Viaggio in Dalmazia/De' Costumi de' Morlacchi/7. Talenti, ed Arti

7. Talenti, ed Arti

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§. 7. Talenti, ed Arti.

La svegliatezza d’ingegno, e un certo spirito naturale d’intraprendenza rendono i Morlacchi atti a riuscire in ogni sorte d’impiego. Nel mestiere dell’armi, quando siano ben diretti, prestano un ottimo servigio, e sul finire del passato secolo furono adoperati utilmente per Granatieri dal valoroso generale Delfino, che conquistò un importante tratto di paese soggetto alla Porta, spezialmente servendosi di queste truppe in varj usi. Riescono a meraviglia nella direzione degli affari mercantili, ed anche adulti imparano agevolmente a leggere, e scrivere, e conteggiare. Dicesi, che nel principio di questo secolo i Morlacchi Pastori usavano molto occuparsi nella lettura d’un grosso libro di Dottrina Cristiana, Morale, e Storico, compilato da un certo P. Divcovich, e stampato più volte in Venezia nel loro carattere Cirilliano Bosnese, ch’è in qualche parte differente dal Russo. Accadeva sovente, che il Parroco più pio che dotto, raccontando dall’Altare qualche fatto della Scrittura, lo storpiasse, o ne alterasse le circostanze, ne’ quali [p. 62 modifica]casi s’alzava dall’uditorio la voce d’alcuno degli astanti a dire Nie tak, „ la non è così.“ Pretendesi, che per evitare questo scandalo sia stata usata dell’attenzione in raccogliere tutti que’ libri, di modo che pochissimi se ne ritrovano in Morlacchia. La prontezza di spirito di questa Nazione si dimostra benespesso nel dar risposte piccanti. Un Morlacco di Scign trovavasi presente, dopo l’ultima guerra della Serenissima Repubblica col Turco, al cambio de’ prigionieri. Davansi parecchi soldati Ottomani per riscattare un Uffiziale de’ nostri. Uno dei Deputati Turchi disse con ischerno, che gli sembrava i Veneziani facessero un mal mercato. „ Sappi, rispose il Morlacco, che il mio Principe dà sempre volontieri parecchi asini in cambio d’un buon cavallo.“

Ad onta delle ottime disposizioni naturali ad apprendere ogni cosa, i Morlacchi ànno imperfettissime nozioni di Georgica, e di Veterinaria. La tenacità degli usi antichi singolarmente propria della Nazione, e la poca cura, che s’è avuto sino ad ora di vincerla coi mostrar loro ad evidenza l’utilità de’ nuovi metodi, deve condurre necessariamente questa conseguenza. I loro animali bovini, e pecorini soffrono sovente la fame, e il freddo allo scoperto. Gli aratri, de’ quali si servono, e gli altri stromenti rurali sembrano essere della primissima invenzione, e sono tanto dissimili dai nostri, quanto lo sarebbono le altre mode dei tempi di Trittolemo dalle usate nell’età presente. Fanno del burro, del cacio, della giuncata fra il bene, e il male; e forse non vi si troverebbe che dire, se manipolassero queste preparazioni di latte un po’ meno sporcamente. L’Arte del Sarto vi è circoscritta agli antichi, e inalterabili tagli d’abiti, che si formano sempre delle medesime stoffe. Una tela più alta o più bassa dell’usato disorienta il sarto Morlacco. [p. 63 modifica]

Ànno qualche idea di semplice Tintura, e i loro colori non sono per verun conto dispregevoli. Fanno il nero della corteccia di Frassino, da loro chiamato Jassen, messa in fusione per otto giorni colle scorie squamose di ferro, che raccolgonsi intorno all’incudini dei fabbri; mettono quest’acqua a raffreddare, poi tingono con essa. Così ottengono un bel colore turchino coll’infusione del guado secco all’ombra nel ranno ben puro; bolle anche questa mistura parecchie ore, e si lascia poi raffreddare prima di mettervi i panni a tingere. Traggono anche dallo Scòdano, da loro detto Ruj, il giallo, e il bruno; e per ottenere il primo colore, usano talvolta dell’Evonimo, da loro conosciuto sotto il nome di Puzzàlina.

Le Donne Morlacche quasi tutte sanno lavorare di ricamo, e di maglia. I loro ricami sono assai curiosi, e perfettamente simili dal dritto, e dal rovescio. Ànno una sorte di lavoro di maglia, cui non sanno imitare le nostre Italiane, e l’usano principalmente per quella spezie di coturno, cui portano nelle Pappuzze, e nelle Opanche, chiamato Nazuvka. Non sono colassù rari i telai da rascia, e da grosso telame: poco però vi lavorano le femmine, perchè i loro uffizj fra’ Morlacchi non sono combinabili con lavori sedentarj.

In qualche Villa della Morlacchia v’è l’arte del Pentolaio, come a Verlika; i vasi, che vi si fabbricano grossolanamente, e vi si cuociono in fornaci rustiche scavate nel terreno, riescono di gran lunga più durevoli che i nostrali.