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nerazione, che ànno pe’ ministri del Signore, è profondissima, e la dipendenza loro, e fiducia in essi totale. Non di raro i Morlacchi sono trattati alla militare da’ Pastori delle loro anime, che correggono i corpi col bastone. Forse v’è dell’abuso in questo particolare, come ve n’è in quello delle penitenze pubbliche, cui danno sull’esempio dell’antica Chiesa. Della fiducia credula dei poveri montagnaj v’è chi abusa anche pur troppo, traendo illeciti profitti da brevetti superstiziosi, ed altre dannevoli mercatanzie di questo genere. Ne’ brevetti chiamati Zapiz scrivono in capriccioso modo nomi santi, co’ quali non si dee scherzare, e talora ricopiandone da’ più antichi vi mescolano delle male cose. A questi Zapiz attribuiscono a un di presso le virtù medesime, che alle loro pietre mostruosamente incise attribuivano i Basilidiani. I Morlacchi sogliono portarli cuciti sul berretto per guarire, o per preservarsi da qualche malattia; sovente li legano, coll’oggetto medesimo, alle corna de’ loro buoi. Il profitto, cui ritraggono i compositori di queste cartuccie, fa che prendano le misure più opportune per mantenerle in riputazione, ad onta delle frequenti prove dell’inutilità loro, cui deggiono pur avere quei, che se ne servono. È cosa degna d’essere notata, che anche i Turchi de’ vicini luoghi ricorrono a farsi fare de’ Zapiz dai Sacerdoti Cristiani; il che dee non poco contribuire ad accrescere il concetto di questa merce. Un’altra divozione de’ Morlacchi (la quale non è tanto propria loro, che anche fra ’l popolo nostro minuto non abbia luogo) si è quella delle monete di rame, e d’argento del basso-Impero, o Veneziane contemporanee, che passano per medaglie di Sant’Elena, alle quali attribuiscono grandissime virtù contro l’Epilessia, ed altri malori. Le medesime perfezioni sono attribuite a quelle monete d’Ungheria