Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 37

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Dell’offitio del maestro circa lo insegnare, et prima se si devono admettere libri de’ gentili. Cap. XXXVII.

Non è piccolo impedimento al fine de’ buoni costumi, che come più volte si è detto, è il principale, et deve andare avanti à tutti gli altri rispetti, che la intelligenza delle lingue, et la eloquenza, et la cognitione di molte cose si hà da apprendere da quegli antichi scrittori, che adorarono i falsi Dei, onde non havendo havuto altro lume, che quello della natura, et questo molto adombrato, sono li scritti loro pieni di false sentenze, circa il viver humano, et molto differenti da quello che la nostra santissima religione ci insegna, come quelli che non conoscevano più alto fine che la gloria di questo vano et fallace mondo, lascio di dire di quelli che hanno scritto cose lascive, et hanno fatte con belle et acconcie parole, tante reti, che tirano gli animi semplici nel vitio. Perilche non mancano huomini giuditiosi, che dannano totalmente il leggere à i fanciulli libri di gentili, certo è che non lievemente si duole santo Agostino che nella sua pueritia, non essendo stato anchora ammaestrato, per qual cagione si deve veramente piagnere, era vanamente indotto à piagnere gli errori d’un certo Enea, et à deplorar la morte di Didone, che come i poeti han finto, uccise se stessa per amore, et in tanto, dice egli, non piagneva gli errori suoi, et la morte dell’anima, il cui morire è il non amar Iddio. Dolevasi anchora il santissimo huomo, di questo impetuoso torrente del costume humano, per il quale si leggevano à i suoi tempi, et piacesse à Dio che anchora a i nostri non si leggessero, gli adulterii, et mille sceleratezze de’ falsi Dei, invitando quasi i miseri giovani à far quelle istesse cose, come se cosi facendo si venisse ad imitare Dei celesti, et non più presto demonii, ò huomini scelerati, quali furono coloro chiamati da la stolta gentilità Dei falsamente. Ma dall’altro canto non si può negare, che la lettione de’ libri de gentili fatta con giuditio, può apportar molta utilità, et non solo Moisè, et Daniele, come si legge nelle sacre lettere furono dottissimi nelle scienze, et discipline de gli Egittii, et de’ Babilonii, ma anchora i nostri santi Dottori, lumi della santa Chiesa, videro i poeti, et gli oratori gentili, lessero gli historici, seppero le retoriche loro, et furono versati nelle loro Filosofie, ma non lessero indistintamente ogni cosa, ne approvorono ogni cosa egualmente, ma seppero distinguere il pretioso dal vile, et essendo essi christiani, cioè seguaci, et discepoli della vera, et [p. 148v modifica]perfetta, et altissima sapienza, non servirono alle dottrine de’ gentili, nè si obligorno à seguitar gli errori loro, anzi fecero servire la acutezza dello argumentare, le vaghezza de i fiori poetici, la copia del dire, et ogni altra cosa bella, et buona de’ gentili, alla religion Christiana, et alla sacra Theologia, per ciò che il lume della ragione naturale, et dello intelletto, è dono di Dio, et ogni verità che i Poeti, i Filosofi, et gli altri scrittori profani hanno scritta, ò sia lodando la virtù, ò biasimando il vitio, ò trattando delle opere mirabili della natura, in somma quanto di vero hanno conosciuto, et detto, tutto è da Dio, et tutto quello potiamo noi appropiarsi come cosa debita à noi, che sopra il lume della natura habbiamo il lume chiarissimo della fede, et ne siamo i più giusti et legitimi possessori. Et come si legge nelle divine historie, che i figliuoli di Israel presero i vasi d’oro, et d’argento, et molte cose pretiose, quasi in prestanza da gli Egittii, et spogliarono l’Egitto, secondo il commandamento di Dio, delquale oro, et argento, et gemme, si fecero poi varii ornamenti, et instrumenti del tempio, ò vero Tabernaculo, per il culto del vero Iddio, cosi noi debbiamo convertir in servitio di Dio, et utilità de’ prossimi, l’oro delle dottrine, et l’argento della eloquenza de’ gentili, et tutto quello, che di bello, et di pretioso à guisa di gemme, è sparso ne i libri loro. Non ha da imparare lo scolare Christiano la retorica per opprimere i poveri, non per commover à seditione i popoli, non per persuadere ne i consigli le deliberationi ingiuste, non ha da esser questa arte nel nostro christianamente educato giovane la spada del furioso, anzi per contrario lo scudo per difesa de i buoni ingiustamente oppressi, et uno instrumento della giustitia, et del ben publico, et dell’honor di Dio. Non apprenderà il nostro fanciullo à far versi per cantar gli amori impudichi, et lascivi, nè per rodere con maledicenze la fama di alcuno, ma per lodar la virtù, et le opere honorate de i buoni Cittadini, et per eccitar più facilmente con l’harmonia, et suavità del verso i cuori humani all’amor di Dio, et alla osservanza della divina legge, per la qual cagione dice S. Basilio, che lo Spirito santo ritrovò i salmi, che il santo David compose, et assimiglia i numeri, et il canto de i salmi al mele, che il savio medico pone attorno all’orlo del vaso, acciò l’infermo beva la medicina amara.