Trattato completo di agricoltura/Volume I/Coltivazione del gelso/1
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Coltivazione del gelso - 2 | ► |
clima del gelso.
§ 570. Parlando della vite si è detto che per clima opportuno a quella pianta s’intendeva quello in cui non solo potesse vegetare ma ben anco maturare il frutto; pel gelso all’incontro, siccome da esso vuolsi ottenere la foglia, s’intenderà per clima conveniente quello in cui non solo possa vivere la pianta, ma eziandio produrre una quantità annua di foglie tale che compensi l’occupazione del terreno, fatto il confronto con altro reddito di diversa coltivazione.
Generalmente può dirsi che il gelso non vive in quei climi dove la temperatura jemale possa scendere a -25°; e che non conviene dove, dopo il raccolto di foglie fatto in primavera, non vi siano almeno tre mesi la cui temperatura media non superi i 14°. Parimenti non conviene dove siano facili le brine in primavera avanzata; dove il clima sia nebbioso, nuvoloso e poco illuminato, e dove il paese è paludoso.
Il gelso incomincia ad ingrossare le gemme quando la temperatura media giunge a 9°. A 14° le foglie si sviluppano intieramente; e quando nell’autunno la temperatura media si riduce nuovamente a 14°, la vegetazione comincia ad arrestarsi. Perchè il gelso possa dare una conveniente quantità di foglie, abbisogna che dall’epoca in cui cominciano ad ingrossarsi le gemme, a quella in cui la temperatura, dopo il calore estivo, ridiscende a 14°, possa ricevere almeno una somma di circa 3000 gradi di calore, calcolandosi per media che per lo sviluppo completo di ciascuna foglia di ciascuna gemma occorrano 58 gradi circa. Egli è perciò che la coltivazione del gelso accompagna quasi dappertutto quella della vite, e che dove questa non potesse più maturare il proprio frutto, il gelso pure non produrrebbe una quantità di foglie bastevole a compensare le spese e l’occupazione del terreno.
Fa d’uopo però avvertire che, dove le notti siano fredde per vicinanza d’alti monti, e dove il paese sia spesso dominato dai venti, il computo della temperatura subirà una diminuzione per l’effetto sfavorevole esercitato da queste due condizioni meteoriche.
Ogni ramo o cacciata annuale si può considerare divisa in tre porzioni, cioè, in parte inferiore o legno formato, che risentì interamente la temperatura estiva; in parte di mezzo o legno verde, cresciuta durante gli ultimi calori estivi, ed il principio d’autunno; ed in parte superiore od erbacea, formatasi poco prima che la temperatura discendesse a 14°. Da varie esperienze risulta che la parte erbacea, per prendere la consistenza della pare legnosa verde, abbisogna di 170 gradi di calore, e che per ridursi allo stato di legno formato o stagionato ne occorrono da 450° a 460°, secondo le circostanze che più o meno possono far risentire alla pianta l’influenza del calore atmosferico e solare.
Quindi, per effetto della temperatura jemale, nei climi temperati, soffrirà tutt’al più la parte erbacea, ossia la cima dei rami; ma nei climi freddi, o soggetti a forti geli jemali, potrà soffrire eziandio la porzione legnosa ancor verde, la qual porzione comprenderà una maggior estensione, essendo che il minor calore dei mesi di settembre e di ottobre non permise che a ben poca parte della porzione inferiore di ridursi a legno formato o stagionato. Oltre chè, in tali condizioni di clima, la sfrondatura di gelsi facendosi assai tardi, e spesso anche verso la metà di luglio, le nuove messe perdono venti giorni circa della massima temperatura estiva.
Così, per determinare il numero delle foglie che si potranno avere per la sfrondatura di primavera, si calcoleranno 40 giorni circa incominciando dall’epoca in cui, la temperatura media essendo di +14°, si schiudono le gemme. Questi quaranta giorni si moltiplichino pei gradi di temperatura media d’ogni giorno, o d’ogni 7 o 15 giorni, la somma di questi gradi divisa per 58 ci darà l’approssimativa quantità di foglie che una gemma potrà produrre per l’educazione dei bachi. Avvertasi però che il quarantesimo giorno non debba oltrepassare i primi 10 giorni di luglio, poichè altrimenti la convenienza del gelso sarebbe assai dubbia, troppo breve essendo il tempo che gli rimarrebbe per rivestirsi ai nuovi rami, capaci di produrre per la seguente primavera l’opportuna quantità di fogliame. Per sapere poi se il gelso, dopo la sfrondatura, potrà produrre pel venturo anno foglia bastevole dà render vantaggiosa la di lui coltivazione, si sommano i giorni che passano tra la loro sfrondatura, ed il momento in cui la temperatura media scendendo a 14° non permette un’ulteriore vegetazione. Il restante numero di giorni si moltiplica per la temperatura media di ciascuno di essi, o d’ogni 7 o d’ogni 15, ed il prodotto totale si divide ancora per 58. Dal numero di questi giorni se ne deducono 6 o 7, che sono quelli che decorrono tra la sfrondatura ed il primo ingrossarsi delle nuove gemme. Finalmente dal numero risultante delle foglie deduconsi quelle della parte erbacea più tenera della nuova cacciata, che occupano la cima dei rami, ossia il prodotto di circa 500° di temperatura.
Il calcolo della foglia che può produrre un gelso si fonda sul numero delle foglie sviluppatesi dopo la sfrondatura nell’anno antecedente, perchè a ciascuna di esse corrispondono altrettante gemme, che sono quelle dalle quali muove la vegetazione. Ciononpertanto la lunghezza dei nuovi rami, che può mettere un gelso dopo la sfrondatura, non è sempre in giusta relazione colla quantità della foglia ottenibile, poichè non sempre le foglie e per conseguenza anche le gemme sono fra loro ad una eguale distanza. La maggior distanza tra l’una foglia e l’altra dipende dal maggior grado di umidità della stagione, o del terreno.
Nei gelsi vecchi o deperenti, e nei terreni troppo aridi e magri, invece di dividere per 58 la somma di temperatura, per ottenere la quantità della foglia si dovrà invece dividere per 70 o per 80.
Egli è dunque con questi dati, e con quelli delle spese di coltivazione e del valore della foglia, relativo ad un dato paese, fatto confronto colle spese e col valore d’un altro prodotto, che devesi stabilire la convenienza della coltivazione del gelso; e non dobbiamo seguire una cieca mania di voler coltivar ogni cosa in qualunque clima, ed in qualunque condizione di terreno, di mano d’opera, di consumo, ecc.