Sulle ferrovie proposte per la congiunzione delle linee Palermo-Girgenti e Catania-Licata/IX
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Considerazioni sul consolidamento dei terreni
Mi permetta qui il lettore di esporre alcune considerazioni, che non mi pajono inutili. Del resto egli potrà saltare direttamente a pag. 89, alle parole Ritorno ora.
Le gallerie che attraversano le argille o le marne argillose dell’epoca terziaria media, se non sono rivestite rapidamente e solidamente, spesso si restringono, il suolo s’innalza ed ancorchè siano bene armate arrivano a chiudersi completamente in un periodo di tempo non molto lungo.
Questo restringimento, questo sollevamento del suolo è graduale, lento e pare un fenomeno derivante dal gonfiamento delle argille.
Alcuni ingegneri lo attribuiscono ad un fenomeno di gonfiamento propriamente detto, ossia ad un aumento di volume dell’argilla o della marna argillosa, altri lo attribuiscono ad un fenomeno di pressione.
Se si espone all’atmosfera l’argilla marnosa estratta da una galleria, e l’atmosfera non è umida, essa diminuisce di volume. Se la si espone ad un atmosfera umida assorbisce ancora acqua ed il suo volume aumenta.
Nelle gallerie l’argilla è umida, ma, essendo stata sottomessa per molti secoli ad una pressione notevole, è costipata, compressa ed allorquando si trova in presenza dell’umidità può assorbirne ancora con un aumento di volume.
Ciò si verifica specialmente per le argille ricche di elementi salini.
Gli elementi salini in presenza dell’umidità diventano deliquescenti e l’acqua da essi assorbita produce un aumento di volume.
Il salgemma nelle miniere non contiene acqua come il sale marino, sebbene sia stato prodotto in un modo analogo.
Esposto all’aria, se essa è asciutta, si conserva inalterato, se è umida diventa deliquescente e via via aumenta di volume.
L’argilla ricca di elementi salini è soggetta ad un gonfiamento nell’interno delle gallerie.
Avendo collocato nella mia camera un pezzo di marna argillosa del miocene inferiore, la quale apparentemente non conteneva elementi salini, allorchè l’atmosfera diventò umida, anche la sua superficie diventò umida. Ritornando il bel tempo la marna asciugò completamente. L’evaporazione dell’acqua, succedeva naturalmente alla superficie. Per l’azione della capillarità l’umidità interna era via via richiamata all’esterno. Nel suo cammino essa trascinava seco gli elementi salini che aveva disciolti, lasciando un piccolo velo bianco alla superficie.
Una serie alternativa di epoche di umidità e di bel tempo portarono alla superficie tanti elementi salini (Cloruro di sodio, Solfato di magnesia, solfato di Calce) da tapezzarla di cristallini e filamenti lunghi uno a due centimetri.
L’atmosfera ritornando umida i sali assorbivano acqua, penetrano sciolti nell’argilla ed essa esternamente almeno aumentava di volume.
L’argilla può assorbire tanta acqua da aumentare di 1/4 il suo volume allo stato asciutto.
Allorquando un fenomeno reale di gonfiamento si verifica nelle argille in cui le marne sono ricche di elementi igrometrici, derivando esso da una azione chimica, determina una pressione immensa alla quale è quasi impossibile opporre una resistenza sufficiente.
I gonfiamenti delle gallerie scavate nelle argille e specialmente nelle argille marnose plastiche del miocene o dell’eocene superiore non devono tuttavia in massima parte considerarsi come veri fenomeni di gonfiamento.
Essi sono prodotti dalla pressione delle materie soprastanti sopra un elemento che è plastico anche per la sola umidità che conserva da secoli nel posto occupato prima dello scavo dalla galleria.
La pressione sopra un elemento plastico tende a modellarlo. Se l’argilla assorbisce umidità per la presenza di elementi igrometrici diventa maggiormente plastica e quindi più facilmente modellabile.
Se l’argilla sotto l’azione di una pressione può avere libera una uscita, vi si caccia, e quindi la base delle gallerie, eseguita la muratura della calotta, si solleva per l’argilla che sfugge alla pressione.
Le osservazioni varie di Lanino sui fenomeni che si verificarono nei terreni delle gallerie Starza e Cristina sulla linea Foggia-Napoli dimostrano che i fenomeni di gonfiamento sono dovuti almeno in gran parte alla pressione delle materie sovrastanti.
Rotto l’equilibrio nella sezione occupata dalla galleria la pressione diventa di più in più potente e quindi è necessario rivestirle rapidamente per non aggravare la situazione.
Che la pressione sia la causa principale di questi gonfiamenti si può ricavare altresì dai fenomeni, che si verificano allorquando si costruiscono alti rilevati basati su argille umide.
I rilevati alti pesano molto, la loro pressione sull’argilla plastica sottostante, se essa trova libera una scappatoja, la spinge a mettersi su questo cammino. L’argilla scappa quindi dal disotto del rilevato e si innalza al di là del piede dei rilevati medesimi, producendo un fenomeno apparente di gonfiamento.
Per evitarlo bisogna, o diminuire il grado di plasticità dell’argilla fino al punto in cui essa sia capace di resistere alla pressione, oppure contrapporre una resistenza, una pressione all’argilla, dal lato in cui essa trova libero il cammino, tale che, unita alla pressione che potrebbe liberamente sostenere, faccia equilibrio alla pressione determinata dal rilevato.
Per diminuire la plasticità dell’argilla e renderla più atta a sopportare la pressione bisogna diminuire la sua umidità.
Se si verifica nelle argille una corrente d’acqua quantunque piccolissima, coi drenaggi si può raccoglierla, esportarla ed impedire così che essa diventi troppo molle e pastosa.
Può tuttavia verificarsi (e si verifica sempre nelle argille se sono ricche di elementi igrometici) che la quantità di acqua ceduta dall’argilla ai drenaggi non sia tale da renderla sufficientemente dura da resistere alla pressione, sè è considerevole.
L’argilla, principalmente se contiene elementi igrometici, conserva una tale quantità di acqua che non cede ai drenaggi, che cede solamente per evaporazione in una atmosfera asciutta e che la rende ancora plastica, modellabile sotto pressioni non molto elevate.
Se questo fatto si verifica nei rilevati il drenaggio tuttochè utile non è più sufficiente. Bisogna opporre una resistenza alla sfuggita dell’argilla e questa resistenza si deve produrre, caricando con un altro rilevato di minore altezza addossato al rilevato primitivo la parte che tende a sollevarsi ed a sfuggire.
Può essere che questa pressione debba essere tale da fare sollevare ancora l’argilla fuori del nuovo rilevato. È quindi necessaria in tal caso addossare al secondo rilevato un altro rilevato minore in altezza il quale produca alla sua base una pressione tale da impedirne il sollevamento.
Il suddetto processo si riduce quindi ad allargare la base del rilevato adottando una scarpa a leggiera pendenza.
Se i rilevati sono formati da argilla o da marna argillosa la necessità di adottare una scarpa avente una leggiera pendenza è evidente, perchè le argille del rilevato non possono acquistare equilibrio stabile se non hanno una pendenza leggiera.
Non bisogna tuttavia credere che, impiegando per la formazione del rilevato materie eccellenti non argillose, si possa adottare una scarpa rigida. Se la base è costituita da argilla plastica contenente elementi salini, la pendenza media della scarpa dovrà sempre essere piccola e grande la base del rilevato per mantenere in assetto il terreno plastico su cui posa.
Nel citato trattato di Bruere si considera solamente il caso in cui il terreno sottostante al rilevato sia torboso o simile e facilmente asciugabile coi drenaggi.
Le scarpe pei grandi rilevati costituiti da argille, invece di avere una sola pendenza sono in pratica divise in varie scarpe formate a gradini.
L’acqua piovana non può così accumularsi in copia sul basso dei fianchi del rilevato, acquistare una grande velocità nella sua discesa, corrodere ed esportare il terreno.
Essa è raccolta in varie cunette murate situate al piede di ciascuna scarpa ed esportate per mezzo di tombini murati.
Uno spessore notevole esterno del rilevato, ossia la parte che prima tende a franare è, mediante diaframmi longitudinali sottostanti alle cunette conservata asciutta, soda e capace di resistere alla pressione determinata dalla parte interna del rilevato.
Colla formazione di una scarpa a gradini si allarga la base del rilevato, e si mantiene in conseguenza in assetto il terreno plastico argilloso su cui posa.
Non accenno qui agli speroni od ai diaframmi normali all’asse dei rilevati e specialmente delle trincee, avendo solamente per scopo di dimostrare, che nei terreni argillosi contenenti elementi igrometici, i drenaggi, sebbene necessarii, non dispensano tuttavia l’Ingegnere dall’impiegare cure e spese considerevoli nella costruzione dei rilevati.
La ferrovia di Vallelunga dal torrente Barbarigo sino alli Xirbi, e specialmente presso la galleria attraversa costantemente terreni argillosi ricchi di elementi salini (solfati di calce, di Magnesia, Cloruro di sodio, ecc.) e richiede quindi cure e spese notevoli per ottenere una sufficiente solidità, la quale sarà sempre meno grande che per le ferrovie costrutte in rilevato su terreno sodo alluviale lungo i fiumi, sebbene debbono essere ivi difese con opera d’arte dalla corrosione delle acque.
Le ferrovie interne dell’Isola stabilite in costa attraversano in massima parte le marne argillose della formazione terziaria, che costituiscono il terreno superficiale di quasi tutti i versanti nelle zone percorse dalle ferrovie dell’interno.
Tutte le argille marnose suddette sono d’indole franosa e specialmente quelle del miocene inferiore e dell’eocene superiore.
La frane sono quindi frequentissime in tutte le zone interne attraversate dalle ferrovie attuali. Alcune frane sono in movimento, altre (ed è la maggior parte) acquistarono equilibrio stabile ed ora sono coltivate, abitate, senza dare segno alcuno di movimento.
Esse si possono riconoscere dai materiali trasportati. Di molte frane non si può più rintracciare il punto di partenza, avendo le acque durante i secoli tutto esportato il terreno superiormente e rispettato qualche volta delle frane solo il piede che in alcune località forma (ciò che pare impossibile) il cucuzzolo di piccoli promontorii.
Alcune frane in equilibrio stabile hanno larghezze e lunghezze considerevoli che arrivano fino a sei chilometri.
Le ferrovie in costa dell’interno debbono quindi necessariamente attraversare molte di dette frane. Le frane in equilibrio stabile non sono pericolose, se non vi si praticano lavori che ne determinino nuovamente il movimento. In varie località il terreno è più sodo su tali frane che nei versanti ove il terreno pare intatto. Varie volte si possono praticare trincee, nelle frane antiche anche profonde, senza produrre movimento alcuno, e se ne possono citare molti esempi sulle ferrovie attuali.
Se le trincee sono poco profonde in regola generale il terreno non si muove. Conviene tuttavia assicurarne maggiormente l’equilibrio con lavori di drenaggio, e, se questi sono preventivi, con drenaggi poco profondi e quindi poco costosi, sebbene il piano antico di scorrimento della frana sia profondissimo, si possono aumentare notevolmente le condizioni di stabilità, come sarà indicato più tardi.
Nelle ferrovie col materiale di trazione generalmente usato non si possono adottare curve di piccolo raggio. Le curve di 300 metri di raggio sono un limite oltre il quale non si può discendere. Generalmente si procura di ottenere curve almeno di 350 a 400 metri di raggio.
Non si può quindi sfiorare col tracciato delle ferrovie il terreno come si può fare trattandosi di strade ordinarie. Non si possono evitare le trincee ed i tagli in terreni così pericolosi.
Per quanto poco inclinati siano i fianchi delle trincee è difficile che le scarpe si conservino, e che l’equilibrio non sia alquanto alterato.
I movimenti sono pericolosi nel terreno a monte, della trincea. Se essi si producono a valle è denaro e lavoro sprecato quello di rimettere in posto pigiata o non pigiata la terra smossa assicurandola con diaframmi o speroni incassati.
Se i movimenti si producono nel terreno a monte le condizioni di equilibrio sono di più in più peggiorate per la pressione che debbono sostenere i fianchi a monte delle trincee non più equilibrati dalla resistenza delle parti sottostanti. Le acque penetrando nelle fessure prodotte dal movimento diminuiscono ancora la forza di aggregazione ed il movimento può così prolungarsi superiormente a grandi distanze, producendo frane considerevolissime principalmente se a monte esistono strati aquiferi come al Belvedere tra Montemaggiore e Roccapalumba.
Per arrestare il movimento bisogna eliminarne la causa od opporvi una forza proporzionale.
Seguendo le istruzioni di Siben ed Imperatori i risultati suddetti si ottengono, trasformando nel modo che sarà accennato appresso, la parte bassa franata oppure il primo tratto a monte della trincea in un muro di sostegno col renderla più solida, più resistente. La solidità e la resistenza della parte suddetta aumentano raccogliendo superiormente al sostegno che si vuole creare per mezzo di un drenaggio le acque che, penetrando nella parte inferiore la rendono molle e incapace di opporsi al movimento della parte superiore ed anche di stare in equilibrio sotto il suo peso.
Se il piano di scorrimento della frana è poco profondo i drenaggi non debbono essere molto profondi e la loro riuscita è assicurata.
Ma se il piano di scorrimento della frana è molto profondo, anche i drenaggi debbono raggiungere una grande profondità ed allora la loro riuscita non è sempre sicura a meno che essi assumano una forma speciale.
I drenaggi sottraggono alla frana tutta l’acqua di infiltrazione che è corrente. L’argilla ritiene tuttavia sempre una quantità di acqua considerevole (come ho già accennato se è impregnata di sali ignometrici) che non cede se non per via di evaporazione. Nei drenaggi l’aria, se vi può circolare, può ancora contribuire al loro asciugamento, ma è difficile che vi possa contribuire in grado sufficiente.
Se le frane sono molto profonde l’argilla plastica, che forma in basso le pareti della trincea e della galleria drenaggio, essendo sottomessa ad una pressione notevole, tende a penetrare attraverso il pietrame a secco del drenaggio ed a chiudere i meati per i quali l’acqua scola.
Sebbene il drenaggio venga a chiudersi non ne deriva che esso non abbia contribuito al consolidamento del terreno. Mentre esso funziona la parte inferiore della frana sottratta all’acqua acquista solidità e resistenza e può arrestare il moto franoso almeno durante l’intervallo in cui il drenaggio è in azione.
Nel sopracennato periodo di tempo le pressioni esercitate prima del drenaggio dalla parte superiore della frana sulle parti inferiori persistono, sebbene il drenaggio funzioni.
Il movimento di discesa nella parte superiore della frana continua, senza oltrepassare il drenaggio, finche si sono chiuse le sue fessure o spaccature (che sono in media normali al cammino da essa tenuto). La frana tende quindi a costiparsi principalmente in basso, dove la pressione è maggiore e dove l’argilla è più molle. L’argilla, costipandosi, diventa od impermeabile oppure meno permeabile. La corrente acquea nella frana deve quindi sollevarsi ad un piano superiore al piano di scorrimento ed a un livello in cui la pressione sopportata dall’argilla non sia tale da renderla, costipandola, quasi impermeabile.
Può essere che la frana, durante questo processo, abbia acquistato il suo equilibrio. Esso potrà tuttavia cessare nuovamente. Se il drenaggio non arriva sino all’altezza sulla quale la corrente acquea non può più sollevarsi, il drenaggio cesserà di funzionare, l’acqua penetrerà nuovamente nella parte della frana già rassodata, che fu trasformata in un muro di sostegno ed essa potrà gradualmente riprendere il suo movimento. Occorrerà quindi in tale ipotesi un secondo drenaggio il quale arrivi sino al piano della corrente. Per assicurare la regolare e costante funzione del drenaggio bisognerebbe che dal piano di scorrimento della frana la sua trincea fosse ripiena di pietrame a secco sino alla massima altezza a cui si può sollevare la corrente acquea nel costiparsi dell’argilla, e ripiena fosse con argilla solamente la parte superiore della trincea suddetta, onde impedire la penetrazione delle acque piovane e melmose scorrenti alla superficie. Parmi che in tal caso la galleria di drenaggio dovrebbe essere una linea spezzata in due parti ascendenti che si incontrino sotto il centro della frana, e che presentino a monte in conseguenza l’angolo sporgente.
L’esecuzione di trincee drenaggi in frane molto profonde che le attraversino dall’alto in basso è un’opera costosissima e difficile per le spinte notevoli del terreno per la massa considerevole di legname occorrente, e per i movimenti che durante l’operazione possono succedere. Per il loro costo esagerato e per le difficoltà di esecuzione sono poco raccomandabili. Può essere che la loro esecuzione, quando sono profondissime, possa essere facilitata, considerando il prisma di argilla che si deve sostituire con pietrame a secco, come uno strato od un filone verticale lavorabile col sistema dei gradini rovesciati. Ma anche in questo caso sarebbe probabilmente preferibile l’esecuzione di una galleria per la ferrovia sottostante al piano di scorrimento, all’esecuzione di una trincea completa di drenaggio attraverso alla frana unitamente alla galleria di scolo, ecc.
Gl’ingegneri Siben-Imperatori per evitare spese costosissime preferirono quindi in tali circostanze l’esecuzione di una galleria di drenaggio al piano di scorrimento della frana e di varii pozzi che attraverso la frana raggiunsero la galleria inferiore.
Certa cosa è che per assicurare la funzione costante dei drenaggi in condizioni così sfavorevoli occorrono opere costosissime e che si deve evitare il più che possibile di avere bisogni di simili opere.
Ricavai l’osservazione precedente sul sollevamento della corrente acquea nelle frane in equilibrio, dall’esaminare la corrente acquea in frane antiche ora rassodate. — Trovai che essa non è più sul piano di scorrimento primitivo della frana ma molto e molto sollevata sul piano suddetto.
Se una frana sta per raggiungere l’equilibrio il suo piede si arresta, comincia a formare un sostegno che si oppone al movimento della parte superiore della frana stessa. Essa si costipa in basso e quindi la corrente acquea deve sollevarsi superiormente al piano di scorrimento. L’osservazione precedente mi pare molto importante per le sue utili applicazioni ed ho creduto cosa conveniente il farne cenno in questo scritto.
Per consolidare una frana non è sempre necessario togliere assolutamente all’argilla tutta l’acqua che essa racchiude. Essa d’altronde non si può mai assorbire completamente principalmente si è impregnata di sali ignometrici. Basta togliere alla frana tanta acqua da rendere l’argilla meno molle e più resistente in modo da stabilire l’equilibrio tra la forza di gravità della massa e gli attriti associati alle forze di aggregazione.
Allorquando si debbono eseguire trincee in frane antiche in istato di equilibrio, le quali in regola generale sono raramente riconosciute per tali, abbenchè lungo una ferrovia s’incontrino molte e molto frequentemente, i drenaggi non hanno generalmente bisogno di raggiungere l’antico piano di scorrimento della frana ma solo il piano in cui esiste la corrente acquea.
Richiedendo essi una profondità molto minore si possono fare con molto minore spesa che raggiungendo l’antico piano di scorrimento. La profondità a cui si trova la corrente acquea nelle frane in equilibrio è variabile specialmente secondo la quantità della pietra sparsa nella corrente. Essa non è in regola generale superiore a quattro metri e non di rado arriva ad una profondità anche minore. Con una spesa relativamente piccola si possono conservare le condizioni di stabilità del terreno, rotte le quali, potrebbero sorgere serie conseguenze.
Trattandosi di frane in equilibrio il cui piano antico di scorrimento è molto profondo, bisogna quindi che i drenaggi siano preventivi.
Se le opere di drenaggio fossero tutte preventive si farebbero certamente spese che in varie località si potrebbero risparmiare.
L’ingegnere Nicolari sostiene che i drenaggi debbono essere preventivi. Ciò sarebbe vero, se tutti gli ingegneri conoscessero, come lui, i terreni e le circostanze in cui i drenaggi sono necessarii. Dipende dal criterio degli ingegneri, dalla conoscenza dei terreni e dai saggi il determinare in quali casi sia utile fare precedere i drenaggi all’esecuzione dei lavori stradali e specialmente delle trincee.
Se una frana è in istato prossimo all’equilibrio, un fatto che aumenti la forza di aggregazione delle varie sue parti può facilmente raggiungerlo.
Nelle argille compatte non rimaneggiate gli alberi non prosperano. Le loro radici vi penetrano difficilmente, non possono estendersi e nell’estate soffrono della sete.
Le frane antiche in equilibrio, principalmente se contengono molta pietra, sono in grande parte alberate ed in conseguenza sulla loro superficie s’incontrano sparse varie case di campagna. Gli alberi possono vegetare nelle frane suddette sia perchè il terreno vi è rimescolato, sia perchè a breve profondità s’incontra la corrente acquea oppure umidità sufficiente per la loro vita.
Alcune frane, come quelle di Fiaccate prossime in basso allo stato di equilibrio, potrebbero probabilmente essere consolidate alberandole totalmente a partire dalla parte bassa.
Allorchè gli alberi hanno esteso le loro radici possono percorrere uno spazio notevolissimo sulle frane, conservando la loro vegetazione e persino la loro verticalità, come ho potuto osservare in varie circostanze.
La loro tendenza a consolidare le frane si esercita quindi anche durante il loro movimento.
Dalla precedente digressione parmi risultare che i lavori di drenaggio e di consolidamento delle frane offrono ancora problemi importanti a risolvere e che non conviene trattandosi di frane potentissime e ricche di elementi salini, come quella di Castellaccio sulla linea di Vallelunga, fare troppo a fidanza coi lavori di consolidamento.