Viaggio in Dalmazia/De' Costumi de' Morlacchi/8. Superstizioni
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§. 8. Superstizioni.
Sieno della communione Romana, o della Greca que’ popoli ànno stranissime idee in proposito di Religione; e l’ignoranza di coloro, che dovrebbono illuminarli, fa che divenghino ogni giorno più mostruosamente complicate. I Morlacchi credono alle streghe, ai folletti, agl’incantesimi, alle apparizioni notturne, a’ sortilegi così pervicacemente, come se ne avessero veduto l’effetto in pratica le mille volte. Credono anche verissima l’esistenza de’ Vampiri; e loro attribuiscono, come in Transilvania, il succhiamento del sangue de’ fanciulli. Allor che muore un uomo sospetto di poter divenire Vampiro, o Vukodlak, com’essi dicono, usano di tagliargli i garetti, e pungerlo tutto colle spille, pretendendo che dopo queste due operazioni egli non possa più andar girando. Accade talvolta, che prima di morire qualche Morlacco preghi gli Eredi suoi, e gli obblighi a trattarlo come Vampiro, prima che sia posto in sepoltura il suo cadavere, prevedendo di dover avere gran sete di sangue fanciullesco.
Il più audace Haiduco fuggirebbe a tutte gambe dall’apparizione di qualche spettro, anima, fantasima, o altra sì fatta versiera, cui non mancano mai di vedere le fantasie bollenti degli uomini creduli, e prevenuti. Essi non si vergognano di questo terrore; e rispondono a un di presso col detto di Pindaro: „la paura, che viene dagli spiriti, fa fuggire anche i figliuoli degli Dei“. Le Donne Morlacche sono, com’è ben naturale, cento volte più paurose, e visionarie de’ maschi, e alcune di esse a forza di sentirselo dire si credono veramente streghe.
Molti incantesimi sanno fare le vecchie streghe in Morlacchia; ma uno de’ più comuni si è quello di togliere il latte alle vacche altrui per far che n’abbiano in maggior quantità le proprie. Ma ne fanno anche di più belle. Io so d’un giovane, a cui mentre dormiva fu tratto il cuore da due streghe, che lo si voleano mangiar arrosto; il poveruomo non s’avvide della sua perdita, com’è ben naturale, perchè stava immerso nel sonno, ma destatosi incominciò a dolersi, e sentì che avea vuoto il luogo del cuore. Un Zoccolante, che stava a giacere nel medesimo luogo, ma non dormiva, avea veduto bensì l’operazione anatomica delle streghe, ma non avea potuto impedirle, perchè lo aveano ammaliato. La malia perdè la forza allo svegliarsi del giovane scuorato, ed entrambi vollero castigare le due ree femmine: ma queste s’unsero in fretta con certo unguento d’un loro pignattino, e volarono via. Il Frate andò al camino, e trasse dalle bragie il cuore di già cotto, e lo diè da mangiare al giovane, che com’è ben ragionevole, guarì tosto che l’ebbe trangugiato. Sua Riverenza faceva, e fa forse ancora questo racconto, giurandone la verità sul suo petto; nè la buona gente si credeva, o si crede permesso di sospettare, che il vino l’avesse fatta travedere, o che le due femmine, una delle quali non era vecchia, fossero volate via per tutt’altra ragione, che per essere streghe. Come v’ànno le maliarde, chiamate Vjèstize, così vicino al male trovasi il rimedio, e vi sono frequenti le Bahòrnize, peritissime nel disfare le malie. E di queste due opposte podestà guai all’incredulo, che dubitasse!
Fra le due Communioni Latina, e Greca passa, secondo il solito, una perfettissima disarmonia; e i rispettivi Ministri delle Chiese non mancano di fomentarla: i due partiti raccontano mille storielle scandalose l’uno dell’altro. Le Chiese de’ Latini sono povere, ma non assai sporche; quelle de’ Greci sono egualmente povere, e sudice vergognosamente. Io ò veduto il Curato d’una Villa Morlacca seduto in terra sul piazzale della Chiesa ascoltare le confessioni delle femmine inginocchiateglisi di fianco; strana positura per certo, ma che prova l’innocenza del costume di que’ buoni popoli. La venerazione, che ànno pe’ ministri del Signore, è profondissima, e la dipendenza loro, e fiducia in essi totale. Non di raro i Morlacchi sono trattati alla militare da’ Pastori delle loro anime, che correggono i corpi col bastone. Forse v’è dell’abuso in questo particolare, come ve n’è in quello delle penitenze pubbliche, cui danno sull’esempio dell’antica Chiesa. Della fiducia credula dei poveri montagnaj v’è chi abusa anche pur troppo, traendo illeciti profitti da brevetti superstiziosi, ed altre dannevoli mercatanzie di questo genere. Ne’ brevetti chiamati Zapiz scrivono in capriccioso modo nomi santi, co’ quali non si dee scherzare, e talora ricopiandone da’ più antichi vi mescolano delle male cose. A questi Zapiz attribuiscono a un di presso le virtù medesime, che alle loro pietre mostruosamente incise attribuivano i Basilidiani. I Morlacchi sogliono portarli cuciti sul berretto per guarire, o per preservarsi da qualche malattia; sovente li legano, coll’oggetto medesimo, alle corna de’ loro buoi. Il profitto, cui ritraggono i compositori di queste cartuccie, fa che prendano le misure più opportune per mantenerle in riputazione, ad onta delle frequenti prove dell’inutilità loro, cui deggiono pur avere quei, che se ne servono. È cosa degna d’essere notata, che anche i Turchi de’ vicini luoghi ricorrono a farsi fare de’ Zapiz dai Sacerdoti Cristiani; il che dee non poco contribuire ad accrescere il concetto di questa merce. Un’altra divozione de’ Morlacchi (la quale non è tanto propria loro, che anche fra ’l popolo nostro minuto non abbia luogo) si è quella delle monete di rame, e d’argento del basso-Impero, o Veneziane contemporanee, che passano per medaglie di Sant’Elena, alle quali attribuiscono grandissime virtù contro l’Epilessia, ed altri malori. Le medesime perfezioni sono attribuite a quelle monete d’Ungheria chiamate Petizze, quando nel rovescio abbiano l’immagine della Vergine col bambino Gesù sostenuto dal braccio diritto. Il dono d’una di queste monete è carissimo sì agli uomini che alle donne di Morlacchia.
I Turchi del vicinato, che portano con divozione i Zapiz superstiziosi, e che arrecano sovente regali, e fanno celebrar delle Messe alle immagini della Vergine (cosa, ch’è per certo in contraddizione coll’Alcorano) per un’altra contraddizione opposta, non rispondono al saluto fatto col santo Nome di Gesù. Quindi lungo il confine loro quando s’incontrano i viandanti non usano dire, come ne’ luoghi men lontani dal mare, huaglian Issus, sia lodato Gesù, ma, buaglian Bog, sia lodato Iddio.