Pagina:Fiore di classiche poesie italiane ad uso della gioventù, volume II, Milano, Guigoni, 1867.djvu/366

25Oh quanta etade io passar veggio oscura
     E calda ancor di civil odio insano
     Su la tua derelitta sepoltura!
Ecco più caro secolo ed umano,
     Ecco più degna ai cor fiamma s’apprende,
     30Ecco uscire un guerrier di Vaticano.
Per quanto Italia si dilata e stende
     Bramoso dal Tarpeo lo sguardo ei volve,
     Poi d’arte armato e di valor giù scende,
Ma un’ ombra che nel gran manto s’involve
     35A mezzo il corso trionfal l’arresta.
     L’opra dell’empio innanzi sera è polve!
Tacque; e i duo che venian per la foresta,
     Giunti colà donde quel suon procede,
     Parean tacendo dir: Che cosa è questa?
40Videro allor dell’alta croce al piede
     Il fraticel che in pria pace lor disse,
     D’un incognito ardor che lo possiede
Acceso in volto venerando, e fisse
     In alto le pupille, immoto starsi,
     45Qual se parlar l’Onnipossente udisse.
Intanto, alla sua voce, ecco gli sparsi
     Accorrer consapevoli fratelli
     E quivi intorno a lui tutti affollarsi.
Uscendo il buon rettor di mezzo ad elli,
     50Mira, o Dante gridò, come il ciel pregia
     Gli umili spirti e si compiace in quelli!
Questo santo romito, a cui non fregia
     Altro che fede e carità la mente,
     Spesso dell’avvenir Dio privilegia.
55E se vicina allor cosa o presente
     D’una secreta sua virtù lo sproni,
     Ivi spande il profetico torrente.
O dolce padre che colà ragioni,
     Ripigliò l’ispirato, a tal che fia
     60Tra breve un nome che in eterno suoni,
Vien’ qua, vien’ qua, che per la lingua mia
     Al penitente tuo viver votivo
     Conforto il ciel non aspettato invia.