Zecche e monete degli Abruzzi/Guardiagrele

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VII.


GUARDIAGRELE.


Nel pubblicare la prima volta un bolognino, a torto attribuito a Giovanna di Roberto d’Angiò, ed un altro di Ladislao, ambidue colla imagine di san Leone papa, e nel campo opposto le sigle g. v. a. r., il Vergara1 lasciò queste inesplicate; e dopo lui il Muratori, riproducendo le due monete, diceva di quelle sigle: Quid significent litterae illae, lector a me edoceri minime exspectet2. Nè maggior lume vi recarono i più recenti illustratori della numismatica napoletana, ritenendosi anche da’ più valenti enimmatico il loro significato. Ondechè mi reputo ben fortunato di aver potuto, mercè l’autorità d’irrefragabili documenti e l’ajuto della storia, scioglier l’enimma, provando che i due bolognini in discorso furono, come e gli altri tutti del regno, dai sorani in fuori, coniati in Abruzzo, e le misteriose sigle non essere che le prime lettere del nome della zecca end’essi uscirono, vale a dire di Guardiagrele. E dappoichè, per effetto di tale attribuzione, il picciolo castello di Guardiagrele avrà d’ora in poi non ispregevole posto fra le zecche italiane, non sarà discaro ai lettori l’intendere compendiosamente esposte le notizie storiche che mi fu dato raccorne.

Guardiagrele, capoluogo di cantone nel citeriore Abruzzo, posta vicino a Chieti da quattro leghe, formava parte dei beni dotali di Tommasina di Sangro, vedova di Giovanni Russo da [p. 76 modifica]Suliaco, e madre di Ugolino da Suliaco; premorto il quale alla madre ed alla sorella Maria, moglie di Napoleone d’Orso Orsini, costui per cessione della suocera e della moglie ne veniva investito come di regii feudi da re Roberto, unitamente alla rocca di Manopello e ad altre3. Nel 1347 Napoleone fu tra i baroni che andarono all’Aquila a complire con Lodovico re di Ungheria invasore del regno, e ligio omaggio gli offrirono; e nel dicembre del 51, lo stesso re accampò per qualche tempo a Guardiagrele, come sappiamo da Buccio Ranallo:

Pusese nella Guardia che è de Napolione4;

verso male interpretato dall’Antinori5 che scambiò Guardiagrele con Guardia Alfiera. Nel 53 l’Orsino era rientrato in grazia della regina Giovanna, che gli confermò il contado di Manopello, e poscia lo creò logoteta, protonotario del regno di Sicilia, collaterale e consigliere, i quali titoli leggiamo a lui impartiti nella data del regio diploma, che provede alla ripopolazione dell’Aquila desolata dalle pestilenze del 1348 e del 63, firmato a Napoli il 15 gennajo 646. Il 15 maggio del 68 gli era già sottentrato nella carica di logoteta Tommaso dei Bufali messinese, onde sembra che l’Orsino in quel torno fosse venuto a morte7. Gli succedettero i figliuoli Giovanni ed Ugolino che, nelle contese fra Lodovico di Angiò e Carlo di Durazzo, parteggiarono per quest’ultimo; loro eredi furono cinque fratelli nati di Ugolino, e Napoleone II unico figlio di Giovanni8. La fedeltà serbata da Giovanni di Napoleone I ai durazzeschi gli valse la contea di San Valentino, datagli nel 1381 dal re Carlo; ed egli morendo la trasmise a Napoleone II, cui confermò il possesso e la incorporazione di essa e degli altri feudi nella contea di Manopello re Ladislao, il 1390. Nel qual diploma9 [p. 77 modifica]non appare, fra le molte signorie di Napoleone II, il nome di Guardiagrele; forse perchè il re non volle incorporare quella baronia cogli altri beni dell’Orsino, forse perchè l’Orsino ottenne che formasse soggetto di apposita investitura. Napoleone era allora logoteta e protonotario del regno, ed a lui, come a barone fra’ principali, accordò Ladislao grazie e privilegii segnalati; del che ci porge luminosa prova la facoltà concedutagli dal re medesimo, col diploma 4 giugno 1391, di aprire zecca in Guardiagrele per battervi bolognini, finchè durasse la guerra accesa negli Abruzzi tra i durazzeschi e Lodovico II di Angiò. Questo inedito documento è troppo per noi interessante, perchè non si abbia a darlo qui per esteso.

Ladislavs Dei gratia Rex etc.

Universis presentis indulti seriem inspecturis, tam presentibus quam futuris. Collateralium nostrorum peticiones supplices eo gratancius ad gratiam exaudicionis admictimus, quo ardencius in nostre majestatis obsequiis curas ferant et solliciludines ponderosas. Sane pro parte viri magnifici Neapoleonis de Ursinis comitis Mannuppelli et Sancti Valentini, logothete et prothonotarii regni nostri Sicilis, collateralis, consiliarii et fidelis nostri dilecti, fuit majestati nostre noviter supplicatum humiliter, ut cum ipse cupiat in terra sua Guardie de provincia Aprucii citra flumen Piscarie, quam comes idem immediate et in capite a nostra curia tenet et possidet, confici et cudi facere bolonginos, presenti utique guerra durante, licenciam sibi super hoc et potestatem concedere benignius dignaremur; nos vere considerantes nostris inter alia comoda expedire fidelibus ut ubique in portibus, terris et locis dicti regni nostri Sicilis bonarum habeatur copia monetarum, nec minus predicti comitis supplicationibus in hac parte benigne deflexi qui, exigentibus ejus constantis fidelitatis et grandium serviciorum meritis, in his et majoribus a nobis exaudicionis graciam promeretur, eidem comiti quod possit et valeat sibique liceat et licitum sit, jam dicta presenti guerra durante, in eadem terra sua Guardie confici et cudi facere, [p. 78 modifica]per magistros et alios in his expertos et providos, bolonginos eosdem qui sint boni argenti recteque lige et justi ponderis, expendendos in partibus dicti regni, prout et quemadmodum expenduntur alii bolongini qui intra et extra dictum regnum conficiuntur et cuduntur, de certa nostra scientia ac cum cosensu et auctoritate reverendissimi in Christo patri domini Angeli etc., postulatam licenciam et potostatem plenariam tenore presencium indulgemus. Itaque presens nostra licencia et gratia confectionis et cusionis dictorum bolonginorum, predicta tamen presenti guerra durante et non ulterius, debeat perdurare, legibus ritibus et constitucionibus regnique capitulis huic forsan adversantibus nullatenus obstituris. Mandantes presentis indulti nostri serie de ipsa certa nostra scientia, ac cum consensu et auctoritate quibusvis, universis et singulis officialibus dicti regni nostri Sicilie ad quos spectat et spectare poterit, quocunque titulo et denominacione notentur, presentibus et futuris, quod eundem comitem confici et cudi facere in dicta terra sua Guardie, prefata presenti guerra durante, bolonginos ipsos modo et forma predictis, eosque indicto regno expendi libere et sine impedimento quolibet paciantur, nec aliquam tam predicto comiti quam prefatis magistris et personis aliis illos cudentibus et conficientibus super hoc tuferant neque inferri permittant ab aliis novitatem noxiam vel gravamen, superioritate et aliis nostris juribus semper salvis. In cujus rei testimonium presens indultum exinde fieri et regali majestatis nostre sigillo jussimus communiri.

Datum Gaiete in absencia locumtenentis dicti logothete et prothonotarii per manus viri nobilis Donati de Arecio legum doctoris etc. Anno Domini millesimo trecentesimo nonagesimo primo, die quarta junii, quartedecime indicionis, regnorum nostrorum anno quinto10.

Profittò Napoleone dell’onorifico privilegio, aprendo la zecca di Guardiagrele, per coniarvi i bolognini prescritti nel regio [p. 79 modifica]diploma, uno dei quali vedesi inciso al numero 38 nella quarta tavola:

D. ladislavs.r’*, preceduta la epigrafe da un fiordaliso; nell’area g. v. a. r. disposte in croce, rosa nel centro.

R. *s*leo*papa* Busto mitrato di pontefice di faccia, rosa sul petto.

Che le sigle g. v. a. r. denotino il nome della zecca, non ha dubbio chi confronti questi bolognini cogli altri di quell’epoca, sui quali le sigle v. r. b. i. indicano la zecca di Roma, a. q. l. a. dell’Aquila, o. r. t. o. di Ortona, s. m. p. e. di Sulmona, t. a. l. c. di Tagliacozzo. Che poi essi spettino esclusivamente a Guardiagrele, anzichè ad alcuna delle altre città di Abruzzo che portano il nome di Guardia, è provato dalla rosa che appare sul petto del santo a simboleggiare gli Orsini, del cui stemma è principal parte la rosa, dal conoscersi ormai che Napoleone II di Manopello ottenne il diritto della moneta, e dall’ignorarsi che in qualsivoglia delle altre Guardie si coniasse mai. Di questi bolognini esiste una varietà che ha le quattro lettere g. v. a. r. divise da rosette anzichè da punti, tenendo già sempre una rosa il centro dell’area, ed altra sempre apparendone sul petto di san Leone. Ne presento la imagine sotto il numero 39.

Potrebbe altresì chiedersi per qual motivo Napoleone II volesse effigiato sulle sue monete quel santo; a ciò risponderà un altro documento, d’onde rileviamo che già prima del 1400 quel conte aveva eretta una cappella intitolata al santo pontefice Leone nella chiesa di san Francesco di Guardiagrele: Inter caetera contenta in privilegio donationis factae per Neapolionem II de Ursinis sub die XXVIII mensis junii de anno MCCCC ad honorem venerabitis cappellae sancti Leonis erectae in ecclesia venerabilis conventus sancti Francisci ordinis minorum conventualium terrae Guardiaegrelis in pergameno scripto cum magno sigillo pendente roborato, ut decet, penes me infrascriptum notarium sistenti adest interscripta particula omissis aliis etc.: «Sane cum sub ipsius gloriosissimi sancti Leonis vocabulo quandam construximus cappellam in ecclesia [p. 80 modifica]sancti Francisci de Guardia praedicta, in qua cappella ad divina officia perpetuo celebrandum ordinis ejusdem sancti Francisci fratres deputaverimus duodecim ultra numerum consuetum, seu qui contingerit pro futuro in dista ecclesia commorari».... Prout haec talia latius in praecitato privilegio donationis patent, cui in omnibus me refero. In quorum fidem ego notarius Hilarius Farina a Guardiagreli praesentem extraxi et requisitus signavi11.

Inutile l’osservare come questo bolognino rechi scolpito il busto, e non la mezza figura, del santo; il che me lo fa ritenere contemporaneo ai primi che si coniarono all’Aquila col nome di Ladislao, del tipo imitante i pontificii, gli aquilani di Lodovico di Angiò e i sulmonesi di Carlo di Durazzo, anteriore perciò all’altro tipo che nel terzo capitolo ho rivendicato agli ultimi anni di Ladislao ed a Giovanna II.

Tenne Napoleone II la fede giurata al re, che di sì cospicue prerogative lo aveva insignito; e il 29 agosto 1391, coi sindici di Chieti, di Lanciano, di Ortona, di Francavilla e di Atessa, segnava in Chieti un patto di comune difesa ed offesa ad onore di Ladislao ed allo sterminio de’ nemici e competitori di lui12. Il 20 agosto del 95 egli era col re a Sulmona ed ivi, logoteta e protonotario, contrassegnava il diploma col quale Ladislao donava all’Aquila dugento annue once d’oro13. Copriva ancora tal carica nel 1405; e s’è vero che due anni dappoi la contea di Manopello davasi dal re a Lodovico Migliorati14, se ne dovrebbe inferire ch’ei fosse caduto in disgrazia del suo signore. Gli sopravvisse il figliuolo Leone Giordano, defunto il 1414, allorquando per la morte del re ne fu assunta al trono la sorella Giovanna. [p. 81 modifica]

Ugolino di Napoleone I avea lasciati cinque figliuoli, Piergiampaolo, Nicolò, Giovanni, Francesco ed Orso, eredi de’ feudi paterni, e di quelli già posseduti da Leone Giordano. Ad Orso, nel 1424, Alfonso di Aragona confermava in nome della regina Giovanna, del pari che a’ suoi fratelli, il feudo baronale di Guardiagrele cogli antichi privilegii, fra cui quello pure è da ritenersi compreso della moneta. Reputo perciò spettare a quest’epoca l’altro bolognino delineato al n. 40, sul cui lato anteriore il nome ioha*regina, preceduto da un fiordaliso, circonda le consuete sigle g*v*a*r* disposte in croce, come in quello di Ladislao, in mezzo alle quali sta parimente una rosa; e sulla faccia posteriore una mezza figura di santo pontefice, fedelmente imitata dai bolognini aquilani, ma colla leggenda *s*leo*papa*. Notevoli la ortografia del nome della regina iohanna, diversa dall’aquilana ivhanda, la somiglianza del tipo fra le monete delle due zecche, della quale altro esempio vedremo in Ortona, e la lieve scadenza di peso dal bolognino di Ladislao, di circa un acino, che ci accusa un’epoca più recente; dal che si pare quanto a torto il Vergara ed il Muratori abbiano assegnato questo pezzo alla prima Giovanna.

Sembra che i figliuoli di Ugolino non godessero a lungo il feudo di Guardiagrele dopo la conferma del 1424, poichè nel 56 re Alfonso ne infeudava, come di bene demaniale, il suo fedele Marino di Alagno: In anno 1456 rex Alphonsus, asserendo li servitii grandi fattili per lo magnifico et dilecto cameriero suo Marino de Alaneo dalla sua fanciullezza utiliter et devote, volendo mostrarli alcun segno di gratitudine, dona al detto Marino pro se et suis haeredibus et successoribus ex suo corpore legitime descendentibus, inter alia, la sua terra demaniale et de antiquo suo demanio existentem de Guardia Grele della provincia di Abbruzzo citra, cum suis hominibus vassallisque, banco justitiae, gabellis, dohanis, fundicis, bajulationibus et omnibus aliis ad terram ipsam spectantibus et pertinentibus, ac spectare et pertinere debentibus, in feudum, juxta usum et consuetudinem regni ac generalis et humanae [p. 82 modifica]regiae sanctionis edictum de feudorum successionibus in favorem comitum et baronum regni, a tempore adventus clarae memoriae domini regis Caroli secundi pro abstulendo et separando terram ipsam a demanio praedicto15. Nel 1465 incontriamo Guardiagrele di nuovo ricaduta al regio demanio per concessione di Ferdinando I16; nel 1505 Consalvo di Cordova vendeva a quella università, in nome del re cattolico, la ottava parte del feudo, atteso la restante era sua17, dalle quali parole dee ricavarsi che gli abitanti si andassero per denari emancipando dall’importuno dominio feudale; nel 1521 Carlo V faceva offriire Guardiagrele in cambio d’Isernia, la cui investitura era stata illegale, a Guglielmo di Croy marchese di Arscot, che sembra non l’accettasse, o breve tempo la conservasse, se poco stante il feudo fu tutto venduto al comune18.

Tali furono le precipue vicende della terra di Guardiagrele, nobilitata quanto le più illustri città del regno per la zecca che vi tennero aperta i due figliuoli di Carlo di Durazzo, Ladislao e Giovanna seconda.




Note

  1. O. c., tav. XIV, n. 1, tav. XVII, n.3.
  2. Muratori in Argelati, I, p. 40, tav. XXIX, n. 8, tav. XXX, n. 7.
  3. R. Archivio di Napoli. Registro 1328 D, fol. 57 a tergo.
  4. O. c., str. 876. Pusese, posossi.
  5. Muratori, Ant. Ital., VI, 653.
  6. Muratori, ibid., VI, 714.
  7. Muratori, ibid., VI, 724.
  8. Litta, Famiglie celebri italiane, Orsini, tav. VI.
  9. R. Archivio di Napoli. Reg. 1320 A, fol. 89 a tergo.
  10. R. Archivio di Napoli. Reg. 1390 A, fol. 87.
  11. Sommario di alcune scritture appartenenti alla causa fra la università di Guardiagrele e di Ortogna, s. a. e l. (Napoli 1796), p. 90.
  12. Ravizza, o. c., I, 121.
  13. Muratori, Ant. Ital., VI, 859.
  14. Litta, l. c.
  15. R. Archivio di Napoli. Repert. Aprutii citra et ultra, T. I, pag. 40 a tergo.
  16. Giustiniani, Dizionario geografico e ragionato del regno delle Due Sicilie, art. Guardiagrele. Repert. Aprutii, l. c.
  17. Repert. Aprutii, l. c.
  18. Repert. Aprutii, l. c. — Per la parte che presero gli abitanti di Guardiagrele nei moti di Abruzzo del 1647, vedasi il Ravizza, o. c., III, 91.