Verginia/Atto quarto

Atto quarto

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Atto terzo Atto quinto
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ATTO QUARTO


Virginia.


O
Piu che madre a me chara Gostanza,

Per la Dio gratia & tua, io son felice,
     Questo resto di vita che m’avanza
     Riconoscer da te sempre mi lice,
     Domanda quel che vuoi chara speranza,
     Ch’el mio fermo voler non contradice,
     Mio cor di quel che cercava è contento
     Ch’io ho l’anello, & gravida mi sento:

Gos.O Principessa illustre & generosa
     Se l’opra mia ha la tua pena spenta
     In questo mondo mai non feci cosa
     Dellaqual fussi piu lieta & contenta,
     Nulla ti chiederei donna pietosa
     Sol di tua gratia resto, & son contenta,
     Che a cor gentil son parole proterve,
     Et chiede assai chi ben tacendo serve:

Vir.Adunque saro io sì dispietata
     Che non dia premio a beneficio tanto?
     Prima che sia a tuo servitio ingrata
     Me stessa ucciderei con pena & pianto,
     Gos.Madonna mia dal bisogno sforzata
     Et da tuoi prieghi assicurata alquanto,
     Per venir la mia figlia maritando
     Cento ducati in gratia ti domando.

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Vir.Eccone cinquecento, & questa gioia,
     Che altretanti ad ogni stima vale.
     Et perche el fatto sia sepolto, & moia
     Va tu & tua figlia in villa per men male,
     Et fuggirai del Principe ogni noia,
     Che veduto hai quanto sia stata & quale,
     Et salverai tua fama in sempiterno,
     Et sarai causa che torni a Salerno:

Et io sicura con Sabina mia
     Senza mai dimostrarmi quanto, o poco,
     Tanto ascosa staro che tempo sia
     Che parturisca, & muti tempo & loco;
     Poi che saprà che voi siete ita via
     Agghiaccera del mio Principe el foco,
     Fara tornata a Salerno non lenta,
     Et spero anchor che mi farà contenta:

Gos.Madonna tante volte io ti ringratio
     Quant’e in ciel stelle o in mar minute arene,
     Mai non sara el mio cor defesso & satio
     Laudarti, a me tal don non si conviene,
     Povertà infino ad hor m’ha fatto stratio,
     Ma tu gli hai rotti i lacci & le cathene.
     Ubbidiro, quanto ho promesso & detto,
     Sempre un tal dono al cor portando stretto,

Vir.Restate in pace, & fa quel chi ti dico.
     Gos.Et tu va in pace dolce mio diletto,

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     Costei m’ha dato un consiglio d’amico,
     Lo star qui mi saria danno & sospetto:
     A me torneria el Principe inimico,
     Se gli negassi l’usato diletto,
     Et però domattina con Camilla
     Ad ogni modo io voglio andar in villa:

Prin.Ruffo io son disperato, anzi son morto,
     Camilla mia con Gostanza è partita,
     Ma el tristo cor qual m’ha rapito a torto
     Non m’ha renduto, o mia misera vita,
     Andiamo a casa sua che chiaro & scorto
     Giudicherò se mia speme è finita,
     Ahime, partite son senza mercede,
     Ch’uscio & finestre serrato si vede.

Cruda Camilla ove è la tua pietate?
     Dove è le fitte tue promesse pie?
     Quanto fu breve mia felicitate?
     Crudo amor triste hormai fien l’hore mie.
     Ruf.Lascia ir co’l diavol queste scelerate
     Donne instabil, fallaci, inique, & rie,
     Gran gratia t’è dileguate si fieno,
     Poi ch’a tuo modo el corpo hai satio & pieno.

Prin.Gustare un pretioso & nobil vino
     Non minuisce, ma cresce la sete,
     Se visto havessi el corpo peregrino
     El suave parlar, le luci liete,

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     Et gustato l’ingegno alto & divino,
     Non useresti parole indiscrete,
     Hor non sai ch’odorata è quella cosa
     Che nel provare si fa piu pretiosa?

Rivoltian Ruffo a la sua stanza e passi
     Che se lei non vedren, vedren la casa.
     Ruf.Adunque andiamo a vagheggiare i sassi?
     Da quanto error tua mente è persuasa.
     Prin.Quanto amor puo, s’una volta provassi
     Non fareste così misura rasa.
     Ruf.Vorrei veder sommerse con affanno
     Tutte le donne che sono & saranno:

Lor son cagion de li sdegni & de l’ire,
     Lor corruttele, dileggi, & costumi,
     Per lor si vede ogn’hor glihuomini morire
     Uno andare in esilio, & l’altro in fiume;
     Chi di coltel, chi di velen perire.
     Chi di vaghi occhi suoi perdere il lume,
     De l’huom la donna è sola peste & guerra,
     Anzi cagion di quanto male, è in terra:
 
Per altro non è el lor fallace volto
     Se non per torre a noi la libertate,
     Et poi ch’el naturale arbitrio han tolto
     Fan poi finire in lagrime l’etate:
     Quel ch’è prudente fan parere stolto,
     Et quel ch’è ricco pone in povertate,

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     Et a chi honor, a chi vita, a chi fama
     Tolgano, è questo e’l premio di chi l’ama:

Fuggì Camilla, o famoso signore,
     Camilla cruda & del tuo mal presaga,
     Che mal si cura invecchiato dolore
     Mentre ch’è fresca, medica la piaga;
     Non ti fidar del traditor d’amore
     Che ’n poco dolce molto amaro appaga,
     Se ’n principio a suoi servi ride alquanto,
     Al mezzo al fin dapoi sospiri & pianto.

Quant’un signor è piu alto & più grande
     Ogn’un gliadula, & manco intende el vero,
     Dimmi di te hor che fama si spande
     Se tu fai piu dimora in questo impero?
     Servire a donne a letti & a vivande
     Non si conviene a Principe sì altero,
     A me sta ben se ogni vitio osservo,
     Che ignobil son plebeo, povero & servo.

Signor se bene el parlar mio ti spiace
     Io son constretto a dirti quel ch’io sento,
     Lascia Camilla, & Gostanza fallace,
     Che cercan tue dinari, e ’l tuo tormento;
     El Duca, el Re di Francia han fatto pace,
     Che vuoi tu fare in questo tenimento?
     Forse partita si è Virginia adorna
     Però a le tue terre hormai ritorna:

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Prin.Tu spandi Ruffo hoggi molta prudentia,
     Tu dovesti hierser ber molto poco:
     Hor tacci matto che tua eloquentia
     In me, che ti conosco: non ha loco,
     Hor non sai tu la volgata sententia
     Che orbo guida, orbo si cade in foco?
     Ma chi son quel ch’atraversano i piani?
     Ruf.Ecco a te, costor son Salernitani.

Semp.Dio prolonghi signor tuoi anni illustri,
     Noi siam tuoi servi Sempronio & Valerio
     Son passati duoi anni, anzi duo lustri
     Senza te passa mal tutto el tuo imperio,
     Muor giustitia & virtu qual fior di olustri
     Al vento, & vive infamia & vituperio,
     Domitio con Callimaco rettori
     Ce hanno mandato ad te per oratori.

Saper faccian come la Principessa,
     Ch’era albergo & fontana di virtute,
     Da cui con pace & giustitia indefessa
     Eran tue terre rette & mantenute;
     Partita s’è con volontate espressa
     Di mai tornare, o rimirar salute,
     Ma sua vita finir peregrinando
     Tra le selve languendo & lagrimando.

Vestita di vil panno oscuro & grosso
     Io la vidi signor sola partire,

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     Vidi un fonte di pianto, e ’l volto mosso
     Ogni occhio suo, vidila tramortire,
     Ch’avrebbe un sasso a lagrime commosso
     Et adolcite d’ogni fera l’ire,
     Poi che è partita el tuo bel stato & regno
     Va mal, ritorna hormai Principe degno.

Ruf.Su signor mio, su Principe eccellente,
     Contenta el popol tuo, muta consiglio,
     Seconda el tempo come l’huom prudente,
     Non c’è Camilla piu quel fresco giglio,
     Et qui è pace, & non si fa niente:
     Prin.Hor su contentar voi partito piglio,
     Tornate indrieto, o Oratori adorni,
     A dir che là saro tra dieci giorni.

Val.Cavalchian presto & portian la novella,
     Laqual sara generale allegrezza,
     Faccian parar le ville, & le castella
     Di fior, di razzi, & musica dolcezza.
     Et che ciascun debbi montare in sella
     Per honorar del Principe l’altezza.
     Semp.Anzi faccian ch’el popol peregrino
     Li venga incontro fino a l’Appenino.

Sisc.Signor sono aviati i carriaggi,
     Ogni tuo cosa è gia fuor de la porta,
     Et cento balestrier sì come saggi
     Fatto ho restar che ti facan la scorta,

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     Và, per meglio alloggiar, per duo viaggi
     La gente d’arme, & pan per duo di porta
     Et duo Sescalchi gia son messi in via
     Per parar questa sera l’hosteria.

Prin.Ben sta Siscalco mio hor su partiamo,
     O Ruffo è forza pur sospiri alquanto
     D’haver lasciata Camilla a Milano:
     Ruf.Et io sospiro esservi stato tanto
     Prin.Io ho goduto pur, taci villano,
     Ruf.Questo piacer t’è poi tornato in pianto
     El fin mostra, chi ha più senno fido,
     Guarda al partir tu piangi, io me ne rido:

Semp.Uscite tutti di Salerno fora
     Presso e’l signore, & fra due hore arriva.
     Adorni ogn’un la sua fronte decora.
     Di lauro vittrice, & verde oliva,
     Quanto è ’l giorno felice & la grata hora
     Che questa patria d’ogni angustia priva,
     Dapoi che dopo tanti mesi & anni.
     Suo signor vede & pon fine a gli affanni.

Cal.O signor nostro pietoso & benigno
     Gratia habbi el ciel, poi che ti ci ha renduto.
     Vorremo hauer voce & canto di cigno
     Per ringratiarti del don conceduto,
     Per ogni caso tuo buono, o maligno
     Fia nostra fe, nostro amor conosciuto.
     Che con amore & con voglia infinita

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     Porren per te figliuol robba & la vita.
  
Prin.Io accetto & commendo vostra fede
     Vostre proferte, o miei fedel suggetti,
     Et so che l’honor mio come si vede
     Portate sculto in mezzo a vostri petti,
     Ma el pensier mio anchora stima & crede
     Poter trattarvi da buoni & perfetti,
     Et di tenervi è mia ferma speranza,
     In festa, in pace, in giustitia e abundanza.

Sil.Io piansi gia la sventurata sorte
     Di Virginia ch’el Re dovea guarire,
     Et dubitai perisse in fiamma forte,
     Per non poter suo vanto conseguire
     Ah miser lasso, hor che seconda morte
     Noto me, stato el suo crudel partire,
     Et che pel mondo va peregrinando
     Vedova al sole a l’ombra lagrimando.
 
Poi ch’el Principe crudo & dispietato
     T’havia cacciato o mio unico bene,
     Che non chiamasti me disventurato
     Compagno a le tue doglie, a le tue pene?
     Chi t’havria me seguito, o confortato,
     Chi me condotta a le incognite arene?
     Chi custodito me? tua faccia afflitta,
     Di me? che dentro al cor la porto scritta?
 
Se serpe, uccello, o qualche fera insana
     Per le selve t’assalta con isdegno

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     Ogni prudentia tua restera vana,
     Che ad espugnarle non hai forza, o ingegno
     S’io fussi teco, ogni influentia strana
     Torrei dal volto tuo di Giove degno,
     Et non potendo far quel che vorrei,
     La vita mia per la tua metterei.

Questo Principe indegno in ogni loco
     Di costei ch’è thesor della natura
     Piu pietoso è la morte, el ferro, e ’l foco,
     Folgor, veneno, & ogni fera dura,
     Ch’el pianto el servir suo stima sì poco,
     Che ucide & stratia una columba pura,
     O cielo, o cielo affar presto t’assetta
     Di tanta ingratitudine la vendetta.

Piu pretiosa ch’el Romano Erario
     È costei, qual torra se lei non toglie?
     Ascondi sole el tuo corso ordinario,
     Mosso a pieta di suo tormento, e doglie,
     Ah Principe crudel, ah mondo vario
     Come dissimil fai le nostre voglie,
     El suo cor l’odia, el mio per lei si strugge,
     Io l’amo adoro, egli discaccia, & fugge.

Dove se tu, o del mio cor Regina
     Vedova, sola abbandonata a torto?
     Dimmi in qual parte del mondo camina
     El volto tuo impalidito & smorto?
     O da me partira l’alma meschina,

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     O ti verro a dar qualche conforto.
     Et fare intendo ogni impossibil cosa
     Per riveder la tua faccia pietosa.

Vo scongiurar fra selve, & fere impaste:
     Que dei antiqui che gia fer miraculi.
     Et tutti essecutor di Zerohaste,
     Con sigilli carattere, & pentaculi,
     Stelle, herbe incantatrici impie & nefaste,
     Spirti, propheti, sibille, & oraculi,
     Tanto ch’io sappi in qual parte è colei
     Che ne porta con seco i sensi miei.

Io vo passare el Danubio veloce,
     Dopi i confin de la gelida illiria
     Et l’Eufrate che l’arene coce,
     Et da la Armenia divide l’Assiria:
     Passar voglio Hiasarte in Scithia atroce,
     El Giordano in Giudea, Gorgo in Assiria.
     Passar voglio India & l’Egitto, ove frange
     Per diversi paesi el Nilo e ’l Gange:

Et vo cercar le zone inhahitate,
     Cercar vo le Meotide palude,
     Et le montagne caspe nominate,
     De parthi, & de gli hircan le selve nude.
     Intorno da l’Ocean circondate
     Le sette Insule pie, le sette crude,
     Cercar voglio, acqua, & terra, el ciel superno,
     Et se non basta cerchero l’inferno:


Finisce il quarto atto.