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LIBRO

che assai sicuramente in molti suoi libri si può leggere, etiandio quanto à i costumi, come ne gli offitii nel libro dell’amicitia, della senettù, nè paradossi, et altri tali, perche i libri chiamati di filosofia non sono da fanciulli, et nondimeno è offitio del savio maestro quando fa bisogno, dimostrar i mancamenti d’un huomo senza lume di fede, benche di grande ingegno et sapere, ilquale gonfio di se medesimo molto spesso si lascia leggiermente levare dal vento di questa vana et caduca gloria del mondo; ma il christiano che conosce, che per se medesimo è polvere, et cenere, non si insuperbisce, ma rende gratie à Dio, da cui è ogni suffitienza nostra, et sapendo che la gloria di questo mondo è un vapore, et un fumo che presto svanisce, non regola le attioni sue da questo vanissimo fine, ma dalla gloria di Dio, à cui solo si deve ogni honore et gloria, ne però è il christiano di angusto, et basso di cuore alle grandi imprese, anzi tutto acceso d’un generoso desiderio di bene operare, et di giovare altrui, sdegna il vitio, et abbraccia la virtù, per vero amore dell’istessa virtù, et per piacere à Dio, nella cui gloria, si contiene con altissimo modo, ogni nostra gloria, et felicità. Con tali modi deve il buon maestro ricorreggere, et supplire i difetti de gli scrittori gentili, i quali guidati dal solo debole lume naturale, hanno inciampato in molte cose et bene spesso, quando pur dicono alcuna cosa buona, non finiscono di arrivare alla perfetta verità.

De lo studio del parlar et scriver latino. Cap. XXXIX.

Temo di non trappassare i termini, di quell’offitio che io ho preso à fare, mentre vado ricordando al maestro diverse cose, pertinenti al modo dell’insegnare, et dubito che alcuno non dica, che questo è un voler fare il maestro, de gli istessi maestri. Tuttavia à me pare che questa consideratione, sia molto congiunta co’l nostro fine principale della educatione, perilche non restarò di soggiungere anchora alcune altre cose nel medesimo proposito.

Sono alcuni maestri che esercitano assai i putti nella poesia, et nel verso et poco nella prosa. Io per me non nego esser giovevole il leggere alcun poeta, massime Virgilio, et pochi altri di quel secolo; rende la poesia et il poetare, l’intelletto più svegliato et vivace; s’impara il numero, et la quantità delle sillabe, che molto giova à pronuntiar rettamente et cose tali; ma questo studio de i versi, hà da esser s’io non m’inganno non come il cibo principale, ma come un condimento del cibo, perche all’ultimo, applicando poi questa cose all’uso della vita humana, à nostri tempi, per non dir sempre,