Una notte di Dante/Canto quarto

Canto quarto

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Canto terzo


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Canto quarto.

Facean ritorno al solitario albergo
     Mentre sul balzo orïental parea
     Quella che ha l’ombre innanzi e il sole a tergo.
Lieto Castruccio all’Alighier dicea:
     5Del ciel fu raggio quel pensier che in prima
     Tua sapienza ricercar mi fea.
In me sì largamente dalla cima
     Dell’intelletto tuo luce discese
     Che mia speranza omai cerca s’estima,
10Magnanimo signor, Dante riprese,
     A’ gran disegni tuoi contro non mova
     Quell’avversaria delle sante imprese,
O alquanto il ciel della sua grazia piova,
     E qui le genti per età lontane
     15Il nome tuo benediranno a prova.
Quando grave una voce: O menti umane,
     Voi nel tempo futuro edificate,
     Nè certo fondamento è la dimane!
L’un ver l’altro, a quel suon, maravigliate
     20Volser le ciglia e tacquero e fer sosta,
     Prestando orecchio il cavaliero e ’l vate.
Quella continuò: Cangia proposta
     Tu che la speme a tanto ergi secura;
     Troppo da lungi la gran meta è posta.

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25Oh quanta etade io passar veggio oscura
     E calda ancor di civil odio insano
     Su la tua derelitta sepoltura!
Ecco più caro secolo ed umano,
     Ecco più degna ai cor fiamma s’apprende,
     30Ecco uscire un guerrier di Vaticano.
Per quanto Italia si dilata e stende
     Bramoso dal Tarpeo lo sguardo ei volve,
     Poi d’arte armato e di valor giù scende,
Ma un’ ombra che nel gran manto s’involve
     35A mezzo il corso trionfal l’arresta.
     L’opra dell’empio innanzi sera è polve!
Tacque; e i duo che venian per la foresta,
     Giunti colà donde quel suon procede,
     Parean tacendo dir: Che cosa è questa?
40Videro allor dell’alta croce al piede
     Il fraticel che in pria pace lor disse,
     D’un incognito ardor che lo possiede
Acceso in volto venerando, e fisse
     In alto le pupille, immoto starsi,
     45Qual se parlar l’Onnipossente udisse.
Intanto, alla sua voce, ecco gli sparsi
     Accorrer consapevoli fratelli
     E quivi intorno a lui tutti affollarsi.
Uscendo il buon rettor di mezzo ad elli,
     50Mira, o Dante gridò, come il ciel pregia
     Gli umili spirti e si compiace in quelli!
Questo santo romito, a cui non fregia
     Altro che fede e carità la mente,
     Spesso dell’avvenir Dio privilegia.
55E se vicina allor cosa o presente
     D’una secreta sua virtù lo sproni,
     Ivi spande il profetico torrente.
O dolce padre che colà ragioni,
     Ripigliò l’ispirato, a tal che fia
     60Tra breve un nome che in eterno suoni,
Vien’ qua, vien’ qua, che per la lingua mia
     Al penitente tuo viver votivo
     Conforto il ciel non aspettato invia.

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Quel pargoletto che di vita privo
     65Piangi, mercè della fedel nutrice
     (Sappilo e godi e Dio ringrazia) è vivo.
Fia di casta donzella oggi felice,
     Che, spente l’ire, i tuoi nimici a lui
     Disposeranno: e di cotal radice
70Verrà pianta onde fia germe colui
     Che, dopo cinque secoli, di questa
     Notte dirà con non vil carme altrui.
Oh come il veggio, oh come manifesta
     M’è nel cospetto quell’età sì tarda!
     75Oh quanta un vivo Sol luce le presta!
Un Sol, cui stupefatto il mondo guarda,
     Tutta di bel disio, tutta di speme
     Fa che la gente si ravvivi ed arda.
Qui ferve, dopo lui, più largo seme
     80Di gentilezza, di saver, d’onore,
     E d’agghiacciati venti ira non teme.
Qui tien mansuetudine ogni core,
     Dolce negli atti e ne’ sembianti amica,
     E parla caritade e spira amore,
85Ma fortuna vegg’io, sempre nimica,
     Che dentro le molli anime allenti
     Il santo ardor della gran fiamma antica.
Del fior vegg’io delle novelle menti
     Poche seguir quel benedetto raggio
     90Sol per cui si rallignano le genti.
Altri l’intera dell’uman legnaggio
     Felicitate di lontan saluta,
     E per lei vagheggiar torce il vïaggio.
Parte, anelando all’arduo ver, perduta
     95Sovra l’ali fantastiche la traccia,
     Torna di nebulose aure pasciuta.
Parte gl’ingegni d’allettar procaccia
     Dietro all’arte che il Figlio di Maria
     Sgombrò dal tempio, divampando in faccia.
100O intenzïon, forse benigna e pia,
     Indarno, indarno che riesca aspetti
     A meta liberal cupida via.

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Rendete il vital cibo agl’intelletti,
     Non ismarrite la verace stella,
     105Rinnovellate di fortezza i petti.
Ve’ come sorge maestosa e bella
     Più da lungi una donna che con voce
     Formidabile esclama: Ancor son quella!
E cinta di virtude ecco un feroce
     110Con la destra rispinge ingordo mostro,
     Con la sinistra man leva una croce.
O immortal segno del trionfo nostro,
     Lume su l’onde tempestose immoto,
     Io ti veggio, io t’inchino, io mi ti prostro.
115E ginocchion gettandosi devoto,
     Con la faccia che a un tratto discolora,
     Cadde in su l’erbe senza senso e moto.
Alto un silenzio, un meditar che adora
     Le arcane vie di Lui che sè consiglia,
     120Seguì d’intorno a quel giacente allora.
Di gioia il duce della pia famiglia
     Bagna le guance: l’Alighieri atterra
     Castruccio tien nell’Alighier le ciglia.
Aura consolatrice della terra
     125Piovuta all’ime valli era da’ monti
     La pura luce che i color disserra.
Già percotea quelle pensose fronti
     Il Sol, che omai l’ispide cime avanza,
     E co’ suoi raggi, di letizia fonti,
130Giù discender parean lena e speranza.