Storie allegre/Pipì o lo scimmiottino color di rosa/VIII
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VIII.
Il terribile assassino Golasecca e i suoi compagni.
Golasecca si mette in tasca il povero Pipì e lo porta via.
Lascio ora pensare a voi come rimanessero, quando, balzando in piedi e spalancando gli occhi, si videro circondati da una masnada di brutti figuri, neri come l’inchiostro e tutti armati di sciabole e di bastoni.
― Pover’a noi! siamo bell’e morti! ― gridarono gli scimmiottini.
― Che morti e non morti? ― replicò Pipì. ― Per vostra regola, a morire c’è sempre tempo.
― Ma chi saranno quei ceffi affumicati? ― domandò un di loro.
― Ci vuol poco a indovinarlo: saranno assassini ― rispose un altro.
― E che cosa vogliono da noi?
― Ci vorranno derubare.
― Derubare? ― disse Pipì, ridendo. ― Scusate, miei cari fratelli: quanti quattrini avete?
― Nemmen’uno.
― Allora il più ricco di tutti sono io....
― O tu quanto hai?
― A me ― rispose Pipì ― mi mancano solamente cinque centesimi per fare un soldo. Poi continuò, grattandosi il naso:
― Che assassini originali! Nessuno di loro ha il coraggio di farsi avanti. ―
E diceva la verità.
Difatti, tutti que’ brutti figuri, che riuniti assieme formavano una specie di cerchio, se ne stavano li ritti impalati, senza fare un gesto, senza batter occhio, senza brontolare una mezza parola.
Allora Pipì, avanzandosi in mezzo, disse con bella maniera:
― Scusino, signori assassini; che ci farebbero il piacere di lasciarci passare? ―
Nessuno rispose: nessuno fiatò.
― Grazie tante della loro cortesia, ― soggiunse lo scimmiottino. Debbono dunque sapere che noi siamo una povera famiglia: il babbo, la mamma e cinque figliuoli, e vorremmo tornare a casa nostra: che si contentano lor signori? ―
Al solito, nessuna risposta.
— Ho capito: e grazie tante della loro cortesia. Su, babbo, da bravo! Poichè questi signori sono contenti, spiccate un bel salto, e passando loro di sopra al capo, andate ad aspettarci sulla strada. ―
Lo scimmione fece il salto: e dopo lui, lo fece la moglie: poi i quattro figliuoli.
― Ora tocca a me, ― disse Pipì, che era rimasto solo in mezzo al cerchio formato dagli assassini; ma quando fu sul punto di prendere la rincorsa e di slanciarsi, che è, che non è.... tutti quegli assassini diventarono così lunghi e così alti, che parevano tanti campanili.
― Pipì! Pipì! ― gridavano di fuori i suoi fratelli, chiamandolo con urli disperati.
Ma il povero scimmiottino non aveva più fiato di rispondere.
― Che cosa pensi di fare? ― gli domandò allora il capo della masnada, uscendo finalmente dal suo ostinato silenzio.
― Penso di tornarmene a casa mia....
― T’inganni, povero Pipì! Tu non tornerai a casa.
― Pazienza! Resterò qui.
― Nemmeno: tu verrai con me....
― Con lei?... Neanche se mi fa legare....
― Tu verrai con me.
― Neanche se mi regala cento panieri di ciliege.
― Tu verrai con me.
― Neanche morto! ―
Il capo della masnada, senza aggiungere altre parole, si chinò, e preso il povero scimmiottino per la collottola, se lo pose nella tasca della sua casacca. Poi abbottonò la tasca con tre bottoni, che parevano tre ruote da carrozza.
― Ora possiamo andare ― disse ai suoi compagni; e tutti insieme si avviarono verso la strada maestra.
È impossibile ridire la disperazione, i pianti e gli urli dei fratellini di Pipì. Lo chiamavano con acutissime grida: ma non ebbero altra consolazione che quella di vedere le zampettine del povero scimmiottino, che uscivano fuori dalla tasca del capo-masnada, e si movevano con una lestezza vertiginosa, come se volessero raccomandarsi e chiedere aiuto.