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lungo la francia e l'italia 13


E però la bilancia del sentimentale commercio prepondererà sempre e poi sempre in discapito dello spatriato venturiere. Poiché, dovendo a stima altrui comperare ciò che men gli bisogna, né potendo forse mai permutare senza larghissimo sconto la propria con l’altrui conversazione, ed essendo quindi perpetuamente costretto a raccomandarsi di mano in mano a’ men indiscreti sensali di società che gli verrà fatto di ritrovare, si può senza grande profetica ispirazione pronosticargli il suo estremo rifugio1.

Qui sta il nodo del mio discorso; e le sue fila mi guidano a dirittura (ove il su e giú di questa désobligeante mi lasci tirare innanzi) sí alle efficienti che alle finali cause de’ viaggi.

Gli scioperati vostri si svogliano del loro fuoco paterno, e ne vanno lontani per alcuna ragione o ragioni derivanti per avventura da una di queste cause generali:

infermità di corpo,
imbecillità di mente,
inevitabile necessità.

Quanti per terra o per acqua viaggiano, travagliandosi d’orgoglio, di curiosità, d’albagia, d’ipocondria. suddivisi e combinati in infinitum, sono tutti mossi dalle prime due cause.

Alla terza causa soggiace tutto quanto l’esercito de’ pellegrini martiri, specialmente chiunque si mette in cammino col «benefizio del clero»2; come a dire delinquenti dati in custodia ad alcuni pedagoghi eletti dai magistrati, o giovani gentiluomini esiliati

  1. E’ vuol dire che quei del paese daranno ad intendere al viaggiatore tutto quello che essi vorranno, ma non crederanno a tutto quello ch’egli dirà; e però, per conversare con meri diffidenza, egli si andrà ricovrando nella compagnia de’ viaggiatori suoi concittadini [F.].
  2. Privilegio antico, pel quale ad ogni ecclesiastico, e poscia ad ogni uomo che sapeva leggere, era per qualunque delitto commutata la pena di morte nella carcere o nell’esilio. Da Giorgio I in qua le ragioni di questo privilegio sono in parte mutate: taluni ad ogni modo possono allegarlo; e, dove questi per legge meritassero il marchio o altre pene d’infamia, sono invece, col «benefizio del clero», confinati per anni sette [F.].