Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 38

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Della scelta, et elettione de’ libri che si devono leggere à i scolari. Cap. XXXVIII.

Concludiamo adunque, come si cominciò à dir di sopra, che i libri de i scrittori Gentili, non si devono del tutto escludere dalle scuole christiane, ma però [p. 149r modifica]è da admetterli con elettione, et con giuditio, questa fu la sentenza del gran Basilio non meno santo che dotto, ilquale sopra questa istessa materia, scrisse un gratioso discorso ad alcuni giovanetti scolari, suoi congiunti, il cui titolo è, Della utilità che si deve cavare dalla lettura de i libri de’ gentili. Dove dice che debbiamo imitar le api, le quali non si pascono d’ogni maniera di fiori, et di quelli istessi, de i quali si pascono, non prendono ogni nutrimento, ma quella parte più pura, che è necessaria all’opera loro, et il resto lasciano; cosi anchor noi, come prudenti, et discreti quello che di vero, et di buono, et di profittevole si ritrova ne i scrittori profani, debbiamo prenderlo, gettando via il resto, come feccia disutile, et cosi come nel coglier le rose ci guardiamo dalle spine, cosi conviene, che da i scritti, et sermoni, de i quali parliamo, sappiamo coglier l’utile, et schifare il nocivo. Adunque ricordisi il buon maestro, che lo scolare cui egli insegna è christiano, il cui fine è la vita eterna, la quale si acquista per la fede, che come l’Apostolo dice, opera per dilettione, et per carità, osservando i divini commandamenti, perilche tutto quello ch’è contrario à questo fine, et in qualunque modo può offendere la integrità della religione, ò la bontà de’ costumi, è da fuggire come peste. Per tanto hanno ad esser banditi del tutto quei poeti, che à bello studio hanno scritto libri amatorii, et lascivi, che corrompono i buoni costumi, si come ricorda san Basilio, et come ordina il Concilio Lateranense nel decreto posto di sopra, et ultimamente il sacro Concilio di Trento nell’Indice Romano de’ libri prohibiti. Dice molto bene santo Agostino che ne i libri, et nelle cose vane, che gli leggevano mentre era fanciullo i suoi maestri, haveva imparate molte parole utili, lequali però si potevano parimente imparare nelle cose non vane, et quella dice egli, saria la via sicura, per laquale dovriano caminar i fanciulli. Et in un’altro luogo si duole d’una impudica narratione del Comico, atta ad accender libidine in un giovane, dicendo che quelle parole latine, con lequali quel fatto è descritto, si sarebbero però anchor sapute se bene tal cosa non si scriveva, et conclude santo Agostino che non riprende le parole, lequali sono come vasi eletti, et pretiosi, ma condanna il vino di errore, et di corruttela, che da gli ebrii maestri si da à bere ne i detti vasi. Perilche non si lasci ingannare il maestro da bellezza di lingua di Greco, ò di Latino scrittore, ne da sale, et acutezze spiritose di epigrammi, et simili, ma faccia scelta di quei scrittori, i quali con buona lingua hanno detto buone cose. Veda come i padri Gesuiti hanno purgato alcuni scrittori da luoghi pericolosi per la gioventù. Non legga libri stravaganti et di duro stile, ma i più approvati, che sono pochi, et frà gli altri Cicerone padre delle eloquenza Romana, scrittor grave, et [p. 149v modifica]che assai sicuramente in molti suoi libri si può leggere, etiandio quanto à i costumi, come ne gli offitii nel libro dell’amicitia, della senettù, nè paradossi, et altri tali, perche i libri chiamati di filosofia non sono da fanciulli, et nondimeno è offitio del savio maestro quando fa bisogno, dimostrar i mancamenti d’un huomo senza lume di fede, benche di grande ingegno et sapere, ilquale gonfio di se medesimo molto spesso si lascia leggiermente levare dal vento di questa vana et caduca gloria del mondo; ma il christiano che conosce, che per se medesimo è polvere, et cenere, non si insuperbisce, ma rende gratie à Dio, da cui è ogni suffitienza nostra, et sapendo che la gloria di questo mondo è un vapore, et un fumo che presto svanisce, non regola le attioni sue da questo vanissimo fine, ma dalla gloria di Dio, à cui solo si deve ogni honore et gloria, ne però è il christiano di angusto, et basso di cuore alle grandi imprese, anzi tutto acceso d’un generoso desiderio di bene operare, et di giovare altrui, sdegna il vitio, et abbraccia la virtù, per vero amore dell’istessa virtù, et per piacere à Dio, nella cui gloria, si contiene con altissimo modo, ogni nostra gloria, et felicità. Con tali modi deve il buon maestro ricorreggere, et supplire i difetti de gli scrittori gentili, i quali guidati dal solo debole lume naturale, hanno inciampato in molte cose et bene spesso, quando pur dicono alcuna cosa buona, non finiscono di arrivare alla perfetta verità.