Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/124

sua natura sangue vecchio il quale di nuovo liquescente delle carni torna nel sangue; la bile, calda e fluida tornando nelle vene, si rappiglia per la virtù delle fibre, se è poca; e, rappigliata e di forza estinta, mette tempesta dentro il corpo e tremore. E più abbondevolmente ella scorrendo, col caldo suo soperchiando le fibre, bogliendo, commovele insino a che le scompiglia; e se ella ha possanza di soperchiare del tutto, penetrando fino entro nella midolla, ardendo col fuoco suo il cavo che tien come nave legata ivi l’anima, sì lasciala andare. Quando poi la bile sia meno copiosa, e il corpo al suo discioglimento rilutta, vinta, ella o è sospinta fuori per tutte le vie del corpo, o è ricacciata per le vene entro al luogo di giù o di su del ventre; e, come fuggiasco da ribellante città così scappando dal corpo, fa profluvii, disenterie e altri simiglianti morbi.

Se il corpo inferma specialmente per soperchio di fuoco, esso ha ardori e febbri continuate; quotidiane, se per soperchio di aria; e terzane, se per soperchio di acqua, da poi ch’ella è più pigra che l’aria e il fuoco; e se per soperchio di terra, per essere ella quattro volte più pigra di quelli altri corpi, in quadrupli giri di tempo purgandosi, ha febbri quartane, delle quali malagevole cosa è che alcuno sè affranchi.