Supplemento alla Storia d'Italia/VII
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Parigi, il dì 6 Fiorile anno 4 (25 Aprile 1796)
VII - Il Direttorio esecutivo al General Bonaparte.
Il Direttorio esecutivo ha ricevuto, cittadino Generale, per mezzo di un secondo corriere, la novella della vittoria di Millesimo. I gloriosi attestati della nazionale gratitudine, che il corpo legislativo ha decretato darsi al valoroso esercito d’Italia, per questa battaglia e quella di Montenotte che aveala preparata, dispensano il Direttorio dallo estendersi di più sulle lodi da lui meritate: si ristringe dunque a congratularsi col Generale, a’ di cui talenti ed attività debbonsi principalmente attribuire queste vittorie, per le disposizioni da lui date e pel buon successo che ne ha ottenuto; egli commette di mandare ai generali francesi che lo hanno sì prosperamente secondato ed ai prodi che hanno vinto sotto i loro ordini, l’attestato della sua soddisfazione e di quella di tutti i veri amici della libertà.
Un governo repubblicano accoglier sa coloro che rendono essenziali servigi alla patria. Egli debbe incoraggiar gli uomini che dai loro sentimenti patriottici e dalla intrepidezza, compagna dei soldati francesi, sono guidati a delle azioni che illustrano il loro paese.
Il Direttorio vi avvisa aver con sollecitudine condisceso alla domanda che Voi gli avete fatta del grado di generale di brigata pel cittadino Rampon, comandante della ventunesima mezza brigata. A questi egli scrive una lettera di congratulazione, che troverete qui annessa unitamente al suo brevetto, che il Direttorio vi commette di consegnargli. Ha creduto parimente il Direttorio dover confermare la promozione da Voi fatta del cittadino Lannes al grado di capo di brigata della trentanovesima mezza brigata, in luogo dell’ufficiale che la comandava, morto sul campo dell’onore.
Un altro sforzo, cittadino Generale, e tolto sarà ogni ostacolo all’avanzamento del vittorioso esercito che voi conducete. Nel momento in cui il Direttorio vi scrive debbe essere stato dato l’assalto a Ceva, ed i soldati francesi avranno valorosamente investito il campo trincerato dei Piemontesi sotto questa fortezza. Un vasto campo vi si apre davanti, il Direttorio ne ha misurato tutta l’ampiezza: le instruzioni che vi ha date, gli schiarimenti che con la presente vi aggiunge, e che le circostanze gl’impongono di mandarvi, i vostri militari talenti non meno che il valore delle truppe che vi obbediscono, faranno sì che il percorrerete con gloria, e in una maniera degna della Repubblica per la quale combattete. Gli ordini che il Direttorio vi trasmise, allorché vi annunziò essere voi stato eletto a Condottiero dell’esercito d’Italia, hanno già stabilito le basi di questa impresa. Ora dunque non farà che accennarvi il modo con cui dovete condurvi nelle diverse circostanze, in che naturalmente potrete dagli avvenimenti della guerra esser posto.
La prima ipotesi che deve formarsi è quella che più si riferisce alle speranze che danno al Direttorio l’esercito d’Italia, ed i talenti ed il zelo del generale che n’è al comando. Tutto ne porta a credere che dopo avere ottenuto un buon successo a Ceva, dopo esservi impossessato di questo Forte, il terrore si spargerà in tutto il Piemonte; la corte di Turino sarà costretta di abbandonare Cuneo, Mondovì e le altre sue piazze alle loro proprie forze; di raccogliere le sue truppe per difendere Turino, e di cercare per via di sforzi, che l’attività vostra e le disposizioni militari che darete sapranno render vani, di opporsi ulteriormente alla mossa che una parte dell’esercito d’Italia far potrebbe contro quella capitale. Il Re sardo fors’anco, atterrito da’ vostri successi, inquieto delle turbolenze che suscitar potrebbonsi in Turino stessa, rinunzierà finalmente alla lega, cui per Sua sciagura si è congiunto. E non è inverosimile, che nelle attuali circostanze egli si muova a sollecitare una pace che ha pertinacemente tenuta lontana, e che ora può solo sperare dalla generosità francese.
Il Direttorio ha riservato esclusivamente a sé la facoltà, che la Costituzione gli dà di negoziar la pace; egli nondimeno crede utile di comunicare a voi, cittadino Generale, alcune delle basi, sulle quali fa disegno di stabilirla.
Una lega offensiva e difensiva col Re di Sardegna sarebbe indubitatamente la più vantaggiosa alla Corte di Turino; l’assicurerebbe non solo la Sardegna, dove i torbidi non sembrano durare se non per la speranza di essere secondati da noi, ma procurerebbe alle truppe Sarde, mediante un assalto combinato con i motori delle truppe Francesi verso Tortona, Alessandria e Valenza, l’importante invasione del Milanese. Questa lega finalmente ci renderebbe sicura la totale espulsione della Casa d’Austria fuori d’Italia; ma la penuria di danaro nel Piemonte, la poca fiducia di che gode la Corte di Turino, e il guasto del paese per le fatte campagne, allontanano l’idea della possibilità di una lega tanto desiderata, e che volterebbe improvvisamente le forze piemontesi contro gli Austriaci, nostri ostinati nemici. Tutt’al più potrebbesi forse esiggere, che una parte delle truppe della Corte di Turino si unisse a quella della Repubblica, mentre il rimanente delle truppe Sarde sarebbe saviamente ridotto in uno stato per cui non avremmo a temerne nel progresso di questa guerra, quand’anche gli Austriaci ottenessero dei vantaggi, ed obbligassero di nuovo i Piemontesi ad unirsi con loro. Tuttavia, se la Corte di Turino, mossa dalla speranza di poter fare entrare le sue truppe nel Milanese (di cui la Francia le assicurerebbe la possessione) voltasse subitamente le sue forze contro i soldati dell’Austria, in tal caso diverrebbe necessario l’avere alcune piazze importanti per pegno della sua fedeltà verso di noi. Tortona ed Alessandria, Cuneo, Susa ed il Forte d’Icilia star dovrebbono per sicurtà della fede del Re di Sardegna alla lega che dal Direttorio sarebbe con lui conclusa.
Le quali ragioni, inducendo a credere che la Corte di Turino, nel momento in cui vedrassi costretta a domandarci la pace, si troverà nell’assoluta impotenza di continuare la guerra, hanno fermato l’animo del Direttorio. Eccovi, cittadino Generale, alcune delle basi su le quali il Direttorio proponesi di stabilir questa pace, se rinunziar deve alla speranza di una lega offensiva e difensiva, utile ad ambi gli Stati:
1. Disarmamento generale del Piemonte;
2. Riduzione delle truppe piemontesi ad uno stato che nulla ci dia a temere durante il corso della presente guerra;
3. Passaggio nell’Isola di Sardegna della maggior parte e dei migliori corpi che saranno conservati;
4. Occupazione delle fortezze e piazze d’Alessandria o Tortona, Ceva e Cuneo, e quelle d’Icilia e di Susa, con stipulazione che le tre ultime dovrebbono smantellarsi alla pace generale, o alla pace particolare con la Corte di Torino;
5. Somministrazione in natura degli oggetti d’ogni genere, di cui le truppe della Repubblica abbisogneranno nel corso della guerra attuale non meno che dei mezzi di trasporto, e lo stabilimento nel Piemonte degli spedali militari e delle fabbriche degli oggetti necessarj all’esercito d’Italia.
La seconda ipotesi che pone il Direttorio si è quella in cui il Re di Sardegna, o per ostinazione, o per la speranza che avesse ancora di stranieri soccorsi, volesse perseverare nella guerra. Le prime istruzioni che vi ha dato il Direttorio prescrivono qual modo tener dovete in questa condizione di cose; tentar cioè di far insorgere i popoli del Piemonte, secondarvi i fautori di un governo repubblicano, e trarre da quel paese tutto il bisognevole all’esercito d’Italia; ma sarebbe cosa imprudente l’inoltrarsi di troppo nel Piemonte, e solo di esso occuparsi: ne seguirebbe che gli Austriaci avrebbono modo di ristorarsi delle loro perdite ed aprirsi l’adito ad ottener qualche vantaggio.
Farà dunque di mestieri (e voi potete, cittadino Generale, disporre anticipatamente questa mossa) agire sul vostro fianco destro, rispignere gli Austriaci oltre il Po, e dirigere i vostri maggiori sforzi verso il Milanese. Genova dopo la disfatta dei soldati dell’Austria, non vorrà persistere a negare i soccorsi che ci sono indispensabili. La fermezza e l’energia degli agenti francesi presso questa Repubblica, e la loro savia e regolare condotta, degna in tutto di quella che ve gli tiene, faranno tornare i Genovesi a quei doveri, d’onde non avrebbono dovuto mai allontanarsi. Essi più non ricuseranno di lasciarvi occupar Gavi nel modo ed agli stessi patti con che v’impadroniste di Vado; e se eglino fossero sì malconsigliati da opporsi ai nostri successi che assicurano la loro esistenza, usate la forza per impadronirvi di quella fortezza. Del resto il Direttorio confidasi intieramente nella vostra prudenza, ed è persuaso che in queste difficili transazioni (che la lontananza non gli permette di determinare stabilmente) voi vi comporterete con sagacità e convenienza.
Tali sono gli schiarimenti che dopo i vostri successi il Direttorio ha creduto dovere aggiungere alle istruzioni, che già date vi aveva. Egli non può dubitare un momento che non siate per profittare delle vittorie riportate dall’esercito. A voi, cittadino Generale, non potrassi al certo rimproverar mai il vergognoso riposo di Capua.
Letourneur.