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«La mattina seguente aspettavo ancora. Ed ancora passò l’ora degli arrivi senza che alcuno bussasse alla mia porta. C’era lettera almeno per me? Non [p. 112 modifica]osavo domandare. Mi pareva che persino i camerieri dovessero leggermi in volto l’ansietà del cuore, e comprendere che soffrivo un’amara delusione; nel loro linguaggio brutale, una canzonatura.

«Ed intanto poteva essere che la lettera ci fosse laggiù nella tavola, e che nessuno pensasse a portarla. Mio Dio! come farli ricordare di me? Ah! uscirò.

«Detto fatto. Misi cappello e cappotto e scesi le scale lentamente, senza sapere dove andassi. Nel passare dinanzi all’ufficio sentii gridarmi:

«— Signora, scusi; una lettera per lei.

«Ebbi un sussulto che mi scosse dalla testa ai piedi. Mi sentii divenire fredda. Era una lettera grossa, ed era di Max.

«Non saprei dire come nè quando avessi veduta la sua scrittura, ma la riconobbi.

«Rimasi là due minuti paralizzata con quella lettera in mano.

Assolutamente non potevo avventurarmi per la strada con quella curiosità nell’anima. C’era da cadere in apoplessia. E neppure potevo tornare indietro dopo essermi avviata con quella sicurezza come se un grande affare m’aspettasse fuori. È impossibile dire fino a che sottigliezze arriva in una donna il pudore del sentimento. Ma uno dei suoi istinti principali è di dissimulare agli estranei l’interesse che inspira una lettera. [p. 113 modifica]

«Mi venne un’idea, e la colsi al volo come una ispirazione di cielo.

«Mi avviai direttamente alla sala da pranzo, quasi che quella e non altra fosse stata la mia meta.

«— Fa colazione? mi chiese il cameriere.

«— Sì.

«— Cosa prende? Caffè e panna?

«— Sì. — Mi sarebbe stato impossibile dir altro. Poi pensai che non volevo esser interrotta dal servizio mentre leggerei la mia lettera, ed aggiunsi:

«— Subito.

«Appena seduta ero servita. Apersi quella busta, stesi il foglio dinanzi a me appoggiato alla bottiglia dell’acqua, presi da una mano la molletta, dall’altra la zuccheriera... e lessi:

— «Mia cara Fulvia,

— «Voi mi chiamavate filosofo, forse collo stesso significato con cui i Greci chiamavano Eumenidi le bruttissime furie. Ebbene; io vi darò in iscritto un saggio di quella filosofia che non ho saputo mostrarvi conversando con voi, dovessi pure con questo provocare gli scongiuri della bella maga che ha evocato il mio non so se buono o cattivo spirito filosofico.

— «Nell’ora stessa in cui vi vidi partire giurai di non raggiungervi a Reggio; e manterrò il proponimento per quanto mi costi il mancare alla parola data, [p. 114 modifica]e rinunciare alla profonda soavità de’ vostri sguardi.

— «E sapete perchè?

— «Perchè nell’ora amara della partenza, sentii che nel nostro amore neonato, era davvero per me il germe di una passione pazza, violenta, infelice come tutte le mie passioni. Questa scoperta tirò dietro a sè delle considerazioni in gran parte analoghe a quelle che voi facevate sulla nostra relazione, che venne troppo tardi; sulla sua natura, che è falsa perchè in realtà è amore, e noi gli facciamo violenza per camuffarlo nell’abito austero dell’amicizia; sopra i suoi ostacoli, che si riassumono tutti in uno solo: il vostro fidanzato. E le conclusioni che trassi furono per me d’uno sconfortante che non potrei esprimervi a parole.

— «Sapete, Fulvia, che io non posso nè amare, nè possedere a metà! Vi dissi che un altro amore mi aveva dominato in cuore avanti ch’io vi conoscessi. Ebbene, allora io rasentai il manicomio tormentandomi notte e giorno coll’idea fissa che un altro uomo aveva l’intimità della mia donna. Nè giovava farmi riflettere che quell’altro uomo era suo marito.

— «E nel caso vostro, Fulvia, credete che potrei più facilmente rassegnarmi?

— «Stando così le cose nostre, sento che mi è necessario [p. 115 modifica]evitare di convertire in passione ardente, l’affetto che m’avete inspirato. Ma la passione verrebbe senza dubbio, la sento montare come un fiotto dal fondo del mio cuore.

— «Mi conosco, Fulvia; anche qualche colloquio; anche l’amarezza d’una partenza e non sarei più padrone di me. Se io venissi a Reggio, sareste voi disposta a rompere ogni altro impegno, a vincolarvi con me, ad esser mia, ed a seguirmi a Milano, o a lasciare che io vi segua sempre e dovunque?

— «Mi avete già risposto di no... Ecco la mia filosofia.

— «Voi avete la sapiente moderazione che v’inspira il vostro decoro di donna; io no. Nel tempo stesso che v’onoro e vi venero, eccitate in me i trasporti più rivoluzionarii dell’amore intero e prepotente.

— «Dunque, non ci vedremo per ora. Le nostre esistenze, come voi mi diceste un giorno, debbono accontentarsi per ora di procedere parallele. Chi sa che l’avvenire non permetta la convergenza delle due linee? È un mio sogno ed una mia speranza.

— «Intanto, se questa lettera non è il Waterloo del mio povero amore, seguitiamo ad amarci da lontano. Scriviamoci della lirica epistolare.

Ed, imitando quei grossi ragni da giardino di cui avevate tanta paura nelle nostre gite campestri, gettiamo delle fila che forse il vento romperà, forse diventeranno la [p. 116 modifica]tela istoriata d’un amore profittevole alla mia vita, e degno di voi.

— «Triste e solitario, penserò spesso con amara dolcezza i vostri dolci occhi fisi ne’ miei. E voi?

— «Massimo

«Sempre nella stessa posizione prosaica, nell’atto di inzuccherare il mio caffè, lessi tutta quella lettera. Passai dalla dolce trepidazione della speranza al più profondo abbattimento, senza che il menomo cangiamento si fosse fatto nella mia persona. Soltanto sentivo velarmisi gli occhi d’un liquido tremolante, e poi grosse lagrime rigarmi le guancie e cadere nella tazza che avevo dinanzi.

«Abbassai il velo ed uscii. Mi sentivo sola, perduta nel mondo; quella lettera aveva fatto il vuoto intorno a me e nel mio cuore.

«Io non so dove trovino gli scrittori quei caratteri chiari, coerenti, che, una volta descritti, agiscono sempre a seconda delle passioni e dei sentimenti predominanti che hanno rivelati. Nel mondo non è così.

Si trovano nature fluttuanti in una perpetua alternativa di bene e di male, di coraggio e di debolezza, di passione generosa e prepotente, e d’egoismo calcolato e freddo.

«Massimo così appassionato, così impetuoso, così irriflessivo nelle sue giovanili imprudenze, ora era ad [p. 117 modifica]un tratto prudente e misurato come un’equazione algebrica. Qual’era il suo carattere? E dove?

Nell’uomo o nella lettera?

«Egli che mi aveva dimostrato un amore delirante, ora parlava con paura del pericolo che l’affetto che io gli avevo inspirato si mutasse in passione.

«Non era adunque che un semplice affetto? La passione era ancora nelle nubi dell’avvenire? Ed il suo cuore era tuttavia calmo abbastanza per venire a congresso colla ragione, capire che non era il caso d’accelerare più oltre la misura de’ suoi battiti, e fermarsi?

«Ma allora che cos’era il sentimento che mentre mi onora e mi venera, eccita in lui per me i trasporti più rivoluzionarii dell’amore prepotente ed intero? Mentiva in quell’ultimo periodo? O mentiva nel primo? M’ingannava l’uomo, o m’ingannava la lettera?

«Ingannava la lettera. Così pensai dopo averne passata in attenta rassegna ogni frase, ogni parola.

«Egli mi amava; in un impeto di vera passione aveva deciso di seguirmi, ed aveva sperato d’indurmi a rompere ogni altro impegno, a mancare alla mia parola, ad esser sua.

«Poi, nell’intervallo tra il progetto e l’esecuzione, aveva pensato a me, onesta e leale, che cesserei di esserlo il giorno in cui cedessi al suo amore. E si era detto. [p. 118 modifica]

— «A che l’uomo sarebbe il più forte se non avesse il coraggio morale, dinanzi all’amore di una donna, di combatterlo per sè e per lei, quando è nell’interesse di lei di combatterlo?

«Ed attingendo nella lontananza quell’eroismo che vicino a me sarebbe stato affogato da un impeto giovanile, ad una parola, ad uno sguardo, aveva scritto una lettera ragionata; aveva compresso il suo cuore per farlo tacere dinanzi al mio. Ed a quando a quando il cuore s’era imposto alla ragione, ed aveva dettato una frase che smentiva le precedenti.

«Così mi spiegai la lettera sconclusionata ed incoerente di Max. Era realmente così?

«Ma ad ogni modo io ne era addolorata ed offesa. Avrei voluto quella passione che non ragiona. Forse era un’idea da romanzo; forse sarebbe stato una ruina per me; forse in realtà egli era generoso ed assennato, io imprudente ed egoista; forse avrei dovuto ringraziarlo e benedirlo del sacrificio che s’imponeva per me.

«Eppure non lo ringraziai nè lo benedissi. Il mio pensiero non andava al futuro per calcolarvi i mali preveduti da quel savio procedere. Stava nel presente, che aveva sognato divino e trovava arido e vuoto. Cercava il giovane innamorato e trovava l’uomo savio. Nell’amarezza della delusione gettai sulla carta questa risposta: [p. 119 modifica]

— «Massimo,

— «La vostra lettera è un plagio. Avete tradotte in pratica le mie teorie dell’episodio tempestoso; ma voi, campione degli amori eterni, l’avete abbreviato. Vedo che siete ridivenuto filosofo; ma vi preferivo poeta.

— «Fulvia

«Dopo queste ci scambiammo una serie di quelle lettere, in cui il platonismo dell’amicizia disillusa fa posto tra riga e riga alle insinuazioni fatali dell’amore, che, grande o piccolo, caldo o freddo, alato come un Dio o paffuto e rubicondo come la prosa dell’umanità, sta sempre rimpiattato in qualche angolo, dovunque stanno in rapporto un uomo giovane ed una giovane donna.

«E tra una lettera e l’altra cominciai a fare le prove dell’opera, poi ad andare in iscena, ad essere applaudita, ad inebriarmi nella gloria del successo, nella passione dell’arte; ed anche nell’interesse delle nuove scritture.

«Tutto codesto spuntò la prima amarezza; mi aiutò a vivere senza quella gioia di cui m’ero fatto un unico pensiero, mi ripose lo spirito in calma.

«E quelle lettere ridivennero per me una grande dolcezza, e le attesi e le accolsi e le studiai come a caso nuovo; e di volta in volta mi affannai a tro[p. 120 modifica]varvi ed anche a provocarvi espressioni d’amore; e mi dissi che la violenza con cui egli reprimeva il sentimento dinanzi alla ragione, veniva meno grado grado, e tornai a credermi amata, e tornai ad amare, e tornai a sperare. Erano illusioni? Era verità? Non lo seppi mai.