Varenna e Monte di Varenna/Secolo XVI

Secolo XVI — Giurisdizione feudale

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Secolo XV - Soprannomi Secolo XVI - Famiglia Balbiano

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SECOLO XVI


GIURISDIZIONE FEUDALE


Al principio del secolo XVI la terra di Varenna era infeudata a Chiara Sforza, moglie del conte Fregosino da Campo Fregoso.

Abbiamo visto, svolgendo gli avvenimenti del secolo XV, la riluttanza degli abitanti di Varenna a prestare obbedienza al feudatario; si trattava allora di Gaspare San Severino, ma quell’atteggiamento di ostilità non mutò col mutare del feudatario.

Il duca Massimiliano Sforza, il 17 settembre 1512, è costretto a scrivere una lettera di minaccia agli abitanti di Varenna per indurli a prestare il giuramento di fedeltà al feudatario.

«Dilectissimi nostri. Credevamo che alli di passati havistono iurato la fideltà ad nuy debita per nuy in mane del Conte Fregosino et madona Clara Sforza, nostra sorela carissima, ma ne hano fato intendere vuy non haverlo facto, però volendo ancora questa volta essere con vuy più miti che non ricerca la vostra inobedientia ve comandamo item a pena de ducati mila per caduna de vuy comunitate che infra di sei doppo la presentatione di questa debiate haver prestato intera obedientia et iurato la debita fidelità in nome loro o di suo mezzo, aliter ne sarà forza per iustitia precedere contro di vuy seconda la cominatione ne sarà stata facta per le altre nostre aciò che non ne habiate ad gloriare ne le vostre contumatie et observationi».

Questa lettera fece il suo effetto, e il 12 ottobre 1512 i maggiorenti del paese si riunirono, ed in presenza del reverendo Giovanni Donato de Paravicino delegato del conte Fregosino, compirono l’atto del giuramento che venne rogato dal notaio Carpani Angelino.

Nel 1533 il feudo di Varenna e terre circonvicine passò al Senatore Francesco Sfondrati, della storica famiglia di Cremona che diede alla chiesa Papa Gregorio XIV.

Con dispensa dacale 14 giugno 1533, il conte Paolo Fregosino figlio di Clara Sforza, era stato autorizzato a vendere al senatore Sfondrati le possessioni e terre delle squadre di Mauri e di Nibbiono, della [p. 105 modifica]Valassina, di Mandello, Varenna, Dervio, Corenno e Monte Introzzo. Di questa nuova infeudazione il Duca ne dà notizia al pretore, ai consoli ed agli abitanti di Varenna con lettera in data 25 giugno 1533.1

In data 13 luglio 1533 gli abitanti delle squadre dei Mauri e di Nibbiono, della Valassina, di Mandello, Bellano, Varenna, Dervio, Corenno e Monte Introzzo prestarono il giuramento di fedeltà al feudatario Francesco Sfondrati con rogito del notaio Antonio Vignano di Milano. Lo strumento è conservato nell’archivio di Stato di Milano in un codice pergamenaceo sulla cui copertina è scritto: 1533, die 23 Iunii usque a die 17 Iulii. Produrremo questo atto nel volume documenti.

Anche il feudatario dovette prestare secondo la consuetudine il prescritto giuramento e l’atto venne raccolto dal notaio camerale Mare Antonio Platone il 28 gennaio 1536.

Per maggiore lustro il conte Francesco Sfondrati ottenne da Carlo V il privilegio 23 ottobre 1537, in virtù del quale fu eretta in contea la riviera con le terre di Mandello, Varenna, Bellano, Dervio, Corenno e Monte Introzzo con la prerogativa di due pretori o commissari che il Senato, nella interinazione del diploma prescrisse che risiedessero l’uno in Mandello, e l’altro in Bellano. Asso con la Valassina venne qualificata Baronia, e col predicato di signoria vennero nominate le squadre de’ Mauri e di Nibbiono:

Fu stabilita l’indivisibiltà delle suaccennate giurisdizioni coll’ordine di primogenitura in infinito. Tutti i miglioramenti da farsi nei mentovati territori, tutti i beni immobili e ragioni che potesse acquistare il conte Sfondrati e i di lui successori, dovevano essere incorporati nelle rispettive giurisdizioni, assumere le qualità feudali, e devolversi colle stesse terre e luoghi.

Gli venne inoltre accordata la facoltà di trasferire nelle medesime il reddito di lire 1028: 17: 9: che percepiva sul censo del sale e tasse di cavalli delle comunità di Erigoli e Genivolta nel Cremonese, come si effettuò nel 1538, avendogli la R. Camera ceduta altrettanta somma nelle suddette terre della Riviera.

L’anno successivo, e cioè nel 1538 il conte Francesco Sfondrati acquistava per sè e pei suoi eredi e successori la terra di Bellagio e sue ville, eccetto la torre che doveva rimanere al capitano di Bellagio. Erano uniti al feudo della Riviera il diritto di un mercato libero ed esente e le seguenti convenzioni feudali: Mandello pagava lire 320, Varenna lire 206, Bellano lire 211: 2: 3, Dervio lire 48, Corenno lire 12: 15, Dorio lire 2: 15, Monte Introzzo lire 16: 7: 6, la Valassina uno sparviero e lire 192, le squadre dei Mauri o di Nibbiono lire 277.

Nel 1537 il ducato di Milano era passato all’imperatore Carlo V, che riconobbe i feudi dello Stondrati. Varenna come tutti gli altri [p. 106 modifica]comuni del Ducato dovette prestare un nuovo giuramento di fedeltà, secondo la seguente formola:

«Si havera da giurar che dal giorno di hoggi in ante li prefati Consoli, Communi, università et particolari persone saranno perpetuamente fedeli al sacratissimo Carolo Imperator di Romani suo Signor et suoi Successori sul Sacro Romano Imperio et al Ill.mo et Ex.mo S. Antonio di Leyva suo locotenente et Capitanio generale: et che mai scientemente in consiglio ne in fatto saranno ne presteranno adiuto che pel sacratissimo Imperator o suoi successori o in persona o nel Stato, o nel honore patiscano alcuno danno o Iniuria. Et se saperanno o Intenderanno alcuna delle predette cose esser trattate quanto più presto potranno lo manifesteranno a Sua M.ta ò suoi agenti nel Stato di Milano. Et essendoli ditto alcuna cosa in secretto, non la manifesteranno senza licentia di sua M.ta. Essendo richiesti prestar consiglio lo darannno fidelmente, ne mai faranno cosa che possa portar danno o Iniuria a sua M.ta o suoi successori, et al p.to Ill.mo S.r Locotenente ut supra ò a suoi ufficiali ò al Dominio suo: Et finalmente faranno tutte queste cose che sono tenuti per li fideli subditi verso sua Ces.a M.ta suo Signor et suoi Locotenenti»2.

Al Conte Francesco Sfondrati successe nel feudo della Riviera l’anno 1550 il conte Paolo Sfondrati, al quale successe il figlio conte Ercole che morì nel 1637.


Nei primi anni del secolo XVI le terre della Riviera furono travagliate da scorrerie di truppe francesi e svizzere. Como, Lecco ed altri luoghi erano presidiati da truppe francesi; tutta la Valtellina e l’alto bacino del lago erano in possesso degli Svizzeri.

Nel 1516 il governatore di Como armato un forte naviglio tentò di sottomettere tutte le terre del lago delle quali molte vennero poste a sacco. Gli abitanti dell’alto lago irritati si collegarono e postisi sotto gii ordini di Antonio de Brengio detto il Matto, aiutati da masnade grigionesi, assalirono e rovinarono Corenno, e dispersero le popolazioni di Dervio, Varenna e di alcuni paesi della Valsassina3.

La guerriglia sul lago si protrasse sino al 1522. Da una lettera di un certo capitano francese chiamato Corsino, governatore di Lecco scritta il 24 giugno 1521 al capitano di Crema togliamo quanto segue: «Avviso come el signor Manfredo Pallavisino, insieme con el conte Girardo d’Arco, lo Mato di Brianza, suo fratello et parechi altri banditi fino al numero di 1500 sono venuti per Valtolina ed avendo loro intelligentia da Como, prout, se diceva, passono di notte el laco et forno alle porte de Como mercoridì passato 26 dil presenre et trovarono Como [p. 107 modifica]ben fornito talmente che fu forza che restassero de fora, unde fu scaramuzato tutto quel giorno. Et essendo venuti li advisi di questo a Milano unde era mi o di 25 me partii a hore 24 et zonsi qui a Lecho avanti zorno, et subito armate le mie barche, deti adviso de la venuta mia et de la mia provision al governador di Como, et lui contento de questo me scrisse se trovassimo la matina che fu heri 27, lui da una banda e mi dall’altra per turli de mezzo. — La qual cosa fu fata et li nimici vedendo questo abandonarono le sue barche et pigliorno la montagna. Unde tra le gente del prefato governador de Como et le mie et de’ villani del paese, fessemo de modo che non scampi alguni che non fosse morto o vero presone et fu heri da 13 in 14 hore. Unde turno pigliati vivi el prefato Manfredo et li soprascritti et parechi altri li quali furone condotti a Como4».

Intanto ai Francesi si erano aggiunti gli Spagnuoli provocando cosi nuove discordie e nuove lotte. Gli Spagnuoli erano in Como, mentre Lecco ed altri paesi del Lago erano ancora tenuti dai Francesi. Il lago era corso da una flotta avversa alle armi spagnuole. Governatore di Lecco era quel capitano Corsini autore della lettera ora pubblicata.

Gli Spagnuoli avevano deciso di compiere una spedizione contro Lecco e ne avevano affidato il comando al marchese di Pescara.

Nel porto di Como erano già allestite le navi e già stava per muovere la spedizione, quando giunse la notizia che il Corsini aveva rinunciato a qualsiasi velleità di resistenza e cedeva la piazza. Venne incaricato il conte Alessandro Balbiano figlio di Annibale Conte di Chiavenna, di recarsi a Lecco, Menaggio ed altre località per ricevere il giuramento di fedeltà.

Da una lettera scritta dal podestà di Lecco Ambrosio Cassano il 10 aprile 1524 ai rettori di Venezia, si rileva come i Grigioni fossero scesi sino a Varenna: «Di novo, di la parte di sopra havemo che Grisoni per una parte sono venuti a Varenna sotto Bellano per miglia tre drio al lago, dove gli è sta facile a venire. Se vorian passar più giù per quella via si mettono a grandissimo pericolo per la vostra armata qual gli saria alle coste, essendo ivi la strada sempre contigua al lago»5.

In quel triste periodo nel quale Svizzeri, Francesi e Spagnuoli si avvicendavano nel dominare le terre di Lombardia, a maggior disgrazia di quelle popolazioni, divenne potente un nobile milanese Gian Giacomo de Medici, che impadronitosi della rocca di Musso sparse di là il terrore in tutto il lago di Como.

Nel 1531 avvendo i Grigioni e gli Svizzeri posto l’assedio alla rocca di Musso Gian Giacomo Medici che era chiamato il Medeghino li sconfisse, e quindi corse a Bellagio, a Varenna e a Bellano e pose a sacco quelle terre. [p. 108 modifica]

Il duca di Milano allo scopo di ricondurre all’obbedienza le terre occupate dal ribelle nominò il nobile Giorgio Maggiolino, uno dei maestri delle entrate dello stato, quale commissario, e il colonnello Ludovico Vistarino comandante dell’esercito incaricato di affrontare le forze del Medeghino.

Poichè le vicende di guerra sono narrate in apposita pubblicazione6, noi ci limitiamo qui a ricordare che il Vistarino fece di Varenna la sua stazione principale e che fra gli uomini componenti la guarnigione del Medeghino vi erano i seguenti di Varenna:


Coltrino de Pizotto di Periedo

Giovanni Pietro Calvasina e figliuoli di Varenna

Giorgio Panizzi e figliuoli

Bernardino Mazza

Bartolomeo Scotto

Bernardino Serponti

Giov. Simone Campione.


La guerra contro il Medeghino finì con una pace onorevole per il ribelle. Francesco II Sforza in seguito al trattato del 13 Febbraio 1532, con decreto delli 13 marzo sucessivo offriva la pace e la grazia a tutti i difensori di Musso, concedeva al Medeghino il feudo di Marignano col titolo di marchese, grosse indennità e il comando del suo Esercito.

Fra i graziati vi erano anche quelli che abbiamo ora nominati di Varenna, di uno dei quali, del Campione, ci è rimasta la supplica inoltrata al Duca per avere la grazia:

«E.mo signor Duca. Debe essere informata Vostra Excellentia come el fidelissimo servitore suo Simone de Campione dicto de Varena è oriundo d’epso loco de Varena et li ha suo patrimonio et habitatione, e per tal causa necessariamente essere stato constrecto obedire et servire al castellano de Musso, et in quest’ultimo per paura de la vita et suo ultimo excidio essersi conducto con sua famiglia nel borgo di Leco per comandamento d’esso castellano, et benchè atteso le premisse cose, dicto supplicante non dovesse patire et essendo domandato per cride di Vostra Excellentia a Milano fusseron facte le debite exscusatione in scripto, non di meno pare fusse con li altri domandati condemnato come rebelle di Vostra Excellentia et perchè quello che si possa dire de dicto supplicante che habi segunto le parte d’epso castellano è proceduto per le cause predicte il che se cognosse essere cossì la verità, perchè quanto più presto gli è stato possibile et è usito de dicta terra de Leco et venuto a la città de Bergomi da dove ha obtenuto salvo conducto da [p. 109 modifica]Vostra Excellentia, et perchè desidera vivere como bono sudito de Vostra Excellentia, nè per conditione del mondo volere essere reputato suo ribelle recorre da luy.

Humilmente supplicandoli se digne fare anullare onme condemnatione et banno li sia facta et dato per tal causa e provedere sia restituito in integrum tanto per la persona quanto a la fama et facultà, mandando non sij più oltra molestato, il che spera, obtenere de Vostra Excelentia in bona gratia de la quale humilmente».

Il danno arrecato dal Medeghino alle terre del lago fu così grande che un fratello di lui il cardinale Giovanni Angelo de Medici, assunto al pontificato col nome di Pio IV, fece donazione all’Ospedale Maggiore di Milano di due redditi allora ammontanti all’annua somma di L. 5000 imperiali, con obbligo di convertirli a favore di quelli che erano stati danneggiati dal Medeghino e dagli altri fratelli Giovanni Battista e Gabriele. Per amministrare questa somma l’ospedale nominò un cancelliere nella persona di Giovanni Antonio Calvasina di Varenna al quale venivano pagate lire trenta annuali.

Esaminati i registri dei pagamenti abbiamo trovato fra le comunità e persone indennizzate il comune di Varenna al quale nel 1641 vengono pagate lire 1751,50, Andrea della Cella di Varenna lire 25 nell’anno 1585 il prete Gerolamo Mazza erede di Giov. Antonio Mazza nell’anno 1586 lire 86, Filippo Tenca nel 1584 la somma di lire 157: 15: 3 e nello stesso anno a Francesco Stampa lire 35, a Giovanni Pietro Campioni lire 600 e a Giovanni Battista Benzoni lire 300.

Con atto dell’anno 1562, giugno 26, ind. V. rogato dal Not. Serponti Giorgio di Pietro di Varenna, il sacerdote Stefano Tenca chiede di avere questo indenizzo: il sac. Stefano Tenca figlio ed erede del fu Filippo, di Varenna, costituisce suoi procuratori i magnifici signori Giovanni Antonio Calvasina, Giov. Pietro Campione e maestro Gaspare de Cella per esigere dai Deputati dell’Ospedale Grande di Milano quella somma di denaro, spettante al Costituente, qual erede del detto suo padre, dovuta dal fu illustrissimo Giov. Giacomo de Medici, marchese di Melegnano come appare dai libri di quest’ultimo.

Presenti per protonotaro Giovanni Antonio de Tenchis di Andrea di Varenna e per testimoni Nicola de Campione di Matteo, Giorgio de Scottis di Giuseppe. ambedue di Varenna, e Giorgio Furatino de Veninis, di ser Giovanni, abitante a Pino nel territorio di Varenna7.

Da una supplica mandata dagli abitanti di Varenna a Francesco II Sforza rileviamo come i Varennesi abbiano preso attiva parte coi Milanesi alla guerra contro Gian Giacomo Medici. Poichè nella supplica sono contenute anche altre notizie relative a tempi anteriori, crediamo opportuno riportarla qui tradotta dal latino: [p. 110 modifica]

«Nell’estate prossimo trascorso nella quale Vostra Eccellenza dimorava a Como, i fidelissimi servi di V. E. i Varennesi salutarono umilmente e con sommissione la vostra Alta Eccellenza chiedendo che la vendita fatta loro altra volta dell’invittissimo ed eccellentissimo allora Duca di Milano Ludovico il Moro, padre dell’Eccellenza Vostra di venerata memoria, per la somma di 140 lire e soldi sei imperiali in occasione di una parte dei dazio di pedaggio maggiore della città di Como fosse confermato insieme a qualche altro privilegio.

Dall’insigne Eccellenza Vostra fu risposto benevolmente che quelli di Varenna stessero sicuri e prendessero fedelmente parte alla lotta marittima che allora ferveva contro i seguaci di Gian Giacomo de Medici assicurando di propria bocca quei di Varenna, che a guerra finita non solo sarebbe stata confermata quella vendita e insieme i privilegi, ma che avrebbe concesso anche dell’altro. Da ciò risultò che quei di Varenna non solo assalirono più volte con le loro forze i soldati del predetto Giacomo e uccisero in battaglia alcuni napoletani, ma a proprie spese associarono altri soldati e con tal fervore si batterono che la flotta del Medici, mentre devastò altri castelli non potè mai entrare in Varenna.

Di tutte queste cose fu informato il magnifico capitano di Giustizia di Milano. E tutti questi atti valorosi corrispondono a quelli che già fecero quei di Varenna quando il sudetto invittissimo Padre di V. E partì per la Germania traverso il lago di Como: perchè mentre da alcuni era a tradimento assalito, quei di Varenna respinsero l’assalto, unendo alla sua la loro flotta affinchè si fosse riparata al sicuro. Quand’egli poi tornò dalla Germania, quei di Varenna per primi entrarono in Como, per cui i Francesi tentarono d’incendiare il loro castello ma per le preghiere di comuni amici si venne ad una transazione con grave danno pecuniario. In fine per quello che fecero della venuta dell’Ill.mo ed Ecc.mo Duca Massimiliano, se vivesse ancora il già valoroso capitano Francesco Morone potrebbe riferire molte cose in loro lode: vi sono poi parecchi cortigiani dell’Ecc. V. che evitarono la morte per l’aiuto di quei di Varenna, al tempo in cui il Conte Manfredo Pallavicino fu fatto prigioniero dal Francesi in Como. Per cui, o principe invittissimo affinchè tutto questo serva di esempio agli altri perchè si mostrino fedelissimi sudditi al loro principe, come furono quei di Varenna in tutte le circostanze passate, pregano umilmente la V. E. perchè «con sua lettera voglia dar ordine a chi le parrà convenga, affinchè la vendita sopradetta si osservi ad ogni rigore di diritto e così i privilegi e si mantengano per dieci anni immuni dal pagamento del censo che è della somma di cento Lire per ogni anno come sperano sia intenzione dell’Ill.ma Dominazione vostra umilmente in ginocchio si raccomandano».

A questa supplica il duca di Milano rispondeva in questi termini:

«Considerate tutte queste cose e avendo riferito ai questori della nostra camera ordinaria per le benemerenze loro verso il nostro Ecc.mo [p. 111 modifica]Padre e per la somma fedeltà con cui, quasi unici, rimasero costanti quando i Francesi inseguirono la Ecc.a di Lei e occuparono quasi tutto lo Stato, e per le benemerenze verso di noi sopratutto durante le guerre di Musso e di Lecco, quando dalle nostre milizie veniva assediato il predetto Giacomo Medici nella qual guerra sappiamo non mancarono di adoprarsi in cosa alcuna a vantaggio e ad onore nostro. Parve a noi e anche al nostro Senato, col consiglio del quale abbiamo fatto questo atto che si debba di nuovo concedere l’istrumento della vendita ricordato come di fatto concediamo con questa nostra lettera. Diamo dunque ordine a tutti, ai singoli magistrati e agli ufficiali nostri cui spetta e spetterà perchè osservino e facciano osservare questa concessione8.

Data a Pavia il XXIX luglio MDXXXII.

Firmato Francesco.

Note

  1. A. N. C. Not Greppi Gioac. Luigi, Rogito del 1533.
  2. Tutti questi atti riguardanti il feudo di Varenna sono conservati nei registri ducali dell’archivio di stato di Milano.
  3. Francesco Murialto. Annali XXXVI.
  4. Marin Sanuto, Diario, vol. 30 pag. 460. Secondo il Sanuto (Vol. 31 pag. 23 il Matto sarebbe stato squartato vivo il 6 luglio a Como.
  5. Marin Sanuto, Diario, vol. 36, pag. 195.
  6. V. Adami, Documenti interessanti Varenna durante la guerra di Musso in Periodico società storica comense. Vol. 25, Fasc. 99, 100, 1925.
  7. Arch. Not. di Milano — Notaio Giorgio Serponti di Pietro.
  8. Archivio di casa Mornico. Una copia di questo atto si trova all’A. S. M. Registri ducali XX alius F. F. F. carte 251. L’archivio di Casa Mornico trovasi ora depositato presso l’archivio di Stato.