Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 7

Libro III - Capitolo 7

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DELLA MEDIOCRITÀ NEL BATTERE I FIGLIUOLI, ET DELL’AMORE ET TIMOR FILIALE.

La mediocrità adunque è quella che si hà à tenere di battere à luogo et tempo, et moderatamente dando anco ad intendere al fanciullo secondo può esser capace, la cagione del castigo, si che conosca che non è battuto à caso, ma giustamente per demerito suo. Ricordinsi il padre et i maestri che le battiture sono medicina, et come tale deve esser data à tempo, et con misura, si che non offenda maggiormente che giovi, et devono battere con discretione et giuditio per medicar veramente l’anima del putto, che per il più suole peccare per ignoranza, et fragilità, et non è bene percoterlo in modo, che para che si voglia fare una vendetta, et più presto sfogare l’ira propria, che correggere lui. Usa il medico et del ferro, et del fuoco anchora, ma molto consideratamente, non con ira e sdegno, ma con compassione verso l’infermo, et con molto desiderio della sua salute, et si conduce à questi rimedii aspri quando i lenitivi non hanno più luogo. Et poi che questa similitudine della medicina è molto proportionata, seguitarò di dire, che cosi come l’uso troppo frequente delle medicine è nocivo alla sanità del corpo, cosi per mia opinione il troppo spesso battere apporta nocumento all’animo, et diventano i fanciulli ben nati, d’animo servile et abietto, et forse questo intendeva l’Apostolo quando scrivendo a i Colossensi diceva: Patres nolite ad indignationem procurare filios vestros ut non pusillo animo fiant, per che veramente il molto spesso battere i fanciulli gli fa pusillanimi, et per contrario diventano duri alle percosse, et vi fanno il callo et non le curano ne più nè meno che se fossero somieri. Et se io hò à dire liberamente il mio senso, desiderarei che questo rimedio del flagello, si adoperasse da i nostri padri di famiglia il meno che si potesse, et massime con i figliuoli ingenui et nati nobilmente. Et è da avvertire che ne i castighi domestici, la proportione non corre del tutto conforme à i castighi publici, perche al magistrato basta per mezzo delle sue pene conservar la giustitia et quiete esteriore. Ma il padre pretende principalmente di far buono il figliuolo interiormente, si che egli si astenga da i peccati più per amor della virtù, che per terror della pena. Et però il mezzo più efficace ha da essere il timor di Dio, et il conoscimento della bellezza della virtù, et della deformità del vitio; et tal volta la ragione istessa, flagella più acerbamente l’anima, che non fa la verga il corpo, et finalmente la riverenza paterna ha da essere il freno, et lo sprone, che ritiri, et spinga il fanciullo secondo fa dibisogno. Et in somma io desidererei, che il nostro bene educato figliuolo fosse talmente avvezzo à riverir il padre suo, che il vedere il viso paterno turbato, et con segno di mala contentezza di alcuna sua attione gli fosse in luogo di gravissimo castigo. Et per contrario si nutrisse il figliuolo, come d’un cibo suave, del desiderio, et dell’effetto di dar satisfattione, et contento al proprio padre. Si come si legge nelle antiche historie Romane di Coriolano, et di Sertorio, valorosi guerrieri, i quali quando facevano alcuna attione honorata nelle battaglie, la maggior allegrezza che sentissero, era il piacere che ne vedevano ricevere alla madri loro, che padre non havevano. Per tanto deve il padre procedere in modo con il figliuolo, ch’egli lo ami, et tema insieme. La troppo domestichezza senza alcuna gravità, cagiona un certo disprezzo, et di questo eccesso penso intendesse il Savio, quando con ironia dicea: Fa pur vezzi, et carezze al figliuolo, et egli farà paura à te, scherza, et giuoca con lui, et egli contristerà te. Ma per contrario il farsi solamente temere, non guadagna il cuore del fanciullo, et non si fà virtuoso nello intrinseco, et le cose fatte per solo timore, non sono durabili, et ne seguono de gli altri incommodi non mediocri; temperi adunque l’uno con l’altro, et ritenga una dolce severità, si che sia amato et temuto, di timor però filiale et non servile et di schiavo, il quale teme il bastone, si come per contrario il figliuolo perche ama, teme di non far cosa che dispiaccia al suo caro padre. Non nego però, come si disse da principio, che si deve tal volta metter la mano alla sferza, massime che può essere che vi siano nature più dure dell’ordinario, con le quali sia necessario far quello che il savio dice: Inclinagli et piegagli la cervice et il collo, mentre egli è giovanetto, et percuotegli i fianchi mentre è putto, acciò non si induri, et non voglia poi ascoltarti, onde havrai acerbo dolore nell’anima tua, con le quali parole di percuotere i fianchi, par che mostri una straordinaria durezza; et con questi tali anchora per non indurarli maggiormente, crederei che le battiture dovessero essere rare, se ben forse alquanto più sensibili, et che apportassero maggior dolore. In somma sempre che il buon padre vorrà battere il fanciullo, mandi avanti per guida non la collera cieca, ma la ragione discreta; et per tanto sono da biasimare i padri, et i maestri i quali senza riguardo alcuno percuotono i figliuoli et fanciulli in qualunque parte del corpo, massime nel capo, sedia et albergo principale di tutti i sentimenti, et dove la natura ha fabricato gli instrumenti che hanno à servire alle più nobili operationi dell’anima, et tal volta ò sospendendo, et sollevando il povero fanciullo nell’aria, per i capelli, ò percotendoli il capo nelle mura, ò dibattendolo nelle banche, ò con ferocità et inconsideratamente flagellando il viso et gli occhi, non solo lo stordiscono, ma lo deformano et ne suole seguitare anchor un’altro inconveniente, che ò il padre restinto l’ardore dell’ira, et succedendo l’amore, si pente di quello che hà fatto, ò i parenti et congiunti del fanciullo se ne sdegnano co’l maestro, et nell’un modo, et nell’altro si cade nell’altro estremo, di non voler mai più battere, ne permettere che altrui batta il fanciullo, il che nuoce poi in molte maniere, che ciascuno per se medesimo può considerare.