Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 61

Libro II - Capitolo 61

../Capitolo 60 ../Capitolo 62 IncludiIntestazione 31 agosto 2009 25% cristianesimo

Libro II - Capitolo 60 Libro II - Capitolo 62


[p. 66r modifica]

Più in particulare del modo di stare alla messa, et di alcune divote, et christiane creanze. Cap. LXI.

Dopo la riconciliatione fatta con Dio nella santa confessione, essendo l’anima bella nel cospetto del suo creatore, che l’ha ripiena di gratia, più accette saranno le nostre orationi, et di maggior frutto, et merito ogni santo esercitio che noi faremo. Et perche l’udir messa è obligo principale del giorno festivo, come s’è detto, se ben di sopra si è toccato in generale con quanta divotione, et riverenza convenga complire a questo debito, tuttavia in questo luogo mi par a proposito, descendere più al particulare, acciò il nostro buon padre sappia, et per se medesimo, et per il figliuolo, la vera creanza christiana in questa parte, non per apparir esteriormente, ma per piacere interiormente à gli occhi di Dio con sincerità di cuore, dando insieme edificatione a i prossimi.

È adunque da sapere, che la Messa in tutte le sue parti, è una rappresentatione della passione, et morte di Giesù Christo crocifisso, et non ci è parola, nè gesto, nè cerimonia alcuna, che il sacerdote faccia, che non sia piena di misterio, quivi il sacerdote prega per se, et per tutto il popolo, et per i vivi, et per i morti, et come ambasciatore del popolo fidele assistente, et di tutta la Chiesa, tratta con Dio negotii importantissimi, quali non si trattano con Re alcuno sopra la terra; per tanto se ben il christiano semplice non intende cosi distintamente quei misterii deve però star con grandissima attentione, accompagnando con divoto affetto l’intentione, et l’operatione del celebrante. Et prima si deve star a tutta la messa intiera, et ginocchioni da principio al fine, eccetto quando si legge il santo Evangelio. Anticamente era usanza, tutte le Domeniche dell’anno, et nel tempo pascale, che corre da Pasqua di resurretione sino alla Pentecoste, star alla messa, et far oratione in piede, in memoria della resurretione et trionfo del Salvatore, ma hora questa consuetudine non si osserva generalmente, et considerato la molta facilità nostra, in distrahersi dalla attentione [p. 66v modifica]debita, mi pare meglio sarà star sempre in ginocchioni in ogni tempo, perche quella positura del corpo humilia, et raccoglie l’anima; et questo s’intende della Messa bassa, o piccola, che vogliamo dire, perche nella Messa cantata, et solenne, si può star alcuno spatio di tempo in piede, ò vero a sedere, si come vediamo far a i Canonici nelle Chiese cathedrali, ma però in qualunque modo, et sito che il corpo se stia, oltra la decenza esteriore, deve nello interiore la mente nostra star sempre unita con Dio. Ma ritornando al proposito, si deve star presente alla messa in ginocchioni con ambedue le ginocchia, onde molto sono da riprendere alcuni, che o stanno in piede, ò solo alla elevatione del santissimo sacramento pur alquanto si piegano, quasi violentati dal suono delle campane, et dal rispetto de i più devoti, altri chinano un ginocchio solo, per non dire d’altri modi più scomposti, che sono manifesto inditio di poca divotione, et sono questi bene spesso persone tali, che fanno professione di Cavalieri, et di ben creati, et non si vergognano di saper cosi poco della creanza christiana, se pur più presto non si reputano à vergogna il saperla, et osservarla. Non cosi farà il nostro padre a cui parliamo, non cosi allevarà il suo diletto figliuolo, ma si ricordarà che orando Christo Signor nostro nell’horto, la notte avanti della sua passione, non solo con un ginocchio, ma con tutta la persona prostrato, sparse per noi non pur lagrime, ma sudor di sangue, onde di lui scrive uno Evangelista che, Procidit in faciem suam orans, et un’altro dice, Procidit super terram, et il terzo scrive, Positis genibus orabat, et di santo Stefano è scritto, che orando nello estremo spirito per i suoi lapidatori, chinò le ginocchia, et San Paolo scrive di se medesimo: Flecto genua mea ad patrem Domini nostri Iesu Christi, ma più d’ogni altra cosa ci dovrebbe movere il veder il figliuolo di Dio, fatto huomo, confitto per noi in croce con ambedue i piedi, i cui acerbissimi dolori ci dovremmo ridurre a memoria in ogni tempo, ma spetialmente mentre si celebra la messa, la quale come di sopra si è detto, è una viva ripresentatione della sua passione. Ma che diremo di quelli che senza alcuna necessità, per vanità, et per superbia, o per una certa opinione di grandezza tengono coperto il capo? non si ricordando che il Re dei Re, il quale è presente in su l’istesso altare, non vi hebbe stando in croce coprimento alcuno, se non la corona delle spine. Altri sono che per loro vaghezza, et per mostrarsi ocupati in molti negotii, altro non fanno che chiamar questo, et quell’altro servitore, et parlar loro all’orecchio, ò udir risposte, altri negotiano con amici, o per trattenimento ragionano, che per hora non voglio dire di quelli che sfacciatamnete spendono quel tempo di tanta santità, et veneratione, in guardi [p. 67r modifica]impudichi, ma concludendo, dico ch’è cosa da fare per dolore spezzar un cuor di pietra, à veder la irreverenza grande, con laquale molti di nome, et di professione christiani, stanno alla messa, come se si trattasse cosa da scherzo, et non la più alta, et misteriosa attione della nostra religione. Et per tanto il nostro buon padre, instruirà il figliuolo a star con ogni attentione, tutto unito, et fisso all’operatione del santo sacerdote accompagnandolo di parte in parte, come per esempio nella confessione generale, nel rendere il saluto, quando il prete dice Iddio sia con voi, et quando invita il popolo dicendo, orate fratelli, acciò il mio sacrifitio, et il vostro sia accettabile innanzi a Dio, si deve humilmente pregar Iddio che dia abondanza della divina gratia al suo ministro, et esaudisca le sue preghiere; parimente quando il sacerdote dicendo con voce alquanto elevata, Memento Domine, ora per i vivi, et poi per i morti, cioè prima, et poi della consecratione della santissima Eucharistia, deve anchor il devoto christiano far il medesimo, raccomandando a Dio se medesimo, et i suoi congiunti, et tutta la Chiesa, et similmente non si deve scordar giamai le anime di purgatorio, et in somma a passo per passo deve conformarsi co’l sacerdote, et chi è simplice, et non apprende tanto distintamente ogni cosa, almeno in generale habbia questa intentione, attendendo però sempre quanto più si può a quello che il sacerdote fa, perilche in quel tempo per ventura maglio saria, differir certe divotioni che alcuni hanno, come di recitar le Litanie, et sette salmi, et le hore della Madonna, se bene sono cose laudabili, et sante, et sono tal volta anchora nella messa istessa, una maniera di rimedio contra la distrattione, massime mentre il sacerdote ora con silentio. Finalmente intenda il buon padre et procuri che lo intenda, come, et quando potrà, anchora il figliuolo, che anchor essi nel modo loro, offeriscono al padre eterno quella tremenda oblatione, et non sono otiosi spettatori, ma cooperatori, et adiutori del ministro publico, con i santi desiderii, con la uniformità della intentione, et con la fervente oratione; perilche meritano riprensione alcuni, che non solo non aiutano, ma perturbano il sacerdote, et fra questi ve ne sono di quelli, che affettano di parer più devoti de gli altri, et corrono i primi per star molto vicini all’altare, et nel tempo che si legge il vangelo, si accostano con l’una orecchia, et con un modo tale, che mostra più presto ardire, che riverenza; altri guardano fisamente nel viso al prete, i quali mostrano bene di non intendere, quanto gran cosa si tratti in quel punto dal sacerdote, al quale non si dovria dar occasione alcuna di distrahersi, percioche anchor egli è huomo, circondato d’infirmità, et molte sono le insidie di Satana. Sappia adunque il nostro [p. 67v modifica]educatore appertenersi alla creanza christiana, nellaquale pretende di educar il fanciullo, il collocarsi dietro al celebrante, alquanto lontano, percioche non è necessario udire distintamente tutte le parole della Messa, ma si bene è necessario lo star attento, et divoto, riputandoci indegni di avvicinarci tanto al sancta sanctorum, che cosi si chiamava la più intima parte dell’antico tempio, dove una sola volta l’anno entrava il sommo sacerdote, et pur quivi non erano se non l’Arca del testamento, et altre figure, et ombre de i futuri beni. Potrà in questo proposito raccontare il padre al figliuolo l’esempio del buon Publicano lodato nello Evangelio, ilquale si stava di lontano, et non ardiva di alzar gli occhi al cielo, ma si percoteva il petto, chiedendo perdono à Dio; dalla quale historia, et da quella del superbo Fariseo, cavarà il buon padre molti buoni ammaestramenti, acciò il figliuolo impari con quanta humiliatione di corpo, et d’animo debbia l’huomo peccatore, et reo, quali tutti siamo, stare innanzi al suo supremo giudice, Dio di maestà infinita. Non fanno bene quelli che nel voler rispondere al sacerdote, o nel dire loro private orationi, alzano troppo la voce, et inquietano gli altri, parimente à mio giudtio non è da lodare in Chiesa, et alla messa, il fare alcuni atti, divoti sì, ma non però usati communemente da tutti i fideli, come aprir le braccia in forma di croce, prostergersi à terra con tutto il corpo, et simiglianti, li quali modi nelle camere private, quando segretamente oriamo à Dio stanno bene, et sono molto utili per accendere la divotione, et possono etiandio farsi in qualche oratorio tra pochi del medesimo spirito, et sono ancho tal’hora leciti nelle Chiese publiche,, quando tutto il popolo è commosso unitamente al pianto, ma generalmente parlando, non si deve esser singolare, ne parer di voler condannare gli altri come manco divoti, oltre che non debbiamo esporci à pericolo del vento sottile della vanagloria; però avvertirà il padre, che il nostro fanciullo servi in questa parte la mediocrità, stando però sempre con attentione et riverenza, et meditando nel cuor suo la passione di Christo, invitando con l’attention sua anchor gli altri à star intenti.

S’è detto altrove, et non è fuori di proposito il replicarlo in questo luogo, che il fanciullo deve esser avvezzo à far sempre segno di riverenza, quando ode i santissimi et dolcissimi nomi di Giesù et di Maria, et quando si dice gloria alla santissima Trinità, similmente deve inchinarsi sino in terra, quando il sacerdote dice, Et homo factus est, et nell’evangelio in fine della messa, Et verbum caro factum est, le quali parole ci ricordano il gran beneficio che Iddio ci ha fatto, che per noi si è fatto huomo, onde mi maraviglio, come alcuni siano tanto superbi, et ingrati, o tanto poco osservatori [p. 68r modifica]della creanza christiana che allo inchinarsi del sacerdote, si stanno intirizzati, et immobili come se fossero statue, et è pur gran cosa, che Iddio altissimo per amor dell’huomo si sia inchinato sino à pigliar la nostra terra, et la polvere, et il fango vile, non voglia per honorar Dio alzar pur la mano, chinar il capo, et piegar le ginocchia; non cosi il nostro fanciullo bene allevato, ma con ogni sommissione, decentemente si humiliarà al nome di colui, à cui Iddio, come l’Apostolo dice, ha dato un nome ch’è sopra ogni nome. Finalmente sappia il fanciullo di dover ricevere la benedittione sacerdotale con gran divotione, come dalle mani di Christo istesso, et come sigillo di questa santa attione, acciò il frutto di essa perseveri in noi, et siamo benedetti nella vita eterna. È anchor termine di buona, et christiana creanza, non partirsi prima che il sacerdote parta dallo altare, et inchinarsegli mentre passa, salutando i nostri fratelli vicini, in segno di amore, et di unione, ch’è l’effetto di quel santo sacrifitio, che siamo una cosa sola con Dio, et una cosa tra noi in carità. Sogliono alcune persone divote nel passar il sacerdote, toccare le vesti sacre, et basciarsi la mano; laquale usanza non ardirei di riprendere, desiderarei però che si facesse con tal modestia, che non paresse che si volessero percuotere le spalle del sacerdote, ma si limitasse la humiltà di quella santa donna che pativa il flusso del sangue, laquale come di nascosto, con gran fede, toccò la fimbria, ò vero frangia del vestimento di Christo, et fu sanata.