Trattato completo di agricoltura/Volume I/Vinificazione/7
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conservazione del vino.
§ 541. Riposto il vino nelle botti, queste devonsi continuamente tener ricolme, onde l’aria non passi nè si trattenga fra il vino e l’interno di esse. Questa precauzione dipende dalle stesse cause, per cui conviene evitare possibilmente il contatto dell’aria durante la svinatura. Perciò dovrassi aggiungere nuovo vino a quello che fosse evaporato, o diminuito di volume per l’uscita dell’aria mescolatasi nel travaso. La continua diminuzione poi del vino, anche a botte ben rinchiusa ed imbevuta, dipende da una lenta perdita dell’acqua che passa attraverso il legno ed evapora giunta che sia all’esterno. A botti chiuse esattamente è l’acqua e non l’alcool che evapora, poichè si sa ch’essa è quel liquido che meglio d’ogni altro attraversa i tessuti organici. Provate, per esempio, a mettere in una vescica animale, un miscuglio d’acqua e d’alcool, e vedrete che dopo un certo tempo l’acqua evaporerà quasi per intero, e non vi sarà rimasta che l’alcool; anche l’alcool solo, posto in questa circostanza si concentra maggiormente.
Egli è perciò che il vino vecchio contiene sempre una maggior quantità di alcool, e che in esso si aumenta anche l’odore particolare a ciascun vino, proveniente dall’etere enantico che meglio può sciogliervisi.
Nelle botti il vino può subire delle ulteriori alterazioni, dovute alla sua qualità chimica. Se il vino sarà d’uve assai mature e di climi caldi, il glutine, che ancora vi si trovasse allo stato solubile, agirebbe sullo zuccaro indecomposto del vino e lo farebbe più ricco d’alcool, meno dolce; ed in proporzione dell’aumento dell’alcool si formerebbe un ulteriore deposito cristallizzabile di bitartrato di potassa, che costituisce la crosta delle botti. Se il vino all’incontro sarà d’uve immature, o di climi e di annate poco propizie, il glutine, non trovando un residuo zuccherino, rivolgerebbe la sua azione sull’alcool che lentamente convertirebbe in aceto. Ed invece di fare un deposito cristallino, si depositerà nuovamente una feccia melmosa, che trascinerà con sè buona parte della materia colorante, rendendosi necessario il ripetuto travaso, onde togliere di sotto al vino una materia che, non essendo compiutamente resa inerte, continuerebbe ad esercitare su di esso un’azione alterante.
Il travaso che subisce il vino dopo esser stato riposto nelle botti, dicesi volgarmente muta. Il vino torchiatico ho detto doversi travasare circa 20 giorni dopo la torchiatura; ed il crodello dopo 40 giorni circa deve pur esso travasarsi per levargli quel poco di feccia che avesse formato, anche pel solo depositarsi di materie più pesanti trascinate fuori dal tino al momento della svinatura.
Dopo questo primo travaso o muta, se il vino è d’uva matura e d’anni caldi, non ne abbisogna di un ulteriore per lo spazio almeno di un anno; ma all’incontro abbisognerà travasarlo nuovamente quando, essendo scadente, il glutine continua ad agire ed a produr deposito di feccia, la quale, non essendosi resa affatto insolubile, agirebbe ancora sul vino inducendovi una specie di fermentazione, che si riconosce da una spuma piccola e bianca che galleggia sul vino cavato in un bicchiere, e che si mantiene per qualche tempo.
§ 542. La temperatura dei locali ai conservazione non è cosa da trascurarsi menomamente, e tanto più coi nostri vini. I vini dolci de’ paesi caldi, sebbene esposti ad una temperatura tra i 12° ed i 25°, possono conservarsi, benchè parte del loro zuccaro convertendosi in alcool, si facciano più spiritosi. Ma i nostri vini che tutti ancora contengono del glutine, devono mantenersi ad una temperatura più bassa che sia possibile, cioè tra i 5° ed i 10°, onde possibilmente impedire una nuova alterazione; e quanto più i vini saranno deboli, si dovranno tenere a più bassa temperatura. In fatto questi vini si guastano nella stagione calda, mentre resistono quelli degli anni migliori; ed i vini meridionali non soffrono punto, tenuti anche in qualunque locale non sotterraneo.