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varvi ed anche a provocarvi espressioni d’amore; e mi dissi che la violenza con cui egli reprimeva il sentimento dinanzi alla ragione, veniva meno grado grado, e tornai a credermi amata, e tornai ad amare, e tornai a sperare. Erano illusioni? Era verità? Non lo seppi mai.

XXI.

«Sempre con quell’andirivieni di lettere, che ormai era parte integrante della mia esistenza, ed era la parte più cara, terminai la stagione di Reggio; di là passai ai bagni di Livorno, dove mi raggiunsero il babbo e Gualfardo che avevano ottenuto entrambi un mese di libertà per passarlo meco.

«Questa volta Gualfardo ed io eravamo, per dirla con termine da teatro, perfettamente affiatati. Freddi entrambi, egli per natura, io per lo sgomento che avevo di mentire con lui un amore che sentivo invece per un altro, ci trattavamo come due bagnanti che si sieno conosciuti alla tavola rotonda il giorno innanzi. Così a me non accadeva di fargli rimprovero della sua freddezza; e, quanto a lui, sarebbe andato a rotoli il mondo prima che pensasse a rimproverarmi la mia.

«E tuttavia ogni volta che scrivevo a Massimo o ricevevo lettera da lui, mi sentivo umiliata della mia