Capitolo XL

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Platone - Timeo (ovvero Della natura) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo XL
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La terza specie di morbi è a reputare che ella venga da tre cagioni, cioè alcuni da aria, alcuni da flemma, e altri da bile. Imperocché, quando turato è dagl’iscorrenti umori il polmone, ch’è dispensatore degli spiriti al corpo, e non dà sgomberati i passaggi all’aria, allora qua non penetrando niente aria, là entrando entro piú copiosa ch’e’ non sia di bisogno, sí ne vien che le parti non respiranti illaidiscano; e là dov’entra copiosamente, ella sforza le vene e storcele, dissolvendo il corpo sí ch’ella rimane chiusa dal diaframma nel mezzo del corpo: e di queste cagioni si fanno innumerabili morbi, dolorosi, con abbondante sudore. Molte volte in quello che la carne si sfittisce nel corpo nascendo quivi entro aria, e non potendo uscire, le medesime doglie ella arreca, che l’aria veniente di fuori: acerbissime quando spandendosi attorno de’ nervi e delle prossime venuzze, i tendini e gli attegnentisi nervi enfiando, distendeli all’indietro: i quali morbi tetani e opistotoni furono chiamati a cagion dell’istesso distendimento. E anco è malagevole la medicina loro; imperocché specialmente febbri sopravvenienti sciolgono cotali morbi. Maligna è la flemma bianca, per la richiusa aria delle bolle; men maligna poi è se l’aria ha fiatamento fuori per il corpo. Nientedimeno ella macola il corpo di vitiligine bianca, e fa altri morbi simili a questi. Mischiata poi la detta flemma a nera bile, e ne’ divinissimi giri del capo spargendosi e turbandoli, se vien nel sonno, è mite un poco; ma se ci assale in vegghia, egli è piú malagevole che vada via. E questo morbo, perocché ei si avventa a natura o organo sacro1, si dice sacro molto dirittamente. La flemma acida e salsa è fonte di tutt’i morbi distillativi e secondo i varii luoghi per li quali essi distillano, ha ricevuto nomi varii. Di tutte quelle parti poi del corpo le quali si dicono affiammate, egli è la bile che incende e affiamma. E la bile, poniamo che respiri di fuori, manda su ogni specie di tumidezze, ribogliendo; compressa poi dentro, fa morbi molti e urenti; e il piú grave si è quando essa, mischiata con puro sangue, guasta l’ordinamento delle fibre: le quali furono seminate nel sangue acciocché misuratamente egli avesse sottilità e crassezza; e non gettasse fuor per li pori del corpo come fluido, per lo soperchio caldo; né come pigro, perché denso di molto, a stento per entro dalle vene sé rivolvesse. Or le fibre per loro naturale virtú salvano la convenevole misura, le quali, ancoraché morto e diacciato il sangue, se alcuno raccolga, tutto l’altro sangue che rimane sí torna iscorrevole; subitamente poi si rappiglia per lo freddo d’intorno, se le rilascia. Da poi che hanno le fibre questa possanza nel sangue, la bile che è di sua natura sangue vecchio il quale di nuovo liquescente delle carni torna nel sangue; la bile, calda e fluida tornando nelle vene, si rappiglia per la virtú delle fibre, se è poca; e, rappigliata e di forza estinta, mette tempesta dentro il corpo e tremore. E piú abbondevolmente ella scorrendo, col caldo suo soperchiando le fibre, bogliendo, commovele insino a che le scompiglia; e se ella ha possanza di soperchiare del tutto, penetrando fino entro nella midolla, ardendo col fuoco suo il cavo che tien come nave legata ivi l’anima, sí lasciala andare. Quando poi la bile sia meno copiosa, e il corpo al suo discioglimento rilutta, vinta, ella o è sospinta fuori per tutte le vie del corpo, o è ricacciata per le vene entro al luogo di giú o di su del ventre; e, come fuggiasco da ribellante città cosí scappando dal corpo, fa profluvii, disenterie e altri simiglianti morbi.

Se il corpo inferma specialmente per soperchio di fuoco, esso ha ardori e febbri continuate; quotidiane, se per soperchio di aria; e terzane, se per soperchio di acqua, da poi ch’ella è piú pigra che l’aria e il fuoco; e se per soperchio di terra, per essere ella quattro volte piú pigra di quelli altri corpi, in quadrupli giri di tempo purgandosi, ha febbri quartane, delle quali malagevole cosa è che alcuno sé affranchi.


Note

  1. Cioè al capo ch’è luogo del principio razionale e rende immagine dell’universo per la sua figura.