Sulle ferrovie proposte per la congiunzione delle linee Palermo-Girgenti e Catania-Licata/VIII
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Ho accennato agli inconvenienti delle ferrovie in costa nei terreni argillosi e soggetti a moti franosi. La lunghezza complessiva dei tratti in costa sulla linea delle due Imere è di 10 chilometri circa, dei quali 3 su arenarie solidissime, che non appartengono in conseguenza alla categoria sopracennata.
Gli altri 6 chilometri e mezzo circa percorrono la costa di Scillato, di Furiane e S. Margherita in terreni riconosciuti buoni dallo stesso ingegnere Cavallari, ed esposte a Sud Ovest.
Solo nella valle della Cava la ferrovia deve essere basata su argille in costa per una lunghezza di 500 metri circa.
Il resto della linea è basata su terreno alluviale per la lunghezza di 41 chilometri e per altri 8 chilometri risiede al fondo delle valli di Fichera e Xiremi, accosto alle acque dalle cui corrosioni deve essere con opere d’arte difesa.
Sulla linea di Vallelunga i tratti in terreni argillosi in condizioni di poca nessuna stabilità formano complessivamente una lunghezza di chilom. 19, escluse le gallerie, e quindi anche sotto questo rapporto la linea delle due Imere è in condizioni molto più vantaggiose e solide della linea di Vallelunga.
Si crede da alcuni che colla somma di 100 a 200 mila lire al più per chilometro per opere di consolidamento delle ferrovie su coste simili in terreni argillosi se ne possa assicurare l’esercizio, o per meglio spiegarmi, si crede che dato un numero n di chilometri di ferrovia in tali condizioni, ed in numero n di chilometri in condizioni migliori di solidità aventi le stesse pendenze e curve degli n chilometri precedenti, la differenza tra i primi ed i secondi si debba, come assicurazione di esercizio, calcolare in 100 a 200 mila lire moltiplicate per il numero n di chilometri.
Certa cosa è che i movimenti franosi delle argille dipendono dall’acqua, che i drenaggi sono necessari per togliere quest’acqua, e che togliendola la ferrovia è assicurata. Ma non bisogna da ciò conchiudere che la riuscita dei drenaggi sia sempre economicamente assicurata e che convenga fare a fidanza coi lavori di consolidamento, trascurando di mettere la ferrovia in condizioni tali da non avere bisogno di ricorrervi.
L’ingegnere Lanino nel suo scritto sopralodato osserva che l’angolo di spontaneo scorrimento dell’argilla sull’argilla quando la superficie di contratto è umida (pag. 24) ha per tangente 1/20 o poco più.
Da ciò si comprende come questi terreni non possano presentare stabilità di equilibrio se non hanno una scarpa leggerissima.
Se alle argille si togliesse mediante i drenaggi tutta l’acqua di cui sono impregnate e la funzione dei drenaggi fosse assi curata, e gli è certo che i terreni sarebbero in tal modo consolidati permanentemente.
I drenaggi sono non solamente utilissimi ma necessari per sottrarre alle argille tutta l’acqua che possono cedere sotto la loro azione, e senza l’ispezione e le istruzioni in scritto e specialmente orali degli Ingegneri Imperatori e Siben, le ferrovie si troverebbero ancora in condizioni di impossibile esercizio.
Ma ripeto non bisogna da ciò conchiudere che si possa fare a fidanza coi drenaggi tracciando le ferrovie in tali condizioni.
Allorquando le ferrovie sono costrutte e, per l’esecuzione di profonde trincee e di rilevati di notevole altezza, il terreno si è messo in movimento, bisogna ristabilire le condizioni di equilibrio.
Esse sono ristabilite se si aumenta sufficientemente l’aderenza delle argille o l’angolo di stabilità, togliendo l’acqua che diminuisce questa forza di aggregazione, col mezzo dei drenaggi.
Avendo avuto la fortuna di trattenermi cogli ingegneri Imperatori e Siben, dai quali molto appresi, credo di potere asserire che secondo essi il miglior modo di assicurare la stabilità di una ferrovia è di tracciarla in modo da non avere bisogno di ricorrere a grandi lavori di consolidamento, e specialmente di non avere bisogno di drenaggi molto profondi. Dove infatti fu possibile, nello stato di costruzione in cui si trovavano le ferrovie all’epoca della loro ispezione, modificarne il tracciato collocandole accosto alle acque (come nella valle di S. Pietro e specialmente a Fontanafredda ove confluiscono il torrente S. Pietro ed il Salito) difendendole con opere d’arte e con gettate anche in gesso (mancando migliore materiale) dalla corrosione delle acque, essi preferirono adottare il sistema suddetto, anzichè ricorrere al consolidamento del terreno franoso con opere di drenaggio.