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VII.


GUARDIAGRELE.


Nel pubblicare la prima volta un bolognino, a torto attribuito a Giovanna di Roberto d’Angiò, ed un altro di Ladislao, ambidue colla imagine di san Leone papa, e nel campo opposto le sigle g. v. a. r., il Vergara1 lasciò queste inesplicate; e dopo lui il Muratori, riproducendo le due monete, diceva di quelle sigle: Quid significent litterae illae, lector a me edoceri minime exspectet2. Nè maggior lume vi recarono i più recenti illustratori della numismatica napoletana, ritenendosi anche da’ più valenti enimmatico il loro significato. Ondechè mi reputo ben fortunato di aver potuto, mercè l’autorità d’irrefragabili documenti e l’ajuto della storia, scioglier l’enimma, provando che i due bolognini in discorso furono, come e gli altri tutti del regno, dai sorani in fuori, coniati in Abruzzo, e le misteriose sigle non essere che le prime lettere del nome della zecca end’essi uscirono, vale a dire di Guardiagrele. E dappoichè, per effetto di tale attribuzione, il picciolo castello di Guardiagrele avrà d’ora in poi non ispregevole posto fra le zecche italiane, non sarà discaro ai lettori l’intendere compendiosamente esposte le notizie storiche che mi fu dato raccorne.

Guardiagrele, capoluogo di cantone nel citeriore Abruzzo, posta vicino a Chieti da quattro leghe, formava parte dei beni dotali di Tommasina di Sangro, vedova di Giovanni Russo da

  1. O. c., tav. XIV, n. 1, tav. XVII, n.3.
  2. Muratori in Argelati, I, p. 40, tav. XXIX, n. 8, tav. XXX, n. 7.