Una porta d'Italia col Tedesco per portiere/Boicottaggio

Boicottaggio

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BOICOTTAGGIO

[p. 69 modifica] Dicono molti: Lasciate tempo al tempo. Tutto quello che deplorate nell’Alto Adige sparirà da sè, per forza di cose. Poichè l’Alto Adige è divenuto una provincia d’Italia, la vecchia frontiera è scomparsa, si è abbattuto il muro divisorio, e se anche l’autorità statale si manterrà indifferente o inerte o assente opereranno in nostro favore le complesse necessità della vita del paese, per le quali fra le vecchie provincie e la nuova si creeranno inevitabili relazioni di affari, si allacceranno legami di persone e di interessi, si stabiliranno rapporti commerciali, finanziari, intellettuali, si stringeranno insomma vincoli spontanei che, senza toccare la cultura e le tradizioni locali, dissiperanno errori, ignoranze, preconcetti e malintesi. La Libertà è il nostro migliore agente.

Il ragionamento è perfetto. Soltanto, quello che manca nell’Alto Adige è precisamente la Libertà. Lasciando questa terra come l’Austria l’aveva organizzata ai nostri danni, cioè retta dalle stesse persone, e con gli stessi metodi, con le stesse idee, con [p. 70 modifica] le stesse finalità, con gli stessi odî del regime austriaco, non sostituendo niente e nessuno, permettendo contro di noi tutte le ostilità legali di una autorità di guerra, noi non abbiamo instaurato la Libertà, a meno che non si convenga che la vera libertà si godeva sotto l’Austria. C’è ora quello che c’era prima. Di libero non esiste che la lotta contro l’italianità.

Certo, conoscendo il carattere del popolo altoatesino, constatando le virtù singolari di operosità, di onestà, di disciplina di questa buona massa tedesca di contadini e di operai che non ci odia, che ci è forse favorevole nel suo intimo pensiero più spesso che non si creda, benchè non ci veda che attraverso le menzogne dei suoi capi, bisogna riconoscere che essa sarebbe sensibile ai nostri contatti in un regime di libertà. Ma appunto perchè disciplinata, perchè educata all’azione collettiva e alla rinunzia ad ogni decisione individuale, essa obbedisce ciecamente e segue fedelmente chi è investito dell’autorità effettiva, chi è posto al suo comando. La sua azione è anti-italiana solo perchè nulla è mutato nella gerarchia.

Si direbbe che noi ci siamo avvicinati ai minuscoli padroni tedeschi di Bolzano con un resto di quel tradizionale spirito di modestia e di deferenza che animava la nostra politica a Vienna, quasi riconoscendo in loro gli eredi legittimi dell’Impero scomparso verso i quali sentissimo più fortemente la vecchia abitudine dell’alleanza che [p. 71 modifica] non la nuova coscienza della sovranità. Quei vincoli spontanei che dovrebbero crearsi fra le vecchie province e la nuova, i quali certamente basterebbero a stabilire una conoscenza dell’Italia che si tradurrebbe in devozione e sottomissione, non possono sorgere ora più di quanto lo potessero sotto l’impero degli Absburgo: il muro divisorio non è abbattuto.

Su tutti i campi l’organizzazione pangermanica, che detiene uffici cariche e poteri, al di sopra della quale non c’è che l’impotenza di Trento e il favore di Roma, vigila perchè non si formino vincoli, perchè gl’italiani non entrino. Abbiamo già visto quale è il patto costituzionale del Deutscher Verband ed abbiamo esposto la sua multiforme attività. Se una simile associazione, con un programma di ostilità aperta ai trattati di pace al cui rispetto siamo internazionalmente obbligati, fosse sorta all’estero, non avremmo risparmiato le più minacciose ed efficaci pressioni diplomatiche ed economiche per ottenerne l’annientamento, come abbiamo effettivamente fatto recentemente a Vienna e a Budapest. Avendola in casa la proteggiamo. Ebbene, il primo scopo del Verband è proprio quello di conservare l’Alto Adige nelle condizioni lasciate dall’Austria, cioè pronto alla disannessione, mondo da influenze italiane, e nulla viene risparmiato perchè questo bizzarro brandello vivente dell’Austria si mantenga immutato, immerso in uno spirito pangermanista, come un preparato [p. 72 modifica] anatomico del dottor Carrel, per essere innestato su qualche corpo teutonico.

Mettiamoci ben in mente questo: che un italiano oggi trova più difficoltà a stabilirsi e ad esercitare una professione o una missione nell’Alto Adige che non in qualsiasi paese estero non nemico. Nessun ostacolo gli viene dal popolo, rispettoso e bonario, ma ogni strada gli è chiusa dalle amministrazioni, o dalle leghe, o dalla Camera di Commercio, o dalla polizia locale, o dalla banca tedesca, perchè tutto piega ad un comando unico, tutto diviene strumento di anti-italianità sotto ad un unico indirizzo, il quale si appoggia principalmente sull’esercizio di una autorità teoricamente italiana.

Un italiano che arriva quassù comincia col non trovare facilmente un alloggio, a meno che non intenda di vivere all’albergo, nel qual caso egli, divenendo la materia prima della maggiore industria del paese, quella dei «Grands Hôtels», compie la semplice funzione di separarsi da alcuni biglietti da mille e gode i privilegi dello «straniero di passaggio», unica qualità che secondo il Verband si conviene agli Italiani nei suoi domini. I giornali atesini sono pieni di annunzi di affitti, ma «per soli tedeschi». Il Commissariato civile ha fatto delle benevole rimostranze per questo esclusivismo che ci manda a spasso e che obbliga fra l’altro i nostri funzionari, i nostri ferrovieri, i nostri ufficiali, a sacrifici enormi per non dormire sul marciapiede. È inutile considerare gli effetti e trascurare le [p. 73 modifica] cause. La dicitura «per soli tedeschi» è stata soppressa per qualche tempo dagli annunzi, ma i padroni di casa tedeschi hanno continuato a rifiutare inquilini italiani, salvo a prezzi devastatori, per non soffrire essi stessi boicottaggi e rappresaglie nei loro affari. Perchè chi non vuole aver noie deve fare la volontà del più forte. È difficile manifestarsi amici nostri dove tutto è abbandonato nelle mani dei nostri nemici.

Per ciò anche i nostri benefici sono tenuti segreti. La direttrice di un asilo tedesco riceve un sussidio governativo per il suo istituto? Ebbene, essa rifiuta di darne notizia alla stampa dicendo ingegnosamente: «Se si sapesse che ho sollecitato questo aiuto non riceverei più un soldo dall’Andreas Hofer Bund». Il silenzio o la calunnia coprono i nostri sacrifici. Si fa credere ai pensionati dell’Austria che il danaro che da noi ricevono è austriaco, versato per mezzo nostro. Quando cambiammo le corone a 40 centesimi, e ne valevano cinque, si stampò che ci trattenevamo 60 centesimi di guadagno per corona. Con i milioni così generosamente pagati rimettemmo in piedi le banche austriache agonizzanti, rendendo più difficile l’impianto dei nostri istituti di credito, e degli uomini di affari dell’autorità dell’on. Walter ci hanno ringraziato in pubblico comizio gridando agli elettori tedeschi: «Non portate i vostri denari alle banche italiane perchè questi denari vi tornerebbero sotto forma di bombe, di pugnali, di rivoltelle». Per [p. 74 modifica] atterrire le ignare masse tedesche siamo presentati come degli assassini. O per lo meno, secondo le parole dell'on. Nicolussi, come un popolo di «lazzaroni».

La tagliola del ricatto è tesa sotto ogni nostra iniziativa. Alla vigilia delle elezioni un comitato elettorale italiano si vide rifiutare la stampa dei suoi manifesti da un buon tipografo tedesco che all’ultimo momento ebbe paura delle vendette legali pangermaniste. Agli ospiti tedeschi di un albergo divenuto proprietà italiana arrivano biglietti perentori che li invitano a cambiare alloggio, e l’albergo si vuota, Gli ex-proprietari tedeschi di un altro grande albergo comperato da un italiano riescono ad avere dal tribunale tedesco una sentenza di sospensione di contratto e rientrano in possesso dell’hôtel. La Cassazione annulla la sentenza, il tribunale tedesco ne fa un’altra, per un altro motivo, riconfermando gli effetti della prima. Ed aspettando un nuovo annullamento, l’italiano proprietario è messo alla porta. Si difende così l’Idea e la Saccoccia. Un italiano compra una segheria e dei boschi, il sindaco tedesco del paese, che ha pure una segheria, gl’impedisce l’uso dell’energia elettrica. L’italiano vuole sostituirla col vapore, il sindaco si oppone col pretesto che il vapore è pericoloso per l’abitato. Una ditta italiana adopera dei camions automobili, l’autorità locale, che ha il diritto di regolare il traffico stradale, proibisce l’uso dei camions affermando che il loro peso minaccia [p. 75 modifica] i ponti. Un italiano che ha comperato una proprietà vuole erigere un hangar, ma il sindaco non ne permette la costruzione se il progetto non è fatto da un tedesco.

Non è possibile dire le angherie, i tranelli, le persecuzioni poliziesche, gli arbitri, che ostacolano ogni attività italiana. Le nostre autorità, così prive di iniziativa loro, sono tanto più impotenti a difendere l’iniziativa privata. Alcuni italiani, vecchi residenti, che si sono fatti una nicchia, se la mantengono evitando ogni manifestazione imprudente e isolata di italianità, come se ci fosse ancora l’Austria.

Mancando una forza adeguata di governo, una sicurezza di protezione, una garanzia di equanimità da parte delie autorità tutorie, e di libero sviluppo negli affari, è naturale che le grandi imprese italiane siano restie a rischiarsi nell’Alto Adige, dove c’è larghissimo campo per loro, e che il commercio e gl’interessi italiani vi siano troppo spesso rappresentati da gente che il caso o l’avventura o l’ignoranza hanno gettato quassù senza pratica professionale e senza troppa solidità di mezzi e di coscienza, con danno del nostro prestigio e del nostro buon nome. Gli errori governativi hanno ripercussioni infinite, effetti inattesi, si manifestano fino nella situazione morale e materiale di istituti, di aziende, di individui.

Ma non dobbiamo credere che tutta l’opinione tedesca sia favorevole all’organizzazione di [p. 76 modifica] guerra del Deutscher Verband. Vi sono molte voci tedesche che protestano energicamente, giornali tedeschi che maledicono la folle politica pangermanista dei nazionalisti tirolesi da noi tollerata. Non è molto che il «Volksrecht», il grande organo social-democratico di Bolzano, pur difendendo la idea dell’autonomia, rilevava che questa politica perniciosa che disgusta l’Italia è l’opera di «alcuni sbraitoni politici» che hanno per unico contorno una massa popolare, in se stessa di sentimenti retti ma la cui caratteristica, come sempre avviene, è quella di raccogliersi come alla fiera intorno ai ciarlatani che urlano più forte».

Proprio così. Queste oneste e chiare parole tedesche, che portano tutto un programma, dovrebbero essere meditate da chi udendo urlare da lontano troppo spesso si inchina, forse per abitudine politica, senza guardare chi urla.