Trattato di archeologia (Gentile)/Arte romana/II/Secondo periodo/Plastica/V
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V. L’arte del ritratto in Roma.
1. I ritratti della Repubblica. — Ma la parte della plastica che si può dire più originale di tutte in Roma e che durò dai tempi più antichi della Repubblica fino al decadere dell’impero fu l’arte del ritratto, nella quale davvero i Romani furono maestri1.
Rispondeva infatti il ritratto alla loro indole pratica e bramosa di gloria, e favoriva l’esaltazione storica delle imprese illustri degli imperatores della Repubblica e dell’Impero. Anche nei busti di uomini pubblici e privati s’ammira pienezza di vita e corrispondenza d’espressione fra il volto e il carattere morale. L’uso di porre imagini ad uomini insigni, ed anche a semplici privati cittadini, era in Roma assai diffuso, come s’è veduto, dai tempi più antichi, tanto che i censori dovettero alcune volte proibirle. Se nel tempo in cui era in vigore lo spirito repubblicano potè aver qualche freno la costumanza d’onorare di pubbliche imagini i cittadini, questa s’accrebbe invece col declinare degli usi antichi, quando l’imagine di Cesare, ancor vivente, fu impressa sulle monete, quando gli stessi suoi uccisori seguirono quell’esempio, e quando infine ai liberi ordinamenti succedettero la servitù e l’adulazione.
Allora si moltiplicarono le imagini erette in pubblico a persone appartenenti alla famiglia imperiale; ma dei tempi della Repubblica pochi sono i ritratti in forma di busto, o in forma di statua, a noi conservati; e per quelli che rappresentano persone dei tempi più antichi, se derivano da un tipo preso sul vero, forse però sono opere di tempi posteriori, poste ad ornare come ricordi storici i luoghi pubblici; così, di molte statue di grandi cittadini romani aveva Augusto abbellito il suo Forum. Fra i busti più antichi ricordiamo quello in marmo raffigurante Cornelio Scipione nel Museo Capitolino (ved. Atl. cit., tav. LI), il busto in bronzo raffigurante Annibale; i busti di Mario, di M. Bruto (ved. Atl. cit., tav. LII), di M. Antonio (ved. Atl. cit., tav. LV); di M. Agrippa (ved. Atl. cit., tav. LVII); di Cesare (ved. Atl. cit., tav. LIII); di Cicerone (ved. Atl. cit., tav. LVI). Oltre un bel busto del Museo Capitolino, di Cicerone si conserva uno creduto più antico e di maggiore autenticità nella Galleria di Madrid.
Fra i ritratti in forma di statua vuolsi ricordare la grande statua di Pompeo, di marmo greco, trovata nell’anno 1555 nel luogo dov’era il teatro nominato da lui, e conservata nel palazzo Spada. Raffigura il grande rivale di Cesare in aspetto eroico, cioè ignudo con la clamide avvolta sul braccio e con appesa al balteo la piccola spada (parazonion); tiene nella destra un globo, attributo del conquistatore glorioso; nel volto spira tanquillità dignitosa.
Si hanno statue rappresentanti Giulio Cesare, in aspetto eroico ed anche vestito della toga (ved. Atl. cit., tav. LIV). Bella assai è la statua di M. Agrippa, del palazzo Grimani a Venezia; esso pure è figurato al modo greco eroico, con la clamide e il parazonion, appoggiato ad un delfino, attributo di sue imprese navali; può supporsi sia il tipo della statua posta ad Agrippa ancor vivo in uno dei nicchioni dell’atrio del Pantheon.
2. I ritratti dell’Impero. — La scultura dei ritratti ci ha lasciato un gran numero di monumenti dell’età imperiale, rappresentanti i principi che ressero il romano impero, e persone di loro famiglia (ved. Atl. cit., Tiberio a tav. LIX e tav. LX). Queste opere, salvo eccezioni, sono contemporanee delle persone figurate. Vario è il loro pregio artistico. In quelle del tempo dei primi Cesari si ammira un aspetto magistrale, pieno di forza e di verità senza studiate finezze; di grandiosa semplicità, e di stile nobile, quali nella letteratura lo stile di Livio e di Tacito. Nelle teste giovanili d’Augusto spira una pensosa fierezza (ved. Atl. cit., tav. LVIII); torvo e minaccioso è Caligola (ved. Atl. cit., tav. LXI); buono ed equilibrato Trajano. Però gran parte di questi ritratti imperiali sono lavori manuali, di un carattere ufficiale, poichè provengono da municipî, da città provinciali, da piccole comunità, quali pubbliche imagini dell’imperatore e della sua famiglia.
3. I «simulacra iconica» e le statue idealizzate. — Diversi sono i modi di rappresentazione, nei ritratti, sia per l’atteggiamento, sia per l’abito. Distinguiamo due classi: l’una di quei ritratti in cui l’individualità è resa netta ed intera, serbata la realtà dell’aspetto e dell’abito (simulacra iconica); l’altra invece è di quelli, nei quali la figura individuale è presentata sotto un aspetto idealizzato, cioè in sembiante di nume o d’eroe; sono queste le statue che per l’aspetto eroico troviamo da Plinio nominate Achilleae, delle quali già abbiamo ricordato esempio coi ritratti di Pompeo e di Agrippa.
Nelle statue di ritratti idealizzati vediamo una continuazione dell’arte greca, che in sembianza di nume aveva più volte rappresentato Alessandro Magno; così anche gli imperatori romani sono figurati come divinità, ignudi, con scettro o fulmine nelle mani, o stanti o sedenti, con atteggiamento che talvolta ha qualche rimembranza del Giove Olimpico. Qualche imperatore, o persona di sua famiglia prende sembianza di quel nume col quale aveva legami di religione o di favore; così, p. e., Nerone, citarista e cantore, rappresentato in aspetto di Apollo; Commodo in sembianza di Ercole con la pelle di leone; Antinoo, il bellissimo favorito d’Adriano, per la perfezione delle sue forme e per sentimento d’ossequio o d’adulazione all’imperatore, fu dagli artisti figurato in variissimi modi. Della grande quantità di statue consacrate a quel fiore di giovanile bellezza è prova il copioso numero che ancòra ne resta; fra tutte bellissima è quella ignuda del Museo Capitolino. Alcune sono in marmo colorato, e dànno esempio della tendenza alla vivacità dell’effetto, che è un carattere dell’arte figurativa di questa età. Talora più marmi diversi fra loro erano usati per distinguere le carni dal vestito, e il marmo colorato qualche volta aveva poi alcuna casuale relazione con la persona ritratta: così, p. es., sappiamo che in figura di marmo nero era rappresentato Pescennio Nigro.
Nella classe dei simulacra iconica, ossia dei ritratti riproducenti la persona nella sua realtà, si distinguono le statue civili habitu, o togatae (ved. Atl. cit., tav. LXIII), che rappresentano l’imperatore od altro personaggio in costume di pace, e le statue thoracatae, in costume di guerra. Le statue togate rappresentano i personaggi romani, specialmente i magistrati e l’imperatore, nelle loro funzioni civili, oratori o presidenti del Senato. Alcuna volta la toga è alzata e ravvolta sopra il capo, a modo d’un velo, e mostra il personaggio nell’esercizio delle funzioni sacerdotali.
Le statue thoracatae presentano l’imperatore nell’abito di guerra, come condottiero degli eserciti, capo supremo dell’ordine militare, ora con la destra appoggiata ad una lancia, o reggente lo scettro con sembianza di vincitore, ora invece con la mano alzata nell’atto dell’adlocutio. Non solo l’atteggiamento era curato perchè la figura si presentasse in tutta la sua dignità, ma il lavoro delle armature, e specialmente della lorica e corazza, offriva nuovo campo alla maestria dell’arte, col raffigurarvi teste di Medusa, grifoni, vittorie, o più vaste rappresentazioni. Fra le statue thoracatae bellissima è quella d’Augusto trovata nell’anno 1863 poco lungi da Roma, a Prima Porta, fra le rovine d’una villa di Livia Augusta, ed ora ammirata in Vaticano. L’imperatore, alquanto maggiore del vero, veste solo la tunica e la corazza, ed una clamide che si ravvolge sul braccio sinistro; con la destra alzata è in atteggiamento dignitoso; la testa spira nobile espressione; la rappresentazione della corazza per il soggetto e per l’artistica esecuzione merita lode2 (ved. Atl. cit., tav. LXIV).
Anche delle donne della casa imperiale si conservano molte e assai belle statue; esse pure sono raffigurate ora nella realtà del loro aspetto e costume, ora in sembianza di divinità, o in personificazione di alcuna virtù che loro fosse propria od attribuita. Bellissima fra le statue femminili è quella di Agrippina seniore nel Museo Capitolino; sedente con quell’atto di abbandono e di altera virtù propria della moglie di Germanico. Le vesti scendono in artistiche pieghe, di minuta finitezza, che mirabilmente disegnano le belle linee del corpo (ved. Atl. cit., tav. LXVI).
4. Statue equestri. — Una propria classe formano le statue equestri, le quali in gran numero ornavano i monumenti trionfali, poste nelle quadrighe o nelle sestighe sull’alto degli archi. Di queste ultime abbiamo solo rappresentazione in qualche bassorilievo e nelle monete imperiali. Poche sono le statue equestri conservate; a tutti conosciuta è quella di Marco Aurelio sul Campidoglio, uno dei maggiori monumenti dell’arte romana, e sta come modello delle statue equestri per l’arte moderna. Siede l’imperatore filosofo sul cavallo, con semplicissimo vestito, senz’armi, placido e sicuro; con espressione di maestosa dolcezza nel volto, stende la destra in atto di perdonare e di rassicurare i vinti nemici (ved. Atl. cit., tav. LXV).
Note
- ↑ Ved. Bernouilli, Römische Ikonographie, nell’Indice bibl. e in altri autori, p. es. in Camillo Serafini, L’arte nei ritratti della moneta romana repubblicana in Bull. Comm. arch. com. di Roma 1897, pag. 3 e segg, tav. I. Pei confronti con lo stile dei ritratti greci, cfr. R. Foerster, Das Porträt in der griech. Plastik. Kiel 1882.
- ↑ Ved. Boll. dell’Ist. di Corr. Arch. di Roma, 1863.