Trattato di archeologia (Gentile)/Arte romana/II/Secondo periodo/Plastica/IV
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IV. L’arte delle personificazioni nella plastica romana.
In mezzo a tante copie ed imitazioni di lavori greci antichi, che oggi conservansi nei musei in ripetuti esemplari, non si può però disconoscere originalità d’invenzione nell’arte romana tanto per le personificazioni di idee astratte e di cose naturali, quanto per i ritratti. Quanto alla personificazione di idee astratte, di concetti tradotti in forme umane, (Aequitas, Fides, Pax, Securitas, Pudicitia, Annona), o anche di ritratti idealizzati sotto forma d’alcuna virtù, come p. es., le donne delle famiglie imperiali, vi è sempre mirabile la convenienza degli attributi e delle espressioni.
Entrano in questa classe delle personificazioni anche le imagini di città, di popoli, di fiumi, di geni dei luoghi, usate quando nelle pompe e nei monumenti trionfali volevasi in modo visibile significare la potenza e la vittoria. Entrano in questo novero le quattordici nazioni di Coponio; e forse abbiamo un saggio di tali rappresentazioni nella statua di donna pensosa e mesta, conservata sotto la Loggia dei Lanzi a Firenze, che da alcuno fu creduta Tusnelda, moglie d’Arminio, da altri una Germania devicta. Rappresentazioni di sessanta nazioni galliche ricordasi che ornarono un altare eretto ad Augusto a Lione. Questo modo di rappresentazioni può segnare il punto di passaggio dall’arte greca ad un’arte più veramente romana, cioè alla scultura storica.