Una porta d'Italia col Tedesco per portiere/Gl'intrusi
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GL’INTRUSI
Nell’Alto Adige una certa quantità di quel funzionarismo tedesco la cui attività abbiamo illustrato è straniera, nativa d’oltre Brennero, e in parte notevole non possiede nemmeno il diritto di optare per la cittadinanza italiana. In queste condizioni, soltanto di maestri nelle scuole pubbliche ce n’è un centinaio, pare, e molti nelle zone italiane. Si può immaginare quale rispetto per l’Italia instillino nei loro allievi questi educatori che vedono nella disannessione il solo modo di sistemarsi. Potrebbero tornare a casa, certo, ma qui si mangia e preferiscono che ci torniamo noi.
Il curioso è che anche dopo l’annessione, degli insegnanti della Repubblica austriaca sono scesi fra noi, col permesso dei loro superiori scolastici, chiamati a colmare dei vuoti. Cosa volete, per mantemere tutte le conquiste del germanesimo non basta insegnare tedescamente ai tedeschi — com’è giusto — ma bisogna seguitare a insegnare tedescamente a tanti italiani e a tanti ladini che il personale didattico alto-atesino non basta, e si fanno venire rinforzi dall’Austria e magari dalla Germania. Gli effetti si intuiscono. Un professore di lingua italiana, entrato a dare la sua prima lezione in una classe che ha per insegnante un germanico, in una scuola che ha per direttore un austriaco, si è sentito salutare con queste parole da un allievo quattordicenne: «Alle Welschen müsste man aufhängen!» — cioè: «Tutti gl’italiani dovrebbero essere impiccati!». Il direttore austriaco si rifiutò di punire l’espressione di un desiderio che egli probabilmente condivideva. E si capisce. Non si capisce invece perchè si condanni l’Italia a sottostare a tanto danno, a tanta vergogna, a tanta umiliazione, contro ogni diritto, contro le stesse clausole del trattato di pace che ci autorizzano a sfrattare gli austriaci senza nemmeno renderne ragione, per mantenere degli stranieri che nessun paese civile tollererebbe, in posti che parzialmente retribuiamo col nostro denaro, nei quali avvelenano il nostro avvenire.
Questo per i maestri stranieri. Ma vi sono qui funzionari stranieri, alti e bassi, vi sono dei giudici stranieri, dei poliziotti stranieri, e non parliamo degli avvocati stranieri, piovuti da Vienna, da Graz, da Innsbruck per aderire furiosamente al Deutscher Verband, nel quale hanno anche qualche carica direttiva, e adoperare i privilegi della loro missione come arma contro l’Italia. I Tribunali, inquinati da elementi stranieri, vomitano in nome del Re sentenze scandalose, come quella che assolveva gli assassini confessi di un alpino italiano. La nostra inerzia illude, noi mostriamo il disinteresse assoluto di chi medita di andarsene via. Perchè non destituire i funzionari che ci tradiscono? Ah, perchè? Perchè, vi si risponde, noi non possiamo sostituirli. Se si scoprono degli ufficiali nemici travestiti al comando d’una unità dell’esercito nostro, bisogna lasciarli seguitare a comandare se no il loro posto rimarrebbe vuoto. Logica ufficiale.
In realtà non occorrerebbe affatto una espulsione generale e simultanea dei funzionari stranieri. Molti di loro si ravvederebbero subito se i veri capi, che son pochi, fossero colpiti; basterebbe che si accorgessero per un momento che l’Italia c’è non soltanto per lasciarsi ingiuriare, che esiste un ordine e una sanzione. Di fronte ad un gesto cadrebbero delle ostilità che l’impunità e il tornaconto soli alimentano. E poi, non dimentichiamo che l’Austria ci ha lasciato anche dei funzionari italiani e slavi, fra i quali alcuni colti e pratici, capaci di occupare i vuoti delle file tedesche. In ogni modo, poiché dell’epurazione se ne fa una questione di lingua, noi chiediamo al Governo perchè non provveda. In tre anni che cosa ha fatto per creare un personale che conosca il tedesco? Ha aperto scuole speciali? Ha indetto concorsi? Da dove usciranno questi funzionari per l’Alto Adige di cui v’è sì tragica urgenza? Ebbene, o la difficoltà accampata non esiste, e il Governo è colpevole di farne pretesto a inerzie criminali, o esiste, ed esso è colpevole di non eliminarla con i metodi facili e naturali che ogni paese adopera. Ma se si pensa che, per la legge stessa dell’Austria, la lingua italiana, negata al popolo, è diffusa negli uffici come strumento di dominio, si vede assai ridotta la difficoltà proclamata per la sostituzione di qualche alto dignitario teutonico.
In ogni caso il pretesto non vale per giustificare il mancato sfratto agli stranieri che non dipendono dalle amministrazioni pubbliche, e che nessuno sentirebbe bisogno di sostituire. Li troviamo alla testa dell’agitazione politica, avvocati, giornalisti, albergatori, mercanti, che non sono e non saranno mai nostri sudditi e che liberamente influiscono sul vero governo di una provincia italiana tentando di mantenerla moralmente distaccata dal corpo statale. Qualche volta si inducono i piccoli, i gregarî, a ripassare spontaneamente la frontiera, senza decreti: i capi mai. Strano rispetto a pochi intrusi! È che noi abbiamo paura di sembrare polizieschi anche quando si tratta di mettere un farabutto fra due carabinieri. Per evitare qualche tempestiva misura modesta e temperata nel nostro paese si arriva alle mitragliatrici e ai cavalli di frisia, perchè le fucilate sono fatalmente la conclusione lontana di tutte le inettitudini e le abdicazioni di un Governo.
È tempo di considerare con minore deferenza e minore indifferenza il movimento di alcuni stranieri nell’Alto Adige. Moltissimi ve ne sono di stranieri che in genere non rappresentano un pericolo, ma che possono divenirlo. Abbiamo descritto le difficoltà che incontra l’italiano che vuole stabilirsi quassù. Per contro, dal Brennero scende un perpetuo rivoletto di gente austriaca e tedesca che non trova imbarazzi a insediarsi. Noi non abbiamo nessun interesse a questo squilibrio ai nostri danni e dobbiamo cominciare ad aprire gli occhi. Si tratta prima di tutto di povera gente cacciata dalla fame, che passa la frontiera di straforo, senza passaporto, in cerca di pane e di lavoro. Potremmo desiderare vivamente che dei disoccupati italiani possano avere questo pane e questo lavoro, ma infine l’emigrazione popolare è la meno dannosa moralmente, se non altro perchè insegna alla popolazione locale che la vita sotto l’Italia è un paradiso paragonata a quella che si vive al di là dei confini. Poi c’è la massa enorme dei forestieri che viene a villeggiare nei grandi alberghi di Merano o di Bolzano, e noi non possiamo che desiderare questo afflusso che porta ricchezza al paese. Senonchè l’etichetta di forestiero copre talvolta della merce molto avariata e non serve che ad ottenere per mezzo dell’albergatore un passaporto che ogni buon console italiano rifiuterebbe.
Già, perchè l’albergatore è una potenza. Per favorire il movimento degli ospiti le nostre autorità hanno deferito ad un comitato di albergatori — che porta il nome igienico di «Comitato di cura» — la facoltà di richiedere sotto la sua responsabilità tutti i passaporti che vuole per i clienti che vogliono entrare in Italia. Un’organizzazione così possente come quella degli albergatori, che è il sole nel sistema planetario degli affari atesini, e che gode di simili privilegi, non poteva sfuggire all’influenza sovrana del Deutscher Verband. Non fa apertamente della politica, perchè c’è anche una grande clientela italiana, le cui lire pesano più delle corone e dei marchi, ma si adopera agli scopi del Verband con quella cautela ossequiosa che distìngue ogni perfetto locandiere. A Merano lo spirito del «Comitato di cura» si rivela da una quantità di indizi. All’ingresso del Kurhaus, i dati annuali dell’affluenza dei forestieri sono descritti da grafici colorati sopra un enorme quadro: vi si vedono diagrammi vertiginosi di prosperità, fino al 1914, poi quelli declinanti della miseria, fino al 1918, poi il resto è in bianco, il periodo italiano è soppresso per non confessare che si è ritornati alle migliori linee della fortuna e non cancellare così negli ospiti l’inganno sulle sofferenze del paese oppresso sotto al tallone dell’invasore. Un’altra inezia: la musica pubblica che ogni sera allieta i forestieri al Kurhaus si eclissa quando c’è una festa nazionale italiana, perchè l’aria purissima non sia contaminata dalle nostre arie patriottiche. Un «Comitato di cura» deve badare a queste cose. Basta; simile ente, godendo della facoltà straordinaria di chiedere passaporti in blocco, è divenuto il portiere del Brennero.
Anzi, per semplificare le sue funzioni si è rivolto direttamente al Governo austriaco reclamando la costituzione di un Consolato a Merano. È perfettamente naturale che nella folla dei genuini forestieri villeggianti, che Iddio protegga, capitino agenti politici, ufficiali di collegamento fra le leghe pangermaniste, fra una bund e una verein, portatori di fondi, distributori di propagande. Il «Comitato di cura» ha come agente di pubblicità nei paesi tedeschi proprio l’Andreas Hofer Bund, fondata da Nicolussi e comp. per combattere l’Italia, e si capisce che il portiere del Brennero lasci passare anche i migliori nostri nemici. Gli è capitato di introdurre persino qualche bolscevico. E poi si dice che abbiamo preso il Brennero per chiudere la porta di casa!
Alcuni «forestieri», compiuta la loro residenza d’albergo, che costituisce una specie di pedaggio, riescono ad avere da qualche compiacente municipio il certificato di «condizionato domicilio», mettono radici, possono occupare dei posti, impiegarsi, riempire i vuoti, commerciare, divenire a poco a poco dei vaghi cittadini con le carte in regola. Il Deutscher Verband continua così la sua politica: chiudere al sud, aprire al nord. Tener lontano gl'Italiani e rinsanguarsi con trasfusioni teutoniche. Certo noi siamo liberali e non condividiamo affatto l’opinione dell'on. Toggenburg che il 29 giugno 1916, come Luogotenente imperiale del Tirolo, dichiarava solennemente: «Io posso assicurarvi che per gl’irredentisti non vi sarà più posto nella nostra patria e per tutti quelli che anche solo col pensiero si sono schierati con loro». Ma il nostro modo di essere liberali somiglia troppo alla catalessi. Vediamo tutto, sentiamo tutto, comprendiamo tutto, ma lasciamo che ci credano morti e che provino magari a seppellirci. Bisogna svegliarsi in tempo.