Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/VII. Proemio nella désobligeante

VII. Proemio nella désobligeante

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
VII. Proemio nella désobligeante
VI. La désobligeante VIII. Calais
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VII

PROEMIO NELLA DÈSOBLIGEANTE

E’ fu, senza dubbio, da molti filosofi peripatetici già notato che di propria irrepugnabile autorità la Natura piantò termini ed argini certi onde circoscrivere l’umana incontentabilità: il che le venne fatto col tacito e sicuro espediente di obbligare il mortale ai doveri quasi indispensabili di apparecchiarsi il proprio riposo, e di patire i travagli suoi dove è nato, e dove soltanto fu da lei provveduto di oggetti piú atti a partecipare della sua felicità, e a reggere una parte di quella soma che in ogni terra ed età fu sempre assai troppa per un solo paio di spalle. Vero è che noi siamo dotati di tal quale imperfetto potere di propagare alle volte la nostra felicità oltre que’ termini; cosí nondimeno che il difetto d’idiomi, di aderenze e di dipendenze, e la diversità d’educazione, usi e costumi attraversino tanti inciampi alla comunione de’ nostri affetti fuori della nostra sfera natia, che per lo piú si fatto potere risolvesi in una espressa impossibilità. [p. 13 modifica]

E però la bilancia del sentimentale commercio prepondererà sempre e poi sempre in discapito dello spatriato venturiere. Poiché, dovendo a stima altrui comperare ciò che men gli bisogna, né potendo forse mai permutare senza larghissimo sconto la propria con l’altrui conversazione, ed essendo quindi perpetuamente costretto a raccomandarsi di mano in mano a’ men indiscreti sensali di società che gli verrà fatto di ritrovare, si può senza grande profetica ispirazione pronosticargli il suo estremo rifugio1.

Qui sta il nodo del mio discorso; e le sue fila mi guidano a dirittura (ove il su e giú di questa désobligeante mi lasci tirare innanzi) sí alle efficienti che alle finali cause de’ viaggi.

Gli scioperati vostri si svogliano del loro fuoco paterno, e ne vanno lontani per alcuna ragione o ragioni derivanti per avventura da una di queste cause generali:

infermità di corpo,
imbecillità di mente,
inevitabile necessità.

Quanti per terra o per acqua viaggiano, travagliandosi d’orgoglio, di curiosità, d’albagia, d’ipocondria. suddivisi e combinati in infinitum, sono tutti mossi dalle prime due cause.

Alla terza causa soggiace tutto quanto l’esercito de’ pellegrini martiri, specialmente chiunque si mette in cammino col «benefizio del clero»2; come a dire delinquenti dati in custodia ad alcuni pedagoghi eletti dai magistrati, o giovani gentiluomini esiliati [p. 14 modifica] dalla crudeltà de’ congiunti o de’ tutori, e custoditi da alcuni pedagoghi d’Oxford, d’Aberdeen e di Glascovia3.

Havvi un’altra classe, né forse merita distinzione, tanto è scarsa di numero, se in opera come la mia non fosse d’assoluta necessità d’osservare quanto piú rigorosamente ogni precisione, a scansare la confusione de’ caratteri. Vo’ dire degli uomini che traversano i mari e si domiciliano e vivono da forestieri, con intento di economia, per vari motivi e sotto vari colori; ma, poiché, risparmiando i danari a casa loro, potrebbero risparmiare a se medesimi e agli altri molte inutili noie; e d’altra partei loro motivi d’andare attorno non sono poi cosí complicati quanto quelli delle altre classi pellegrinanti, noi distingueremo questi signori col nome di

     semplici viaggiatori.

Laonde l’universalità de’ viaggiatori può ripartirsi per capi, cosí:

     viaggiatori scioperati,
     viaggiatori curiosi,
     viaggiatori bugiardi,
     viaggiatori orgogliosi,
     viaggiatori vani,
     viaggiatori ipocondriaci.

Seguono i viaggiatori per necessità:

     il viaggiatore delinquente e il fellone,
     il viaggiatore disgraziato e l’innocente,
     il viaggiatore semplice.

Ultimo (se vi contentate):

     il viaggiatore sentimentale.

E qui intendo di me; e però mi sto qui ora seduto a darvi ragguaglio del mio viaggio; viaggio fatto di necessità e pour besoin de voyager, quanto ogni altro di questa classe. [p. 15 modifica]

Non già ch’io non mi sappia che in grazia dei miei viaggi e delle mie osservazioni, poiché le sono tutte di stampa affatto diversa da quelle de’ miei precursori, potrei aggiudicarmi una nicchia tutta mia propria; se non che romperei forse i confini sulla giurisdizione del «viaggiatore vano», presumendo di farmi guardare dal popolo prima ch’io almeno non abbia alcun merito alquanto migliore della novità della mia vettura4.

Per ora il lettore mio si contenti, se da quanto potrà qui discernere e meditare s’abiliterà ad assegnarsi (s’ei fu mai viaggiatore) il luogo e il grado che piú in questo catalogo gli si adatta. E’ sarà cosí men lontano di un passo dalla cognizione di se medesimo; da che si potrebbe giurare che tutto ciò, che egli aveva già inviscerato nell’anima, l’accompagnò in tutti i suoi viaggi, né si sarà poscia sí fattamente alterato ch’ei non possa tuttavia ravvisarlo.

Colui che primo trapiantava la vite di Borgogna al Capo di Buona Speranza (nota che era olandese) non sognò mai di bere in Affrica di quel vino stesso spremuto su’ colli francesi da quella vite (non sono sogni da uomo flemmatico questi), ma fuor di dubbio aspettavasi di bere un liquore vinoso: se poi squisito, scipito o tollerabile, quel buon uomo non era si nuovo de’ fatti di questo mondo da non sapere ch’ei non ci aveva che fare; ma che il successo pendeva tutto da quell’arbitro che comunemente chiamasi «Caso». Ad ogni modo, [p. 16 modifica] sperava; e cosí sperando, Mynheer5, per una presuntuosa fiducia nell’acume del proprio cervello e nella sagacità del suo accorgimento, arrischiava di capitombolare e con la sagacità e con l’acume nella sua nuova vigna, e, denudando le sue vergogne, farsi favola del paese6.

Cosí va per l’appunto pel povero viaggiatore navigante e posteggiante7 lungo i reami piú colti del globo a caccia di cognizioni e incrementi.

Cognizioni e incrementi s’acquisteranno, nol niego, navigando e posteggiando per essi; ma se utili cognizioni, e incrementi da farne poi capitale, qui tu getti le sorti: e bada che, ove tu sia avventuroso, poco frutto o nessuno ti daranno poi quegli acquisti, se tu non gli adoperi con sobrietà ed avvertenza. Ma, perché le sorti corrono a dismisura contrarie si all’acquisto che all’uso, parmi che farebbe da savio chiunque impetrasse da se medesimo di viversi pago senza cognizioni e incrementi d’altri paesi, massimamente ove egli abbia una patria che non n’ha penuria assoluta; e davvero, e’ mi è piú e piú volte costato de’ gran crepacuori, considerando quanti mali passi misura il viaggiatore curioso di ammirare spettacoli e d’investigare scoperte: cose tutte ch’egli, come Sancio consigliava tempo fa a don Chisciotte. potrebbe a piè asciutto vedere nella propria contrada. È secolo questo sí ridondante di luce, che tu non trovi, non che paese, ma né cantuccio forse d’Europa, ove i raggi non s’incrocicchino e vicendevolmente non si permutino. Il sapere, in molte sue derivazioni e in piú incontri, è come la musica per le vie dell’Italia, ove può goderne chi nulla paga. Ma non v’è terra illuminata dal sole (Dio m’ascolta, al cui tribunale dovrò un dí comparire a dar conto di questo libro: non parlo [p. 17 modifica] io no per millanteria), ma non v’è terra illuminata dal sole, ove abbondi piú moltiplicità di sapere, ove le scienze abbiano piú diligenti cultori o rendano frutti piú certi che qui8, ove le arti siano piú favorite e promettano di salire a tant’altezza si presto, ove la Natura (giudicatela in complesso) meriti d’essere meno incolpata, ove in somma si trovi piú ingegno e maggior varietà di caratteri, che ti sveglino l’intelletto.

— Or, o miei diletti compatrioti, ove andate voi dunque?

— Stiam qui solamente — mi dissero — guardando questo calesse9.

— Padroni miei riveriti — diss’io, uscendo d’un salto e salutandoli di cappello.

— E’ ci dava assai da pensare — mi disse l’uno, ch’io conobbi per «viaggiatore curioso», — da che mai provenisse quel moto.

— Dall’agitazione — risposi freddissimamente — di chi scrive un proemio.

— Non ho udito mai — disse l’altro, che era un «viaggiatore semplice» — di proemio scritto in una désobligeante.

— Sarebbe riescito migliore — risposi — in un vis-à-vis10. —

Siccome un inglese non viaggia per vedere inglesi, io m’avviai alla mia camera.

Note

  1. E’ vuol dire che quei del paese daranno ad intendere al viaggiatore tutto quello che essi vorranno, ma non crederanno a tutto quello ch’egli dirà; e però, per conversare con meri diffidenza, egli si andrà ricovrando nella compagnia de’ viaggiatori suoi concittadini [F.].
  2. Privilegio antico, pel quale ad ogni ecclesiastico, e poscia ad ogni uomo che sapeva leggere, era per qualunque delitto commutata la pena di morte nella carcere o nell’esilio. Da Giorgio I in qua le ragioni di questo privilegio sono in parte mutate: taluni ad ogni modo possono allegarlo; e, dove questi per legge meritassero il marchio o altre pene d’infamia, sono invece, col «benefizio del clero», confinati per anni sette [F.].
  3. Tre università, dalle quali si eleggono solitamente que’ Mentori che accompagnano i giovani gentiluomini, affinché si divezzino da’ vizi inglesi ed imparino tutti gli altri vizi nobili d’Europa [F.].
  4. Il testo: «than the mere noveliy of my vehicle». Altri tradurrebbe forse: «la novità de’ miei motivi», da che Johnson interpreta cosí nel suo Vocabolario la voce «vehicle»; ma gl’inglesi intendono comunemente con questa voce ogni cosa «che serve a trasportare». e l’autore inoltre la contrassegnò nella stampa: onde a me pare che alluda a taluno di que’ tanti viaggiatori che con fogge stranissime ambiscono di farsi guardare. Vero è che quella désobligeante non era cosa nuova a que’ tempi; ma era pur nuovo che un viaggiatore, anziché «obbligarsi» tutti gli altri suoi concittadini, che fecero e scrissero viaggi, scrivesse appunto in una dèsobligeante un sermone contro chiunque viaggiava. E Yorick si diletta di sí fatti frizzi ed equivochi; cosí, al principio di questo proemio, nominando i «peripatetici», allude agli uomini che vanno attorno perpetuamente. Ma, perché a me queste freddure non piacciono, e all’autore piace che chi legge le indovini da sé, io le tradurrò a mio potere senza far troppe chiose sovr’esse [F.].
  5. «Mynheer»; come «Mister» a un inglese, «Monsieur» a un francese, ecc. [F.].
  6. «Et piantavit vineam et nudatus est in tabernaculo suo. Quod cum vidisset Cham verenda scilicet patris sui esse nudata, nuntiavit duobus fratribus suis foras» Gen., ix [F.].
  7. Il testo: «sailing and posting» [F.].
  8. «Qui»; ma non in Francia dove scriveva; bensí in Inghilterra dove avrebbe pubblicato, siccome poi fece, questo itinerario [F].
  9. Le parole, che l’amore, come tutti gli autori, scriveva predicando da sé, furono frantese da due inglesi che andavano nel cortile considerando quell’inquieto calesse [F.].
  10. Carrozza chiusa, e da due sole persone, una a rincontro dell’altra. A’ tempi di Shakespeare gli Adoni inglesi si chiamavano «viaggiatori in gondola» (commedia As you like it, atto IV, se, I), perché Venezia allora era la Sibari dell’Europa; ma pare che Venere mezzo secolo fa, quando Yorick scriveva, avesse traslocata la sua sede, e si compiacesse piú de’ vis-à-vis che delle gondole. A’ di nostri la diva crede inutili i nascondigli [F.].