Teoria della relatività/La relatività generale/L'accidente ferroviario

L'accidente ferroviario

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XIII


L’ACCIDENTE FERROVIARIO


Nelle discussioni sul principio della relatività generale l’accidente ferroviario ha avuto una grande parte e ha dato luogo a vive ed anche [p. 120 modifica]ardenti controversie. Si è dichiarata nettamente assurda la conclusione necessaria del principio della relatività generale, la possibilità cioè che un treno, il quale abbia avuto un accidente in piena corsa, sia rimasto in quiete, che solamente gli oggetti circostanti si siano mossi, e che, d’altra parte, nonostante ciò, questi ultimi, dopo la catastrofe, siano rimasti intatti mentre tutto è andato in briciole dentro il treno. La cosa in se stessa non è diffìcile a spiegarsi: ecco come si presenta se si vuole considerare il treno come un sistema fisso, il che è consentito, dal punto di vista della relatività generale; il treno è immobile, la locomotiva verso l’est, per esempio. Tutta la contrada circostante, le rotaie, gli alberi, le case, si spostano rispetto ad esso con grande velocità verso l’ovest.

Un campo di gravitazione nasce allora nella direzione dell’est, cioè tale che l’est e l’ovest ne rappresentano rispettivamente il basso e l’alto. La contrada che sino ad ora si era mossa in senso inverso a quello che prende questo campo, verso l’alto se si vuole, è arrestata nel suo movimento. Non appena essa è tornata in quiete, il campo di gravitazione scompare; l’alto e il basso riprendono la loro posizione normale: la contrada è ritornata immobile. La caduta del treno verso l’est è stata impedita da un ostacolo esterno, per esempio una pietra sulle rotaie; non è stato evidentemente lo stesso per gli oggetti che vi erano contenuti: viaggiatori, bagagli, etc. sono stati scaraventati gli uni contro gli altri. O anche: solo la caduta della locomotiva è stata arrestata, i vagoni son caduti su di essa, poiché non [p. 121 modifica]ne erano impediti né da un ostacolo esterno, né dal loro movimento anteriore. Ed ecco tutta la spiegazione.

Ma non si può negare che, irreprensibile dal punto di vista logico, essa non è convincente. Si possono confutare tutte le obiezioni, non si può però forzare il sentimento intimo di accettazione. Vorrei perciò sviluppare due serie di idee che, io credo, potranno contribuire a togliere le ultime difficoltà, e di cui la prima si rivolge alla maniera di pensare dei non relativisti.

Basta aver studiato un po’ di matematica per sapere che un ragionamento conduce spesso a parecchie soluzioni, delle quali, tuttavia, una sola può essere utilizzata nelle condizioni del problema. Per esempio, un’equazione deve dare un numero di persone, e mentre si ottiene un numero positivo, se ne ottiene anche uno negativo o frazionario che non ha senso. In geometria analitica si incontrano spesso delle “radici immaginarie” le quali, a prima vista, non hanno alcun significato concreto geometrico, e cosí è in molte altre applicazioni. In tutti questi casi, ciò nonostante, è molto istruttivo sapere che i risultati ottenuti, se non trovano applicazione pratica immediata, non sono tuttavia al di fuori della logica matematica. Io sinora non ho mai inteso dire che si sia rimproverato ad un metodo matematico soluzioni che oltrepassano i bisogni della pratica.

Per altro, l’utilità pratica è un concetto molto relativo. In matematica noi constatiamo in ogni dove uno sforzo per darle una larga interpretazione: noi parliamo di distanze negative, di aree [p. 122 modifica]negative, nozioni che, anch’esse, a tutta prima sembrano al di fuori del concreto, e che non sono state introdotte che per spiegare i risultati dei calcoli.

Basandoci sulle nostre concezioni delle leggi naturali, siamo condotti a giudicare intorno al loro valore in base alla loro attitudine a rispondere a tutte le nostre questioni, il che noi vogliamo anche fare per le nostre ipotesi sulla quiete e sul movimento; ma io non posso rimproverare tuttavia ad una legge naturale di darmi di piú di quanto io voglio utilizzare. Sotto il pretesto che non contraddice brutalmente queste leggi, una rappresentazione, caricata di ogni sorta d’ipotesi annesse, non è necessariamente l’immagine della realtà. Sono io forse obbligato a giudicare a priori qualcuno come persona onorevole per il solo fatto ch’egli non ha avuto mai a che fare col codice penale?

E d’altra parte che cosa si intende esattamente per “reale”? Dato che si concepisce un determinato stato di quiete come la schietta quiete, la quiete “vera,” si suppone uno spazio assoluto, che la teoria della relatività ha per scopo di rendere superfluo.

Il secondo ordine di riflessioni ci avvicina, forse ancor di piú, allo spirito del principio di relatività. La miglior cosa per rappresentarci la relatività di un movimento è di figurarsi un sistema d’ordine superiore, nel quale l’oggetto in questione è effettivamente in quiete. Se si vuol considerare il treno in marcia come in quiete non si deve fare altro che pensare che esso viaggia [p. 123 modifica]sulla terra in movimento, e nulla m’impedisce di ammettere che il suo movimento e quello della terra si annullano, il che mi permette, con maggior ragione ancora che per la stessa terra, di ammettere che il treno non si muove. È vero che nei movimenti non uniformi è piú difficile immaginarsi un sistema d’ordine superiore nel quale il nostro treno sia ad ogni istante immobile. Tale sistema non può essere quello delle stelle fisse, poiché non si può evidentemente figurarsi il nostro treno che resti fermo per molto tempo in rapporto ad esse. Ci è necessario costruirne uno piú vasto ancora: immaginiamo uno Spirito potente, che si interessa delle questioni di fisica e che si sposta nell’universo con un’impalcatura colossale, la quale si spinge molto al di là delle stelle fisse. Questa impalcatura, supposta imponderabile, porta una graduazione in chilometri e in metri visibili da lontano, e dei piccoli esseri che fanno delle osservazioni. Il potente Spirito ne regola la marcia esattamente su quella del treno, in modo che questo appare in quiete se lo si osserva dalla impalcatura, mentre al contrario tutta la terra appare in movimento. Nell’istante in cui comincia la catastrofe, lo Spirito ferma la sua impalcatura, in modo ch’essa rimane in quiete rispetto al treno. I piccoli osservatori, che si attengono strettamente alle loro graduazioni, notano naturalmente un formidabile movimento del sole, della luna e delle stelle nel senso del movimento primitivo dell’impalcatura. Infatti, sole, luna e stelle si muovono indifferentemente in tutte le direzioni, ma la componente del loro proprio [p. 124 modifica]movimento, direttamente opposto a quello dell’armatura, scompare all’arresto di quest’ultima.

Come spiegano i nostri osservatori i fenomeni che essi constatano nel treno? Essi non possono riferirli all’inerzia, perché il treno, rispetto a loro è sempre in quiete. Essi ammetteranno quindi un campo di gravitazione che ha portato in quiete la regione circostante, che prima era in movimento, ed ha tutto sconvolto nel treno. Quanto alla causa dell’apparizione di questo campo di gravitazione, sarà evidentemente il movimento relativo di tutti i corpi celesti, rispetto al loro sistema, che essi percepiranno all’istante della loro brusca fermata.

Noi non citeremo che alcune delle obiezioni possibili. Si potrebbe dire a tutta prima che questa azione repentina di corpi celesti, benché molto lontani, non è che un’azione istantanea a distanza, precisamente incompatibile con la nuova teoria. Rincresce di non poter disporre piú del nostro vecchio etere che ci permetterebbe di rappresentare facilmente la concezione di Einstein; potremmo immaginare che i corpi celesti lontani creano in esso delle tensioni insensibili finché il movimento è uniforme, e sensibili appena esso non è piú tale, il che permetterebbe l’apparizione improvvisa di un campo di gravitazione. Siccome noi non abbiamo piú etere, ci è necessario ricondurre tutto al “campo;” ma in fatto questo non cambia nulla. D’altro canto Einstein ha ripreso il vocabolo etere, per dare una designazione piú concreta alle proprietà variabili di questo campo, ma non si può riconoscere ad esso, come del [p. 125 modifica]resto neanche prima, alcuna proprietà materiale. Molti relativisti di valore non dissimulano il loro disappunto di vedere “l’ospite testé espulso” fuori della fisica, introdurvisi nuovamente. Non sono stato certo io quello che per il primo ha fatto notare con una crudele facezia che sarebbe sufficiente cambiarne il nome. Noi potremo anche dire che il movimento non uniforme della nostra armatura non ha luogo solo rispetto alle attuali posizioni e agli attuali movimenti delle stelle, ma anche rispetto alle posizioni e movimenti precedenti. Se dunque noi vogliamo che il nostro treno rimanga in quiete, il che obbliga ad ammettere un movimento non uniforme delle stelle, noi possiamo immaginare che questo movimento ha avuto luogo prima, nell’istante cioè in cui le stelle si trovavano là dove i viaggiatori le hanno viste durante la catastrofe, e benché l’azione sul treno sembri istantanea, non vi è piú alcun ostacolo al principio delle azioni ravvicinate, non vi sono piú forze a distanza che agiscano istantaneamente.

Si potrebbe ancora dire: è ben straordinario che quello Spirito calcoli e arresti la sua armatura precisamente nel momento stesso in cui il treno incontra la pietra sulle rotaie. Ma noi possiamo immaginare che il movimento non uniforme dell’armatura si produca in un qualsiasi altro istante. Allora il treno, le rotaie, la regione intera obbediranno, senza incontrare ostacolo, al nascente campo di gravitazione, il treno cominciando subito a cadere, le rotaie e tutta la contrada circostante rallentando a lor volta il [p. 126 modifica]movimento, che è ora diretto verso l’“alto”, del nuovo campo. Dal punto di vista relativo nulla è cambiato, e fisicamente non accade nulla in questo momento. Si vede che, anche dal punto di vista della relatività generale, non è l’arresto brusco dell’impalcatura che genera la catastrofe, ma la pietra sulle rotaie che impedisce la “caduta.” Non è meno stupefacente vedere un fatto cosí insignificante, come l’esistenza di una pietra in un punto delle rotaie, legato all’arresto brusco del nostro enorme sistema; è in ciò che si sente l’arbitrio della nostra ipotesi iniziale: a parlare francamente è da insensati ammettere che il treno sia rimasto in quiete; l’esempio è stato scelto da un avversario della teoria della relatività che ha esposto un punto di vista inverosimile per mettere dei bastoni tra le ruote: improvvisare lí per lí la verifica di un’ipotesi cosí assurda, si può dire, non sarebbe certo un titolo di gloria all’attivo della nostra dottrina: le supposizioni arbitrarie che si è obbligati di fare mostrano bene il carattere antinaturale del punto di vista dal quale si è partiti. Infine si può essere urtati dall’apparizione improvvisa del campo di gravitazione. È qui del resto il nodo di tutta la teoria: si può supporre che delle masse cosí distanti, perché sono animate da un movimento relativo prodigioso, possano produrre un campo di gravitazione molto piú intenso di quello che non l’abbia permesso, fino ad ora, la concezione di Newton? Su questa interrogazione terminava il nostro capitolo sulle forze centrifughe. Nei riguardi dell’inerzia, e delle forze centrifughe che agiscono sulla terra, le stelle [p. 127 modifica]hanno certamente una parte, poiché non possiamo riferire altro che ad esse il movimento di rotazione della terra. Sembra quindi logico, data la completa equivalenza dell’inerzia e della gravità, ammettere resistenza delle azioni di gravitazione delle stelle.

Terminiamo con una obiezione che può essere fatta alla nostra rappresentazione; i nostri osservatori, si dirà, risentirebbero essi stessi l’arresto brusco della loro impalcatura: essi sarebbero precipitati e non si meraviglierebbero piú che lo stesso fatto fosse capitato al treno, ed essi non ammetterebbero come causa un campo di gravitazione o qualche cosa di simile.

Ma ragionare cosí è un ritornare al punto di vista assolutista delle azioni dello spazio in sé. La confutazione di questa concezione è naturalmente impossibile, poiché essa è costruita tanto logicamente e senza maggiori contraddizioni di quanto lo sia la concezione relativista. I metodi logici, anche se aiutati dall’analisi matematica, non possono far prevalere l’una o l’altra teoria. Non questi metodi, ma una specie di istinto ha condotto Einstein, e Mach molto tempo prima di lui, a preferire la relativista. A lungo andare, è vero, né l’istinto, né l’intuizione devono decidere: la decisione spetta ai fatti, e di questi daremo ora un breve apprezzamento.