Trattato completo di agricoltura/Volume I/Coltivazione del gelso/7
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potatura del gelso.
§ 589. Parlando del gelso, la potatura dicesi più comunemente taglio; e questo differisce nel modo d’esecuzione, secondo l’età del gelso, secondo il terreno ed il clima in cui cresce, secondo il vigore della pianta, ed anche secondo le abitudini di ciascun paese.
§ 590. Per riguardo all’età, nei primi quattro o cinque anni dopo l’impianto, non dovendosi mai spogliare il gelso dalle foglie, il taglio deve aver di mira soltanto la vigoria di vegetazione ed una buona disposizione dei primi rami. Ho detto che il gelso d’asta si taglia alto da terra 1m,50 circa, e che a questa altezza si devono distribuire le prime diramazioni a, le quali sarà bene mantenere in numero di tre come lo dimostra la fig. 160. Se il gelso è innestato presso terra, questi tre rami si scelgono nel primo anno d’impianto; se all’incontro devesi innestare in testa, nel secondo si conserveranno i tre getti meglio distribuiti. Nell’anno seguente (3.° se la pianta è innestata in testa e 2.° se al piede), queste tre principali cacciate, si ripuliscono dai ramicelli laterali, almeno nel terzo inferiore, lasciando intatto il resto; accorciando tutt’al più quella cacciata che più si fosse allungata, acciò l’umore e la vigoria si distribuiscano più uniformemente. Ma questa operazione può farsi soltanto colle cacciate dei gelsi innestati al piede, le quali nel 2.° anno non sono troppo lunghe. Ma se il gelso è innestato in testa, la cacciata riesce troppo lunga, e la soverchia vegetazione accumulata specialmente sulla cima di questi tre rami, farebbe sì che piegherebbersi in basso, o che facilmente si spezzerebbero pel vento, con danno della forma del gelso. In questo caso è meglio dare ai tre rami un metro di lunghezza, rimondandone sempre il terzo inferiore dai rametti laterali. Nel quarto anno, i tre rami a si taglieranno a 0m,50 circa d’altezza dalla testa del gelso, onde disporre pel quinto il gelso come vedesi alla fig. 161 colle nuove suddivisioni b. Nel sesto s’incomincia a coglierne la foglia, il che si potrebbe fare anche nel quinto, quando il gelso fosse molto robusto.
In questi primi anni adunque devesi, unitamente ad una buona disposizione delle prime diramazioni, procurare la vigoria del gelso; e a tal’uopo sarà sempre meglio il tagliar meno che si può, poichè quanto più facilmente il gelso potrà metter foglie e rami, tanto maggior numero di radici potrà spingere nel terreno, e così acquistare e mantenere vigoria per molto tempo. È quindi un errore quello d’alcuni, che nei primi anni tagliano costantemente le cacciate dell’anno antecedente, allungandole soltanto di due o tre occhi per volta, quasi contrariando il modo naturale col quale le piante acquistano vigore. Parlando dell’innesto in genere, dissi che per ridonare vigore ad una pianta intristita, giova spesso l’inserirvi la cima vigorosa di qualche altra pianta congenere, essendo questa parte la più atta a svilupparsi in rami; e che se all’incontro desideriamo scemare questo vigore che si sperde in foglie ed in rami, senza dar frutto, è meglio innestarvi i ramicelli laterali; or bene, questo fatto serve anche pel gelso, conserviamogli i rami più vigorosi e più lunghi e vedremo il gelso ingrossar presto il suo tronco e produr molte foglie; lasciamogli invece i rametti laterali e più tristi od accorciamo di troppo i più vigorosi, e vedremo la pianta vegetar assai meno e deperire più presto. Osservate quali siano i rami e qual parte di essi naturalmente tenda a vegetare meglio, e troverete che è la cima dei rami ed i rami più lunghi.
Se la parsimonia nel taglio serve a rinforzare il gelso nei primi anni, serve eziandio, quando se ne incomincia la sfrondatura, a darci una maggior quantità di foglia. Ancora ve lo ripeto, noi dal gelso non vogliamo il frutto, direi quasi non vogliamo una lunghissima durata, noi vogliamo che ci dia il più che può di foglia, di buona qualità e facile a cogliersi; ma col tagliar molto non otteniamo altro che la facilità del coglier foglia, perchè sorge da pochi e teneri rami; fors’anche la foglia sarà un poco più larga, ma questa sua maggior larghezza non compenserà la minor quantità prodotta dalla pianta: oltre di che è certo che la foglia d’un gelso più rivestito di frondi è meno acquosa, ed assai più nutriente e salubre pel baco da seta.
§ 591. Osserviamo ora il taglio all’epoca in cui il gelso va soggetto alla sfrondatura, e che vien detto taglio d’estate, per differenziarlo dal taglio di primavera che è quello che si eseguisce prima che ingrossino le gemme, o per dar forma alla pianta nei primi anni, come abbiamo visto, o per rinvigorire una pianta che mostri di deperire.
La sfrondatura del gelso si fa dalla seconda metà di maggio sino alla seconda metà di giugno, od anche più tardi secondo il clima, non potraendosi mai oltre i primi dieci giorni di luglio, poichè in allora il gelso, come già dissi, cesserebbe d’essere una coltivazione conveniente. Ed il taglio deve alquanto modificarsi a seconda che si pratica in maggio, in giugno, od anche più tardi.
Ridotta la pianta nel quinto anno, come alla fig. 161, nel sesto si fa la prima sfrondatura, indi si accorciano le biforcazioni secondarie b, tagliandole a 0m,15 circa al di sopra delle primarie a, avvertendo che tutte rimangano ad eguale altezza o livello, perchè il gelso non resti zoppo, e perchè le più lunghe non attirino a sè gran parte dell’umore a scapito delle più basse. Su queste biforcazioni a e b sorgeranno le nuove cacciate che somministreranno la foglia pel venturo anno, e dopo la successiva sfrondatura si passerà a rimondare il gelso, lasciando soltanto una nuova biforcazione egualmente lunga sulle biforcazioni b, e così via via d’anno in anno, in modo che il gelso si presenti come un vaso, vuoto nell’interno, perchè vi circoli l’aria, e perchè l’uomo che coglie la foglia possa starvi comodamente (fig. 162). Questa divaricazione dei rami non deve essere però soverchia, onde non sia facile il loro schiantarsi con pericolo di chi deve salirvi.
Invece di accorciare ogni anno le biforcazioni principali, si potrebbe anche accorciarle un anno sì e l’altro no, poichè in tal guisa il gelso s’innalzerebbe meno rapidamente, e le diramazioni acquisterebbero maggior robustezza. A questo vantaggio s’aggiungerebbe pure che in caso di grandine, nell’anno che si lascia intiera la cacciata, il gelso non soffrirebbe molto e sarebbe ancora in grado di darci una discreta quantità di foglia per l'anno venturo; laddove se la grandine coglie le tenere messe dopo la sfrondatura, queste, oltre al rimaner più corte, malconcie e piene di rametti laterali, sono anche soggette a soffrire di più il gelo durante l’inverno. 162. Questa pratica di non tagliare ogni anno i rami del gelso non sarebbe da applicare a tutti i gelsi, ma dovrebbesi stabilire come una specie di rotazione, per la quale ogni anno la metà dei gelsi venisse tagliata o spuntata, e l’altra no, cioè soltanto rimondata.
I gelsi poi che vengono sfrondati prima della metà di giugno, avendo ancor tempo di dar cacciate abbastanza lunghe, si possono tener più poveri e più corti di rami; ma quelli che si sfrondano dopo quell’epoca sarà meglio lasciarli provvisti d’una maggior quantità di rami, onde il maggior numero delle nuove cacciate supplisca alla minor lunghezza cui possono arrivare.
§ 592. In quanto poi al terreno è chiaro che in un terreno ben concimato, profondo, e per sè stesso molto confacente alla coltivazione del gelso, nel taglio d’estate si potranno lasciare alla pianta rami più lunghi ed in maggior numero. Nei terreni magri e ghiajosi si tagli basso, in modo di non allungare nè estendere di troppo le diramazioni. Nei terreni umidi o paludosi l'asta del gelso si tenga alta almeno 2m,00, e si procuri di innalzarlo un poco più, per toglierlo alla cattiva influenza dell'umidità stagnante in basso, la quale, se in primavera, quando le gemme siansi sviluppate, subisse un abbassamento di temperatura tale da portarsi allo 0°, sarebbe bastante a distruggere l’incominciata vegetazione.
§ 593. La differenza del clima deve portare una sensibile modificazione al modo d’eseguire il taglio d’estate. Si è già detto che quanto più il gelso vien spogliato tardi dalla foglia, è necessario essere più cauti nel taglio, se non vogliamo diminuire la foglia per l’anno seguente, con danno anche della pianta, la quale potendo ramificar ben poco, ne soffrirebbe nelle radici. Perciò ove il gelso è sfrondato dalla metà di giugno sino al principio di luglio, stabiliremo la rotazione già indicata di accorciare i rami ogni due anni, lasciando anche qualche ramo di più di quel che richiederebbesi per stabilire le future dirartfazioni che poi si leverà quando in seguito si opponesse alla giusta conformazione dell’albero.
Se poi la foglia venisse colta nei primi dieci o quindici giorni di luglio, in allora la rotazione invece di essere biennale, dovrebbe essere triennale, od anche quadriennale, secondo il clima più o men freddo. In tal caso il taglio d’estate si riduce a rimondar la pianta dai rami guasti, secchi, rotti, o che crescono troppo nel centro della pianta, o che troppo tendono a divaricarla, e dai rametti laterali più sottili. In queste circostanze però nel quarto o nel quinto anno il taglio che serve ad accorciare i rami, ed a stabilire le principali biforcazioni non può essere fatto d’estate, ma devesi fare in primavera avanti che la pianta entri in vegetazione, onde abbia tempo di far cacciate lunghe e robuste tanto da resistere al freddo jemale, e che siano capaci di somministrare una conveniente quantità di foglia per l’anno seguente. Dovendosi perciò perdere il prodotto del gelso ogni tre o quattro anni, abbisognerà stabilire ne’ gelsi una rotazione tale per cui un sol terzo od un sol quarto di essi venga a subire il taglio di primavera.
In qualunque modo ed in qualunque epoca poi si eseguisca il taglio, lo si farà con ferri bene affilati, in vicinanza ai nodi, onde non lasciar una parte di legno che difficilmente o mai si ricopre, levando anzi con falcetto o con sega que’ mozziconi secchi che si riscontrassero, ed i rami tortuosi, o troppo ravvicinati, avvertendo sempre di mantenere la testa del gelso, ossia la sommità dei rami ad uno stesso livello, perchè meglio si ripartisca l’umore e la vigoria fra i diversi rami.
§ 594. Ciononostante per quanto si procuri di tagliar corto, o di tagliare ogni due anni per non innalzare di troppo il gelso, e perchè le sue diramazioni acquistino sufficiente robustezza da sostenervi chi deve cogliere la foglia, avvien spesso che, o per effetto del clima freddo, o perchè il terreno sia poco adatto, i rami riescano o deboli, o troppo alti, o che la foglia diminuisca di larghezza, non essendovi la giusta proporzione tra la lunghezza e la robustezza dei rami. Come pure il gelso deperisce o per l’età o per malattia, od anche per mancanza al nutrimento, e la quantità e l’ampiezza delle foglie cessano d’essere in relazione colla lunghezza ed estensione dei rami, mostrando che l’aumento delle radici non è più in giusto rapporto con quello dei rami, e che per conseguenza esse non trovano più un sufficiente nutrimento. Allora, quando non si possa rimediare col concime per attivare una maggior nutrizione, sarà invece necessario mettere in relazione i rami colle radici, diminuendone il numero, o la lunghezza. Se poi tratterassi di gelso deperente il taglio si farà di primavera; se il gelso sarà troppo alto e debole di rami, quantunque vegeto, lo si potrà tagliare d’estate dopo la sfrondatura. In ogni caso, oltre al diradare alcun poco le ramificazioni, si dovranno anche accorciare; non portando però mal il taglio sopra rami che superino il diametro di 0m,05 a 0m,08; acciò la ferita sia presto rimarginata. — Pei gelsi da siepe valgono le stesse norme, fuorchè si devono mantenere più raccolti ne’ loro rami.
§ 595. La consuetudine speciale a ciascun paese porta bensì alcune differenze nella pratica del taglio, ma il più delle volte questa consuetudine non è fondata nè sulla pratica conveniente ad un dato luogo, nè sui precetti teorici. S’introduce per esempio una pianta di clima caldo in altro che lo sia meno, e vuolsi conservare quello stesso metodo di coltura, che si vidde in pratica nel luogo originario e questo sarà certamente un errore. In seguito questo metodo in alcuni paesi si modifica, ed in altri invece si continua ciecamente a far quel che si è fatto dapprincipio. L’abitudine pel contadino è una causa od un pretesto per esonerarsi dal ragionare o dall’intender ragione; e questa devesi sradicare avanti tutto, o per lo meno subordinare ai precetti teorici fondati sul clima e sulla qualità del terreno. Una regola od un modo di coltivazione qualunque, eccellente per un dato paese, può essere pessimo per un altro che fosse in condizioni diverse. Ove poi il contadino ritragga ben poco profitto dal gelso, per condizioni pesanti poste da mal’accorto ed avaro proprietario, nel potare il gelso ei non pensa che a far legna da fuoco, od a scemar l’ombra per la coltivazione dei cereali.