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lungo la francia e l'italia | 17 |
io no per millanteria), ma non v’è terra illuminata dal sole, ove abbondi piú moltiplicità di sapere, ove le scienze abbiano piú diligenti cultori o rendano frutti piú certi che qui1, ove le arti siano piú favorite e promettano di salire a tant’altezza si presto, ove la Natura (giudicatela in complesso) meriti d’essere meno incolpata, ove in somma si trovi piú ingegno e maggior varietà di caratteri, che ti sveglino l’intelletto.
— Or, o miei diletti compatrioti, ove andate voi dunque?
— Stiam qui solamente — mi dissero — guardando questo calesse2.
— Padroni miei riveriti — diss’io, uscendo d’un salto e salutandoli di cappello.
— E’ ci dava assai da pensare — mi disse l’uno, ch’io conobbi per «viaggiatore curioso», — da che mai provenisse quel moto.
— Dall’agitazione — risposi freddissimamente — di chi scrive un proemio.
— Non ho udito mai — disse l’altro, che era un «viaggiatore semplice» — di proemio scritto in una désobligeante.
— Sarebbe riescito migliore — risposi — in un vis-à-vis3. —
Siccome un inglese non viaggia per vedere inglesi, io m’avviai alla mia camera.
- ↑ «Qui»; ma non in Francia dove scriveva; bensí in Inghilterra dove avrebbe pubblicato, siccome poi fece, questo itinerario [F].
- ↑ Le parole, che l’amore, come tutti gli autori, scriveva predicando da sé, furono frantese da due inglesi che andavano nel cortile considerando quell’inquieto calesse [F.].
- ↑ Carrozza chiusa, e da due sole persone, una a rincontro dell’altra. A’ tempi di Shakespeare gli Adoni inglesi si chiamavano «viaggiatori in gondola» (commedia As you like it, atto IV, se, I), perché Venezia allora era la Sibari dell’Europa; ma pare che Venere mezzo secolo fa, quando Yorick scriveva, avesse traslocata la sua sede, e si compiacesse piú de’ vis-à-vis che delle gondole. A’ di nostri la diva crede inutili i nascondigli [F.].