Trattato completo di agricoltura/Volume I/Educazione del baco da seta/1

Nozioni generali sul baco da seta

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Educazione del baco da seta - 2
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nozioni generali sul baco da seta.

§ 613. Prima però di volervi dire che il tal animale va educato, mantenuto e curato nel tal modo piuttosto che nel tal altro, egli è necessario conoscer bene l’animale di cui si tratta, per conoscerne il perchè e la razionalità di quanto si vuol indicare. Or dunque importa che conosciate ii baco da seta.

§ 614. Il baco da seta, bigatto o filugello è uno di quelli insetti che, cambiando più volte di forma esterna, facevano supporre ai nostri vecchi tanti insetti quante erano le diverse forme che uno stesso animale assumeva. E se ora conosciamo i cambiamenti del bigatto, pure per molti altri insetti, che non si osservano attentamente, esiste ancora presso molti l’opinione che la farfalla sia un insetto, la crisalide un altro, ed il bruco un altro. Il baco da seta subisce tre metamorfosi, o cambiamenti di forma, passando per tre epoche o stadj ben differenti di vita.

§ 615. Dall’uovo nasce il germe detto Larva, Verme, o Bruco, il quale dopo d’aver cangiata tre o quattro volte la pelle nel decorso di circa trentacinque giorni, si rinchiude nel bozzolo, ove abbandona coll’ultima pelle anche la forma di bruco, e ci si presenta sotto una forma tondeggiante oblunga, senza appendice di sorta ricoperta da una membrana giallooscura, coriacea, che prende il nome di Ninfa o Crisalide. In questo stato dura quindici giorni circa; indi rotto l’astuccio coriaceo, e traforato il bozzolo, esce in figura di Farfalla o d’insetto perfetto, così detto poichè in allora soltanto adempie alla moltiplicazione della specie, il maschio feconda la femmina e questa depone tosto le uova, e poi muore dopo qualche giorno.

Il bruco appena uscito dall’uovo è di color cenericcio bruno, tendente al nero, perchè irlo di peli nerastri; ad ogni cambiamento di pelle, essa diviene più chiara e più liscia, finchè negli ultimi momenti della vita di bruco essa è quasi affatto [p. 603 modifica]bianca e levigata. Quasi tutti conoscono di figura il bigatto (fig. 163), ed io non vi farò marcare altro che quest’insetto 163. ha due sorta di gambe, ed una qualità di polmoni ed un modo di respirare molto diverso dal nostro.

Subito dopo la testa, ed alla parte inferiore dei primi tre anelli del corpo del bruco stanno sei piedi, tre per ciascun lato, e questi servono non solo al movimento, ma eziandio alla nutrizione perchè con essi prendono la foglia del gelso pel margine, onde avvicinarla alla bocca, la quale è tagliata verticalmente, ossia in piedi. I piedi posteriori, posti un per lato di ciascun anello, differiscono assai dai primi, perchè i già nominati rappresentano come tanti uncinetti neri coriacei, e questi all’incontro sono biancastri e membranosi, formanti come una specie di succhiatojo, essendo concavi nel loro centro e muniti di finissimi peli. Con questi piedi il bigatto aderisce fortemente agli oggetti e per la quantità degli uncinetti pelosi che guerniscono la loro parte inferiore, e perchè, come già dissi, essendo essi concavi e membranosi, adagiati piani sugli oggetti, e poi rialzati nel centro, formano una specie di vuoto che vieppiù tien fisso il piede.

Vi dissi che il bigatto respira in un modo diverso dal nostro; infatti esso non respira per la bocca. Voi tutti avrete osservato, oppure osserverete, che di fianco ad ogni anello il baco ha un punto nerastro, che è un foro detto stigma. Per questi fori entra l’aria, e per vari piccoli canaletti si dirama e serpeggia per tutto l’interno ael corpo, e la respirazione ha [p. 604 modifica]luogo in ogni punto di esso. Volete convincervi di questo fatto? immergete uno spillo nell’olio, e con esso toccate leggermente ciascuno di questi punti nerastri, e vedrete immediatamente il bigatto morire soffocato. Da questo apparato respiratorio così esteso, parmi poter dedurre la conseguenza naturale che quest’insetto abbisogna di molt’aria, onde tutte queste stigme possano trovarsi in condizione favorevole a riceverla e diramarla pel corpo. Se a noi basterebbe d’aver libera la bocca, al bigatto importa l’aver libero tutto il resto del corpo.

Ho detto che la larva cambia la pelle tre o quattro volte prima di rinchiudersi nel bozzolo. Queste epoche diconsi volgarmente dormite, sonni e che meglio dovrebbersi da tutti chiamar mute, perchè in questo momento il bigatto soffre per mutare la pelle, il che è tutt’altro che dormire.

Le mute, o cambiamenti della pelle, separano le età della larva, e costituiscono per essa un’epoca di languore e di malattia. Ma questo cambiamento divien necessario, perchè, non crescendo la pelle in proporzione del corpo, arriva quel punto in cui non potendo più contenerlo, o dovrebbe scoppiare o strangolare il bigatto. Se avrete osservata la pelle della larva subito dopo la nascita, e dopo ciascuna muta, l’avrete veduta raggrinzata, rugosa, oscura, in modo che diconsi greggi, quando vogliamo indicare che i bigatti danno buon indizio; indi mano mano che s’avvicinava alla muta rendersi sempre più bianca e liscia; e questo vuol dire che il bigatto dall’uovo e dalle mute esce col suo abito bell’e fatto per tutto un dato tempo della sua vita.

Questo cambiamento di pelle succede in uno spazio più o men lungo di tempo. Le modificazioni che avvengono sotto la pelle del baco da seta, quando s’avvicina quest’epoca, incominciano col diminuirgli l’appetito, indi rendono impossibile e l’alimentazioni ed il movimento; la pelle si fa d’un bianco gialliccio, per un liquido che, traspirando dal corpo ed insinuandosi tra la nuova e la vecchia pelle, serve a facilitarne la separazione; si fa poi anche trasparente perchè, non prendendo cibo ed evacuando quello che ha già preso, il corpo perde le sostanze opache che conteneva. La testa si gonfia, si fa acuminata verso la bocca, e continuando il liquido trasudato a frammettersi tra le due pelli, la bocca della nuova s’allontana da quella della vecchia pelle, e l’alimentazione diviene impossibile: frattanto le sei gambe anteriori che già notammo s’avvicinano fra loro; e tutte assieme si [p. 605 modifica]aggrinzano presso la pelle della testa; e per questo complessivo rigonfiamento il moversi diviene impossibile, ed il corpo prende una posizione, per la quale il bigatto rimane a testa alzata, come pure stanno alzate le sei gambe anteriori.

Prima però di perdere affatto il movimento, trae il bigatto dalla bocca una seta o filo bianco finissimo, e ne attacca i fili a varj punti del corpo ed agli oggetti su cui giace, allo scopo di fissare la pelle, e facilitarsi l’uscita. Questo filo è quello che tengono quasi tutte le larve, le quali, dovendo vivere sulle piante, se ne servono per preservarsi dalle cadute, e per trasportarsi da un ramo all’altro. Per meglio fissare la sua pelle agli oggetti sui quali sta, il bigatto vi poggia i piedi posteriori in modo che, e per gli uncinetti finissimi e per quella specie di vuoto che sa formare rialzando il loro centro, essa vi resta aderente assai più che per effetto dei fili serici testè accennati; provate a distaccare una pelle abbandonata su qualche foglia e vedrete la verità di questo fatto.

Fissatosi in tal modo, il baco continua a gonfiarsi per l’umore che aumenta fra le due pelli, ed imprime al proprio corpo alcuni movimenti convulsivi i quali ajutano il distacco fra le due pelli. Finalmente si rialzano e si distaccano le squamette nerastre che sono alla bocca, e per questo foro comincia a mostrarsi la nuova bocca munita di squame più larghe e rossastre, indi per mezzo di continui movimenti, allungandosi nel corpo, esce la testa, ed escono le prime sei gambe, colle quali poi l’operazione riesce più facile, potendo far presa al di fuori della vecchia pelle; e così continuando, finisce a liberarsi d’un abito che non gli andava più bene.

Appena uscito, il bigatto è tutto ricoperto e molle dell’umore traspirato; è di color rossastro bruno; ha la pelle raggrinzata, che è il suo nuovo abito largo, il qual diverrà pure esso stretto; ha il muso più largo quadrato, e quasi dello stesso color della pelle. In seguito, pel contatto dell’aria il muso si fa oscuro e poi nerastro, e la pelle, distendendosi coll’ingrossare del baco, si fa biancastra.

Tutte queste mutazioni esterne si rinnovano ad ogni muta, e sono visibili finchè il bigatto non si rinchiude nel bozzolo. Io ho voluto estendermi un poco su di esse per mostrarvi quanto sia penosa pel baco da seta l’epoca delle mute, ed anche per farvi meglio intendere alcuni precetti pratici durante la sua educazione.

§ 616. Il bigatto dopo aver cangiata la pelle tre o quattro [p. 606 modifica]volte mentre è allo stato di larva, si rinchiude nel bozzolo e, cambiando figura, si fa crisalide. Ho detto che il cambiamento della pelle succede tre o quattro volte perchè vi sono dei bigatti di tre e di quattro mute; però quelli che si educano comunemente mutano quattro volte la pelle.

Dopo otto giorni circa dall’ultima muta, il bigatto cessa dal mangiare, emette in totalità gli escrementi, prende una trasparenza giallognola, e si fa di corpo più sottile e di testa più allungata. In appresso abbandona la lettiera, e comincia ad andare in traccia, per lo più salendo, d’un luogo al quale fissare i primi fili, come una ragnatela, che devono servirgli d’appoggio alla costruzione del bozzolo, e perciò sceglie di preferenza gli angoli dei muri, o vari oggetti posti a piccola distanza fra loro, quali sono i ramicelli che gli si preparano lungo le tavole, e che diconsi bosco.

Scelto il luogo, e fissato l’appoggio, nel secondo giorno incomincia a tracciare la forma del bozzolo, emettendo senza interruzione il filo serico dalla bocca, e continuando per tal modo a rivestire internamente il bozzolo, in tre o quattro giorni lo consolida, e finisce col rinchiudervisi affatto.

Al termine di questa operazione il baco si è impicciolito, raggrinzato, e raccorciato specialmente negli ultimi sette anelli 164.del suo corpo; si spoglia dell’ultima pelle che aveva come larva e n’esce rivestito d’una squama coriacea, presentandosi come un corpo ovale senza estremità o piedi di sorta, più grosso dov’era il capo, e più acuminato verso gli ultimi anelli. La crisalide è liscia e di color giallo bruno, alquanto mobile verso la parte più acuminata (fig. 164).

§ 617. In questo stato il baco resta per circa quindici giorni, e poi rompe nuovamente la scorza coriacea verso la parte più tondeggiante e n’esce allo stato di farfalla (fig. 165), la qual poi si fa strada attraverso il tessuto del bozzolo per uscire all’aperto, inumidendolo ad una delle estremità con uno special liquore dissolvente che emette dalla bocca. [p. 607 modifica]Immaginatevi ora quali e quanti cambiamenti dovette subire l’interna ed esterna costituzione del bigatto per prendere così svariate forme. I piedi posteriori membranacei della larva scomparirono, e quella parte di corpo ov’erano attaccati forma ora il ventre della farfalla; i sei piedi davanti li troviamo ancora, ma di forma diversa, non coriacei ed articolati. Ma, si dirà, le ali e le antenne del capo della farfalla da qual parte sbucarono fuori? dov’erano le traccie di queste parti nella larva? Nella parte più tondeggiante della crisalide già si intravedevano, ma nella larva dove erano?

Queste sono domande alle quali non saprei rispondere come vorrei; solo vi dirò di ammirare anche in ciò quanto la vita anche del minimo insetto sia un continuo movimento, un continuo miglioramento. La stazionarietà non la è permessa neppure ai sassi.

Ma v’ha di più. Voi sapete che per aver dei bigatti si fanno nascere le loro uova, e che queste sono il prodotto della farfalla femmina, stata accoppiata colla farfalla maschio; ed ecco che nello stadio di farfalla sviluppasi il diverso sesso; la farfalla femmina è più grossa della farfalla maschio, ha il ventre più tondeggiante, ali meno robuste e meno spiegate, e si muove pochissimo e quasi a stento, mentre il maschio di forme più piccole e più svelte, e dotato di ali più forti, appena nato, si muove rapidamente in cerca d’una compagna. Or bene, chi di voi avrebbe nella larva distinto il sesso? Nessuno certamente. I rudimenti c’erano, ma quasi invisibili ed inerti, come un grano che non possa germogliare. Epperò la farfalla dicesi insetto perfetto, perchè soltanto in questo stadio può adempire alla propagazione della specie.

Le farfalle non prendono alimento alcuno, ed appena uscite dal bozzolo cercano l’accoppiamento, il qual dura certe volte più d’un intero giorno, quando non vengano disgiunte dapprima a bella posta. Staccate, il maschio dopo un giorno o due muore, e la femmina depone le uova sugli oggetti sui quali si trova, fissandoveli mediante un umore gommoso vischioso. Le uova così deposte, sopportano qualunque vicenda atmosferica di caldo e di freddo, ed aspettano i tepori della vegnente primavera per ischiudersi, e ripetere in altra generazione di bachi le stesse metamorfosi che abbiamo già osservate.

Eccovi pertanto la storia della vita del baco da seta. Io non la esposi per soddisfare la curiosità, ma piuttosto perchè nella educazione artificiale di questo insetto si procuri di [p. 608 modifica]assecondare la natura, limitandoci a sottrarlo dalle vicende sfavorevoli naturali, allo scopo di conservare il maggior numero possibile d’individui, il che deve essere l’unico intento dell’educazione. E dico questo perchè alcuni spinsero tant’oltre la mania dell’educazione naturale, che suggerirono di allevare i bigatti sui gelsi ed all’aperto, vedendo che alcuno di essi, trasportati casualmente in campagna colla lettiera, compì felicemente il proprio bozzolo. Ma pongasi invece d’averne una quantità anche di soli 5 ettogrammi, e si vedrà di quale imbarazzo saranno, quanto lenta sarà la loro vita e di svariatissima durata, per la diversa opportunità d’aver foglia, caldo, ecc. Aggiungetevi la distruzione che vi eserciterebbero gli uccelli, le formiche, ecc. quelli che verrebbero cacciati a terra dal vento, dalle forti pioggie, o dalla stessa imperizia del bigatto che rodesse l’attacco della foglia al picciuolo, e vedrete che sarà una bella cosa se dopo circa quaranta giorni e saltuariamente, un solo 10 per 0/0 dei bigatti potrà fabbricarsi il bozzolo.

L’educazione artificiale adunque si fa in appositi locali appunto perchè il baco da seta goda di una temperatura più opportuna ed uniforme, perchè sia riparato dalle vicende atmosferiche che possano recargli danno, e finalmente perchè più uniforme sia la vita, e contemporanee le metamorfosi nei singoli individui che ci proponiamo di allevare.