- cevoli scorrevano per lungo tratto sotterra $ teccó perchè fu detto il fiume deli* inferno.

'XJn altro fiume dello stesso nome era ne' Brusii pres- so 1' a ltra Pandosia /situata a cinque miglia da Cosen- za. Presso questo fiume fu trucidato Alessandro t di Epiro con tutto il suo esercito, per aver iequtvocato sulla intelligenza dell* oraeoìo di Dodoaà, che Pavera avvertito di schivar V Acheronte, senza distinguere di quale de 1 due fiumi V oracolo intendesse avvertirlo. A mais Àcheron, 'elice il nostro Parrasio, et Pand sia civitas in Epeiro redduntur ejìisdemqne nomini* a&tm m bonè Livioqiie, et Trogo in Brutiis; ubi fatutn Ju- giens incurrit Alexander alteriits Alexandn avuncu* las {a). Barrio crede che questo* fiume sia lo stesso ohe il Capinianwn, volgarmente detto Campagnano (Jb).

5. Achille. Fu in occasione di una tregua che Achille vide Polissena in atto che ella, insieme fcon i suoi genitori ed altri Trojani, celebrava l f anniversario della morte di. Ettore suo fratello. Eg»i concepì per lei una violenta passione. Bentòsto la chiese in isposa ad Ecuba per mezzo di un suo servo Trojan o, promet^ t endo dì ritirarsi insieme coi. Mirmidoni. Ecuba ricuso Ji dargliela a questa conditone, calcolando che par- tendo lui, sarebbero rimasti tutti gli al tri, ed altronde considerava in lui P uccisore di Èttore, il nimico de'

(a) Mpist. ad Pajellum. Cluver. lib. in. cap.

XXX.

(b) J)e antiqu. et sit. Calato. Ut. si, capi tv. [p. 310 modifica]21*

Trojan! | perciò rispose che gli avrebbe data la figlia, a solo patto di far cessare le ostilità, e di conchi adersi un* alleanza tra i Gr.eci, e Trojaai. lavano Achille si adoperò in proposito: le ostilità ricominciarono. Achil- le accise Trailo altro figlio di Piiamo. Ecuba, ebbra di vendetta, concepì il disegno di far perire Achille a tradimento, e lo comunicò a Paride per eseguirlo. la* finse di volergli dare Polissena in isposa a qualunque patto egli volesse, e gli diè F appuntamento per le noi* ze, nel tempio di Apollo Timbreo. L* incauto Achille vi andò, in compagnia di Antiloco. Neil 1 atto eh' egli erati inginocchiato innanzi air ara, Paride, che siuo a quel momento erasi nascosto in un angolo del tempio scortato da suoi fidi Trojaai, gli si avventò sopra, lo tra- fisse con più colpi, e lo uccise. Vedi Darete Frigio (a)* Il suo primo aome fu Piriioo, cioè salvo dal fuoco, perchè Teti lo pose sotto la brada, allorché era appe- na nato, ut quod mortale esset, absumeretwr, dice Na- tale Conti (b) j e perchè si bruciò il 50I0 labbro, fu detto Achille.

6. Adone. Era un virtuoso, e vago giovane prin- cipe, sposo della figlia del re di Biblo. Mentr' egli un giorno attendeva alla caccia nelle foreste del monte Li- bano, fu ferito da un cinghiale nelF anguinaglia. La regina che V amava teneramente, vedendo che la ferita era mortale, eli ed e segni del più alto dolore $ talmente che Adone fu compianto in tutta la Fcnàia, come se fosse gik morto j ma essendo, dopo qualche tempo gua-

(a) bello Trojano. (b; JMytholog. lib. yin* Google

1 [p. 311 modifica]rito, la gioia «accedette al dotare, quindi si vociferò che Adone fosse risorto. Queste dolore, e questa gioja formarono il soggetto di una festa anniversaria, dovun- que si estese il culto di Adone. Luciano (a), che ci ha lasciata la descrizione di tali feste, dice * tra 'e altro cose, che le donne, le quali ricusavano d'intervenire, eran costretté a prostituirsi, durante il cono di un gior- no, a forestieri j e tutto ciò ch ? esse guadagnavano, con- s agravasi al culto di Venere.

7. Aglauro. Bisogna sapere chi fu questo Eritto- nio, di cui parla la Favola.

Egli fu il iv. Re di Atene. Sotto il suo regno, Ce- rere arrivò in Attica, e furono istituiti i misteri ili Eleusi.

Alcuni Mitologi lo credonc figlio di Vulcano e di Mi- nerva \ altri di Vulcano, e di Tellure, ossia la tgrra. Tutti convengono eh 1 egli era metà uomo, e metà ser- pente. Cerchiamo di penetrare nel fondo di questa Favola.

Lattanzio ib) narra che avendo Vulcano fabbricate le armi agli Dei, Giove si oifii di accordargli qualun- que premio egli chiedesse, confermando la promessa col giuramento per la palude stigia. Vulcano gli chie- se in premio di aver Minerva in isposa. Giove non po- tè magargliela, ma avverti Minerva di resistere per di- fender la sua pudicizia, e che nel contrasto nacque dalla tèrra un bambine metk-uomo, e meta- ser- pente, cui fu dato il nome Erittonio, parola che in

(a) De dea Sjrrìa.

(b) Div. lnst lib. in [p. 312 modifica]gttco significa contrasto, e. tetra. t

Si sa che Cecrope stabilì il prima in Atena h legge, del matrimonio f accordando a plebei di poter isposare io figlie degli ottimali, purché, queste vi acconsentissero* Or ecco come io spjego questa favola.

Sotto il nome di Vulcano, devesi intendere un uome della plebe, cbe non avendo potuto ottenere volonta- riamente qualche donzella nobile ( simboleggiata da Mi- nerva ), le abj>ia usata violenza i e che ne fosse nato tra figliuolo, il quale partecipava di due condizióni, cioè nobile, e plebea, al che allude Li fa vola di Er it- v tonio, me*a-nomq, e meta-serpente, nato da Vulcano, e da Minerva, alludendo con questo doppio carattere alla condizione nobile della madre, ed alla ignobile del padre.

Si comprende, agevolmente perchè, fu detto, esser nato, dalla terra. Si sa che allorquando accadevano simili violenze a donzelle di un rango distinto r o se ne im> fatavano gli Dei, o si ricorreva a* prodigii. Leggasi il testo di Lattanzio.

8. Alcmena. Elettrionfe offri sua. figlia, in, isposa ad; Àmfitrione suo nipote, a condizione. di vendicare la mor- to di nove suoi, figli stati uccisi da Telehoi (a), celebri corsali dell* isola di Tafo e dell' Kchinadi, eh* essendosi stabiliti in Capri, vivevano. de v prodotti della pirateria* Capreasque Thdebois habitaiasfama tradit (£).

(a) Pausai. Corinth. Àul. jaju Pfrrha&. prole g. ih Plaut. Amphitr.

(b) Tacita Annoi, lib. JK _ [p. 313 modifica]g 1 /émaltea Non saprei su qi^al fondamento, il nostro Bar* ^io («; opina che Melissa amica, ma piccola città di Calabria citeriore, situata sul lido,odìo sia stata fondata eia Melisso re di Creta. La aiolà analogia d c » nomi ha ^otutaTdar motivo alla sua opinione, che non ha d' al- tronde alcun fondamento storico.

Amai tea era anche il nome della Sibilla Cumana, che alcuni chiamarono Demofile, altri Erofile, ed altri Dei- fobe; Fu creduta figlia di fìeroso sacerdote di Belo, ed astronomo babilonese, le cui predizioni incantarono gli Ateniesi a segno che gP innalzarono nel ginnasio una statua colla lingua dorata. Sua, fig'ia fu profetessa come lui. Fu dessa che presentò a Tarquinia-, sia il Prisco, come afferma Lattanzio (6), sia il superbo, come dice Auli> Gellio (e), nove libri di profezie sul destino di Roma, per li qua: J chiese trecento Filippi, che secondo lo stesso Gellio,, importavano una som m.-* molto grande, predimi nimium, im^nsun pappscii. Targhili io sé neri- se. La Sibilla ne bruciò, tre in sua presenza, c per gli atyri sei chiese lo, smesso prezzo. 11 re se ne,, rise ancor pih. La profetessa ne bruciò altri tre, e richiese fran* camènte lo stesso prezzo per li tre rimasti. Tartufaio ammirando la di lei costanza, pagò per tré soli T in* fero prezzo, che ayeva ricusato di pagare per tutti i nove.

10. Amazoni. Si è scritto con tanta esaggerazione da' poeti e dagli storici medesimi sol valore, e sulle gesta delle Amazoni, che la loro, esistenza sembra es- tà) De antiqu* et sii. Calab. cap. xxn.

(b) Div* instit* lib* ì.

(c) Noci. Au. iib u eap* [p. 314 modifica]ser l'oggetto di un plobema. Palefato e Strabone le hanno annoverate tra l'eroine della Favola. Erodoto, Pausania, Diodoro Siculo, Giustino, Plutarco, ne han- no decantati i fatti come certi; e Diodoro (a) preten- de che mollo tempo prima oh 9 esistessero le Aniazoni del Termodonte, ve ne fossero anche nella, Libia. Plutarco (£).riferisce che *tf eseo ( non Ercole ) combat*, tè e vinse le Ainazoni. Giustino (c) attribuisce ad Ales- sandro il Grande l' intera distruzione di queste donne bellicose. M* de la Contamino (d) attesta di non aver-, oe conosciute in, America, roa^egli^crede che un tem- pere ne fossero state - M. Raynal \e\ dice di non. esser verisimile che donne, le qt$ali avevano un'ava ▼ersione cosi, decisa per. gli uomini, protessero accon- sentire a divenir madri ? che il sesso il più, dolce ed il più. compassionevole, possa esser capace di scanna-; re a sangue freddo i proprìi figlinoli, sol perchè, maschi, e commettere eccessi, che sono solamente il prodotto di un, cieQo furore, e di un momento di disperatone

11. Amfione. I«a lira di Amfione dinota la soa- vità della sua eloquenza, e la saggezza delle sue leg^ gi f mercè le quali richiamò gli uomini.dallo stalo sei? ▼aggio alla civile società

(a) Uh. i. (h) In Thesco.

(c) Uh* 11.

(d) Rriadone di un viaggiò fatta mIV interno HelF America merid. %

(e) &st. phihsoph. et p^olit. [p. 315 modifica]DUtus e$ Jmpkfan £heb/yicte ^auditor ùréis Saxa movere sono tesiudinis % et J^ CQ blanda > -Ducere quo velleU Marmi* tf<? arte.

12. Anchise. Simile atto.di pjetòi filiale avven- ne in Catania. Mentre la lava dell' Etna distruggeva le città, e tutti gli. abitanti fuggivano, portando seco i più preziosi mobili, Anfinomo ed Anapio non s* in- caricarono che di salvare i loro genitori decrepiti, por* dandogli sulle spaile. Strabone (a) dice che il fuoco -rispettò questi due pietosi figliuoli, e non gli offese affatto, óve altri perivano innanzi ad essi. Claudiano cautò questo filiale eroismo in un epigramma, che oo^ zuincia cosV.

Udspice sudante* venerando pondere fratres
Divino meritos semper honore eoli.
Justa quibus rapidae cestii revereniia fiammae.
Et mirata vaga* reppulit JEtnm faces. eie.

13. Andromaca.; <EUa fa costretta a sposar Pirro, suo nimico, e come -greco > e come figlio dell 1 uccisore di Euòre. Un tal {ruppe di circostanze non può rimarcar- ci senza cojnmnoversi nelT. Andromaca di Euripide, ed in quella di M. lUcine. Qualunque fosse la tenerezza di Andromaca per Ettore, ella diede de' figli a Pirro, e poscia ad Ekjpou

14. Anteo. Diadoro di Sicilia (b), a Pindaro (è)

(a) 'Geògr. Kb. 6 P

. (b) ub. ir*

<c) Jsthm od* VJt [p. 316 modifica]lo deferito** em ea Mito taloroeo a toltiti*, periti nella latta, importuno a p ro voca re i forestieri; e era* dolo contro colerò die avevano la sventura di esser Tinti.

  • Crederi che Anteo fotte il fondatore di Tingi 9 capitale

della Mauritania, oggidì Tanget (*), e Plutarco {b) nar- ra che Sertorio non arendo roloto prestar fede ai Tin- gitani, che decantavano la «misurata grandezza di que- sto gigante, ne fece abbattere il turno! o, « ri trovò Io

'scheletro lungo settanta cubili. v

Ì5. Antiope* A questo articolo appartiene l'argomento 'Al famoso gruppo marmoreo conosciute tolto il nome di Toro Farnese. Epopeo ro dì Sicione rapì ed indi sposò la bella Antiope * Nitteo motte perciò la guerra ad E- popeo. Nel combattimento estendo nmasti entrambi fe* riti, dopo qualche tempo morirono ♦ Prima di morire f Nitteo incaricò Lieo, tuo fratello, di punire Antiope: in effetto ella fu preta, Mentre cenduoevasi a Tebe, partorì per istrada due gemelli, che furono accolti da un pastore ed allevati sotto i nomi di Zelo ed Amfione 4 Questa bella prigioniera fa rischiasi in tuia oscura pri» gione, ove divenne il bersaglio di Dfarce moglie di li* co. Zeto ed Amfione, direnati adatti % liberarono la >ìoto madre, presero Diree, e la legarono alle corna, e come altri dicono, alla coda di nn toro furibondo, che dopo averla acerbamente straziata, la fece perirvi

(a) CluverUb. FI cap. F.

(b) In Sertor.

(c) Fedi Apollod, lib.III, Pausa*, in Corinth. in, Attic., iti Boeotie., Hygin. fab. FU. e FUI. >. JProp. lib. III. eleg. ìa. [p. 317 modifica]Ceeaaoqttc questi unteti M fieno e? eecerde nel rifc* me le circostanze di questo pezzo dell' antica storia, il enpplizio di Diree, ael quale tatti coincidono, forma 1* argomento di questo gruppo, superbe monumento dell 9 inimitabile gusle greco in proposito dì scultura. Desse è opra di Apollonio e Taurisco, che lo fecero tutto di un pezzo (tf> 4. 1 Romani le trasportarono da Aedi» « *. fo» 1 cere uno de* migliori ornamenti della capitale del Ho» * do ♦ Ai tempi di papa Paolo III. Famose fu ritrovate Ira le mine delle terme di Caracalla \ fu quindi poeto nel palazzo Farnese > donde nel 1798* focosi trasportare in questa capitale * Rappresenta Dirce, Antiope, e i duo enei figli, il toro ed un giovane seduto, che attonito mira il supplizio I periti distinguono benissimo 1* ori* sjiaale greco dalle aggiunzioni e risarcimenti fattivi dal milanese scultore Bianchi.

16 Anubi. Conviene risalire alla pia rimota antichità, della storia di Egitto per riconoscere in questa divinità il Copt, detto da' Greci Thaut, ovvero Thot, figlio di Mene ovvero Mesraim (b). Verisimilmente egli era il Theuthat degli antichi Calli, che gli sagrifigayano vitti*.. ne umane „ Theuthaièm humano cruore placabant (e) Di od oro Sicolo lo rioCnosce sotto il nome di Mercurio {dì. Lo stesso Lattanzio attesta, che il Mercurio degli

(a) Plin. Hisi. lib. XXXVL) Encyclop. ari. Tot* " reau-Farnèn.

(bj Vos*. de orig. Idolol. tanghi Méthoi. pour éH$ dier VHistoire, ari. Hi$t <f Egypte.

(c) Lact. divin. inttii. lib* u €ap. FI.

(d) lib. il. > [p. 318 modifica]Egizii era un uomo, prima che fosse deificato homo fuit antiquissimus et instructissimus omni genere doctrinae

" Egli i! primo incivilì 1'Egkto: distinse le lettere in .geroglifiche, 1 e popolari: destinò le prime. Ila intelli- genza dell'* cose sucre,e F altre per uso del comnier- 'éìo. Invernò *i numeri /e ne formò l'aritmetica^ gHtò i primi (fondamenti della geometrìa, cui diedero occasione ^e inoodazionfUei Nilo { applicò all' autonomia Y i di citi elementi fece incidere snlle piramidi per apprendersi dà "tutti. Formò diversi libri di leggi sulla religione, e sul- la civile società '/introdusse la poesia e la musica. Ero- doto gli attribuisce la dottrina (lolla immortalità dell* t-, Dima umana. Porfirio ci ha conservato li cinque precetti di morale', ordinati da questo re, che hanno molta ana- logia «(/precetti del decalogo. Sane ornatone, presto Eu- sebio (a), confessa di aver tratta la sua cosmogonia da 9 libri di Thaut ^ che, secondo il suo calcolo, vireva ot- tocento anni prima di lui.

Servio sul 'Idtrator A nubi $ di Virgilio dice (&) che Anobi aveva la forma di cane allusivamente alla sua aagacità: capite canino più gi tur qmia nihil cane saga*. eius. Secondo Eusebio (c) la sua forma di cane allude- rà all' insegna de' suoi stendardi, che rappresentavano ùn eane; siccome V emblema delle bandiere di Mace- done, suo fratello, che diede il nome alla Macedonia, wppresentava un leone (d). Lo stesso Dieàoro ed Eu-

(a) Praeparai. Evangeh tib. IL Fedi il libro ano* nimo intitolato Dieu et tes homrnés chap. IJb ih) AEneid % l&. Fili.

(cj L oc. cit. (d) Diodor. Sic. Kb. u [p. 319 modifica]febio riferiscono che Anobi era tur «ridato pretoriano de- stinata a guardare i corpi di Osiride e d'Iside. Giove-* naie (a) mise in ridicolo il culto di questo dio-cane.

. Oppida t età canem verter antur...

I Romani perè meritavano la stessa irrisione, p oiche adottarono lo stesso colto.

Jfos in tempia tuam Romana accepimus lsin „ Semicanesqiie Deos (b).

19 Api. A tempo di Ccachos, re di This in Egitto, Bacque in Memfi un vitello della forma descritta nel tetto. Un sacerdote diede a credere che questo vitello fosse animato dallo spirito di Osiride. L 1 impostura eb- be tutto il buon successo. La nascita di questo animale fu creduta un' apparizione di questa Divinità. I Sa- cerdoti di Memfi non lasciavano veder nè liberamen- te, nè sempre, questa divinità bovina. TI suo oracolo dava le risposte diversamente che gli altri. Se il sacr° animale prendeva le obbl zioni, era buon segno per V evento di ciò che desideravasi sapere; se ricusava, era eegno cattivo (c). Germanico sperimentò P effetto del, funesto augurio (d). H vitèllo era soggetto alle malattie ed alla morte. La sacerdotale furfanteria pensò di pre*

(a) Salir. XF. W

(b) Lucan. lib. FUI.

(c) Plutar. de Ind. et Osirìd.; Diod. 'Sic. Uh. u Minsi*, viti. -..

(d) AUx. ab Ale* Uh. vi. cap. tù' d [p. 320 modifica]aie

venire gli effetti di questi naturili avvenimenti, dando a credere, che Api non doveva, aè voleva restare io questo mondo che per qualche tempo. Sotto Tolo meo J*ago la spesa y che fecesi per li funerali di questo dio f accese a più di cinquantamila scudi. C ambito. raentr* era di ritorno dalla sua infelice spedizione contro gli Etiopi,

  • endo veduto tutto V Egitto in dimostrazioni di alle-

grezza, perchè erasi ritrovato il novello Àpi j e credendo do egli che volesse farsi insulto alla sua disavventura t fece frustare i sacerdoti di questo dio, ed uccise il.bo- ve, che a sentimento de* sacerdoti Egizj, erasi ben pre- sto disgustato di stare nel Mondo.

18. Jrgonumti» Questa spedizione tanto decantata dagli antichi Storici, Mitologi e Poeti, avvenne 1226. anni avanti 1* era cristiana (a). La gelosa ambizione di Pelia, zio uterino di Giasone, diede motivo a questa impresa (b)< friasone era un giovane ben formato di corpo e di spi- rito. Volendo eseguire la voce di un' oracolo, eh 1 egli aveva consultato, recossi à Jolco, ove trasse a se gli sguardi e la benevolenza di tutto il popolo * Pelia per assicurarli V usurpato trono, meditò di fair perire V ardi- lo giovane, invogliandolo della conquista del vello <T oro, sfumiti, come dice Giustino, inferitimi viri, mi 0* pericolo tam longae nauigaiionis, aut ex bello tam profundac harbariae.

Varie sono le opinioni sul vero oggetto, che attiro gli argonauti nella Colchide. Diodoro di Sicilia (c), «ho scrina

(f) Pei**- Jtsff. temp. art. % 0 lib. i # et *. (b) Daret. Phryg. Hist. de E scià. Troj. in pri** 9 ìu$tin.lib. Xlfl^, itw [p. 321 modifica]int

questa istoria meli da poeta e metà da storico, dice clic il Tello d'oro era una pelle di montone. Darete la chiama ptUem inauratami e Giustino pellem arieti* memorabilem gentibus, Plinio (a) riferisce che questa favola dinota 1* lane eccellenti della Colchide, e che i viaggi de' com- mercianti greci in quel paese avevano dato luogo a tal finzione. Strabone (*) dice esser inverisiaaile ehe Giaso- ne si fosse fatto persuadere da Pelia d' intraprendere tua sk diffidi viaggio, per riportarne una pette; ma erede che il vero oggetto di tale spedili o ne sia stato di riportare^ nella Grecia le ricchezze di quel paese, abbondante i* miniere d'oro, e di argento. Natale Conti (e) attesta che alcuni scrittori f tra quali annovera Snida, hanno creduto, che il oosì detto vello d'oro fosse, uu Hhrofor- .mato di pelle di montone ( vale a dire di perg amina ) che conteneva il segreto di far V oro; e ehe altri sot«- tè questa allegoria hanno inteso di lascimi una tradii aione de' talenti chimici di Giasone, limUleggiando sei» lo r allegoria del viaggio, del fuoco, del hronso, del toro, e dell'opra di una incantatfice y i Inngfci travagli, Fazione.del fuoco su i metalli t e le trasformaaioni de' corpi; e che il vello à' oro che dieta tolto, significa h pietra filosofale, ultimo scopo c risultato delle fatiche del disccp olo di Olirono.

Dicesi che Minerva insegnò agli Argonauti il modo df costruire il naviglio /nella di cui prora dia siluò il lé- gno parlante tolto dalla foresta di Dodona, il quale di- rigeva il loro viaggio, avvertiva i pericoli t ed indicava

(a) Hb. tu. cap. 56.

(b) Lìb. 1. k (« MftkQl. IH. ri [p. 322 modifica]ai»..

i meizi da eriMtH, sorto la quale allegoria viene dino- tato il timone.

Erodoto (a) dica clic i Greci eroi ritornarono nel loro paete per lo riesso mare per lo «piala ««no andat. «ella Colchide; ma siccome fa quarta li loro pruna .peditione, P esagerarono, coi loro soliti, paradossi, fino a renderla inreriahaile.

t 19. Arpie. Taluni Scrittori hanno spiegata questa faVola fisicamente, altri moralmente. I primi haand rilavato netr allegoria delle Arpie la natura de f venti. La stessa etimologi* de 5 nomi di questi tre mostri del* la favola inesca la loro natura -, poiché Occipete vale eeleriter volans, Aello pfòcett*; Celeno obscuritas uubium. Aliti ravvisano sotto il velo di questa favola una descrizione" delle qualità de* corsali ( b). Altri fi. ntflraento, \ $uafi fan derivare la denominazione di Arpie dtrlla paroli fehizià jfrbeh, che significa grillo, crede no 7 Aie *le arpie non sono che una specie di gril- li l|en grossi, forse f fi stessi chele cavallette, pi t>ru- dbi, che *»nché 1 oggicft desolaib le campagne del paese ^iterato nella spiaggia della Tracia all' imboccatura del Danubio. Convengono arfcfce felle cavallette il volo stre- pitoso, ed il puzzo, che tramandavano le Arpie.

Zete è Calai* cioè i venti settentrionali, discacciava- no le Arpie dalla Tracia (c)i ) ■

t (a) In Argentiti»..*

(b) Nat. Com. Mythol lib. FlL

(c) Girald. de &*is Synt. FI, Ihchmft Hierotoic. lib. VI part. % [p. 323 modifica]20. Atlante. Alcuni dicono che Atlante era figlio di Giapeto ossia Japhet. Altri lo fanno figlio di Urano, grande astronomo ed inventore della sfera. Avendo egli eppreso da tua padre l'astronomia, l'ajutava talvolta nelle scoperte astronomiche (a); di qui è la favola di Atlante, che sostiene il Cielo. Cicerone (b) è dello stesso avviso Nec vero Coelum Atlas substinere, nec Prometheus affixus Caucaso........ nisi coelestium divina cognitio nomen eorum ad errorem fabulae conduxisset. In effetto le parole Urano e Cielo si- gnificano la stessa casa. Gli antichi eroi solevano impor- re i lero nomi ai monti ed ai fiumi. Lattanzio (c) di* ce che i poeti, i quali fanno discendere Atlante da un monte, ed Inaco da un fiume, intendono sotto tali sim- boli coloro che hanno dato i loro nomi a tali cose, ina- nimate.

Atlante aveva sotto il suo dominio alcune provi noie dell'Affrica, comprese di poi sotto il nome di Maurita- nia, sia. eh" egli se ne fosse impadronito al tempo della, guerra de 1 Titani, sia chele avesse acquistate altrimenti. Egli diede il suo nome al celebre monte Atlante situato- ne! paese detto oggidì Biledulgerid in Africa >

ai. Augurio* Per conoscere qual fosse l'opinio- ne de'filosofi sulle pratiche superstiziose de* popoli iti pro- posito di Augurj, basta trascrìvere le parole di Cicerone

( a ) Dìo don Sic. lib. IV., Eusebio Praeparat* evang- lib. IL

(b) Tusc. quaest. lib. 5. "

(c) DefaU. relig. libr i &ymld. deDeis Sjnt. [p. 324 modifica]

    • 4

ch'era egli fleti* dell'adunai** degli Affari f+). „ Qual relaiione, dice egli, pofsono avere it fiele, il legaw „ to, ed il polmone di un pollastre o di ao toro col „ genio divino, che governa falle le «ose v con tutti M gli nomini di differenti naaiooi e con tetti gif creati „ e caai da' quali dipende V esito di una guerra, di „ un trattato* o di qualsivoglia altra intrapresa; e qual „ certezza del futuro si può dalla osservazione di cotesto n parti aspettare ? Non può egli darsi che le parti di „ questi animali si trovino belle e sane,. nel medeei~ » mo tempo quelle di un altro difettose o guaste?

„ Ne ir animale medesimo t te un uomo che lo ha ,« scelto 9 trova il fegato o il cuore corrotti, gli avrebbe » forse un altro uomo trovati sani ed interi ? Ma quan- ti te false risposte abbiamo noi dagli auguri, e che „ tutte ci hanno ingannati in questa guerra civile, di „ cui ci promettevano un successe differentisiirao ?

„ £ vero che la ragione e V esperiema hanno disiti* » gannafò gli uomini da colali errori; ma la religione, „ la politica y il costume, P autorità del Collegio degli „ Àuguri ne han sostenuto V uso, che ci tiene achiavi, „ affinchè niente mutiamo dell' antica 1 religione, la qua- I

le raffrena il popolo e conserva il governo stabilito «

  • ?. Baccanti - Da tali leste ebbe origine il pì\

dignitoso spettacolo che offre il teatro. Durante il sa- crifizio del caprone, i sacerdoti, ed il popolo cantavano alcuni inni iu onor di Bacco. Questo canto fti vhfamttt tragedia d.l nome della vittima*

(t). Ub. U. d$ Divina*. [p. 325 modifica].. «. Bacco oaper omnibus arie C aedi tur, «I *eten$ ineunt prosceni* ludi. (a) unisono di questo canto produceva nel popolo lo noja. Tespi il primo v f introdusse un attore, ossia nar- ratore, che interromperà pia Tolte il canto del corono* de'racconti analoghi v alla circostante, ed efli steste n'eoa P attore. Tinto il volto di feccia di vino, Uooveoi oeo* durre sopra una carretta a guisa dì «n paleo «abile d* villaggio in villaggio rappresentando siffatte tM ptfc tè** se che tragedie. Comunque però la nascente tragedia di Tespi fosse irregolare ed inforno > non mancava di «O certo artificio che interessava. fotone che ne fu tpeUa* tore; disse a costui che quelle suo finzioni erano peri» colose pei costumi e pei contratti (b). Eschilo diede di poi alla tragedia U carattere; introdusse un- altro attori per eseguire il dialogo, inventi il coturno, la larva, ossia maschera, una veste chiamata da latini palla, e

  • itto i primi fondamenti del teatro (c). Finalmente So*

foci* éd Euripide portarono la tragedia al pih alto gra« do di perfezione.

n3 Bacco. Se il Spicco 4giaio è lo stesso che Osiride (d) 9 il soggetto n' è Mene, ossia Monete Aglio di Cam.

Orfeo nel suo inno intitolato Misi* dice che Bacco ora figlio d* Iside egizia, e ch'era nato sul Nilo. Cicee rene (e) attesta che uno de' cinque dei di questo nomo

(*) fi*** Georg, xu (h) Piotar, in Solone. (e) Herat. De arie»

(d) ErodoU in Euterpe 7 Diodor. Sic. lib. t., Tibut, eleg. lib. /, & De nat. 4of>r. lib. ///♦ [p. 326 modifica]era figlio del tfilo. E da notarli sproposito che Mi* se* significa salvato dalle acque, peieèà credevast che Becco neHa sua idranti a fosse caduto nel mare..

La Carola, ebe lo fa nascere dalla eosci a dì Giove, vom «è'^he una metafora adoperata a oche tra gli Ebrei per tigifaioe d priva tkme da qualche razza qui egressi sani d+ ftmor±*f*cob (a). Egli fa allevato in Nisa t*ta éf dkraMa f e di qnl è che fa appellato Dioniso, da Crf*ve *.* Sita.

-± Dotato di -talenti pel itici, e militari, e di una bel lez- io, fttraordmaró, egli si attirò l'amore, e V ammirazione dé* sadditi. La storia r#oaosce in lui onode'piu celebri conquistatori dell' antichità. Egli condusse la sua arma- te nelle Indie, e fm nella Tracia, meno per conquistar f>aesi, che per diffondere le, sue co noi ceni e sulla pasto- rizia, e sulla agricoltura (b). Tu creduto che Giove, trasformato in, aquila, guidasse il suo esercito (c), ch'era perciò circondato della più chiara loce 5 mentre quelj^ de' nemici era coperto di tenebre v Euripide però dice (d) che lo stesso Bacco portava le tede ia tempo di not- te facent piceam ipsc gestans.

In mezzo alle cure.militari, egli non trascurò i dove- ri di legislatore, Ordinò che le sue leggi fossero in- scritte in due tavole (e).

Orfeo il primo introdusse in Grecia il culto di Bacco, e per far onore ad un principe della Famiglia di Cad-

(a) Genès. cap. 46. 5. et Exod. cap> 1. 5,.

(h) Euripide in Bacchi*

(c) Nonnus in Dionisiaca

(4) loc. cit...

(e) Orph. in^hymiu in pionisum^ [p. 327 modifica]a*7

nyo, gli attribuì tatto le gesù del Bacco eguio. I poti éocceiioii appropriarono al nume tebano i portenti operati dal condottiero daj popolo Ebreo (a;; atlribuiroiio aU% ve/* ga di Bacco, chiamata tir$o,la virtù di trasformare ì'acqf^ de' fiumi io vino, sempre che ne fosse occorso il bisogno per la sua armata j di far scaturire dalla terra, ove losse battuta dal tirso, o latte, o miele t o acqua, o vino, 11 tirso era un asta altortigiiata di pampani, e di frondi di ellera, che ne nascondevano la punta. Si. volle an^chc at- tribuirgli di aver separato le acque del mare,, di aver arrestato il corso dell' Oronte e dell' Idaspe (b) ì e.c^e 4ia$i segnalato nella guerra de 1 giganti (c).

24 Bell ero fonte. Prese il nome di Bellerof onte dopo cìxg uccise Bellero di Corinto (d). La lettera che Preto inviò a Jobata, era scritta in gergo (<) Jobata volle piuttosto assoggeitire Bellerof onte ad una impresa di dif- , ficile successo. Solevano i re di quei tempi, che noi chiamiamo barbari, risparmiare il sangue de' rei, e con- vertire le pene capitali ad opere di pubblica utilità. Jobata impose a Be^le/ofonte, 4i debellar le ^mazoni p abbatter la Chimera, e soggiogare, i Solimi. Bellerof onte superò tutto felicemente. Egli il primo, arrestò i rapidi progressi di Mirina regina delle Amazonl, la quale, se* co odo Diodoro ljf) } era#i inoltrata fino^ nell' Affrica, nelt'

(a) S. JBftin. in dialog. cum Triph., Vo$* t <£> ori* Jdololatr.lib. u ^.

(b) Nonnus loc. cit. '

(c) Diodor. ìib. 3. Pluf. ia.Isid. y Osi^

(d) Pausan. in Corinti ^ * ' *

(e) Apollqd. lib m ii, "' V. ■■.

(f) nb. m. r * - - ^4 [p. 328 modifica]1)8

Egitto, ntlV Arabia, e «di 9 Atii minore. Tcfat* #e* preso dalle prodi adoni di Bellerefbnte, gli àwda fa kpoia Filonoc sua figlia. Allora fu die Stearina fi diede la morte collà cicala (#).

  • 5 Cadmo. Parù dalla Fenfzia meno per cercar sui

dorella Europa che per conquistar paesi nella Grecia (b). Approdato in Beozia, 1519 anni a*. V era cristi v' in- trodusse le lettere al numero di sedici, cioè

  • O, T, p, (TyT, f.

Hen fc Certo che Cadmo fosse oriundo della Fenicia o dell' Egitto. E verosimile, dice il Sig.Langlet, ch'egli fosse della razza degli Inachidi, e che uscito dall'Argolide, o solo, o con suo padre Agenore, fosse passato nella Fenicia, ov' egli dimorò qualche tempe per istruirsi de* costumi e delle arti degli Orientali, e che spinto dal desiderio di riveder là Grecia, ovvero che obbligato dal comando di suo padre di cercare la sua sorella, eh* era stata rapita f parti per la Grecia.

Alcuni pretendono che Cadmo fosse egizio, e clie U lettere da lui introdotte nella Grecia fossero egizie y ma la maggior parte degli eruditi convengono eh* egli abbia recato ai Greci le lettere sirie, ossia fenizie, e che queste fosse** le stesse che P ebraiche'. Vedi le anno- tazioni di Giuseppe Scaligero solla cronaca di Eusebio

$7 Caos. Quasi tutti 1 filosofi e cosmologi dell* anti* ebtti basisse immaginato uno state di tenebre, e di eeft«

{a) Wkt* Cam* Myth. lib. /X

(b) PeUv. Hat ttmp. P* ». *. **.

mtthéd. pour. étué. filisi, 4 1U *fcy>**ii. [p. 329 modifica]»9

ii«Ì6M preesistente ali* ertine dall' Univano. Bereso pteeto Solicello («) ti esprime Dappertutto vi era éui' «na tenebrosa ed attiva y un aéeseugUo di materia ^un/usa, I*c#, dmu» e ««w JE**. „ Ttol* /a

natura era ia iscom piglio: // C/e/a e la Terra erano un ammaem i mp o r rn e e eonfueo „. (4). Erodoto (c) descrive ìì Caos come una immensità di spazio immerso nelle tenebra 5 e che lo spirito dell* aria tenebrosa avendo un tempo desiderato di unirli a suoi principi, ne risultò la unione delle parti, ch'egli chiama Cupido, on- di' emanarono tutti gli esser». Diodoro di Sicilia {d) dica .ehe il Caos genero l'Etere e la Notte. Esiodo (e) as- serisce the Demogorgone padre di tutte le cose, accom- pagnato da nuvole e da tenebre, stava sepolto > ed iner- te" nel eentro della terra. Ovidio nelle sue metamorfosi ha immaginato che innanzi alla formazione del Cielo, della Terra e del Mare, la natura era un tutto omoge- neo; che queste tatto era» un aggregato de' principj delle cose 4 ammassati senz'alcun' ordine, e tra di loro di- scordi, tal mente che il caldo combatteva col freddo, l v «rtnido col secco nel medesimo corpo; che Dio sepa- rando questi prineipj tra di loro discordi r (eoe cessare il contrasto ^

Per ispiegare l'origine delle cose, gli Egizj immaginarono un nume che chiamarono Cuef, nella bocca della di cui statua vedevasi un uovo, per dinotare che

(a) Pag. 28 et 29.

(b) Sanconiatone presso Eusebio Praep. Evang* lib* i cap. ae. >

(c) de Phaenic. Tkeot. cap. vii.

(dì IH. i eap. t* (e) Theog. p. 123. [p. 330 modifica]»3o

MJmiverso è un* emaoi»tè%o dV sotti V *©fcwab*ntei*o " erano rinchiusi entro queH' uovo fa} j sena a accettale la specie ornai**. - l -.*..t

L'idea del Caos era, per questi filosofe }«una conse- guenza dell 1 assioma „ i7 niente non produc e a le uam vos*; - e do! princiffco „ t corpi non postemo vmmuaré ^da so- sianzs spirituali; e quindi immaginarono che fai mate- ria informe preeeeis tesse ab-aeterno $ e che Dio in un «erto tempo lo abbia dato moto ed ordine.

37 Caronte. Era costume prassò gli Egizj di Menfi di non darsi sepoltura ai morti, se prima non formavasi un severo processo sulle loro azioni. Questo giudizio, cui soggiacevano anche i re, era pubblico: I giudici al numero di 40 o più, radunavansi al di là di un lago che tragittavano in una barca, e quivi era condotto an- che il morto. il barcajuolo chiamavasi Charon. Proba- bilmente Orfeo ch'era stato in Egitto, diede la notizia di tal costumanza a' Greci, i quali alterandone di poi la idea, immaginarono la favola di Caronte (4). A somiglian- za degli Egizj, che mettevano in boeea de' morti «am moneta d 1 oro, i Greci vi mettevano V obolo *.

  • 8 Cecrope « Secondo la cronologia dette {avole aran-

4eUiane V Cecopce arrivò noli* Attiéa i58a anni avanti G. C. Fu appellato biforme f o perchè governale «a popolo misto di colti Egizj e di Greci, allora selvaggi, o perchè come dice Giustino (c) egji il primo injtìtuì l*

(a) Plut. de /*« et Osir.

(b> Di ìdor. Sict ltfh !..* % * [p. 331 modifica]leggi salta anione del maschio e «fotta femmina *, poiché siccome attesta Tzeze (a) le donne greche, prima del Regno di Gècibpe, congiungeyansi hidistintamente a chi un- Cfóe uomo-

Duplici* naturae Éecròpem vocant,

Graecorum prius mulieres pet Gtaeciant,

Non, quema xmodum riunc, confungebantur Ugitimit

iiìris r x ' « ■

Sed instar jumentorum \ miscebantur omnibus va* lentiòus »

Alcuni pretèndano* che Cecrope introdusse il grano ini Attica dall'Egitto, o che in seguito- essendo stato avvertito che in Sicilia il grano nasceva come jSgni altra erha (b) 9. spedi deputati per, trasportarne neìr Attica, ove Tntto- lemo fu il primo a seminarlo v ed a propagarne 1* uso. Giustino (e) conviene in tale opinione 9 poiché egli en- comia gli Ateniesi per aver introdótta F agricoltura r ed il frumento presso i Greci.

29 Cerere. I»a Cèrere de 1 Greci è disegnata sur tao- delio della Iside- degli E a tài. Ciascuna di esse ebbe il merita di aver ritrovato il grano, e ài avente propagato r ttso presso i loro popoli. Madri infelici per là perdi- ta, Tuna «lei figlio, l'altra della figlia, amendue, do- po di aver date- delle leggi agk uomini, ineritarono 0- nori divini *

Comunemente credèsi che l'erbe e- le ghiande fissero* state il cibo de 1 primi uomini di ciascuna, nasion*.... \

2*

(a) HisL Chil. i cap. XFU*

(b) Nat. Com. myt. lib+§.

(c) Lib. 11*

1 '

1 [p. 332 modifica]a3a

Pani* erant primis viride* m*rt*libus kerbam (m).

Glans aluii veigtrfs.

, ♦,. Glanfrl* ruotante morite * (t) Questo stato selvaggio tanto decantato da' poeti 9 « da* filosofi, è appena immaginabile da uomini de'nostri tempi. Niente pero $ pifl v,erQ|jmjl», se si considera che tatto è reluivo gradi del feise*}*/», ohe secondo i Avrai rapporti fisici, e morali, ha potuto far dell 1 nomo ora uà cannata}*, #d «Ta m sibarita.

L'Attica era un paese abitato da selvaggi, «Uorchè Ce- rere, aveodo xftrova** £1 aerano nel territorio di Enne in $icilia {4) i r i»UftdMSje in tutu la Grecia «

Prima €ctes, homin* ad mdiont alimenta Meato } ., Aiutami glande* utiliorq cibo (ej.

, Cicerone (f) aftrj r lW£9. AJewp la invenzione 4*11* leggi; poiché essendosi introdotta la coltura ' del frumen- to, gli uomini, i quali alimenta vansi prima di un cibo comune. ?j fJivijfiTf* %a <wi i jeiarito/rtf * 4onde sorse lo ata- ^ilimepto de' confini, # fritto proprietà, e quindi le ìpnaz|o^, i testamenti ec.

Oyìdjp^gj) £ ficaio ^esie aviriso, ^ &rim(t J2eres ^^c(x glebaw dimovit aratro f ^ '.fri/TH*. 4 e ^ È [fogfi* <fli?nmtqqi& mjfia ferri*,

. (a) OwV. /rts/. ìv,

<fc) TihuLiUk* eZeg*. ///.

(c) Juvenai*. Sat. ri.

(d) Lcict. di», inst. Ub. \* K

(e) OwA /às*. fi*. iV

(t) In ferr, (g) Afe*. Jifc. f. [p. 333 modifica]

  • 33

Prima dedit legcs In effetto le Tesori oforie furono istituite ad onore di Cerere legislatrice 4 Era, vietato agli uomini di assistervi. Donzelle di ottima opinione portavano i libri sacri. Le maritate nel tempo della - fata", che durava *iove giorni t erano obbligate di star lontane dai loro mariti, ondai Ovidio (a)

Annua venerimi Cereali* tempora Secubat in vacuo sola puella toro ed altrove (b)

Perque nouem noctes, Fenerem, tactusque virile* la vetitis numerarti. r *

Questa dea aveva due celebri templi in Cicilia, un* in Enne, Ceres Ennensis, V altro in Catania, Cerci Catinensis. Gli uomini non solo non potevano entrare nel tempio di Cerere Catanese, ma neppure guardarne la statua (c); e Cicerone {d), dice che la statua di Ce- rere Catanese cfedevasi di esser discesa dal cielo.

Dicesi esser figlia di Saturno, cioè del tempo, e df ©pi, che significa la terra, per dinotare che il tempo e la qualità della terra contribuiscono allo sviluppo, e/J alla qualità delle biade «

Sebbene comunemente fossero chiamate Orgie le feste di Bacco, presso alcuni scrittori trovasi attribuito questo nome anche a quelle di Cerere, ed in questo senso sem- bra che Catullo avesse fatto uso di questa voce, ove dice Pars obscura cavis celebrabant orgia cistis, Orgia quo* frustra cupiunt audire profani.

(a) Amor. lib. 1 1 1 Eleg- X. (c) Lact* loc. ciU (b) MeU X: (d) Loc. cit* [p. 334 modifica]?34

3o. Cibele. Presso i lai/ni poeti trovasi scritto Cibele e Ci boi le (d). Servio [bì dice che fu nominata Cibai» da Ci belo suo primo sacerdote. DioJoro Sicolo(e) deduce il suo nome dal monte Cibelg, ove fu esposta. Egli narra che no tal bicone, forse quello che secondo Pia Carco allevò Omero, procreò cou Dindima sua moglie una figliuola che avendo esposta sul monte Cibelo, le pantere ed akre bestie feroci 9 porgendole le lord mam- melle, la nutrirono del loro latte; e che in seguito al- cune pastorrlle -avendo osservato con loro stupore siffat* to avvenimento, la presero, V allevarono, e le diedero il dome del monte. La giovanetta congiunse alla beltà del corpo i pregi dello spirito e del cuore. Inventò la fistola, ovvero rampogna a più canne > i cembali ch'e- rano due coppe di rame, e i timballi, ovvero nacchere strumenti di rame in foggia di due grandi pentole vesti* te di cudjo, e per di sopra nel largo della bocca, co- perte di pelle da tamburo, che si suonano con due bac- chette; c poiché ella esercitava mirabilmente la medici- na, specialmente pei ragazzi, e per li bestiami, fu chia- mata la Madre tnmtana. 1 Greci vedendo in lei rro- novellate le virtù di Rea, la chiamarono la Gran madre Frigia, confondendola colla Gran madre degli Dei. Clu- verio [d) dice che nella Frigia, ovvero Gallo-grecia, vj e un monte a due gioghi a forma di due mammelle, consagrato a Cibele.

Dicesi che Cibele amò un giovanetto Frigio nominato prima Ati, e di poi Papa ( Vedi art, Ati ). I loro fur-

(a) Ovid. Fast. IV, Virg. Mneid. in, Lucan. f,

(b) Mneid. Zoe, cil. (c) Lib. ni, (d) Jntrod. in uni\>. Geogr. lib. v* [p. 335 modifica]3>35

tivi abboccamenti produssero V ordinario effetto. Ella era già gravida, allorquando fu riconosciuta da' suoi genitori 9 e condotta alla reggia. Bfeone la erbette ver* gifie $ ma avvisatosi ójejlo stupro 9 fece uccidere Àti, e le, autrici (a).

3 1. Ciclopi. Plinio (b) e Stratone (c) riferiscono che gli Arimaspi popoli dellp Scizia, avevano tiri sol'occhio, e clte combattevano contro i grifoni, e Strabone opina che Omero sulla fxadizipne della esistenza di questi po- poli abbia immaginati i suoj Cjclopi.

Giustino (di dice che i Ciclopi furono i primi abitato- ri delja Cicilia detta prima Trinacria, ind Sicania.

I Ciclopi (e*), dice Natale Conti erano uomini barbari 3 violenti, ed è perciò che furono detti figli di Nettuno.

32. Ci/pira f. Ovidio ( f) ilice che vi erano delle na- soni che praticavano siffatta sorla d' facesti

j....... ge^ic$ ti tamen esse feruntitr

In qtdbus^ elnato genitrlx, et nata parenti

. Jungitur, ut pietas germinato e et cui amore.

lgipo.(# rapporta^ ( c4?i& Mirra, per ri usci re a giacer con Cini ra, Tubbriacò,. Questo esempio della sfori a pro- fana sembrerebbe per. avventura inverisimiìe, se la sto- ria sacra non ne fornisse, un sigile nelle figlie di Lot (h)*

33. Cigvo. Le corna anticamente furono il contrasse- gno della potenza e deir^ulPrii^ sovrana. Questa era la

(a) Strab. lib. x. (e) Mytk. lib. *.

(b) Lib. vii. (f) M f. x/* ^

(c) Lib. u, (gj Fab. 1^8, et "

(d) Lib. 4t ( h ) Genet. cap. xix 1$, 35. [p. 336 modifica]

  • 36

idea comune deli* antichità. Bacco tjj rappresentato ceJ- Jc corna. Lo si esso Mose si mostrò colle corsa al popo- lo Ebreo allorché discese dal Sinai {a). Vossió (ò) spie- gando le corna dì Aminone, e di Osiride suo figlia, di- ce die iir hello gestarint pellem capiti $ pabuli dm cornibus prò galea.. Il P. Lafitau \c) osserva* che presso Americani, specialmente presso %V Irochesi il termine Gannagoronni, verbo relaìlttq formato sopra quello di Onnagara, che vuol dire un corno, significa innalzare alcuno, e renderlo rispettabile.

34- Circe. F un promontorio nòn molto distante da Càetà, anche oggidì detto Capo^cir^eÙo.

35* Coribanti. Varie sono le opinioni sulla origine > e ministero de* Cbribanti. Diodoro di ificilia (d) riferi- sce che Cibele fugge ijdo dalla casa £aterna, dopo di aver errato per là Frìgia, pervenne ro^feorito, ove ili- nammorossi di Giasione, fratello di Bardano, ctìe la sposò, é n 1 ebbe ufi figlio appellato <3oriba v Assistita da Giasione, Cibele institùì uh cottelo àt saperda*! sotto il nome disonnanti'. H mistero J del* lóro callo strepitose^,* alludeva al viaggio penosissimo / che fece Cibele per la Frigia, cercando il suo diletto Ati.

Furono appellati Cureti da cure, che in greco signi- fica donzelle 9 perche portavano vesti' còli lungfce stole a guisa delle donnétte, ovvero da citrF, cBte significa cà-

(a) Exod. H. % \ " ' '

^\h\ De orig-. Idot'cdp* xxvn.,] ' ' *' "

(c) M<?euh x àei ìdWitgto ìi de% Ameriquains.

Google [p. 337 modifica]pelli tosati V perdi* éiiì taglìàvansi r capti lì' nel davanti della testa / f. "* ' '

Furono anche chiamati Oditi, e i loro Capi ÀfcigalH dal fiume Callo ili Frigia, le cui acque facevano dive*' riir furiosi colorò ' *hé ne leVevano, e talmente che era~ no stimolati a tagliarsi il membro virile. ISTella chiesa* di S. Martina ai monti in Roma leggevasi la seguente inscrizione, Tiferita da Litro Giraldo (a).*

' Camerius Cresce ns Jrchìgdllus Matris Vetim Magnce ldotcb et Attis Po: ito: Vivus sjbi ferita et Camerìv.Eucratinolib.suo^ Cateris autem li berti s utriusque sexus loca lingula se pultìmè causa*

». m. Jfc s.

Si è attribuita a siffatti sacerdoti la natura òVdemonii a riguardo della stirànerfia -de' loro 'salti' accompagnati da urli. Ved. l'art. Dattili Idei.

36. t) aride. lì Sig. Boccaccio (b) crede che Danae, esposta alle onde 4, sia tota scinta fan nella spiaggia di guglia, c che abbia datò il nome à quél tratto di pae- se che fu detta Itauntà, tra i fiumi Frentorie ed Àufidò; òggi chiamato tofanto. Altri' pretendono (c) che Da#» no, pronipote di Saturno, abbia* dato il noitìe a questa paese. -

Questa favbla e rondata «opra h storia riferita da Ci* retò ffi Mitilene W). Sèfcòndo k sua relazione, pò*

(a) Deis Gent. sjnU IF.

(b) Gencalog. art. Danae.

(c\ Serv. in Firg.Mneid. lih.Yixi. (d) Nat. Com. lih. tu.

Google [p. 338 modifica]Citare V »* PfeU, fratello di Aerisi*, sedotto dalie at- trattive di sua nipote, la compresse, avendo corrotto con devaro i enfiteli della forfè 9 ore suo padre V aveva rinchiusa \ e che in seguito* ella «poso Pilunno, re degli Àpuli, che la. res^e madre di Danno, il fuale diede il Storne alla Daunia.

i \

37. Bardano*. Egli da Co'rito, citta di Etroria, ove aveva regnato, condusse i Coribsoti 9 e stabili sul monte Ida il culto ed i misteri di Gbele (a). EgH fòndò Tro- ja 5o anni circa dopo che gì' Israeliti uscirono dall' E- gitto,. Ved. Troja.

38. Dedalo. Filocoro presso Plutarco [b) dice che il labirinto, sì decantato da poeti, era un luogo destinato alta custodia de' rei „ cuttjdiam labyrintum fuisse x qua; pihil mmli fusi qiod nou valetent inde effugcre custoditi^ haberet. „

È verisimile che Dedalo abbia favoriti gli amori di Pasife e di Tauro,, lor procurando il Inogo pei furtivi abboccamenti entro la così detta vacca di legno, cioè entro una barca. pedalo incorre V indignazióne di Mi- nosse chet la fece metter prigione;. Pasife lo liberò, e ^li diede un naviglio. Dedalo arrivò in una spiaggia di Sicilia, ^ ove fu accolto dal re Gocalo: {caro naufrago presso un isola del mare Egèo a poca distanza da Samo, Le ale che k fàvola dice di aver Dedalo fabbricate, era* me le vele del naviglio, sul,?nale gU riuscì di fuggire.

(a) Dwdor. Uh. v.

(b) In Theseo. v

[p. 339 modifica]39. Deucalione - Se Japeto è lo stesso che Japhet ne segue cbe Deucalione era pronipote di Noè. Altri credono che egli sia lo stesso Noè.

Per, quanto varie fossero le opinioni degli scrittori: Greci intorno alla patria di Deucalione, tutti convengono snl diluvio avvenuto a suo tempo. Luciano4 rapporta questo avvenimento al tempo di Deucalione Scita cujus tempore, dic’egli, multa fuit inundatio. Pausania5 lo crede domiciliato in Atene, ov’egli eresse un tempio a Giove Olimpico, presso al quale era il suo sepolcro. Erodoto6 (c) dice che Deucalione era re di Tessaglia.

La storia antica ci ha tramandata la notizia di molti diluvii. Diodoro riferisce quello accaduto in Egitto a tempo di Prometeo, in cui perirono tutti gli abitanti. Contasi due diluvii accaduti nella Grecia, l’uno al tempo di Ogige, l’altro al tempo di Deucalione. Petavio fissa l’epoca del primo all’anno, 1796 avanti l’era volgare; e segna l’altro all’anno 1529. avanti la detta era. I marmi di Arundel rapportano quest’ultimo al 4 del regno di Cranao, vale a dire 1522 anni av. l’era medesima. Erodoto7 ne descrive le più minute cirsostanze. Egli narra che un tremunto arrestò il corso del fiume Peneo tra Ossa e Olimpo; che nello stesso tempo dirottissime piogge inondavano la Tessaglia paese piano; che Deucalione, e Pirra sua moglie, con pochi altri salvaronsi sul Parnasso; e che il paese, dopo qualche tempo, fu ripopolato dai loro figli simboleggiati da pietre.

[p. 340 modifica]»4*

Luciana (a) riferisce la tradfeiotte de' Gtèéi e <Se$li a> bitanti di Jerupoli intorno ài diluvio. I greci credevano anch'essi che le amane scelleratezze avendo irritato il Cielo, caddero copiose piogge 5 i fiumi ingrossaronsi, il mare si sollevò, e la (erra ne fu' intieramente itMkdata, che tutti gli uomini perirono, fuorché* Deucalione, il <fua* le salvossi insieme con sua moglie e con i suoi figlinoli in una grande arca, arcarti mdgndrìi Cofiscendit 5 dht in quest' arca rìcòveràr'onsi' tutti gli animai], un macchio, ed ima femmina eli ciascuna spècie - y che nel tertìtòrfo di J era poli si apri la terra in una- sterminata estensione tal* mente che in questo immenso abisso furono atsorbaté Ta- cque del dihrVfo [b). E'moLtci evidèntè 1* analogia della tradizione rapportata da Luciano con quelk degli fibrei, e de 1 Caldei. E 1 degno di osservatane che.presso g& Americani vi è*atictora un aVan$d ài antica tradizione 1 in- torno al àiluvió'. (c) -,

4o. Diana. «tempio di Dfaitó irt» Bfifco é*a tftttf ^el- le sette maraviglie del Mtfnd*. PittdUri y 8tra*©iie,< ie<l altri antichi scriéori atffibfriseono» fot^ioW dn que- sto tempio alle AmaToni. Pl^saniav <^ adepto tal Creso, è ad' un tal altro d<*nromitìato* l*Wb i *©d« il nome alla* citta. Cóm'-* ireristiHte, dide fiaus^tóa, che le Amareni lo abbiano efcftBèatò; jJoifchfc ai: sS \ che queste guerriere sagriftcavan'o' a4 Watftt, '«flfotchè» paft* rono dal *erm<fcl<mte ?,V DUéàéÈpHedae sù&ifi&unmt

(a) De Dea Syria. " ' " ' r '

fh) TfeT. Boiilanger Antiq. Devoti. Ub. 1 duy, 1.

(c) Lafìtm Mceùrs des Sawageè tl>tb. t. pafrrtb

(d) LU. Gir. àe Deis Cent. Syntag. JTitìk'

(e) Pausare in Achaic, [p. 341 modifica]JìThermodontc profecte niilieres, qùibm hirtììnim: tert- ! piurn hoc f et jam olim fuerit notum „ Giustino {à) ' attribuisce alla A mattai la fondazione di Efeso v, non già del tempio / Gliconei per'la maggior* parte conven- gono che fu fatto^-*«É{>ese di tutfa V Asia minore, e che fu il risultato di^ao^àfci di continuò travaglio'. Un tal CJi'ersifone, a come *^ftri dicono, Ctesiforìte secondo Plinio, ne fu V architetto. Era sostenuto da 1Ì7 co* Jonne fatte a spese di altrettanti re. Aveva- 4*3» piedi di lunghézza sopra 220 di larghezza. Le porte erano di legno di cipresso; tutto il rimanente del legname età di legno di cédro, secondo Vitruvio, o di ot»o, secondo Senofonte, o di avorio, siccome dicotìb aflri. Eròstra*; to non sapendo altrimenti reridere rmiiòrtale*' il sW no- T me 9 lo incendiò la stessa notte in cui nacque Méss4n~ ' dro il grande (é). Questo cònquis^tdre promise' fcarlo ristabilire a sue spese ? purché gli fòsse* ìtatb' jternkssa di mettervi la iscrizione col suo noirié (c). Gli fu' ri- sposto che non conveniva ad un nume in r? alzar tempii agli Dèi. In Seguito fu piìi volte abbruciato, e seìnprfe 1 ristabilito, finché gli Sciti Iq distrussero sotto T impero eli Galieno (c)., ', u

Il culto di Diana Efesia era così celebre, che gli ar- gentieri vivevano con fare statuette e tempietti di rjtte- 4ta Dea 5 ed allorché S. Faoto cercava di persuadere gli Éfesii della loro folle idolatria, loro dicendo, non *unt dii qui manibus fiunt, non fece che eccitare il me H -

(a) Lib. II.

(b) Petav. Rat. Ternp, p. 1. ìjii. $ap. xiv.

(c) P lutar, in Alex. " X

(d) Strab. lib. xiv, Arrian. tib. 1. gest. Ale*. [p. 342 modifica]

(intento degli argentieri, e l'entusiasmo del popola ehm. per poco manco che non gli fosse fatale. S. Paola par* lara agli Efesii, come Cicerone, e Marziale ai Romani. Qui finxit sacro* auro, vélmantore vultus

Non faci t HU Deot..

Deos e* facie novimus qua pittori et fictores vo- luerunt (a). \ 4i. Didonc. Ella era pronipote cT Ttoì>aìo, jtc di Ti* ro, padre della, famosa Gezabella, Può perdonarsi a TirgH>o t il felice. anacronismo di rapportar Bidone al tempo di Enea; ma come scusarlo di aver sacrificato a ) .no disegro poetico la opinione di questa illustre eroi- na ? Il ano IT libro dell' Eneide rappresenta Didpne in preda ai pia eccessivi trasporti di amore per la partenza, dì Enea.

Urìtur infetix Di4o iotaque vagatiti*

Urbe fi&en*<. *. La storia che decide della Opinione degli nomini, fa onorevole menzione della fondatrice di Cartagine. Ella fa il più perfetto modello della vedovanza. I*a aua ca- attta che èiunse sino a,l grado di eroismo, la fece rL- guardare dopo la sna morte come una diviniti 5 tanto era cosa rara in quei /empi la castità sol tropo. Richiesta in i«po$a da Giarda, volle uccidersi, anzi che violar la fede data a Sicheo di non passare a seconde nozze; pyra in u tìnta parte urbU exlructa, velut placatura vi? ri manes infefiasque ante nupt'as missura, multas fuh stias cotdit et sumpto glad>'o pyram conscentit.. vi* tamqut gladio fim*it {b)

(a) pt Nat. Deor, Ub. 1,

(b) Justin. }ib. *vtii ^, \ » [p. 343 modifica]

  • 4$

Dodona. Javan t ovvero Jon è il padre de' popofì della Grecia. Egli era figlio di Giafet, eh' è lo stesso che Giapeto, e nipote di Soè. I suoi quattro figli Eli- sa, Tarsi, Cettim, Dodaniu Occuparono i paesi deUa Grceia, e formarono altretante Tribù (a).

43. Eaco. L'isola di Égina\ ovvero EngU è tra 1* Attica e la Morea nel così detto golfo di Engia. H suo territorio, al dir di Strabonc (6), è sassoso nella su- perficie, ma cavandosi, vi si trova il terreno. Gli E- gineti cavavano \a terra, e la spargevano sul pietroso .uolo per seminarvi. Non la peste, ma le frequenti scorrerie dei corsali, la spopolarono (c). L' avanao della gente si salvò nelle grotte eh' essi medesimi avevansi for- mate. Eaco gì' istruì nella nautica, e nella guerra, ed essi di poi ripopolarono (juel paese, quindi la metamor- fosi de* Mirraidoni (d). Eaco fu il piò gran politico del- suo tempo» I Greci "lo consultavano nei più gravi affari, che riguafdayano, il pubblico* interesse; e sovente Torà» ooIq di Delfo delegava al saggio Eaco la decisione delle controversie tra i principi Greci, siccome avvenne al- lorché Niso e Scinone dispuiavansi H regno di Me{*~ ra (e).

44» E geo. Il regno di questo figlio adottivo di Pan-

dione fu,r epoca Ja più illustre della storia de 1 Greci eroi*

'♦

" V

(a) Genes x. 4» - *

(b) lib* xvi 1.

^Jc) Tzeze Chil. vii, histor. i33. > jffifè) <P***to art. fty jPmusan. in Jtticis\

1 [p. 344 modifica].44

A questo tempo dev»*i rapportare la faraona spedizione degli Argonauti: le dodici fatiche di Ercole; la guerra di Minosse H contro gli Ateniesi * e la storia di Teseo e di Arianna. Ayeado inteso dall' oracolo di Apollo- Delfico che si fosse astenuto di trattar con donde sino al suo ri- torno in Atene, consulto Piteo, re di Troezene, che, se- 45ondo Plutarco (a), era riputato il pih saggio uomo del mo tempo, affiùchè interpetf asse* T oracolo - Piteo con- sigliò Emendi trattenevi per qualche tempo in Troezene e non *i sa „ <Jice lo stesso Plutarco, per qual motivo ab- hit indotto Egeo a giacer con Etra *ua figlia, dalla qua- le illegituna uuibne nacque il gran Teseo /

4*. Elena. Omero (b) dice ch'Élena prima di partire insieme con Paride involò gran parte del tesoro reale ' Verisimilmenìe Paride ebbe almeno qualche parte in tal furto egualmente eh 11 Elena il suo consenso a lasciarsi ra- pire. Se le donne, dice Erodoto (tJ).non acconsentissero, 'non sj darebbe \h caso di esser rapite. Jjo stesso Erodo- to [d) narra, che mentre -questi amanti navigavano per Tecarsi in Troja, furono gittati da una tempesta nella spiaggia di Egitto verso i' Nilo. Era quivi un tempio de- dicato ad Ercole \ gli schiavi che vi si ricoveravano * ricuperavano la liberà. Gli schiavi di Paride avendo ciò intaso ^ire, vollero profittarne. Prostrati innanzi al pio, cominciarono, sècoado il costume di ta! sorta di gente, dall* accusare i loro padroni i pubblicando il rat- to di Elena. 1 sacerdoti ed il governatore scrissero il fatto a Proteo che risedeva in Menfi < Paride ed Eie- fa) Plut. in vita 'Thesei* (e) lib. i. <fy Mad. lib. 3. (i) loc. cit. [p. 345 modifica]45

un fìntolo potentati ni re; Paride rispase esattamente alle domande fattegli da Proteo, ma quando égli dove a rispondere sul ratto, avendo variato nelle sue dopo staio « ni y glMchiavi lo convinsero. Proteo pronunzio il sua giu- dizio quesjti termini „ Se io non mi recassi a mancan- %, za il far morire uno straniero che i venti e la tempe- M.sta hanno spioto nei mio regno, io vendicherei coli* „ tua morte il principe greco cui tu ai fatta si grande „ ingiuria. Tu ai commessa l'azione la più vile che pos- „ sa immettersi ^centra il suo ospite j tu non ti sei con* tenuto di corrompere il cuore di sua moglie; l'hai ra* pka v IV hai congiunto a questo ap altro delitto; hai „ saccheggiata la sua casa, e gli hai involati i suoi te- „ sori. Io ti comando di partire in tre giorni dal mio re- „ gno, altrimenti io ti perseguiterò come mio nimico. E- „ lena e le riccheaae involate resteranno qui fintanto che „ non verrà il suo ospite a dimandarle,, In enVtà, Me- nelao ricuperò fUetfa, dopo la guerra di Troja,m Menafi.

46. Elisi- Campi. Tutte teleologie de'pagant promette^ vano all'uomo virtuoso una felicita fisica d opo la morte - Fu immaginato un loogo di Clizie destinato per le pas- seggiate dell'anime de'inorjti 9 e questo luogo fu detto E- liso. L'Eliso dr Omero. è ben analogo al paradisum vo- luptatis di Mosè. Il primo offre boschetti ameni, il se- condo un giardino (a). 1 poeti e i sacerdoti lo hannp sempre immaginato secondo il gusto donaln nt j de'popoli. Sotto il clima caldo dell'Ada il massimo de' piaceri è di

(a* Div. Basii, de Para Uso. LacL Div lrut. lib.tx. Div. Joan. D cimase, de fidi Or* thodoxa Uh. ii

à [p. 346 modifica]stare all'ombra di un platano. I Greci Intaropei efce *W* tavàno sotto una zona più temperata, immaginarono t giar- dini. I sibariti non contenti di ttn giardino, ri a^giunser* nn orchestra numerosa, e de* letti di tose* Gli Setti promet- te v ansi, dopo la 'morte, di bere nel cranio- decloro aimieù Vi è delfa differenza di opinione sufla situazione dell'E- liso: obi lo ha figurato nélle Mollicene, cSi nette Filippi. De; altri nelT isola di Ceylan, ed altri ine un monte sY al- to che tocc. i monti delfa Luna ! Plutarco e la mag« gior parte degli scrittori greci situarono FEteo nellVisoie for- tunate. Uezio^o) pretende che i poeti hanno formato i lo* ro Campi-Elisir, i prati di Plutone., i giardini dolili spendi di Adone, di Alcinoo sul modello de f paradiso di Mose, Omero (c) allorché fa parlare 1 Pròteo, il quale predice a Menelao il viaggio ohe farà ne 9 Gampt-Elis??, ne fa la se- guente, descrizione, che io rendo tradotta in italiano..

Ne 11 Campi Elisj In quella es*r*»tna terra. y Al biondo Radamàuto i Dei immortali Ti manderanno, ove ne la guazzosa Pioggia, né molta nere nè aspro terno Fa il viver grave a <f uei f etici eroi Anzi gioconda e lieto: ivi T Oceani Fa che"2^ftirò spiri aure sdavi Per refrigerio dell' umana gente. Ribollo (di in pocbi versi ne descrive tutta la soavtò Jffic coreae cantusque vigerti passi mque vagante* Dulce soriani tenui gutture carmen aves. Fert casiam non eulta seges totosque per agros

(a) sa Sertorio (d) Lib. f. 11*+

(b) De la Situation àu Paradis terrestre (c) Odfs. lib. iv

Google [p. 347 modifica]Floret odorati* tetra benigna rosi*. A* juvenum serie* teneri* immixta pitel i* Ludity et muidue praélia miscet amor.

47 Eolo. Onero (a) dice eh' Eolo fu figlio <T Ippot» Irejano, e eh 1 esiliato ila Troja per comando di Lao- medonte > venne a stabilirei nelle isole, che di poi dal suo nome furono appellate E olie. Diodoiedi Sicilia (o) Io fa figlio di Nettuno e di Arno, principessa di Tessaglia. Strabene dice (et eh 9 Eolo era un^uomo peritissimo nell* aite di navigare e nella conoscenza de 1 venti 5 ecco per- chè fu detto figlio di Nettuno » Essendosi stabilito nelle isole della Sicilia, i naviganti per evitare i pericoli, che incontra vansi tra Scilla e Cariddi, andavano a consultar* lo, quindi i poeti le costituirono Dio de' venti.

48 Ercole ^ S. Agostino (d), ed altri scrittori credono che l'Ercole de' Greci sia modellato sulla storia del San* sone degli Ebrei. Eccone il confronto. Entrambi questi due eroi offrono il carattere di uomini dotati di una prò* digiosa forza di corpo. La parola Ercole, secondo Mi- crobio (e) significa Sole: Heraete* *oli* illustrano, e la voce Sansone in ebreo anche significa sole. Sansone del pari eh 1 Ercole nella sua prima gioventù sbranò un furioso leone (f). La mascella ó? asino eotta quale San- sone disfece mille Filistei somiglia benissimo la dava di Ercole. Erodoto (g) racconta che P Ercole Egizio scos-

»3

(a) Ody*. Ub. x. (b) Uh. IV. (c) lib. i. (d) de Civ. Dei lib. tS.

(e) Satura. Ub. t:. (f) Judic cap. 16 So. (g) lib. u. Google

\ [p. 348 modifica]

  • 48

se egli solo con unto impeto tra edtfhfc» - che lo fece crollare - y simile prnova di robustezza viene attribuita anche a Santone.

E ioverisimUe eh* Ercole fosse alto quattro cubi ti, ed on piede, come dice Eraelide Ponti co; che avesse tre órdini di denti > come rapporta Erodoto, e gH oc* ehi sfavillanti fuoco, come attesta T*e*e (a). Ercole * s un nome appellativo esprimente il carattere di alomni no- mini forti, i quali hanno abbattuti i mostri, cioè- gK uomini bettoli t e prepotenti,, che opprimevano i deboli.

Quinto Calabro ne' Paralipomeni di Ornerà gli attri- buisce il i3. combattimento, degno più ohe ogni altro, del figlio di Giove, eseguito in una notte, siccome di* ce Pausatila (6) o in sette, siccome afferma Ateneo (c). Desso fu il risultato di un invito fattogli da Testio., re; di Tespi in Beozia, il quale desiderava di aver nipoti valorosi dalle sue 5o figlie. Il successe oorritfpose al sa a desiderio.

49 Espèridi. Furono appellate co» tal nome le sette figlie di Esperia, figlia di Espero, e mogli e di Atlante ed k perciò che chiamavano anche Atlantidi, dal nome del padre. Diodoro di Sicilia riferisce (d) V opinione <U «alcuni, i quali credevano che queste pecore fossero dimoro; che altr' intendevano sorto questo nome una raz- za di pecore appartenente ali 1 Esperidi, che avevano la lana del color d 1 oro, e che il dragone era il pastore che le custodiva; asserisce però come cosa certa ch'Er- cole ( vale a dire qualche uomo bravo di quel paese )

(a) Nat. Com. Myth. Ub. VII. cap. x. (h) in Bjeot. (c) lib* *|ti.

(d) Lib. in: [p. 349 modifica]«eatae il custode dei pomi »i Pafofato- (a) tìiée clic, fisffc* ^wa oft riqeo MiVww stabilita in Caria t il quale eblte £ne figlto nominate RapMvVi r che avevano dette n*mè~ ffcfè- 'greggi di péo&ife /chiamale pecore* d f oro, swl p*r ft hiro r>elrez2fc iia per ìa molta rendita che ne ritrad& ▼tao. La- custodi» di queste pecore fu affidata* ad tur pastore nominato Dragone. Ercole passando per- qtuet paese r rapì te greggi. r ed uceise il pastora» *

Lo stésso Diodoro (#) dice che V Esperidi *.memró vii giorno drVertfvatìsi ne* loro giardrei r furono predate dai conferir di Busiridé, il quale* ave«ru inteso- decantar- 1 ne ìa bellezza e le virtìr; e eoe* itelf atto eh* t corsali stavano ancora nella spiaggia r mangiando r Ercole ivi sopraggiunto, uccise i rapitori y e restituì 1* Esperidi al loro pac!re t il quale r in* riconoseeoza,. diede in* dono aH* etoe i pomi cbT ègri era andavo cercando -

Alcuni' moderni Mitologi opinano-'efre i pomi fossero Te melarance, altri l& raelagfanate r dette in- latinotita/a pu- nica, perchè- pervennero dall' Àfrica* in Europa. Il P, Pancraxj nelle sue' antichità siciliane riferisce 1 di aver veduta un? antica statua di Bronzo rappresentante Erco- le di ritorno dagli orti Esperidi con- una mefagranata isr mano » Il dòtto Signor Vieo (c) dice che sotto* questo- nome vien simboleggiato il grano. Qua! proporziono tra le pecore di Di odoro, ed il grano deì Sig. Vico ? come riunir queste idee sotto la nomenptatura di pomi (a)?

5o Età délV oro * Non è- inverisimile ci& che f poe- ti immaginarono intorbo al mele che stillava <T alcuni

(a) De incrtdibilibu*

{b) Loc. ef/. (c) Fico- se* nuo. lik. i» [p. 350 modifica]

  • 5#

alberi. D Pi LiGua (#) Utettt che i Miraggi doH' America tiravano dagli aceri, specie di querce nella dure, «n succo naturale, altrettanto, e fotte pili dolo* «lèi mele delle api. Si è forte attribuito da poeti' agli alberi lo scolamento del mele 9 che scaturirà dngli al- veari formati dai scianti delle api nel concavo degli al- beri. Forse sotto il nome di mele intendevano qualche liquore simile alla manna. L' idea di questa età può fet#t> adattarsi ai primi giorni di Adamo y ed al primo secolo di Noè, dopo il diluvio, sino a NembroC, al- lorché costui, non contento della divisione (atta da 1 sno bisavolo, lece sentire per la prima volta la voce della guerra.

5 1 Eteocle. L' odio scambievole di questi due gemelli era loro ingenito, talmente che ha dato motivo ad esage- rarsi eh* essi battevano fin dacché etano ancora nel ven- tre, della «loro madre (h). La storia somministra innu- merevoli esempj del predominio dell' ambizione «opra ogni altro affetto.. Sono da rimarcarsi le parole eh* Eu- ripide fa dire ad Eteocle sa tal proposito. lo le rap- porto secondo la traduzione italiana del Carinoli ( nelle Fenisse )

E te oc or madre, nulla

Celando, io già favellerò; su gli astri La dove nasce il sole ascenderei, E gin sotterra me n andrei, s' io avessi Valor di farlo, onde ottener impero, Ch' è il massimo de Numi -, or si pregiata Util' cosa non v voglio, o madre, ad altri

(a) Mwu* dts s<tuv*$es et des A-nsriquuthi

(b) Stai, "kebaid. lib. i. [p. 351 modifica]a5i

taiciat jtftrttfcstò t&t pfét me serbarla »

Pure se in questa terra in altra guisa Albergar égli vuol, lo puè j tea il regno IH mio' 'voler non cederò giim*ma#. jpoteo4« mi mìa bafta r impeto Sarà ver «liè a obstui viva vaisallé ? Il foctv Vtngft pu* /vengano T armi Aggiungete ca v Ili, empite i campi m cafri amati: -elle a costui il mjo *eg«ò «. JWn cederò poiché *e com»/e7i inai Cònhv 4 drWtfe oprar, t? cwfro £/ ftutfo « Juoi fretta i V oprar ingiu&ammtt ' -

Pér MgaaCffe /jietò comlensi foi 4 Ndle atee c&serawr*.. 52 Europa. Alcuni Cretesi, dice Diodoro Sic.(a) rapirono Europa. Avendola condotta in un bastimento, nella cui prora era scolpito un toro bianco; e perche fu presentata al loro, re Asterio, fu perciò detto ch'ella fosse rapita da Giove cangiato in toro. Vedi la nota all'art. 10. ^

. 53 Fauni. I Fauni, c i Satiri sonò gli emblemi delle vesti de 1 primi uomini, specialmente di quelli, elle se- guirono Bacco, i quali cuoprivano il cofpo di pelli di capre, o di tigri; di pantere 0 di leopardi, adattando le corna alla testa. Essi legavano sul petto le lampe del davanti di queste pelli. Siffatta maniera di vestire fn per molto tempo il ma niello re» lo de* principi,. V ornamento degli eroi. Ercole andò coverto della pel» (a) Uh. a. [p. 352 modifica]a5 3

le del lione di Ite***, W j^g?»^;, pelle di un tpro $ jLc*te r m presentò ad Enea coverto dell» pelle di un' «rso (q).........

54 Fé/o*** *. CipU* {*), S* tfe#f«tf Alexan- dria (c) riferisco** ohe F incendio.: di iFp*on|$ «oeadde in Etiopia nel Um^q Messo, Ht ( fCi*,a*w%«w4 d^uvio di Deucalione netta, Tessagli* i«^35E«at%rfrf)i d#c« ( <£e il Fetonte della favata era figUo di, w n ^e oW ^mentre un giorno guidava,, ««, qoocJh* |>te*fo /U, w*w* Eri- dano, vi si annegò iiÀitrì* 'creduto «he, «on H^piesM fa- vola siasi voluta» date ^*v**itoM*s^ r pentito tit/ neu affidarsi, il gevern* itegli *»tati\>a ^i«vmoà: fri»flipbw Na- tale Conti (e) et*aVoheìM*o ià ^ ^buàetiib^ujBitit^fa vo- la si asconde la«, sipiia* di « fualAe; sitótà vjtj»anKr*aria T accaduta 06 nonnullarum errantium.^st*lk0tmTt>XXMgres» &m, Luciano 4/^f* *B Fetdnte mi apologo y tike^er a v<* lasciato tapérfett* <q*ifes1ti ecfanfe, fu ^e«odi Wet mài 1 guidato il «atfo del Mie, Altri fh»al thC M »L > dàsono ette Fetale èva figli* unfoè d*' na ne di Stk»pi* v er£Àt avendo otténuto ^atenei padre M fo>e»o de4 regfeo^di cui abusò per far la guerra ad Epafo, figlio* ài ^i4r% .Telegono, re di Egitto, fu da questi sconfitto e respin- ti rieli' Erigano. Lascio ad *krt> £ esamè le 1 Brida*» di <p**à favola 7 aia i 1 finme d' Ital^, cosa* dioe Virgilio *{g) <, i\.., » ■ 4 * - ,/ (a) JpoUQn Hho4 Uh* u; ^ r:.fl>) €ontrq

. (e) Stwmt lib. /.; (4) /r.

(f) Z>e Astrologa (g) AEntid* Uh VU* [p. 353 modifica]a53

quello dell 1 Asia al settentrione della Lidia > ov 1 era 1" antica Italia, siccome àf ferma Eschileo pwuo Pli- nio (a).

£ riferibile a questo proposito ciò che leggeri nel Timeo di Platone „ Voi altri Greci, diceva im sacer- dote Egizio a Solone, siete sempre fanciulli* Il vo* „ stro intelletto è giovane, e non coooaetye V antichi- tà. Accaddero nella Terra molti allagamenti)» e mol- „ ti ineendii, che vennero cagionati dalla fcrutaiiorie '-e* „ mevrtnemi celesti. La vostra storia di Fetonte, quan- tunque abbia l'aria di uba favola, è fondata sul veio. Celso, secondo ciò che riferisce Origene { b) parago- HKftì r.jpeendto di Fetonte a quello di Sodoma e di Gomorra » Origene. lo riprende di anacronismo^ eccone le parole ♦ Qua* de ' jSodvrtois et Gotoorrti pfì >pter pee- eatum ign** éeleti* Moses ^atmt in libro Geneseos, Celnè*,eo9iifrtifat cmm Pkàhontis historìa in eundem tienimi topimgenslapidete oì> non vbservatam an<iqtrita~ lem Mosis teàipcmm, New* hi qui de Phatonte fabu- kmtur i viékntur Nofneri Mate posterióres-, quo Moses fui* tanto tmtiquiùr.

ÌS Filottete. Ì5 wrisimilè ciò clie alcuni opinano eèe JTiWtete, dopo la guerra di Troja, fosse approdato netta eoste di quel paese detto oggidì Calabria, sulla* «gioite che Giustino \c) gir attribuisce la fondazione di Turio „ Thurinorum urbem condidisse Philoctetem fe~ runt, ibique adhuc monumentimi ejm visitar, etHercum

(a) Lib. xxxvn. eap. 11.

(b) Lib. iv. contro, Gelsum.

(c) tib. xx*

■ e [p. 354 modifica],54

lis sagii tee in Àpdttinit tempio, qua* fiUum Trojae* futtt. tordo (a) die e che Torio era situato dove al preteme, è Terranova „ Terram novamvulgus appellai, quasi Thurium movurn inier Cratim et Sybarim. Ovidio (6) fa menzione di questa antichissima citta, e di altre si- tuate nelle vicine contrade.

Tkurinosqae sinus Temesaque et Japyges atva Vixque pererratis, qytae spectant littora tetris Jnvenit JEsarti fatalia fluminitota. Virgilio lc)j> e Strabone. (d) lo fanno fondatore di Petilia.

.

56 Flora. OVidio (e) dice che Plora era u*Ja; ninfa abitatrice delie isole fortunate, oggidì appellate Cana- li©, neir Oceano Atlantico, la quale crasi addetta alla coltura di qualche giardino, e perchè il vento saffi*»* oooperaya aUa vegetazione deUe piante ed allo sribippo de 1 fiori 7 caci oggetti delle di lei ouce, 4j*indi è che la poetica imaginazione ne fece due sposi.

Lattanzio (f) dice che la Dea Flora de 1 Romani tea in origine una ricca meretrice di questo nome, o coma alt li credono, la stessa Acxa-Laurentia, che ytreva al tempo di Anco*Marzio, la quale colle sue prostitu- zioni ammasso grandi ricchezze, e morendo, lasciò saa erede il popolo Romano, a condizione 'che dovesse ce- lebrare ogni anno una festa nella ricorrenza dal «u*

(a) Ub. v cap. vii [b\ Met. Ub XF.

(c) Mneid. ni.

(d) ttbé iv.

(e) Fast. v. (fj Div. fast. Ub. i. Cap. xx. [p. 355 modifica]

  • S5

gtoitoo natalizio^ e che per quanto il Senato cercasse iar rispettare siffatte feste proclamandola Dea de' fiori t ciò non ostante i giuochi floraU ispiravano la dissolute**, «a degna di questa celebre eroìna della impudicizia t Catone volle intervenirvi, ma sia che le attrici denuda* te cessassero di danzare in presenza di un uomo si se- vero, sia ohe la sua gravità non potesse accomodarsi a guardare per poco F osceno, spettacolo di quella nume y se ne andò via snbko, dopo eh 9 era entrato nel' teatro; perlocchè Marziale ebbe motivo, di dire

ffossm joeesm dolce cum satmm Florme, Festosque Insù*, et tieeniiamwdgi, * Cur in tbeatrum Cato severe venisti ? i An ideo tantum penerai ut exirciì 1 Il dotto Bayle (a), seguendo T autorità di Varroue f. «ottiene contro Lattanzio che il culto di questa Desi eia antichissime, essenda staso istituito da Tazio re de'Sa~ j bini $ ed è da notarsi a queste^ proposto, che Àroobio^ « S. Agostino mentre rimproverano a' atamani l' osce- nità de* giuochi florali <, non fanne alcuna, ameaaione di. Flora meretrice. ]

57 Furie. Qudsta favola esprime i rimorsi acuti della propria coscienza. Oreste, interrogato da Menelao qual malattia egli soffrisse, <qual naie igli fot» avvenuto y ripose,

Quod multa feci turpia, hinc conscientia (&). Ci- cerone (cj diede simile spiegazione a questa favola „ Nolite puiare quemadmodwn in fahulis eepenumero vi*

(a) Diction. ari. Flora (h) Euripid. in Oreste (c) Pro Roselo Amuin e [p. 356 modifica]

  • §8

détU tot qui mUqmià impie stelerateque cotnmi scrini j mgiémri M pertèrreti Furiarum taedis avdentibiis: sUd qmemqu* /rà*» et suue éerror maxime vexat „ Ed al- tro** (*) w Agitomi et insectantur impios Fariae non aiéentHus tatedié, «cui in*. /abulie * sed angore von- t ei eri é ia té.

- La paiola Ti tifimi composta da du* roci greche * ab» significalo vendetta e strage y alche allude Virgs. (fc) iSèittitiiio sonte* ultrix mceincta flagello. Tisiphone quatitànsaèttims

Aletto «g«Med irm f metm \ Ifegefe invidia.

Molti popoli '«NMewNla? fetonti a quéste terribrlì Di- vinitk. AveVasi.f«r.eti*;oos\ alto rispettai e» timone che non osavasi di £re£e»fe>e loro, «ara* w dtn^ Àdaja, vi era ua* tempio <fon*ag*afo alle Fmo,.ctoé i delinquati icke ▼i ««ottvatoo eta*o Wtaefireai d»i*d feeffrore inrpror- vitó die loro* fóce** y c tdèPe M *eaé*t f e\cbe gli òbnli« gapsi « eWiasare klortfi pifc ecatikr delitti Dicati M tese evaso lgh* deifar storte, -of^isfo deli» Disco* allaamnimtttf alia pisttoai, ttha agit(»o il euete, ed* oscurano la. spirito.

tt 6*W * Egli- ^datovi dè«a|nicaia fj). So boDjrfo il eakotó di Petatno aéJnincjei vegliare T <a«aer**38© »r. G k jC » Sècòeaje pttwa di lift in Italia gli Dai erano adorati nella immensità della stessa nattm,

{a) lih De hg&. ! - ^

(c) Pausan in Achaic:

(d) f7rj. JSWd. «ay rilJk ^ <vt w tlmp. p. J. lik^Jb ù*p.AX& [p. 357 modifica]-egli il; primo vi eresse da' templi, ed.jstitiA i riti sacri»; .4i qui è ohe toglie pufcJ)UeUe pregne > egli era juye- -cato prima di tutti gli altri Bei >t Era r^pr^Utato Triforme,, sia perchè v ^CQjinf dice» Ovidio, ejgli solo tra tulli gli Pei gwardjiva ja tua: paft£: <}i v ,.. Sòlu$ de sypms. qui 4mtrrg& vide*. f, Sia pttrchè v;co»«* dio* Sh*ta*eo, t ^gU;weva 4 inerito di «ver j crollati » ffydi A'lU&K^nà<&à<* ai alle stato primitivo ?. tuoterttap 4eì- lofio Calumi j si* jì£rcbàce§li., wco&do ììapùriMe di. Wwobio.^) aveva, la i conowqnaa del p**mU> è 4tìf %f v*&m.r J5<#o P^chè, Giano ^pollayasi^oi nomi 41 PatuJ^jo * M, <5tosi*>, (e) * Xto atesto £i*tio die* |cV*gU iprftì h #ef$<*,$he, il loaofy

Sotto questa C€ésidkra4i^, »olti<*ciri¥Qr* raflìgHjan*, «al * Gitao Jegritafc 4 K9è ^agli E**ei * cui coupiene l*titsft*m» r t^iibttfc da wnwoc^ U tòpyo f,.a,vaati 9 e dopo il dìltfjJd ** o»!r**l * »,>t w rieri:-; «,}■ i >

I Romani ceWhrwranÒ la few* #o U pmno

gUrfto di GeraajeS. Veititi degli a**U i pii, ricchi *ù recar ansi al Campidoglio, fe $aaai^alio>r -degli adara- Wevoti jlmoni aigwii *j Ofifcitiaai * 4^ Di* * da^erl, ifieki > e miele., i v». ■ ^< v-- s.-.t j '»...,.„

., 59 Giganti. Filóne: fy) «rade ohe Bios* v q^eslp nome, imeadeva twu*ie» atlaoiali-aikl^ pa^^i,ed al-

■ f*. *;. / * ri 1..:., ^ ì

(a) M aerobi Sai. Uh* u.eap. ir

(b) Fa**. f

(c) 7* JYuma.. (d) Sa*, Uh 1,. oap. g.

(e) Ovid. fec. city.«\ «

(f) rappresentato da Ovidio in atto di parlare a fusto porta <g) Ite QigaMikm GooQlè [p. 358 modifica]

rove (a) dice che i pagani rimproveravano agli Ebrei * che i loro Kbri contenessero le stesse favole de'Greci im proposito della torre di Babelie. Origene [b) riferisce 1* opinione di Celso, il quale pretendeva che Mosè aveva tratta la storia dèlia torre di Babelie da poeti che immag- ginarono la guerra óVTitani contro Giove. Questa opinio - ne di Celso non ha alcuna forca subite che si rifletta che Bf osé vivéva moki secoli prima coesistessero gli^scrittori Greci ( Tedi la nota all'articolo Fetonte ). Eusebio ri- conosce ne' giganti i dementi ribeili (c), e Cioerone l(af) dice che la favola de'giganti è «iathofo delle passioni in- subordinate alla ragione, Macrobio (e) fa' 4V giganti nn popolo di empj ehe niegarano resistenta di Dio; è- oi*é quindi renne dettò ch'essi tentavano di detronistar Giove dal Gelo. Alcuni Mitologi dicono che furono dotti gigan- ti taluni abitanti di Tessaglia, * quali aisodiatono il lo- ro re in una guarnigioné ne) monte Olimpo r e eh© ave- vano la loro ritirata sui monti Polio ed Osea.:

Ciò che il sedicente Beroso (f. asserisce di aver Noè, dopo il diluvio, generati trenta figli di statura gigantesca, e che presero il nome di Titani da Titea loro madre, e una pretta invenzione di questo erudito impostore; siccome è una espressione iperbolica frequente apprèsso tutte le nazioni il dire ehe teocatoo iiì Cielo tutte lo co- se die son portate ad un'attesi* straordinaria

L' f enorme scheletro, che fu trovato nel 161 3 nel Del*

(a) De Confus. Unga. cdp. 3fco. * * ^

(b), Ubè iv contr. Célsum. ' " ',\'

(c) Pràep. Evang.lib. v cap. tv; <dl De Sene*. ' 1, (e) Sai. fin. 11 c*p. «o. {!) lib.~i\ [p. 359 modifica]il nato press© fi castella dei Signor Laftgen, e eh» fu cs*~ «3uto esser di Teutonico rs de* Teutoni * d**Gimbri, di osai fanno menzione Floro (a) ed Orosio (b) r diade luo- gor alta Gigantéoslogia dei Signor Nicola Hirbicot ed a tanti scritti prò e contra sa tal propolita

M. Bona are (c) dice che il problema della esiste» sa de* spiganti è di facile «oluùone, ore si esamini dar ricino, ciò che ne riferisce 1* antica storia, e 1 ore si prò ni ano nel loro rero senso le parole del testo sacro, V esage* razioni de* poeti e de' scrittori orientali « ei ore si r ilu- ti il inerito degli autori, e la fe le yde* testimoni. Egli dietro le osserrazioui de* naturalisti, assicura che le pre^ tese ossa de 9 giganti, scorerte nel seno dèlia terra, noe» sono che ossami di elefanti o di altri animali.

60 Cove. Tutt* i filosofi dell* antichità intravide*» e conobbero 1* esistenza della prima cagione dell' Unirersof ma taluni troppo aodaci nel roler conoscerne gli attribu- ti, nrtarano contro lo scoglio dell' errore, com' è addi- venuto anche ne' tempi posteriori, e come avrerÀ sem- pre che l'uomo, erìgendosi in segretario della divinità, vuol che si creda a suoi calcoli sai conto dell' l«c*)f>

WIKHSIULI.

11 Giove della favola offre un quadro bizzarro di ma nume sovrano ora giusto, ora iniquo, e crudele; muta- bile, immntabile, ambizioso, effeminato sino all'incesto; maestoso, ma timido, e soggetto al fato del pari che alle più vili passioni. Questo è il vero carattere di mm no- mo prepotente divinizzato -

(a) lib. \\. (b) Uh. v cmp. 16.

(e) Dict. raison. Univ. d" Hist. nat. [p. 360 modifica]fctttantlio ia) nana la nascita, la vita, « la morte di Oitvi. LutiMnop(i) àia* che i Cretesi additayaon finao- ebfe il seeelcrodcìel loro Giove. Ciceri (e) attesta che uno eVdee Gfo*e*&?A*aadia è il più antico, e che seh- bene foste nato <k cacari gfenjtpri, meritò per le sue ra~ re virte. di esser deAtateto figli» del V era é della Sa- pienza, aorte a nemi tirabolia di AEtwip eì I#ei. In seguite questo nome davaji a fondatori di poppli t Ih effetto Orfoe chiama figjU di Giove (e) i prin*ageuin d'egre*; è Tieae presse Hatale Conte (/| dice che zotica- mente ttM'*i re èrano detti Giove. Coft <£aoa cUvinizaato divenne il 6 forte* Àtomone Libico desosàl» da- Lucano far* tì$ cornfòuh; Wenè re di Egitto, il Gioire Ofr*ide> Api r figlio di Forèeeò m di Argo-, il Girne Serali; NembiM il Giove-Belo degli Assirj; il padje di Miao* re di Creta » &oW»A*tèim da' Creleai (g) * fi Zea de v Gcec* ec* a D Vetràio, eh* regnò presto il motte Qftmpe, ove i paeti eeMecaro** la aedo di Giove. E* vefiaónjle che la parola ifeó, fteeome caede il Signor Moreri^ derivi, da Zan, hi quei panala im lingua £tnizia signjfioa nome dedito ajle deeee, quel' era appasti* il Gieve della fa*oJa>. I Greci aèchrmilirfoéo nei sole* Gtev» di Gaeta gli attnibiit* e. le gesta di tutti gli altri; di qui è quel misto hwatrro di

♦ai JKm JtisI. itf, 1 cqp. *i ' (b) 't/i §v*c/*)i*v fo) iPe nat. Qeor. Uh. u

■ | -' {d) /*7co stufe. Ite. i. («} In k$mn, 0 fovis* 1 tfy Affi. SA. ii. cap. i.

(<0 4$". AugusU de Civ* Uh. T^nt. T Fetav. Rat. temp. P* lib. i. cap. 1 1. et Langlet Mrtho à\ pourVhist- art. hiit. d?£gypte.

(h) Grand* Biotion- art. Jupiier

Digitized t*y [p. 361 modifica]vtou. e di vizj. Nel partaggio de* regni ohe fece eoi fo$+ t elli, «gli ritenne i paesi situati air Oriente, diede a Blu-» ione i p lesi occidentali, ed a Nettuno il dominio del mi« re, e delle isole. Ciò che la Favola narra ét questo (So di aver, cioè, inghioitita sua moglie Meli, mentre* U era gravida, è il simbolo dell'ambiziosa gelosia di re-»; griare „ ne quis alias Diomm 1 dice Giovanni Diacono (i) nasccntur ex ea

X filosofi hanno diffinito Giove fisicamente, S. Agoa**-; no {b) riduce il politeismo de" Gentili alla unita di uà solo principio. GioVe ( dice egli) secondo la opinione de* filosofi, è P anima del Mondo, che prende differenti nomi a misura degli effetti differenti, che egli produce. Negli Eterei Spazj e chiamato Giove >->?H* aria Giuno-t ne, Nettuno nel mare, Plutone sulla Terra, Proserpi- na nell'Inferno, VuJcano nell'elemento del Fuoco, Fe- bo nel Sole, negl' indovina menti Apollo > Marte nella? guerra, Bacco nelle Yen iemmie, Cerere nett* Aieolte ¥ nelle Selve Diana e nelle Scienae Minerva n

Il Signor Cudwort (c) dice, ohe, secondo EsefcA» v Giove non era che il Cielo ^ l'Aria, la Terra, il Mare, e qualche altra cosa pik eccellente, e pili sublime^ di tutte queste cose. Ecco la orìgine dello spinozismo. Mi- crobio crede che Giòve è V Etere, siccome Giunone è 1 r Aria, perchè questa soggiace all' Etere (<J).

Il Giove di Orfeo presenta la più perfetta idea t qhe 1' intelletto umano possa concepire dell' Ioco»ap!*cq?i)ùle.

(a) presso ìfatale Conti Myt. lib. n cap. i.

(b) Dj CtV. Dei lib. 4.

(c) Sjrst. hit zi tom. 1, pag. 802 edU. Zugd* (d; Sat. lib* 111. cap. iv * [p. 362 modifica]Egli non sole gli atrfibuiacc 1* onnipotenza V la beatitu* 4me, U creazione, e la proridenaa, ma la naitk inaio*» me con tre forme fila, Luce, Sapienza (a)

Da ciò che ti è detto 9 raccogliesi che tutte le nasto- ni barbare o emlisoate, hanno riconosciuto la necesst* ta di una «prima cagione delle cose, quantunque le ab- biano attribuite proprietà, e debolezze umane „ E una calunnia, dicono i Gentili presso Arnobio f (b) F im* fjmtarci un delitto sì grande quat è qmeilo di rilega- li un Supremo Dio* Noi lo chiamtemdM Massimo, V Ottinvt „ Timeo il Locrese, discepolo del gran Pitago- ra (c) ne conobbe la indipendenza „ Unv& principiata omnium est ingànitum: si enim esset geni tu m > non es- set utique amplius principium „

61 Giunone. Macrobio (d) assegna la ragione per cui credetesi che questa Dea fosse sorella e moglie di Gio- ve. Est auttm Juno aer et dicitur sor or, quia iisdtm seminibus qui bus coelum, etiam aer est procreatus \ eenjux quia aer subjeatus est Coelo „

6* Ifigenia. H sagrifiaio d'Ifigenia somiglia molto quel- lo della figlia di Jefte. La paròla Ifigenia, secondo- ta- luni, è presa dalla voce Jephte, mutando Iphtjrgenia in Ifigenia, cioè figliuola di Jephte. Altri trovano pib di analogia tra il sagrifiaie di Jephte e quello del figlio d' Idomeneo.

(a) direno pag. fa, Suida de Orpheò pag. 3oo

ih) lib. 1.

fc) S. Clero. Alex. Stroma* lib. *

(d) In sonni. Seip. lib. \< cap. 18. [p. 363 modifica]263

63. lo Erodoto (a), dietro la tradizione di alcuni ec- sellenti scrittori Persiani, riferisce che i Fenizj traspor- tando mercanzie dall' Egitto e dall' Assiria in varj paesi, s'indirizzarono anche in Argo, che in quei tem- pi era la più famosa tra le citta della Grecia. Quivi approdati 9 esposero le toro merci. Nel sesto giorno si presentarono alla marina molte greche donne, e con »sse insieme Io figlia del re Iliaco. Mentre queste don- ne stavano alla poppa della nave negoziando quelle merci, che loro erano di rnag-ior piacere, i Fenizj ardimentosi mìsero inopi nata morite alla vela, seco loro trafugando lo insiemi» rollc -Aire donne, e le traspor- tarono in Egitto. Di qui gli scambievoli ratti accaduti di poi, di Europa, di M<dea, d' Ippolita, di F sione, di Elena; ma lo stesso Erodoto, sulla tradizione de 1 Fenizj, dice che Io diedesi in preda al capitano della nave, e eh' essendosi di poi avveduta di sua gravidan- za, prima che fosse sc^verto il suo fallo, fuggì volon- tariamente insieme co' Fenizj. La favola dice che Io fu trasformata in vacca; ciò significa che navigava in una nave, nella di cui prora era effigiata una vacca; che approdata in Egitto suHe rive del Nilo abbia ricuperata la sua primiera forma; vale a dire che discesa dalla nave y mostrossi nella sua forma di femmina. Ciò che dice Eschilo che Giove avendo palpeggiato il dorso di questa vacca, e6sa ricuperò la sua primitiva» forma, può intendersi che il re di quel luo.o, avendola spo- sata, ella ricuperò la dignità di regina qual 1 eia nata ( Vedi T articolo Troja ).

(a) lib. I.

(bj in Prometh. [p. 364 modifica]64 Iside* Fu sorella e moglie di Osiride. Ameadue, dopo la loro morte, furono deificati, e riconosciuti co-' me le principali divinità dell' Egitto. Gli Egizj, dice Plutarco (a) credevano che Iside ed Osiride fossero ge- melli, e che siansi maritati nel ventre della loro ma- dre; che Iside fosse nata gravida di Oro, immagine della sostanza di Osiride e d'Iside; e che Tifone lungi di esser nato con uno sforzo violente, abbia traforate le coste di sua madre. I Greci pretesero che Iside riconoscesse la sua origine da Io figlia d* Inaco, re di Argo; ma la storia ci assicura che il culto d' Iside esisteva molto pri- ma del tempo in cui viveva Io. Avendo Tifone, insie- me coi congiurati, dilacerato e diviso in 26 pezzi il cor- po di suo fratello Osiride, Iside li raccolse tutti, e lì seppellì onorevolmente; ma per qualunque ricerca avesse fatta, non potè ritrovare il membro genitale, ch > era stato gittato nel Nilo. Ella però ne fece formare V ef- figie, e ne fece una divinità, iu onor della quale isti- tuì de" sagnfizj e de' misteri, che obbligavano gì' ini- ziati ad un segreto inviolabile (k), di qui i misteri di Cibele, di Cerere, di Bacco.

Macrobio (c) dice che gli Egizj sotto i nomi di Osi- ride « <T Iside, adoravano il Sole e la Terra; e Diod. (d), il Sole e la Luna. Apulejo (e) introduce questa Dea che parla di se stessa così „ lo sono la natura ma* dre di tutte le cose etc. etc. Da ciò che si è osservato si

(a) De Isid. et Osir. t

ih) Diod.SicMb I. 9 Scheditis de Diis Germ* pags}*}.

(c) SaU lib. 1 cap. XX.

(d) Ipc. cit.

(e) Mei. Kb. II. [p. 365 modifica]265

scorge,.che queste. due divinità erano? il simbolo della generazione (a).

65 Lari. La fàvola dice che appellavansi Lari i dure gemelli nati da Mercurio e dalla Ninfa Lari (bì. A va - leyo (c), e S>. Agostino (d) riferiscono che i Lari erano le anime di coloro, i (piali avevano*, vissuto virtifosa men- te j e che furono detti Lemuri ovvero^ Larve* le anime* di colora che avevano vissuto malamente, e ch v eranor perciò* destinate ad errare e spaventare i viventi'. Se~ coudo Servio (e), if culto di queste divinità è derivato dall' uso antico di.atterrare i morti nelle proprie case; ciò che diede motivo a creduli d 1 immaginarsi che vi soggiornassero le anime loro come Genj benefici, a quali rieorrevafi nelle loro disgrazie. Introdottosi di pai il costume di sotterrarsi i morti nelle strade, i Lari ne divennero gli Dei tutelari

Alcuni li confondono coi M ani, e loro danno* per ma- dre Mania, ch r era la divinità, cui indirizzavansi i vo- ti per risanare i pam (f) *

Appella vasi Larario la cappella ovvero» oratorio, do- ve veneravansi le statuette rappresentanti gli dei Lari. I Lararj non sembrano molto antichi, poiché Vitruvio* non fa alcuna menzione di questa specie di edifizj. Lam~

(a) Nat. Com Myt. Uh. P.

(b) Nat* Com. Myth* de Laribus *■

(c) De Deo Sacrati?.

(d) De Civ. Ub\ IX. cap. a.

(e) JEneil. VI

(f) Nat. Com. loc. cit. Giraldo derDeis gmt. art* Lares*

Digitfzed I [p. 366 modifica]a66

pri iio (a) attesta che V imperatore Alessandro Severo aveva nel suo Larario le statue di molti grandi uomini, ra quali di Apollonio Tianeo, di Abramo, di Orfeo, di Alessandro il grande, di Cristo etc. ' 4

«8 Mausolo. Egli era fratello di Artemisia prima die ne fosse sposo. La storia de' popoli orientali sommini- stra molti esempj di questo amor geminato. Itrico, al-. tro re di Caria, sposò Aola, sua sorella, e T amo a segno che lasciolla erede del regno ibi. Gli Egtzj erano anzi obbligati, per una legge, di sposare le proprie sorelle ai imitazione di Osiride ed Iside {e). Così To- lomeo Filadclfo sposò Arsinoe sua sorella, e Cambise <K due sorelle no fece due sue spose (d). Presso gli Ateniesi e i Turj, le orfane zitelle dovevano sposare i loro più prossimi parenti (e).

67 Medea. Giustino (/) dice che Medea ebbe da Gia- sone un figlio, cui diede il nome Medo, il quale fon- dò il regno de' Medi. Altri dieono che Medo fos- se figlio di Medea e^di Egeo.

M< de Grace (A) « dice che la storia di Medea è sta-

(a) In Alex. Sev.

(b) Diodor. Sic: Lib. 16. Arrian. De gest. Alex.

(c) Diod. lib 1. et 12, Plut. de hid. y et Osirìd.

(d) Just in. lib.

(e) Pausati, in Attici*,' Plin. lib. 3*, S trabone 10.

(f) Lib. XLII.

(g) Fed. Nat. Com. Lib. VI.

(h) Jntrod. alla storia dell universo.

lib

Google [p. 367 modifica]267

„ ta alterala, molti secoli dopo la di lei morte, e che „ le sono stati imputati delitti, eh' ella non avpva cora- „ messi. Assicurasi al contrario che ad eccezione della „ sua debolezza per Giasone, a cui forni i mezzi d* f, involare i tesori del di lei padre, ella diede costanti „ pruove di un cuore generoso, e pieno di virtù. Nella 99 gioventù, ella erasi principalmente occupata della * ^ conoscenza dell* erbe per giovare agV infermi.

Tutto l'orribile che inspira la Medea eli Euripide, e una calunniosa invenzione che fa poco onore al greco poeta.

68 Meninone» Tacito (a) asserisce che Germanico es- sendo nella Tebaide osservò con istupore, e come un por- tento, la statua* di Meninone eh* era di pietra, ed e- meiteva un suono articolato tosto eh' era colpita da raggi del Sole. Strabone (b) dice di aver inteso un tal suono, ma eh* egli dubitava se provenisse dalla statua»

69 Mercurio. Il famoso- Mercurio de' Greci era uno de* principi Titani. Avendp appresa dagli Egizj la ma- gìa, divenne un principe arlifizioso ed eloquente, e quindi fu riputato l'interpetre degli Dei, ed il nume tute- lare de* ladri, degli oratori, de'mercanti, àe\£o Mercurio a mercium cura. Con questa allegorìa si allude alla cattiva applicazione de' talenti. Dopo la morte di Plutone, Giove li confidò 1* impero dell* Occidente, eh' egli pos- sedette par lo spazio di 35 anni dopo la morte di Gio- ve suo padre; ed ecco perchè i Celti, ovvero i Gauli*

(a) An. lib. 11 cap. 16,

(b) ìib. 17. [p. 368 modifica]aveyano molta venerazione p«r questo J)Ijo sotto il no- mo di Mercurio Teutate, eh' essi riguardammo come la loro divinità tutelare (a). ( Vedi la nota all' art. Ann- bi ). Questo è il Mercurio de' Greci, da jwsi chiamato Ermete; e questo è il Theut degli aujiehì Germani (*).

La storia ci ha tramandata Ja notizia di nn Mercurio Egizio,.cui, per la ina scienza straordinaria, fa dato il ntme,di Trismegisto, cioè fre volte grande. Pare che questo.nome convenga meno al Te Thot, di cui fa menzione Eusebio (c) che-* Sifo*fi#>u> del re Men- de, il quale per aver pubblicati 4 a Jrt>lju»i ch'erano altrettanti comeotarj sulle leggi istituite molto tempo prima. del re Thot, meritò il nome di Thot 11. (d). II gallo.era il simbolo di questo J)k) per significare che i mercanti, i tnariuoli e i letterati devono "esser lontani 'dal sonno. Nec fas est somno totam consumere noctem.

Gramblico ie) dice che gliEgizj davano il nome di Mer- curio a tutte le opere o invenzioni che si pubblicavano,

70. Minerva h il simbolo della sapienza legislativa congiunta alla potenza. QA appartiene quell’aforismo politico „ Nil prosunt arma fòris /tisi sit consilium domi

La favola dice, che Minerva nacque;dal cervello di Giove per.dinotare che la sapienza un prodotto biella facoltà jitfelleriualè,.che sepòrido alcuni filòsofi, risiede

(a) >Cacsar lib. ri,

(b) Ctùver* Iritrod. in Univ. Geogr.MhÙf.cap.FL

(c) Praep. Ev. lib. 1 et 11.

(d) LangleU.Met. mrt. hi'st. d' JFgypt*

(e) De Jhjst. sEgypt. etc. [p. 369 modifica]a6g

el ccrebro. Dicesi ch'ella nacque armata ^ cioè che la sapienza de v* esser unita alla forza, vale a direnila ^virtù morale, onde potei' resistere all' voto delle pas- sioni. L' esser nata dopo che Giove inghiottì Meli, che .simboleggia la prudenza, signi6ca che questa, virtù deve precedere ogni altra.

I Platonici dicevano che Minerva, dinota la previden- za divina, quee sapitnter et poienter coblestia exornat, &t qucHB sub cedo sUrtt > producit (a).

Erodoto narra {k) ehe. presso al fiume Tritone oggi appellato Rio dk*€ap& *ell' Affrica minore celebra vasi ogni anno la fèsta del giorno natalizio di Minerva, co- me creduta figlia di Nettuno, e della palude Tritonide» V'intervenivano le sole giovinette vergini, le quali di- vise in più torme, batte vansi scambievolmente a colpi eli sassi e Ji bastoni. Credevasi che quelle, le quali peri- vano sotto i colpi, non. fossero vergini. Quella di esse che avesse ricevuti più colpi che ogni altra, e che fosse so- pravissuta, veniva portata Sopra di un carro intorno al- la palude con grande apparecchio di armi ali 1 use greco in mezzo agli applausi delle altre. Siffatta severità di cuho è molto anologa alla etimologia di Minerva detta a minuendo neruos%

71 Minosse: Lenteggi di Minosse 1. servirono di mo- dello a Licurgo. Egli meritò gh elogj di tutti gli Sto- rici e Politici delP antichità, (c). Siccome credevasi eh 1

(a) Lìl. Gir. de JDeis Geni. Sftrit. XI

(b) in Meìpónì.

(c) Ariti. Polii IH.**] Strab. Uh. j6, Diod.Sie* lib. IL j tt fl. [p. 370 modifica]2*]0

Eaco giudicasse le anime degli Europei i Radamanto quel- le degli Asiatici, Mioosse, dice Platone (a) era il cen- sore de'giudizj resi da entrambi „ utriusque judìcium con-' siderans censensque. I*e sue virtù diedero motivo a suoi contemporanei di crederlo figlio dì Giove.

Minosse li., nipote ed imitatore del primo, per far rispettare le sue leggi, dava a credere a suoi sudditi che jn ogni etto anni riceveva da Giove nuove istruzioni. Divenuto potente per le sue forze navali, assoggettò al suo deminio tutte le isole dell' Arcipelago (b).

7* Minotauro* Isacco Tzeze (c) dice c|*c T ammiraglio prese il nome di Minotauro, cioè vascello di Minos comandato da Tauro. Questa spiegazione sembra verisi- mile. Altri pretendono che Minotauro fosse il sopranno* me dalo da Cretesi ad Asterio, frutto adulterino degli amori di Pasife moglie di Minosse con Tauro, e poi* che era incerto chi delti due fosse il vero padre, fa dato ad Asterio il soprannome di Minotauro, come Y insieme dì Minos e di Tauro (d).

La tavola del Minotauro meta uomo, e meta toro, e una invenzione maligna degli Ateniesi, ai quali era o- diosà la memoria di Minosse per lo tributo, umiliante eh? egli aveva loro imposto.

Mietuta genus puerumqu* monstrificum ' Gemma ex natura homini^cpae tauriquoe edtiu/n simul. («;) *

P, mixtumque genus- prolesque biformi*

(a) in Gorgia, (b) Petav. Rat. Ump.

parU 1. Ub. 1 cap. x (c) ChiL i* hist. 19.

(d) Thucid. lib. 1. $ 4poUo4* M>* n, -Pluf* in Theseo (e) Eurip. apud Plut. he. cit. [p. 371 modifica]a 7V

Minotaurus inest F&usris monumenta nefanda* (a)

73 Mirmidoni. Le frequenti scorrerie de'corsali, non gii la peste, desolarono Egina. Gli t gineti fonnaronsi finalmente delle caverne. Eaco il primo insegnò loro V arte di costruire le navi, e gli esercitò nell'arte della guerra, onde potej^resi&tere alle aggressioni de* nemici. D > allora in poi formaronsi delle case, f poco a poco si civilizzarono a segno che divennero uu popolo numero* so, industre, e 4nr# a' travagli della guerra j ecco per- chè furono rassomigliati alle formiche (b).. In effetto essi seguirono Achille nella guerra di Troja (c), Strabone (d) da a questa favola un sesso allusivo alla singolare e la- boriosa agricoltura degli Egineti, i quali coltivavano il loro suolo ijh* era sassoso, cavando la terra a guisa di formiche, e spargendola sulla superficie del suolo J

^4 Nemesi. Platone (e) dice ehe Nemesi presiede alle azioni di tutti gli uomini, e che assiste specialmente ai giudici. Era opinione che questa Dea compiaceva» sopra tutto di umiliare l'orgoglio de 9 prepotenti, e de' grandi della terra. Penetrato da tal principio, Augusto, per umiliarsi da se stesso, in un giorno di ogni anno andava per la citta in aria di mendicante, stendendo la su a ma- no come in atto di ricevere la limosina.

Era celebre il tempio che questa Dea aveva }n Ramno

(a) Pirg. lib* vi

(h) e Nat. Coni. Myth. lib, \ \\ pop. ix <c) Darei. Frìg. de Exc. Troja Homer.Hiad.mil Jd) Uh. vili, (e) Dial. 4 de Lcg. [p. 372 modifica]n«ir Attica del pari che la sua statua, lavoro di Fidia, fatta dal pezzo di marmo patio che i superbi Persiani avevano trasportato nel campo di Maratona per ergerne un trofeo, lusingandosi di riportare una sicura vittoria sopra i Greci (a).

Non rincrescerà di leggere su tal proposito il seguente epigramma tradotto dal greco da Antonio Gallo, in cui si fa parlare la stessa nemesi.

Me lapiderà quondam. Persae advexere tropheum Ut fierem bello, nunt ego sunt ffifmesis At sicut Graecis victoribus usto trdfthaqum, Plinio sic Petsas vaniloquos Nemesis

I Romani riconobbero questa divinità, cui sa grifica ro- tto nel Campidoglio. Allorché erano, dice Pomponio Leto (b) per andare alla guerra, offrivano a Nemesi un ' sagrifizìo,' e davano al popolo uno spettacolo di gladia- tori; ciò che non era senza ragione ) poiché essi erano persuasi che non imprendevano mai la guerra che per giuste cagioni.

Si 1 rappresenta alata per dinotare la celerità colla qua- le esercitava la celeste vendetta. La Sua corona signifi- ca cìf ellà è Superiore ad ogni potenza della terra. I cervi indicano il tin&oré ch f ella lascia nell'animo di co- loro che sono stati puniti dalla sua giustizia. Le faci e i serpenti dinotano gli strumenti del térròre ch'ella in- cute agli scellerati.

7 5 Nettuno. Secondo la cronaca de'matthi di Artmdel, Nettuno, ché i Greci chiamavano Posidene. era re di

(a) Pausan. in Atticis, Plut. dà glòK AtHen.

(b) de dna Nemesi K 1

/ Google [p. 373 modifica]a7*

una gran parte della Tessaglia, e viveva al tempo ili Oranao IL re di Atene. Alirrotio sitò figlio fa ucciso da Marte ch'era un tiranno di que' paesi, e Pavsania (a) ne attribuisce la cagione aHa incontinenza di A* lirrotiò ? il quale aveva stuprata Alcippe figlia di Mat- te, La stessa cronaca riferisce il giudizio reso dall' A- reopago in favole * di Marte > c la favola non ha man- cato di adornare questa storta, dicendo che 12 dei e* ransi frammischiati nel numero de 1 senatori per dare il lojro voto in tal giudizio, che taluni scrittori dicono: es- sere stato il -pthko Che siasi rese da quelì* illastre se* nato p £cco una pruova dell' età in cui vivevano que- ste due divinità. Nettuno ossia Posidone, siccome ave- va il dominio della parte marittima della Tessaglia -fe- ce costruire delle barche, eoli* uso detleuquaU fece, delle incursioni nelle spiagge vicine, fu perciò proclamato* elio del mare j siccome anche.tra noi suolidirsi che un tal uomo è il dio di una qualche arte iper significare la jW. fezionè nelF arte medesima. Se ?a|Uuen*a de' titoli e cltìgli attributi ehe di poi jsono stati prodigati a questa divinità,.non corrisponde alla semplicità della sua orì- gine^ bisogna credere che vi fossero stfrti più di uno dello sfesso nóme / célèbri nell' arte di navigare, e che j Gre.ci abbiano riuniti gli attributi di * tutti in un scio.

La favola diee che Nettuno servì a Laowedome nelT edificare le mura di Troja. Ciò significa; che Laomedonte tolse i tesori eh 9 erano destinati al culto di Nettano per edificar Troja (b). 4 * "

Fa dato a questo dio il tridente lavoro de 9 Ciclopi,

(a) loc. tàt,

(b) Eroditi Ub. 11. [p. 374 modifica]«74

0 in legno di scettro, per dinoUre la triplice potestà 4i conservare, sollevare, e racchetare le acque del mare, ovvero come altri dicono per simboleggiare il suo impe- ro sulle acque, salsa, dolce, e media, della quale ulti- ma specie è- quella de' laghi. Probabilmente questo tridente sarà stato io origine uno strumento di marina inventato per jiso di barche o per la pesca.

Vairone dice che vi e a detto Nettuno a nubendo, quod operiat terra*.. Cicerone a riandò (a) » Plutarco (b) dice che questa parola deriva da Nephthyu, che significa V estremità della terra, cioè le coste e i luoghi vicini al «nave.

  • * 76 ' Orfeo» Alessandro ab Alexandro (c) dice che vi fn-

rouo ctae/ue eroi di questo nome. Quello di cui si fa menzione dall' astore, è il più antico ÓV poeti greci. Egli recossi in Egitto donde introdusse nella Grecia il uiolta Idi Bacco „ Sacra Liberi patri* prìmùs Orphem dndmùlt in Graeciath, pnmmqne edebravit „. (d). Da q«ea|o poeta, teologo e 4 legislatore » la. «Grecia riconobbe

1 primi fondanti 4eU* sua civiliwatione. Conoscendo Ja^and* influenza della, religione sulla politica, «egli stabbi la, teocrazia, sistema adottato da tutf i primi ie- &Amom, de* popoli indipendenti e selvaggi. Egli con <falei e4 unsinunnti persuasive mansuefece que'primi uo- Wfli a segno che Ji trasse, callo state naturale alla vita

";; *..... *...

fa) ZiL Gir. Synt. v

» fty de /# v Jet Osjir*

(c) Gen. di 4>r. lib. 1. cap. 14.

(d) Zac/. LHv. Jnst. lib., > t \

i

I [p. 375 modifica]273

civile (a), Orazio (b) spiega V allegoria de 1 portenti cke atlribuisconsi al suono della sua lira, cosi;

Silvestre* himines sacer interpràsque deorum. Coedibiis, et victu faedo dHerruit Orpheus, Dictus ob hoc lenire tigres rabidosque leones. Egli conobbe l'attributo della eternità di Dio, appel-. lato da lui Protogono che significa preesistente a tutte le cose; e San Giustino Martire attribuisce ad Orfeo al- cuni sensi oscuri simboleggiatiti V unità e trinità di Dio (c). E a lui che devesi V invenzione del Tartaro, dogma eh' egli dall'Egitto introdusse nella Gtecia.

Non è molto rimarcabile il confronto che alcuni fanno di Orfeo con Lot, sol perchè Orfeo in greco significa nero o oscuro, e Lot in ebraico significa oscurato; che l'uno e V altro apparteneva a paesi abitati da gente bru- tale r e nemica di forasti eri; che al dir di Ovidio (<i), siccome refugerat Orpheus Fjsmineam Venererà, una tal qualità trovasi non in Lot <, ma negli abitanti di So- doma; che F avvenimento di Euridice ha qualche cosa di simile alla, trasformazione della moglie di Lot, e fi- nalmente che Sodoma immersa nel fuoco adombra fin- terno, donde Orfeo trasse Euridice.

77 Osiride. Siccome Cam, ovvero Ham era stato rico- nosciuto dagli Egizj sotto il nome di Giove Aminone, così Mene, suo figlio, meritò anch' egli gli onori divini sotto i nomi di Osiride, di S erapi, di Bacco. Quantua-

(a) Macrob. in Soma. lib. 2. cap* 3.

(b) De arte

(c) Ved. Lil. Gir. de Diis Gcbt. cut. Mircurius

(d) Mei. 8 [p. 376 modifica]376

que T Egitto in quel tempo non fossa abitato die da discendenti dello 6 tesso Cam,- gli Egizj lo riconobbero come il loto primo re* Gli «i attribuisce l'arte di semina- re il grano, di fare il pane*, di coltivar là vignra 5 di spre- mere le uve per estrarne il vino j di preparar la lana per farne le vesti, di governate i bestiami f e di aver inventato T aratro: Gli Egizj lo riguardavano come il lo- to padre -comune > e come un uomo che voleva imitare gli Dei nella loro bontà. Egli viaggio per tutu la terra eoo Un 1 armata composta dP uomini e di donne, non per Conquistare paesi,- ma per propagar^ dappertutto press* le nazioui selvagge le arti da lui inventate *■ fn questa spedizione fu seguito da suoi figli Ànubi e Macedone f da Pan, da Ttitfeknao * da Marcme ed altri * Primiera»- mente recossi nell'Etiopia, attraverso F Arabia^ ove ag- giùnse alfa stia armata i Satiri e x cori di musici, tta quali errino nove vergini petite nei canto- chiamate noi da* Greci Muse; percorse le Indie ove fóndo Ni sa, paw ne* paesi occidentali dell' Asia' e tragittando l'Eli esponto r pervenite nella Traciar, lasciando quivi Affarone eh' edU fico Matetica f e Macedone nel paese detta di poi Maw Cedonia. '

ÀI suo ritomo, Tifone suo fratèllo conosciuto dalla favola sotto il nome di Pitone, avendo formato un par- tito di congiurati, l'uccise* e lo lece in 26 prrzzi per quanr- ti erano i congiurati*. Iside, sorella e moglie di Osiride, ajntafa da Oro, stto figlio, conosciuto sotto il nome di Apollo, vendicò la morte di suo marito sopra Tifone > e suoi complici, raccolse' le sparse^ membra, e le sep- pellì onorevolmente. Non avendo pofato ritrovare il nrem> hfo virile, ch r era stato gittato nel Nilo, e volendo che

  1. 1 avesse per esso- maggior rispefto y come- ri principio del* [p. 377 modifica]
  • 77

la generazione, ordinò che se ne onorasse V effigie ne* templi, r e che le donne la portassero appesa al collo; ed è perciò che i Greci avendo adottato il culto di Bac- co, onoravano anch' essi siffatta immagine sotto il nome di Fallo (a) che significa generazione.

Gerardo Vossio (b) riferisce che ne 1 !* feste di Osiride mostravasi il Fallo, cioè l'effigie delle parti genitali dell' uomo per simboleggiare la storia di Cam, che guardò con attenzione le parti vergognose del padre. Egli però opi- na esser pivi verisimile che tale rappresent;zìoue signi- ficasse che Osiride Iti il padre degli Egiz}, oVvero che alludesse alla dispersione del di lui membro genitale.

Gli Egizj attribuirono ad Osiride l'idea della potenzi attiva della natura, dello spirito buono, della fortuna, della virtil, della gioja; al coutrario Tifone era riguarda- to presso di essi come il principio cattivo j V àutore de * VÌzii e di tutf i mali *, il nimico della luce, della ragio- ne, della generazione, della salute. Ecco i primi semi de* due priqcipii* adottati di poi da Persiani sotto i^ no- mi di Qrimaze ed Arimané.

78 Palladio. Vi h molta somiglianza tra il palladio de Trojani e Parca del testamento degl'Israeliti, pegno pre- zioso della protezione divina. In effetto Pausania (c) dice che i Greci ritrovarono inTroja un'arca, nella qua- le era rinchiusa T effigie di una divinità, che Bardano aveva ricevuta dallo stesso Giove. Come Troja, dopo

(a) Dio d. àlc.lib. 1 Stckédius dt Dus Germani*.

(b) de Orig. Idol.

(c) tn jirhaicis Google [p. 378 modifica]

  • 7 8

la presa del Palladio, Isracllo perde tutta la sua forza, dsccbè l'arca fa presa (a).

79 Pan. 11 primo Pan è Y Egizio, di cui si è fatta menzione nell articolo Osiride. Il Pan, di cai parla Cicerone (b) sembra essere un altro che il dìo de* pa- stori. Viene attribuito a costai per padre Mef curio, e per madre la ninfa» Penelope. Alcuni Mitologi credono

che tpitsta Penelope sia la. moglie di Ulisse, che dicono essere stata sorpresa da Mercurio, pzjma di maritarsi ad Ulisse, e che fu resa madre di P*^* olii danno il ca- ràttere de* figli spurii ( Vedi V art. Penelope )

80 Pandora. Sembra che l'Eva di Mosè sia il fondo storico della favola di Pandora. I Greci credevano che questa fosse la primadonna (c), come la sagra scrittura attesta di esser E\ra. Esiodo nella sua Teogonia dice che le tenebre, figlie del Caos, produssero la morte, le dis_ cordie, la miseria, e tutt* i mali, che affliggono V uma- ni ta. Mosè diee che 1* accecamento di Eva fa V infa- usta cagione de' mali della umanità.

. 81 Paride. Il ratto di Elena, secondo alcuni scritto- ri 7 fornii un pretesto a Greci Europei, onle giustifica- re la impresa della distruzione di Troja. I Greci Asia- tici si dolsero altamente, dice Erodoto {d) ài tale aggres- sione, la quale eccedeva le misure di una proporziona- ta

(a) Reg. lib. t. cap. 4-,

(b) lib. 111 de nat. deor.

(c) Pausati, in Àttièi$.

(d) lib. 1. [p. 379 modifica]a 79

ta vendetta „ r Se ^rìtire quidem iniquoriim factum esse 9, rape re Jvminas, amentium vero raptis ùtciscendls o- 9j peram drtre] prudenti im autem nulla cura prosequi J% ' raptfrs; manifetlum enim est, n Ulne non voluissent, ncqtfaàfuam Juturum fitisse Ut raperehtnr.* E* vero che gli Aliatici furono i primi che diedero motivò a tali dis- sensioni ^er aver rapito Io ) ma i Greci Europèi pote- vano contentarsi di aver so c cessi vaia ente rapita Europa, Medea, Ipp< [ita » Esiooe.

s I Grici itrf m nmo à Troj fìtti la resf ituziotvc df *Elena. Priamo -rispose eh* ella non eia in T<oja> e non vi era veramente. Com'è verisimile T dice l ì stesso Erodoto -(a) ciie* il* saggio Priamo abbia volato veder perire piatto^ sto sotto a suoi occhi i 'propri i figli, Ta pàtria; gli amici che 1 daré'a"Greci "una sodisfazibne così giusta? I Greci, credendosi' delusi, incominciarono le ostilità, poiché gli Defedicelo Storico, volevano che ! la distruzione di' Trojd insegnasse a posteri, che i grande delitti smo pu- niti infuna maniera terribile,

^Penèlope! Quantunque Penelope fosse riputata ge- neral meihfte' cónte il modello della fedeltà* coniugale, tal- mente che Ovidio la propose per esempio a sua moglie (b) Jspéds ut bongo teneat laudabili $ aevo * If&men ine&tirìttum Penelopsfa ft les. Pure Omero (cj, e Licofrone [d) riferiscono eh' éH« durante» Faftsenza di suo marito, si diede, in unione del- le.sue 'damigelle, al un genere di vit* molto laseiva, . che il prodotto delle sue amorose tresche fosse; mi fam-

(a) loc. cit. (b) Trist. lib.

(c) Odis. lib, xvi li.

(d) in AUx. GooqIc [p. 380 modifica]a8o

ciullo f eh* per. esser,, nato da paó^re jnejfto, fa nomi na- to Pan, cioè comune a tatti. Pausenia (a) dico che Ulisse al sno ritorno, t avendo scoverà gl'intrighi a mortai di sua «logli e, r abbia ^dbandonata. AJtri impqtfno 3 Penelope il delitto di avflr faUo uocidere (Jljsar dal.df te} dro* do (o). Yerisiraijrnente J a penelope di TJlisa* «è/ altra che la ninfe Pe nelope, cui si attribuisce T esfera* stata violata da Mercurio.

83 Pigmi. Aristotele" fc) per consolar forse Alesssn- dro della sua,picctota statura, sosjt^yr,,c*ntro gli Scet- tici f che verso le sorgenti del Nife* esista un popolo di Pigmei - Plinio pretenda che i Pigine j abitassero in un paese della £cizia; Fnosfrato^i situa sulle sponde del Gange y Ctesia, più bizzarro; degli altri, 4ioe cl»t tra re dell* India aveva formata Ja sua guardia reale di trami- la Pigmei. J^ltri riconoscono x \\ fondo di questa; favola ne' Pechini popoli di Etiopia di, snatura molta, porta., i quali raduuavansi in gran numero per discacciale ie gri} dalle loro campagne; qnjodi Omero nel terzo 4*nto dell* Iliade, paragona i Tro}am\ alle grò, che scagQansi sopri i Pigmei,.

Per quanto favolosa fosse resistenza di uomini di cir- ca ?o pollici di altezza^ è ^feniftante «erta quelh de* nani della statura di quattro piedi., Tali sono gli abi- tanti dtiUa Lappooia, e quelli della parte settentrionale del nuovo mondo. 1 Quimo» delle alte montagne del MaJascar, se credesi $i ^acconti di alcuni viaggiatori,

♦ *

(a) ( in Arcad. )

(b) Boccaccio Gencal. art. tflisse.Ifygin+FAh.iv}. (e) Ntit. Anim. lib. 8. [p. 381 modifica]batrao appena tre piedi di altetsa; é i Pigmei del Ti** Canaan, ne}l T America meridione, non hanno «he tren- tino pollici;.

Nella gradazione.degli animali, pare ohe i Pigmei for- mano una specie intermedia tra V Uomo, *, V Ouran£- Ootang.

84 Pitia o Pizia Erasmo Darwin nel suo libro Amo- ri delle piante, alla nota cmispx^ente al canto 3. attribuisce all' infuso delle foglie di. tauro-ceraso, detto da Ufai pmnus4<mro-verasUf% la virtù di p*e*re j e crede che di. esso facesse uso la J?iria y allorché prepa- ravasi a render gli* oracoli. Eccone i suoi versi seconda la vef sione italiana. *

Lungi, Jpugi ji* Profani ! ecco da sacri >: 4. Suoi boschi muove forsennata iL passar; , ^a Jfitia-J*a«ra,il *en tumido aaek.:s

Pieno del Dio ohe l'agito itegli occhi,.,

jjlraV «il furore r spartano le labra f . Scipite iil pie i scontorcrousj le membra* ¥ . B fuor, de* lauri? ond"' è<ralrvoUo il capo \

Bacano ^\ irti i rabbuffati eritti

E ondeggiano nell 1 aere. - ^

y r,

85. Plitfme* Non <*aprei scusare T autore di aver da* to allo strumento di Plutone il non|t di tridente che appartiene a Nettuno, e che è diversa dello strumento forcuto, che jnettesì m man» a Plutone *

86 Prometea Questa favola; e osella di Pandora sem> brano fU raffigurare la grand* opejsa della creazione dell* uomo e della donna. Il fuoco celeste tolto da Prometeo Simboleggia Io spirito, opra di Minerva, cioè della di* [p. 382 modifica]0&»

via* sapienza, ed animatore della materia * '

Teoirosto, discepolo di Platone e di Aristotile in al- cuni suoi coraetitarii, dice ohe Prometeo fa detta di a- ver trasportato il fuoco celeste nella terra per aver ego* -il prinVo insegnato egli «omini la scienza delle cose di- ▼ine.

. * * ■

r 87 Proteo. Talunr ripetono' il fondo di questa favoli dàlia storia di Proteo, rè 1 di Memfi in Egitto ( Vedi 1* arti Paride ). Dicono cHe questo re era peritissimo nelP aite d'indovinare; e- Oiodoro di Sic? far) attesta che ire di Egitto solevano portare; sulla testa p^lli di lioni, o di toro, o di dragone, e talvolta dWami di alberi, a de' segni esprimenti fuoco,.0 per manifestare a sadditi V allegrezza o lo, sdegno, o per imprimere terrore; e che i Greci senta penetrare nel senso mistico di tati em- blemi, invaginarono 1é trasformazioni di Proteo in a- ninnali, in alberi, in ace;ua, in fuoco V Tutte le teolo- logie sono ripiene di siffatte mistiche metamorfosi di uo- mini ed anche di divinità ora in vento, che viene spinta sugli abbissi delle acque j:ora in tuono, ora io fuoco, ora in colonne..

A questo proposito, Luciano in un dialogo fa parla- re' Menelao e Proteo. Eèftene lé parole, secondo la tra- fittone -latina di Giacomo Micillo v.

Mm> )At ih aqnàm hoftperti te Pròteu, incredibile adeo non est, maPirìtis utique cum risi etiam arborei* fieri, tolerabile; preeterea et in bovem aliguando ma» tefis Kwt, iaMen nequ& hoc supra fidem eìf. Quod si auiem èt igtiem fieri te potàbile èst citffr in mare *a-

. 1 (ai Ub.T. 1 r - " - \ '

/ [p. 383 modifica]o«3

bites, éoc cumino miror, negu* aditici ut t crz<Uwt. Prot Ne mirerit, Mentirne; enim, solato.

Men. Fidi equidem ipse: veruntamen videris mihi prastigias quasdam adhibere rei, otyne intutndum o- ca/os decipere

Prot. Etquasnam deeeptio in rebus tic manifesti* fie- ri queat ? Quo<2 sì non c#vd«, e* r<# Aorc fr'W yàfca videtar, posteaquam ignis faetus fuero applica miài 4 heus generose tu, manum \ nimirum stniits an yideqp tantum ignis, 0» et ureadi virn habeatn..„ t ul. Jlfen. Periculosum est experimenton hoc, P rotea.

Sotto questa allegoria gli £gi4 simboleggiar odo la pe- renne trasformazione della natura, e Ja riproduzione de* .gli esseri.

✓.. v. ~.

88 Satiri, ovvero Fauni. I Satiri sono gli emblema ■esprimenti le vesri de 1 primi uomini, specialmente di -quelli, che seguirono Baoco, i qiudt cuoprivansi di pel* li di capre, di tigri, di pantera o di leopardi ^ ad**** tando le corna alla testa * Essi legavamo le (lampe del> .davanti di queste pelli sul petto. Quest* maniera di ve- -«tire fu per molto tempo il mantello reale de principi # l'ornamento degli eroi. In -effetto, Ercole andò, coverto della pelle del tiene di Némea: uno degli argonauti del* la pelle di toro: Adeste si presentò ad Enea coverto della pelle di un'orso (a). Virgilio Rappresenta il re Evan« dro coverto della pelle di orso, ed aeotnipagnato da due cani per ricevere alcuni ambaseiatjprj.. ■ \ ( »

S9 Saturno» Saturno, ossia Crono,.ohe significa tempo*

>(*) Jpollon. Mod. Uh. I. ], M,,. [p. 384 modifica]

  • 84

X* prima e ti del mondo fu detta di Saturno, per indica-

  • re il principio ossia la primi epoca del mondo ed il mo-

mento in cui cominciò la numerazione degli anni.

Vi è qualche somiglianza tra il Saturno de* Greci ed il Noè degli Ebrei. La divisione dell'impero della Ter- ra tra i figli di Saturno, confronta benissimo con quella de 1 figli di Noè. V età del T oro attribuita al tempo di Jfiatutfto, quando regnò tra gli uomini la pace, la liber- tà; ^» r r eguaglianza (a), corrùpoade a quello spazio di 100 anui j che' trascorsero dai diluvio fio* alla nascita drfbaleg, nel qual tèmpo No* govei»ò>gti # solo tutti gli uomini, ch'esistevano sopra h terra } come altret- tanti figli. Fu attribuita a Saturno,.«che, secondo Var- ròne (A) simboleggiava il Cielo, la coltura della terra, siccome lo dinota il suo nome preso da Satu y e quello <&.Bfca sua 'moglie detta àltramente Opi da opere fc): òosì Hoè esercitò il primo la terra. Cxpitqne Noè vir miricela exehero teikum, et piantarti vineam (d). Sa- turno fu creduto di' precedere al vino j ed.è perciò elio coloro.> i quali intervenivano alle Feste Saturnali r isti- ansile Ja Tulio Ostili? r dovevano ubbnacarsi e Noè kewe tanto Vino che s'inebriò {f). Ciò che dicesi di Giove che tagliò le parti genitali di Saturno, adombra in una certa guisa Cam, che mostrò agli akri due 'auoj fratelli le parti 'genitali di Noè; I poeti t >immaffiMuron>

' ' (a) < festina sV*w u Diodon> Sic* Ub. v*

(b) de ling. lati. > - ■.*

(c) Macrob. Sai. Ut, i.

. (d) GèA&s. ik *. ao: c^,; ' -.

(e) Lucian. in epUt. Satura.

(f) Genes, ix* ai, ». A A [p. 385 modifica]a85

  • ahe Satnruo e Rea erano nati dall' Oceano e da Teti;

«d ecco raffigurato con ciò Noè e la sua famiglia eh' e* mersero dalle acque del diluvio. Tutto ciò non dee re» -car maraviglia, giacché come si è détto altrove, i Gre- ci attribuivano a loro eroi e dei eie che per tradizione sapevano di appartenere ad eroi di nazioni più antiche.

Secondo Cicerone (a), i Greci nella favola di Saturno mutilato da Giove, hanno voluto dimostrare, che V E- tere, generante tutto da se stesso, manca di quel mez- zo eh' è necessario agli animali per la generazione. Es- jr sotto questo nome dinotavano colui che preserva al tempo, e «he né regola le dimensioni: fu detto eh* egli divorasse, allusivamente al tempo, che genera, consuma, e riproduce tftto quod saturetur annis. Giove lo^ha in- catenato-, cioè l'autore dell'universo ha assoggettatoli ^empo al corso degli astri che ne -tono i regolatori.

Macrobio (b) dice che la falce di Saturno dinota di aVer egli insegnata l'agricoltura; ovvero che Crono, ossia il tempo, omnia metal, exsecei, et incidat.

Filone di Biblo cita un passo di Sonconiatone, che mo- $t;a ad evidenza il fondamento storico di questa favola, ì Re di Tiro, dic'egli, ne loro più grandi infortuni), ave- vano il costume di sagrificare i proprj figliuoli per placai re la pollerà degli Dei; e che uno di essi, che si segnalò più eli ogni altro in sì orribile superstizione, fu onorato come un Pio, «otto il nome della costellazione eh amata Saturno.* Vérisimilménté sii tal tradizione i Greci imma- ginarono.che il loro Saturno divorasse i proprj figliuoli «

(a) De naU deor. Uh. \\.

(b) Sàtum. lib. 7. et 8. [p. 386 modifica]M6

90. Secolari. Durante la repubblica, siffatti giuochi celebravano da cento in otnto anni, ma sotto gP impe- ratori T intervallo centenario non fu più osservato (a). Uà proclamatore ne dava V avviso al popolo con questa forinola.

V mite ad ludos, quos vos vidistis nunquam, net vi suri estis pasthac.

Questa medesima formo la fa praticata anche sotto gì' imperatori, allorché ricorrevano i giuochi prima del centenario. I Romani ebbero a ridere sotto V impero di Claudia, quando intervennero a tali giuochi alcuni btrioni, i quali erano intervenuti. negli antecedenti qaare y dice Svetonio, vox praeconis irrita e st 7 invitan- ti? more solemni ad l\idos qjuos nep spectasset nec spe* ùtaturus asseta

91 Sibille. La parola Sibilla, secondo Vairone, è com- posta di due voci eolie o dorie, eh 1 esprimevano consi- glio divino (b). Secondo Diodoro Sic. (c) significa cn- tasiasta. I platonici attribuiscono io spirito profetico del- le Sibille alla intima unione delle creature, pervenute ad un grado sublime di perfezione ^ colla.Divinità. AJ- jtri bitribuiscno questa virtù al temperamento tetro e me-

, lancolico di tali femmine. S. Girolamo crede che il, do- no di profezia che queste.donne ottenevano da Dio, era

, una ricompensa della loro castità 4 ma che ve n* era u- pa„ la quale vantavasi di avere molti amanti.

(a) Tacit. Àn. lib. XL f Svet. de X1L Cach lib. FUI.

(b) Lact. div. inst. tib.

(c) lib. iv.

I

\ < [p. 387 modifica]a8 7

Silvia-Rea, Varie sono le opinioni sulla nascita di Romolo. Alcuni scrittori V attribuiscono ad un sacer- dote di Vesta, altri, di Marte; ad altri pretendono che il di lui padre sia stato un guerriero travestito sotto la divisa, colla quale ordinariamente era rappresentato il dio Marte»

Comunque un tal fatto fosse avvenuto, bisognò copri* re la verità colla solita invenzione d* imputarne una di- vinità „ Deus auctor culpae kon^iìor „ dice Tito Livio, secondo le idee, che i Gentili avevano della, divinità. Forse anche con tale allegoria si volle alludere alle vif- tù guerriere di Romolo.

93 Sirene* Esse chiama vansi Partenopea Ligia, ov- vero Ligèa e Leucosia. Partenope significa volto di vergine. Ella era figlia di Eumelo, re di Fere in Tessaglia, che dalla Colchide condusse una colonia gre- ca, e seguendo V augurio di una colomba bianca, ven- ne a stabilirsi Ih dove ora è Napoli. Dopo la sua mor- te, i Cumaui edificarono intorno al suo sepolcro un castello, cui diede il nome della Sirena,

Iigèa che vuol dir canora, fissò la sua residenza pres- so quel golfo di Calabria, dove ha la sua foce l' Oci- aàro, ed ivi fondò Ter ine, sulle cui mine fu edicata Nocera presso il fiume Sabazio, oggi appellato Sabato, e corrottamente Savuto.

Leucosia, cioè bianca, passò a soggiornare in una isoletta situata nel seno pestano, ovvero golfo di Posi- donia, conosciuta oggidì sotto il nome di Licosa.

Si è creduto da taluni, che sotto tale allegoria siasi coluto dinotare alcuni corsali, che insidiavano i navi- ganti. y x. ■ \ [p. 388 modifica]

  • 8S

94 Stige. Strabone (a) dice che presso il lago di A- verno era una fonte di acqua dolce, della quale nessu- no voleva bere, credendo che fosse dell'acqua di Stfgé.

Pausania tb) narra che in Arcadia era una lente di acqua limpida, che cadeva da: una rupe altissima, e dopo un. luogo giro si univa al Grati, fiume «fi Àcajs;, ch'era mortale a qualunque specie di animali; che spez- zava i vasi di qualunque materia fossero, e dìscibgfiè- Va qualunque corpo il piik duro, tlsavàsi di quest'acqua per far pruova di coloro, che avevano commessi delitti occulti. Porse da ciò eÌ£» origina la Jayo^a dello Stige, e Fuso, che facevasi delle tue acqué^qe^ giuramenti.

t* * «

95 Tantalo. Pindaro (c) lo rappresenta religioso, onesto, umano: dice che il suo delitto non fu che di aver tolto l'ambrosia, ed il nettare dalla tavola degli Dei per farne parte ai mortali. Orazio ne fa il ritrat- to dell' avaro.

TrjUalus a labiis sitièns fugientià captai Fiumi na. Quid rides ? mutato nomine da ia Tabula narratur...

Sat. t. Ub. 1 Anche Macrobio(J) dice che là pena d) Tantalo è tutta allegorica, ed allusiva alla insazia&le avarizia de' ricchi.

Jllos autem epulis ante ora po*iti$ er era dori fame et inedia tabescere, quos magi* VMfcisqm udquirendi <ie$iderìuni òogit praesen^em ■ cóptam non videre, et in afjluentia ihapes, egestatis india pktiuntor nescient* parta rè picere dum egetìt habehtlit:

(a), lib. v (b) in Arcai. \ in. J Oy&pi(ieÌh, (d) ( in Soma* Scip. Ub.i cap. x ) Google [p. 389 modifica]^€ Tartare. Orfeo f ch'era il teologo éd insième il legislatore de* Greca del tuo tempo, come lo furono tutti i aprimi legislatori di nazioni barare, ài suo ritòrco da JE sfitto, gittà i primi fondamenti di questo- ctrihife, ma utilissimo dogma. Probabilmente egli ne attinse la i<l^at nel.costume degli Egizii, i quaji giudicavano delle stamani degli nomini dopo la morte, privando di aepol» cuTe «olerò, la di cui vita non Ione stata dogoa della ^pubblica approvazione f ? e> poiché i giudici radunavano

    • 1 -di la di un lago*,, del quale era il famoso la*

2>irinto, ove chi^fts1fe1|& yottlj latrato ^ V<>« poteva più «uscirne -, «e óV-era destinato alla %epol|urà de 1 re, a «wdrire i «cédeodrilli «ieri; «eco la caliere bea ^munita t i «nostri tormentatori delle anime de' malvagi; Acéo lo Stige e la dimora sperpètua 5 m *. sedet aeternumgue sedebÉt

Inft li x Thescus... v Fìrg. lib. - Omero nella sua Iliade ed Esiodo (a), han detto ch% il Tartaro -è disunte dalla -superficie -della terra quanto la -terrà <è distante dal «ielo; ami Esiodo *roy& etiche il mezzo, -come -poterséne lare lo scandaglio r ove ti pittasse dall' alto del firmamento una incùdine di ferro 9 «Jie, siccome egli asskura, giungerebbe appena dopo ^ieci giorni *ella «apeaficie del globo.

JFerrea nam Coelo si incus mittetar ab alto 7 Vìx poterti decima ferrata coritingere luce * Virgilio (b) saette nel printo de' lette recinti del Tar- taro le anime de* ba&bini * x Continuo auditae voce* t vagitus si ingens 9 ]nfantumqu# aniauu fleote$ in limine prima

(*) Op. et diti <ty jBnad. lib.cif [p. 390 modifica]Quos dulcis vitae exsortes, et ab ubere raptos

Abstulit atra dies.....

Questa credenza portata da Orfeo ebbe un oggetto politico, quello cioè di prevenire presso uomini indipendenti e brutali, per mezzo di pene invisibili, i delitti occulti che potevano sfuggire al rigore delle pene temporali; i tradimenti.; le oppressioni, e i grandi delitti. Di poi questa.: favola fù esagerata da poeti in modo eh' assi medesimi là smentirono*

O genus attonitum gelidae formidine mortis, Quid Styga, quid tenebras, et nomina vana timetis Materiem vetum . . . Ovid. Met. lib. xv- (a)

97. Tieste. Luciano {*) dice che Atreo e Tieste erano astrologi, e che. disputando tra di-loro sulla successione al regno, gli Argivi determinarono di darlo a chi delli due superebbe l'altro nella conoscenza degli astri; eh* avendo Tieste scoverto V ariete, il primo de' dodici se- gni del Zodiaco, mentre Atreo ragionò intorno al sole, gli Argivi dichiararono loro re <jraest' ultimo. |

98. Tifale, lì fondamento storico del Tifone é dei Pi- I tona detk eci, dee ripetersi dal Tifone Egizio, {ratei* lo di Mene. ( V sdi^Osiride ). Sembra che quésto par* 1 ricida natfhguri it Caino degli Ebrei. Sotto tutt' i rapporti, egli dev'esser considerato, come il cattivo principio op- posto al buono. La nascita, le imprése, i disòrdini ca- gionati dal Tifone Egizio, eia sua morte adombrano tutio ciò che la* Favola attribuisce al Pitone, ed al Ti- j fone de 1 Greci, che offrono in una inversione di lettere 1 un medesimo oggetto. Corrisponde ahresY ciò che P;n- i tarco (c), e Diodoro (d) dicono di Oro, retativamentt

.. {a) V. lucret. Ub.1V., Paus. in la& Cic f pto CJumU* (b) deAstrolog. (c) De lsid } ef 0$ir. \à) libiu Google [p. 391 modifica]atl Tifone Egizio e ciò che là Favola attribuisce ad A- pollo sopra Pitone. Lò stesso Plutarco dice che il Ti- fone Egizio è il simbolo di tutto ciò che di sregolato, cT incostante, di nocevole vi è nella: satura. Si può* quindi conchiudere che gli Egizi i avevamo anch' ewi i cltìe j^rincipii, il buono ed il cattivo sotto i nómi di O- iride e Ti fone, come i Persiani gli riconobbero sotto i nomi di Oromaze ed Arimane, cioè' Luce e Terfebre, del pari che i Greei nella Favola de Titani.

1 Persiani credevano che Oromaze abbia prodotto mol- ti esseri spirituali lutinoti e fetenti $ che il loro capo Ahrìmàn avendo concepito un c Ulivo pensiero contro fa luoe, divenne tenebróso, e quindi anch' egli produssi molti esseri malvagi -, alla testa de 9 quali osò combatte* re contro il suo principio, e finalmente i due principii si conciliarono a condizione' che' il mondo resterebbe sog- getto ad Arimane per lo spazio di settemila anni, dopo Situai tempo., egli lo renderebbe alla luce (a)

99 Titano. Pausania (b) dice che Titano era un famo- so astronomo, che il primo applicò le teorie astronomi- che al regolamento delle cose rustiche, e che perciò fa detto figlio del Sole; che i figli lo imitarono nella stes- sa scienza, e che quindi sorse la favola che i Titani avevano osato di deporre Giove, cioè eh* eransi innal- zati con lo spirito alla conoscenza delle cose celesti. Ni- candro (c) attribuisce P origine delle vipere, e di tutt'i serpenti velenosi al sangue de 9 Titani sparso sulla terra, allorché venivano perseguitati da Giove «

(a) Hyle Pers. Relais Ani. cap. g et 21

(b) In Corinthiacis (c) in ThcrìacU [p. 392 modifica]

Serpente* paritetque phalangt'a nómia et atrUm 4 Viperum genus, et qune terrae plurima monstra Producunt 7 sunt Titanum de sanguine nata. V ffella immaginazione di Nicandro scoi^esr unr fonda» ^ mento della opinione sulla origine de* mali. j l TL %. interessante di questo avicolo consiste nel confato»

  • to della.greca favola deTitaui collaotica dottrina orien.

tal^ delja guerra c>gli Spiriti contro il loro principio (a]; e de' due $jpitili t& di loro * come di Oromaze, e di Ariiriarje; di fifone, e di Osiride. Vedutati* Tifone, £ inconcepibile da mente finita e limitata in ohe possi consistere il combattimento tra |gurifi * vale a dire tn esseri invisibili in nn luogo invisibile:

100 Trasio. Simile fa il destino eli Perillo, autore del famoso toro dentro del quale Falaride tiranno di Agri- gento fcceta arrostir vivi i condannati a morte, Ovidio |Iust!fica la crudejia di entrambi questi due tiranni...

Jushts ut&rpe fuitneqkeeui* kx junior ulla est, Quam necis artifices atte /ferire sua.

tot Strofa, biope. Crisostomo nella sua declama «ione de noti cafdp ÌUp^ e dopo di lui molti altri scrittori, tra quali elaterio (A) sostengono che Trofa non fn mai pesa 4 fiione dice di ave* ricevuto la vera storia della guerra de* òrfici contro i Trojan! da un sacerdote Egi- dio i il quale asseriva di averla tratta dagli antichi an- nali incisi in alcune colonne e muraglie de 9 templi di Egitto. Questa tradizione suppone, che Tindaro maritò Elena ina figlia ad Alessandro, detto altramente Paride -j

(a) PI t. de Isid. & Osir.

(b) ita}* Antì lib. ut eap. 21.

Digitrzed by [p. 393 modifica]ohe mólti potenti principi della 'Grecia, i quali la *pre- tendevano, rimasti delusi, coflegaronsi eontro i Trojani; che i Greci malgrado le intestine discordie dell' arma- ta, vi mantennero V assedio, soccorsi da Neottolemo m da Filottete.; che i Trojani soccorsi dagli Etiopi e dalle Amazzoni, obbligarono i Greci a. chieder la pafip a dis* lezione tte Trojani; e che in perpetua memoria di qne^ sto trattato fu costruito un cavallo di legna in segno di trofeo, nel quale fu segnato il trattato. Questo gran ca- ra Ilo, non potendo passar per la porta, bisognò rom- pere una parta di muraglia; quindi e la roce che Troja fu presa da un ca>alltf#i legno „ Questo sofista per, eserci- tare la sua eloquenza su di *w paradosso storico, ha at- taccato T autorità di Omero, «ulla di cui fede i Greci han creduto e pubblicato questo avvenimento,, esage- rato ne* suoi accidenti., ma vero: nel suo fon io. Possi- bile che tufta la Grecia, si fos.s,?». commossa per togliere ad un principe la pmpria *pp$a ?

Pausatila (a) dice di aver, veduto in Atene una statua in bronzo di questo cavallo,. e, clje in vederla, gli sem- brò una macchina da guerra. Giustino (b) afferma che nel tempio di Parade, a Metaponto vedévansi appesi gli strumenti fabbrili, coi eguali. Epèo aveva costruito que- sto cavallo.

mi Festa. Ovidio ne* Pascti (c) dice che Vesta è la Terra.

Vesta eade m et terra eit; sub est vigli ignis utriaué Poco appresso «Jice che Vesta raffigura il fuoco.

Nec tu aliud V tstam quarti vivant irUelligeflammani Nataque de flammma cotpor<i malta vides. Ciò nasce dall' essersi confusa la Vesta madre di Sa- 4 (a) in Attici* (b) lib. xt cdf. * (c) Hk- 4* [p. 394 modifica]

  • 9* '

torno i propriamente chiamata Titea, eoli' altra figlia \

dello stesso Saturno, e di Rea 9 propriamente delti la Testa verone f dea del fuoco, o pure simbolo òeL fuo- co n.edesimo. Conviene alla prima la fecondimi della Tetra t suscettiva di semi $ conviene ali 1 altra la natura dei fuoco, e qoindi soggiunge.

Jurw igitur virgo est, qume semita nuli* rcimttU ffec capU ci eomites rirginitatU amai.

ie3 Pestali. La conservasi one del fuoco saero era in uso presso i più antiehi popoli della Terra - Presso gli Ebrei un sacerdote aveva la cura ni conservarlo, rimet- tendovi ogni matina nuove legna, affiachè non mancai* se mai sull'altare (a). In Delfo e in Atene, questi* cu- ra era' affidata a donne vedove, e se mai si fosse eatin* to, dovevasi trarlo dalla pura fiamma del sole mercè 1' applicazione di alcuni strumenti < Plutarco (b\ indica tali strumenti, ed il modo da usarne. Oli Ateniesi eoo^rva- vano il fuoco sacro in una lucerna capace di ricevere Unt* olio, che bastasse a mantenre il lume sino allo starno gior- no dell* Anno seguente (<5) «

104 Vulcani). 11 Vulcano de' Greci credW che sia una copia del Tubaltaln figlio di Lamech, inventore dell'arte di lavorare alla fucina o di battere il ferro e la rame mal* teator, dice la seritttìra et fabef in curteta operìi aeris et ferri (d). Vi e qualche analogia tra questi due nomi.

Volendosi attaccare a questa favola Una spiegazione fi* sica, devesi credere che Vulcano dinota il calorico sparsa in tutta la natura, e che, date alcune cagioni, produce il fulmine, cjie dalParia precipita sopra la Terra.

(a) Jbevit. cap. 6. (b) In Num Pomp.

(c) Tlut. ihid) Alex ah Alex. Géa. DUr Ut. V cap* 12-. (dj Gtn. cap. 4

Il FINE*

  1. Jamblic. in vita Pythag. cap. 19.
  2. Lib. IV.
  3. Loc. cit. cap. 28.
  4. De Dea Syria.
  5. in Clio.
  6. in Atticis.
  7. Lib. vii.