Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo/Capitolo XX.
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Bassorilievo rivenuto nel Duomo d'Oristano.
CAPITOLO XX.
ARCHITETTURA GOTICA
INFLUENZA DEI COSTRUTTORI ARAGONESI.
Le forme gotiche, che nella cattedrale di Cagliari appaiono timide, ma non perciò meno affascinanti, hanno in Cagliari il periodo più splendido nelle costruzioni del trecento, ed in special modo nei conventi di San Domenico e di S. Francesco.
Il primo, che a noi pervenne colle aggiunte eseguite in diverse epoche dagli stessi religiosi, ci riporta colla mente ad uno dei periodi più salienti della storia isolana, quando, cioè, spenta l'egemonia di Pisa che mai più si risollevò, subentrò nel reggimento della provincia cagliaritana, l'ardita ed invadente politica dei Re d'Aragona.
Esso venne fondato da Frate Nicolò Fortiguerra di Siena, inviato nel 1254 dal Papa Innocenzo IV quale visitador y Reformador del clero e dei vescovi di Sardegna e di Corsica. Nel sito occupato dalla cappella di S. Anna, secondo una tradizione antichissima che non ha però alcuna conferma nè nella struttura costruttiva e decorativa del convento, nè nelle vicende storiche, esisteva un monastero di benedettini. La prima costruzione si limitò alla chiesa ed ai due bracci a crociere gotiche, mentre gli altri due ad arcate sovrapposte vennero aggiunte nel 1598, quando per la liberalità del Re di Spagna. Filippo II, il convento venne ampliato con nuove costruzioni.
Cagliari Convento di S. Domenico (braccio).
Ha il titolo di Reale ed ebbe non lieve parte nei fasti ecclesiastici dell'isola, contribuendo allo sviluppo intellettuale sia colla forbita parola di colti predicatori, sia colla tipografia annessa al convento, dalla quale si diffusero per la Sardegna importanti opere letterarie e teologiche.
Alla chiesa si penetra da una porticina aperta in un braccio dell'antico chiostro, ma essa in origine non costituiva l'ingresso principale, poichè questo dovea essere aperto nella facciata, la quale dovette crollare, poichè il muro esterno di fronte al coro ed all'altare principale non è coevo alla rimanente struttura, ma fu eretto posteriormente collo scopo di chiuder l'arcata della prima delle due crociere costituenti il vano principale della chiesa. Esclusa l'ipotesi che nella fondazione siasi tralasciata la costruzione del muro di facciata, il che, se è concepibile colla parte decorativa, non lo è assolutamente colla struttura muraria che deve essere internamente collegata colle altre parti dell'edifizio, altra Cagliari — Planimetria del Convento di S. Francesco (demolito).conclusione ammissibile non si può trarre dallo stato attuale della chiesa se non che in epoca, non ancora determinata, sia crollata la facciata con la prima crociera, e che poscia venne chiusa la seconda arcata con UTE muro informe. Convalida quest'ipotesi un'altra considerazione, che non può non rilevare chi ebbe campo di studiare consimili costruzioni, inspirate alle forme gotiche; queste per lo più hanno un'alta e spaziosa navata, divisa da arcate a sesto acuto in tre campi, che solevansi coprire con volte a crociera, ornate di costoloni sagomati, intrecciantisi in tutti i sensi con numerose gemne circolari, e quest'intreccio per lo più si rendeva maggiormente ornato e complicato nella crociera centrale. Ora, se nel vano della Chiesa di S. Domenico aggiungiamo una crociera a ponente della stessa forma di quella che è adiacente al coro, noi rientriamo in tutto e per tutto nel prototipo di cotali costruzioni gotiche, essendo la prima delle due crociere, che tutt'ora si conservano, più ornata e d'intrecci più complicati dell'altra.
Nei due muri della navata centrale s'aprono le arcate di diverse cappellette gotiche; parte di esse si conservano colle originarie linee, mentre altre vennero barbaramente trasformate per dar modo ad ignoti Cagliari — Frammenti di marmi provenienti dalla Chiesa di S. Francesco (ora demolita).imbianchini di svolgere decorazioni che, messe in correlazione collo stile della chiesa, sono degne di arlecchino.
Nel chiostro abbiamo il cortile caratteristico dei monasteri spagnuoli, il patio, ed intorno ad esso si svolge per quattro lati un loggiato che fu costrutto in due periodi. La differenza stilistica delle due parti convalida quest'asserzione, desunta da dati storici: il loggiato più antico, composto di due bracci, è coperto da volte a crociera, eseguite con quella accuratezza e arditezza tecnica, che sono una caratteristica delle costruzioni aragonesi; gli archi elegantemente sagomati poggiano sovra grandi mensole, sporgenti dal muro, nelle quali l'aggruppamento del fogliame, la disposizione delle figure e le forme bizzarramente fantastiche, proprie del medioevo, costituiscono un insieme decorativo degno della attenzione dell'artista e dell'archeologo.
Cagliari — Pulpito della Chiesa di S. Francesco ora nell'atrio della Chiesa di S. Michele.
In epoca relativamente recente sovra questo loggiato si costrussero altri due piani, deturpanti l'armonia delle forme primitive. È da sperare che si rinnovano queste soprastrutture, facendo risorgere il loggiato nell'antica bellezza. Gli altri due bracci sono del XVI secolo e sono caratteristici per le arcate sostenute da pilastri vagamente e genialmente sagomati.
La diversità di stile nello stesso patio non contrasta e non irrita: anzi la fusione delle due forme architettoniche, che paiono concepite ad artistico riscontro, costituisce il maggior pregio della corte, alla quale dà lieta e gentile espressione una fontana settecentista, ornata di un elegante sopporto in ferro battuto.
Il convento di S. Francesco può ritenersi coevo al chiostro di San Domenico, poichè dalle carte dell'archivio francescano si chiarisce che Lastra tombale nel Museo di Cagliari
proveniente dalla Chiesa di S. Francesco.con strumento, rogato in Cagliari nel 1274, il chirurgo Tancredi di S. Restituta vendeva ai minori conventuali e per essi al loro procuratore Iprido, l'arca per la costruzione del convento.
Del chiostro francescano, che fu certo uno dei più cospicui ed artistici edifici dell'isola, ora non si conservano che alcuni loggiati del primo ordine, i quali, benchè incorporati in moderne costruzioni, mostrano quanta fosse la sua importanza.
In questi loggiati riscontriamo le particolarità costruttive ed artistiche, che abbiamo veduto nel convento di S. Domenico, svolte però Cagliari — Lastra tombale della Chiesa di S. Francesco ora nel Museo archeologico.con linee architettoniche più eleganti e più ardite.
Il patio quadrangolare è cinto da porticati, di cui le arcate, sagomate goticamente, poggiano su pilastri polistili dai capitelli ornati di fiorami intrecciati a figure mostruose.
I tre loggiati, esposti a levante, a ponente, ed a mezzogiorno sono costituiti da un'unica serie di moduli costruttivi, per cui le volte a crociera con nervature sagomate, intersecantisi diagonalmente al centro, poggiano in parte sui pilastri recingenti il cortile ed in parte su mensole sporgenti da un muro continuo, nel quale erano praticate le porte d'accesso alle diverse celle del chiostro.
Nel lato di levante si ha un unico vano, un trait d'union fra due cortili, coperto da dodici volte a crociera, poggianti ancor esse su pilastrini polistili.
Niente di più grandioso di questo succedersi di arcate riccamente sagomate e di volte cogli spigoli cordonati.
Cagliari Finestrine aragonesi del Convento di S.ta Caterina (demolito).Un attento e minuzioso esame di questa costruzione francescana, la di cui grandiosità s'intravede attraverso le posticce e perciò facilmente rimovibili costruzioni eseguite per adattarla a caserma, porterebbe certo a risultati non scevri d'interesse. Ne accenniamo alcuni che mostrano l'arditezza ed in pari tempo la genialità e l'indipendenza da formule costruttive ed artistiche dei medioevali costruttori.
Il modulo fondamentale costruttivo è costituito da un rettangolo, coperto da crociera gotica impostantesi su pilastri che agiscono come fulcri. Ora le dimensioni di questo modulo variano da loggiato a loggiato con grande libertà, unicamente secondo le esigenze organiche dell'edificio, senza preoccupazioni di simmetria, di assi, di figure regolari, ottenendo un insieme armonico che forse non si sarebbe ottenuto, seguendo rigorosamente una formula geometrica.
Una vera trovata elegante ed in pari tempo razionale è costituita dal passaggio da un porticato alla grande sala per mezzo del modulo fondamentale angolare costrutto fra due moduli più piccoli quali erano richiesti dai loggiati, supplendo alla differenza di lunghezza con quattro piccole volte a crociera, due per parte e separate da un arco sagomato.
Non credo opportuno estendermi maggiormente nell'esame di questi pregevoli avanzi: ho accennato a due combinazioni costruttive, che risolvono genialmente e bene alcune difficoltà, nelle quali dovette imbattersi l'architetto del chiostro francescano, nella speranza che ciò possa costituire incitamento ed altri di procedere a rilievi ed a studi dettagliati di questo residuo di uno dei più belli ed antichi chiostri francescani, che l'incuria degli uomini lasciò abbattere.
A questo chiostro era annessa la chiesa, una delle più vaste e certo delle più pregevoli di Cagliari, la quale costituiva il modello più splendido del primo stile gotico fiorito in Sardegna. L'incuria del governo, del comune, dei cittadini tutti, che lasciarono questo monumento artistico, nelle condizioni le più deplorevoli, concedendolo come alloggio alle reclute e molto spesso adibendolo a magazzino, fi causa che verso il 1872 la chiesa desse chiari segni di rovina. Questa minaccia di crollo, che in altri paesi avrebbe scosso autorità e cittadini, nella nostra città diede motivo nell'indifferenza generale ad una lotta fra comune Sedini — Chiesa Parrocchiale.e governo per liberarsi del pesante fardello, sino a che le mura sconnesse e le tarlate travi del coperto, crollando, non misero fine alla controversia con grande gioia degli edili di quei tempi che videro scomparire dalla via più frequentata di Cagliari le vecchie ed annerite mura del convento, ingentilite dal sorriso di un'arte gotica squisitamente leggiadra.
Appartenevano alla Chiesa di S. Francesco le pitture più pregevoli del nostro Museo Archeologico ed alcune sculture, che in tanta ruina furono salvate da pochi volenterosi. Fra queste, per la sua singolare bellezza, merita un cenno in questo studio il pulpito ch'era collocato nell'interno della chiesa. Esso, quando si procedette alla demolizione dell'edificio, venne raccolto in pezzi ed esposto nell'impluvio della R. Università alle intemperie ed alle biricchinate di spensierati studenti, finchè nel 1902 su proposta dell'Ufficio dei Monumenti venne ricostrutto nel porticato della Chiesa di S. Michele. Esso ha la forma dei pulpiti di S. Giovanni Fuorcivitas in Pistoia, della cattedrale di Cagliari, e di molti altri amboni medioevali; il parapetto, vagamente ornato, gira per tre lati e poggia su un basamento decorato, in cui è scolpita in grossi caratteri la seguente iscrizione: MDXXXV XI IVNII CAROLO V PHILIPPICA CRUCE MUNITO AB IISPANIA CLASSE INGENTI KARALIM INGRESSA CITOQUE VICTA TVNETO TUNC HOC SCULPTUM BARTH VIDOTI FR. RIS MINORIS THEOLOGIAEQUE PROBI DOCTORIS CURA.
Il pulpito era addossato ad un muro della chiesa per mezzo di mensole ornate e poggiava nella parte anteriore su quattro colonne. Le due colonne centrali, mentre imprimono un certo movimento alla composizione, determinano sul basamento due sporgenze sulle quali posano due sculture a tutto rilievo, effigianti S. Paolo e l'aquila simbolica. Tiesi — Chiesa parrocchiale (facciata).Queste statuette sostengono i leggii, dai quali doveano leggersi l'epistola e l'evangelo.
Il parapetto, diviso in tre riquadri dalle due figure e chiuso da parastrine angolari, serve di campo ad una ricca decorazione in rilievo, in cui con maestria di tocco, con grazia, e con naturalezza squisita sono scolpiti motivi leggiadri che ricordano le raffinate eleganze di quei scultori cinquecentisti, che onorarono con la loro arte le liete ed intellettuali corti del Rinascimento.
A questi spiccati pregi artistici si unisce l'interesse del dato storico, poichè il pulpito rammenta come si desume dall'iscrizione scolpita in bei caratteri del cinquecento il passaggio in Cagliari di Carlo V che raccolse nel nostro golfo la sua grande armata per la prima spedizione contro Tunisi. Da quest'ambone lo strano e potente imperatore ascoltò la messa, ed il fraticello di S. Francesco, cui forse più che le aride disquisizioni teologiche sorridevano fantasmi di procaci bellezze e visioni di dolci abitatrici di ignote e deliziose contrade, volle eternare l'avvenimento con arte la più squisita.
Quest'ambone fu oggetto d'esame e di studio per parte di quanti s'interessarono dei monumenti di Cagliari, ma, per non essersi a ciò proceduto Martis — Chiesa di S. Pantaleone.con criteri e riscontri stilistici, si pervenne a conclusioni che non sono in correlazione colle sue linee decorative ed architettoniche. D. SCANO Storia dell'Arte in Sardegna.
I più ritennero che al lavoro presiedette una rigorosa unità nelle lince architettoniche e decorative e che una stessa mano scolpi tanto le scorniciature quanto i pannelli. E, poichè da quel pulpito senti la messa Carlo V. si dedusse che unica fatica del dottore in teologia sia stata quella d'aver dettata l'iscrizione, attribuendo l'opera sculto- rica ad epoca più antica ed a scultore ignoto.
Dal tunc hoc sculptum, che qui si ricorda, lo Spano arguiva che l'ambone esistesse privo d'ornamento e che il desiderio di ricordare la presenza di Carlo V avesse dato occasione ad eseguirvi le sculture che ora lo abbelliscono. Ciò non è esatto, giacchè un semplice esame del monumento scultorico basta a convincere che all'esecuzione di esso presiedettero diversi artefici, differenti sentimenti artistici e diverse forme stilistiche.
La fascia, riccamente ornata, che si svolge sotto la leggenda, i capitelli delle colonne, le mensole che incastravano nel muro, e le statue sono scolpite con arte gotica e con sentimenti che non poteano agitare l'animo del raffinato scultore dei pannelli. Qual modello più elegante e più gotico della figura monacale, contornata da foglie rampanti? Forse Sorgono — Chiesa di S. Mauro.che nella statuina di S. Paolo, che ricorda le più belle concezioni di Andrea Pisano e di suo figlio Nino, non sono chiari ed evidenti i caratteri e le linee stilistiche di quella scuola, che, germogliata a Pisa, fiori specialmente a Firenze per opera di Andrea e dell'Orgagna che le diede l'ultima e gentile espressione?
La diversità stilistica nel pulpito è così palese ed evidente che senza tema d'errare possiamo separare le une dalle altre.
Sono inspirate all'eleganza di quel Rinascimento, che fiori nel secolo XVI in Italia, i sette pannelli decorati con ornamentazioni di figure nude, di maschere, di satiri, di mostri, e di belle donne, nonchè le lesene angolari e laterali, mentre il rimanente del pulpito devesi indubbiamente ad artefice trecentista.
L'ipotesi, emessa dallo Spano, che l'ambone preesistesse senza sculture, non trova conferma nelle linee architettoniche del pluteo. In esso è evidente l'apposizione dei pannelli alle sporgenze figurate. Si cercò di fare il meglio, ma l'unione forzata riesce palese a chi ne esamini gli elementi Oristano Avanzi della facciata della Chiesa di S. Francesco.costruttivi. Ciò indipendentemente da considerazioni di diversa indole, fra le quali principali l'inverosimiglianza che nel parapetto disadorno lo scultore cinquecentista abbia trovato nella pietra tanto da ricavare i rilievi e la nessuna convenienza di scolpire su lastre vecchie ed inadatte, mentre era tanto facile procurarsi dalle cave di Cagliari nuovi lastroni della stessa natura geologica delle anteriori.
Infine è da tener conto che la ricchezza decorativa delle parti trecentiste ed il magistero, con cui è scolpito il S. Paolo, non sono concepibili con un pluteo dalle pareti liscie.
Concludendo, diremo che l'ambone della chiesa devesi a scultore trecentista e che il frate Vigoti, volendo ricordare un avvenimento che illustrava il suo convento. rimosse le antiche lastre del pluteo, in cui ad imitazione dei pulpiti medioevali, forse erano scolpite le rappresentazioni iconografiche di Gesù e della Madonna, e le sostituì con altre nuove, scolpite con arte dei suoi tempi, nel basamento delle quali incise l'iscrizione commemorativa.
Nel museo di Cagliari si conservano non pochi marmi trecentisti e lastre tombali ch'erano murate nelle pareti e nel pavimento della
Chiesa e del Convento di S. Francesco. Accenno a tre di queste lastre che presentano non lieve interesse per i pregi artistici e per i ricordi storici. Una di esse ricorda una gentildonna pisana di nobile prosapia. Donna Vannucci Orlandi, morta nel 1345, ed è ornata di un bassorilievo finamente scolpito, in cui l'anima della defunta è rappresentata sotto forma di figurina, portata in cielo da due angeli.
Questo motivo fu di frequente usato nelle tombe del XIV secolo e non presenterebbe alcuna spiccata particolarità, se la figurina della defunta, avente le mani al seno congiunte, i due angeli sostenenti il lenzuolo, dalle forme tutt'ora arcaiche, e la dicidatura del marmo non ricordassero la tecnica di Nino ed in special modo il bassorilievo d'eguale concepimento e d'identica esecuzione che è scolpito nel coperchio del monumento sepolcrale del cardinale Saltarelli nella Chiesa di Santa Caterina di Pisa.
Nel listello superiore è la seguente iscrizione: ✠ HIC IACET DomiNA VANNUCCIA ORLAnDI FILIA COnDAm MAGIS(tri Gratie Or)LAnDI (et uxor...... ORELIS. Anno Domini MCCCXLV.
In altra lastra tombale è raffigurato in rilievo un uomo in costume pisano del XIV secolo con uno stemma gentilizio, ripetuto superiormente ai fianchi dell'edicoletta gotica contornante la figura del defunto, che fu un mercante del Castello di Cagliari. Lungo il listello corrente ai quattro lati è scolpita in caratteri gotici rilevati la seguente iscrizione: HIC IACET. CO | RPUS. NOBILIS. VIRI DOMINI. GVIDO. DE. DONO. MERCATORIS. DE. CASTRO. CALLERIS | QVI. OBIIT. ANNO. DomiNI. MCCCCX. IN | DICTIOnE. III. DIE. XII. MENSIS. DECEnBRIS. CVIVS. ANIMAM. REQUESCAT IN PACE. AMEN.
Infine nella soglia della porta della Chiesa di Bonaria si conserva un marino, che originariamente era nella Chiesa di S. Francesco ed in cui in lettere gotiche, intramezzate da una targa collo stemma dei sei monti soprapposti, è incisa la seguente iscrizione: ✠ HOC EST SEPVLCRVM | DomiNI VIRI LAPI SALTAR | ELLI DOTTORIS LEGUM | De FLORentia INDUTI IN MORTE HABITV FRatruM MInORum | Evidentemente questa lastra copriva i resti di quel Lapo Saltarello, che precedette Dante nel priorato di Firenze.
I conventi di S. Francesco e di S. Domenico, che indubbiamente sono le prime forme gotiche sorte ex novo in Sardegna, diedero il tono alle ulteriori costruzioni del XIV e XV secolo. Coll'estendersi della dominazione d'Aragona s'imposero maggiormente le costumanze, la tecnica e l'arte dei costruttori catalani ed aragonesi. Troviamo infatti in questi secoli forme decorative e strutture che, pur rientrando nello stile lombardo oppure nel gotico, presentano caratteri speciali che invano si cercherebbero nelle opere lombarde erette nella nostra penisola, mentre sono frequenti nell'Aragona e nella Catalogna che, accogliendo Oristano — Statua di Nino Pisano nella Chiesa di S. Francesco.le forme costruttive e decorative romaniche, s'inspirarono in particolar modo a quelle che fiorirono nella Francia Meridionale. Inoltre in Spagna nell'ossatura romanica o gotica dei suoi edifici si svolge quasi sempre tutta un'ornamentazione arabescata che trae origine dalle tradizioni locali e dal fascino che su quel popolo ardito e conquistatore dovette produrre la fantastica ed originale architettura dei monumenti arabi, ad apprezzare i quali diedero agio le conquiste di Cordova, di Cadice e di Granata, dal XIII al XV secolo.
Spiegasi in tal modo l'esistenza nella nostra isola, che fu dominio d'Aragona dalla prima metà del XIV fino al XVIII secolo, di forme decorative che in Italia non hanno alcun riscontro se non nella Sicilia e nelle provincie meridionali. La facciata della Chiesa di S. Antonio extra-muros in Bosa e la facciata di Santo Andrea di Sedini, piccola di mole ma genialmente bizzarra, ricordano in modo speciale costruzioni consimili di Barcellona.
Una finestrina del demolito monastero di S. Caterina di Cagliari presenta cogli archi trilobati e colle modanature a tori ed a cavetti le particolarità stilistiche delle decorazioni catalane. Tre finestre di un fabbricato esistente nella Via Cavour d'Iglesias, insieme a queste speciali modanature, presentano sugli architravi bellissime lastre traforate con squisitissime decorazioni che paiono tolte da un soffitto di qualche moschea.
In Palermo sono numerosi avanzi di eguali forme ornamentali le quali hanno con quelle di Sardegna comuni le fonti dalle quali trassero la loro arte.
Delle chiese erette da costruttori aragonesi o catalani oppure sotto l'influenza della loro arte, alcune s'inspirano all'architettura romanica, altre al gotico.
Fra le prime notevole esempio di eleganza squisita è la facciata Oristano — Frammenti di pulpito rinvenuti nel Duomo.della Chiesa Parrocchiale di S. Maria di Tiesi, che sorge sull'area di altra chiesa più antica, ricordata in documenti logudoresi del XII secolo.
Nella facciata di questa chiesa trionfano la porta ed il rosone superiore con traforo elegantissimo a raggiera.
Il portale è d'architettura nobilissima con linee semplici e con forme che esprimono un'eleganza sobria e misurata: sui piedritti, decorati da fasci di colonnine, poggia un architrave monolitico, in cui sono scolpite nove figure di santi entro nicchiette. L'arcata di scarico a fil di muro, contornato da una cornicetta, poggia sui capitelli in cui sono effigiati mostri dalle strane forme. Dalla fascia ornata dipartonsi due colonnine che coi capitelli raggiungono la cornice di scomparto a meandri e ad intrecci. Un'ornamentazione di foglie di quercia contorna l'arcata, terminando in alto in un nodo squisitamente scolpito. Non si può davvero immaginare motivo più geniale e più elegante. A lato del portale sono due piccole figure di santi poggianti su mensoline. Nel frontone trionfa il rosone, ora murato, che è certo uno dei più belli e dei più completi.
Oristano — L'incoronazione della Vergine.
Frammento del pulpito del Duomo.La facciata di S. Maria di Tiesi dimostra quali effetti possonsi raggiungere con limitati mezzi, quando alla costruzione concorrano quei che debbono essere requisiti principali di un architetto: sentimento d'arte e gusto nelle lince architettoniche e decorative.
Ignorasi quando e da chi venne disegnato questo prospetto: le linee romaniche predominanti potrebbero farlo assegnare al XIII secolo, ma certe forme speciali, di cui l'architettura romanica, quando fu esente da ogni influenza toscana, si valse in Sardegna, la fanno ritenere di due o tre secoli posteriore.
La stessa struttura architettonica si riscontra nella facciata della Chiesa di S. Pantaleo in Martis, in cui domina il portale romanico ed il rosone con intrecci di archi di cerchio e con ricca sagomatura, ravvivata dall'alternatività di cunei calcarei bianchi e di cunei trachitici scuri. Nel frontone si rincorrono, seguendo le due falde, gli archetti pensili poggianti su mensoline.
Fra questa facciata e quella di S. Maria di Tiesi sono molte affinità stilistiche, ma, mentre in questa le belle proporzioni, l'armonica fusione delle forme ornamentali, e l'accuratezza della costruzione concorrono a farne un gioiello architettonico, nella facciata di S. Pantaleo si riscontra tutto il contrario e l'effetto ne è più che mediocre.
Gli elementi principali che costituiscono la struttura architettonica di queste chiese romaniche-aragonesi sono il rosone ed il portale, aperti nelle facciate rivestite di cantoni in pietra viva. Queste sono terminate Sardara — Chiesa di S. Gregorio.superiormente da un frontone o da una fascia cornice orizzontale, sulla quale sono costruiti dei pilastrini sagomati e decorati che danno un'impronta speciale a questi edifici, che per il coronamento a merli paiono fortezze più che chiese.
Il rosone trovò estesa applicazione nelle nostre chiese, ed anche quando si diffusero le muove forme del Rinascimento, che in Sardegna Alghero — Campanile della Cattedrale.trascesero subito al barocco, esse s'accoppiarono colle preesistenti rose a raggiera, a trafori, ed a meandri d'ogni specie e di ogni grandezza.
Così nella facciata della Chiesa di S. Mauro di Sorgono, sopra il portale dalle linee quasi classiche, trionfa con esuberanza di forme smaglianti il bel rosone a raggiera di colonnine, uno dei più grandiosi e dei più eleganti esistenti in Sardegna.
Consimili forme decorative riscontriamo nelle chiese parrocchiali di Atzara, di Gavoi, di Bono, di Sestu, di Allai, di Guspini, di Ardauli, di Decimo, di Mara Arborea ed in tante altre.
Le forme gotiche in Sardegna hanno caratteristiche speciali per cui possono suddividersi in gruppi, i quali differenziano fra loro non solo nelle origini, ma anche nella struttura e nelle particolarità costruttive e decorative.
Alcune di esse derivano direttamente da influenze toscane e le chiese francescane sono fra queste. I disegni che della Chiesa di S. Francesco di Cagliari, demolita per far posto ad una casa da pigione, si conservano nell' Archivio dell'Ufficio dei Monumenti della Sardegna, ed il portale che venne cogli stessi marmi ricostrutto nella Chiesa di Bonaria, permettono d'assegnarne l'origine italiana: le lince sono sobrie e le ornamentazioni si inspirano a quella misura ed a quel buon gusto che furono le principali fra le doti dei maestri toscani.
I frammenti della facciata di S. Francesco d'Oristano ricordano le costruzioni gotiche, che derivarono da quel modello nobilissimo che fu l'abbazia di S. Galgano: sono due ampie arcate a sesto acuto poggianti su fasci di colonnine e sul pilastro angolare. Questo non è liscio ma è raccordato agli spigoli con due esili colonnine. Il fogliame gotico dei capitelli non è intramezzato a mostri ed a forme simboliche, ma s'inspira alla più squisita decorazione toscana. Nello sfondo dell'arcata Alghero — Porta della Cattedrale.laterale, sostenuta da una mensola sporgente, è una statua tanto corrosa da non lasciar indovinar che rappresenti.
In un fondaco del convento annesso alla chiesa rinvenni anni or 5000 una statuetta, poggiante sopra uno zoccolo in cui in bei caratteri gotici è incisa la seguente iscrizione: ✠ NINUS : MAGISTRI : ANDREE : DE : PISIS : ME FECIT : che mi permise1 d'assegnare in modo ineccepibile l'esecuzione della scultura ad un chiaro artista di quella scuola che, derivata dall'opera riformatrice di Nicola e di Giovanni Pisano, ebbe nuovo impulso da un altro insigne scultore, Andrea da Pontedera. Della statuetta di Nino rinvenuta in Oristano ignoransi le vicende ce, se essa nel patrimonio artistico isolano non solo non occupò quel posto che i suoi pregi ed il nome dell'autore gli doveano assegnare, ma venne invece relegata fra gli arredi fuori uso in un fondaco del convento, devesi alla poco estesa coltura artistica che non permise a chi la vide e l'esaminò di apprezzarne il valore.
La statua, di cui si rinviene qualche fugace cenno in un opuscolo dello Spano2 ed in una sua nota all'Itinerario del La Marmora, poggia, come la Madonna del Sepolcro di Aldobrandino Cavalcanti in S. Maria Novella, su un zoccolo ottagono: l'analogia fra le due opere non limitasi solo alla forma, ma estendesi anche all'elegante sagomatura e all identità delle sue iscrizioni che vi appose Nino. L'esecuzione della statua è finita, e Nino, anche in questa scultura, & ammirevole per la Padria — Chiesa Parrocchiale.squisitezza con cui sono trattate le cornici e per la lucidità che riuscì a dare al marmo. Non sarà certo essa a diminuire la fama di Nino nel cacare la durezza dei sassi3, nè il suo merito per la squisilenna con la quale si tratto da questo scultore la carne facendo che il marmo sembrasse morbido e molle.
Nella statua di S. Francesco sono evidentissime tracce d'oro e di colori, specialmente in un elegante fregio floreale contornante la tunica, la mitra. Il risvolto della tunica è colorato in azzurro, e di questi colori abbiamo segni evidentissimi nel fondo delle lettere gotiche, incise nel plinto.
Quest'opera di Nino dimostra che con l'avvento della Signoria l'Aragona non cessò d'un tratto ogni estrinsecazione d'arte toscana e che il nuovo regime politico non potè rompere di un subito i rapporti Iglesias — Chiesa di S. Francesco.commerciali ed intellettuali che per ben tre secoli si svolsero fra la nostra isola e la prospera repubblica del Tirreno.
Ciò è dimostrato non solo dalla statua della Chiesa di S. Francesco, ma da alcuni marmi della Cattedrale di Oristano i quali doveano formar parte di un pulpito di scuola toscana del XIV secolo.
Fra questi marmi sono degni d'attenzione due bassorilievi, rappresentanti uno l'Incoronazione della Vergine e l'altro l'Annunciazione. Nel primo la Madonna di forme modeste e gentili con gli occhi bassi e con le mani congiunte, riceve dal suo figliuolo la corona di regina. L'atteggiamento del Salvatore, che siede a lato. non è scevro di difetti e le forme del corpo sono scorrette, dure ed angolose. Malgrado tali deficienze, che nella figura della Madonna sono di molto attenuate, questa composizione, che un secolo dopo il Beato Angelico dovea svolgere con tanto magistero di luce e di poesia, ha tal sapore di misticismo e tale gentilezza da dare alla scultura una serenità ed una delicatezza impareggiabile.
La scultura dell'Annunciazione è incompleta, mancando oltre due Serramanna — Chiesa parrocchiale.Serramanna Chiesa parrocchiale, terzi dello scomparto in cui era scolpita la Vergine, seduta dinanzi ad un libro aperto ed avendo a piedi un vaso di gigli che la poesia dell'arte cristiana collocò sin dal trecento presso l'immagine di Maria. L'arcangelo Gabriele, ricciuto e sorridente, nello scomparto rimasto intatto, piegato un ginocchio a terra, le porta il lieto saluto: Ave Maria.
Connettonsi a questi bassorilievi due statuine (la Madonna ed un Apostolo), le quali, benchè ricordino in modo eccezionale i due simulacri che limitano lateralmente la Natività del pulpito di Siena, scolpito da Nicola Pisano, più che alla scuola di questo grande riformatore si collegano a quell'arte plastica che ebbe in Andrea Pisano ed in Nino, suo figlio, i rappresentanti più puri, ed alla quale l'Orcagna portò il con tributo di una tecnica delicata e di un'arte squisita.
Nella Cattedrale d'Oristano sono altri due bassorilievi con statuine Serramanna — Portale della chiesa parrocchiale.di santi entro nicchiette gotiche, ma queste sculture s'inspirarono ad altre scuole che non sieno quelle di Nicola e di Andrea.
Altri edifici gotici sembrano derivare direttamente da quell'arte romanica pisana che, fiorita nelle rive dell'Arno, si svolse con rigoglio di forme nelle vallate e nei campidani di Sardegna.
La Chiesa di S. Gregorio di Sardara fra queste: una porta con arcata a sesto acuto è inquadrata fra due pilastrini sagomati che prolungansi in alto sino alla prima serie d'archetti circolari. Sovrasta la porta un bel rosone e corona il motivo architettonico centrale e predominante una leggiadra galleria di archetti con colonnine, le cui basi poggiano su mensoline, sporgenti dal paramento in pietra da taglio.
Questa forma decorativa non ha altri riscontri in Sardegna ed è una geniale modificazione delle gallerie delle chiese del secondo gruppo.
Sotto le falde del frontone, deturpato da un sostegno campanario, rincorre una serie ascendente d'archetti poggianti su mensoline.
Abbiamo in questa facciata qualche accenno al gotico, ma la struttura è romanica pisana. Mortificando il tipo della porta e portandolo alla forma architravata con arcata di scarico a fil di muro, si otterrebbe un elegantissimo partito architettonico toscano.
Questa chiesetta è terminata da una abside a forma quadrata, in cui in origine era aperta una bifora gotica ch'è ora accecata da informe muratura. I motivi gotici degli edifici, fino ad ora esaminati, s'estrinsecano nei motivi ornamentali più che nell'essenza e nella struttura. Dove esse si svolsero con forme organiche si fu in Alghero e nelle vicinanze Sassari — Finestra gorica.di questa città che per molto tempo — anche quando dominavano nell'isola i principi d'Aragona — restò alla dipendenza della nobile ed influente famiglia dei Doria.
La cattedrale d'Alghero fu il modello cui s' inspirarono molte costruzioni di quella parte del Logudoro che è adiacente alla Planargia di Bosa.
Sul Duomo di Alghero si diffusero molte inesattezze che è necessario eliminare. Il La Marmora, e con questi quanti s'interessarono del pregevole monumento, riferisce che la chiesa venne quasi interamente ricostrutta, ma che il coro è ancora tale e quale si trovava quando essa venne costrutta dai Doria. Vi si vedono, aggiunge, finestre ogive con arabeschi e fogliami che datano certo dal XII secolo4.
L'ubicazione dell'attuale facciata — rinnovata da poco con forme classiche — ha indotto a ritenere che anche anticamente il coro fosse nel posto in cui è presentemente.
Questo coro è semiesagonale con arcate gotiche che non ritengo originaric, ma facienti parte di quelli ampliamenti e restauri di cui parla il Fara5. Infatti a che servirebbe il grande portale gotico che tutt'ora s'ammira e che è sotto il campanile, se per esso si dovesse accedere ad una strettissima intercapedine, compresa fra il muro perimetrale ed il coro?
Se noi invece badiamo all'importanza ed alla bellezza del portale, rispettato nelle tante modifiche che subì la cattedrale, se consideriamo le due ali che si dipartono dal campanile, ed immaginiamo queste parti libere dalle costruzioni che le vennero addossate, non si dovrà non dedurre che l'amica facciata sussiste tutt'ora in quella che erroneamente si disse essere la facciata posteriore. Il campanile, seguendo un tipo costruttivo molto comune nella alta Italia e nella Spagna, venne elevato sopra la facciata e di questa costituiva 1 principale ornamento.
Il portale è contornato da arcate ogive decrescenti con sagomature ricche di ornamentazioni gotiche. Dai pilastrini estremi si elevano due pinnacoli piramidali che raggiungono la fascia di scomparto.
Sulla cornice arcuata si svolgono con linee ascendenti i caratteristici fogliami gotici terminanti nella parte superiore con un fiore cruciforme.
Sopra la fascia di scomparto è una elegantissima finestra gotica a sguanci sentiti. Notevole è il raccordo del muro di facciata colla torre campanaria esagonale, la quale è a tre ordini, limitati da pilastrini verticali e da fascie orizzontali di scomparto. Nella cella campanaria sono sei finestre, una per ciascun lato: la cornice di coronamento è oltremodo originale e la cuspide piramidale a sezione quadrata ha le pareti rivestite di mattonelle verniciate e gli spigoli decorati con fogliami salienti.
Al tipo architettonico della Cattedrale d'Alghero si uniformarono i costruttori delle chiese parrocchiali di Semestene, di Bonorva, di Macomer e di Padria.
Quest'ultima chiesa è notevole per la bella facciata gotica che è una delle poche di siffatto stile che si conservi completa nelle originarie forme.
L'influenza della cattedrale d'Alghero è evidente nel portale, che Sestu — Campanile della Chiesa parrocchiale.è una riproduzione in minori dimensioni della porta d'Alghero. Nella facciata di Padria sono da osservarsi i bellissimi archetti trilobati, le figure degli evangelisti in alto rilievo, e le statue poggianti sugli speroni che col muro di prospetto formano due angoli ottusi.
Questi speroni — nuove forme architettoniche che compaiono nelle costruzioni aragonesi — hanno a mio parere una funzione statica più che decorativa, servendo a controbilanciare le spinte diagonali della prima volta a crociera. Talvolta gli speroni riduconsi ad un solo, ma allora dall'altro lato s'innalza il campanile che col rilevante peso contrasta efficacemente la corrispondente spinta.
Una facciata gotica nobilissima nella sua semplicità è quella della Chiesa di S. Francesco in Iglesias. Soli partiti architettonici nel liscio paramento trachitico sono il portale gotico, il rosone superiore e due finestrine circo lari con elegantissimi trafori di cerchi e di croci.
La facciata di S. Giorgio di Perfugas ricorda in qualche motivo, come ad esempio nelle colonnine latistanti alla porta, la Chiesa di S. Maria di Tiesi.
Una certa influenza esercitarono anche le forme gotiche della cattedrale di Cagliari: nella chiesa parrocchiale di Serramanna, sormontata da un campanile esagonale che uno strambo cupolino rende oltremodo ridicolo, la porta principale non è che una riproduzione, piuttosto deficiente, della porta a sinistra del nostro Duomo. Altra consimile riproduzione è nella chiesetta di San Domenico d'Iglesias.
La torre quadrangolare fu generalmente adottata per i campanili delle nostre chiese medioevali ed il tipo prevalente è quello della cattedrale di Cagliari: al primo ordine le pilastrate angolari sporgenti riquadrano con una cornicetta di lieve sporgenza quattro sfondi, mentre il secondo ordine, in cui sono aperte quattro aperture ogive, è terminato da archetti elegantissimi circolari, molto spesso trilobati, poggianti su mensoline e sui pilastri angolari. Una cornice fortemente sagomata corona i muri della torre e superiormente un parapetto a pilastrini, intramezzati a specchiature con delicati e vaghi trafori, ingentilisce la massiccia costruzione. Una cuspide triangolare si slancia dalla sommità del campanile, lasciando fra questo ed il parapetto un'intercapedine, lungo la quale per il forte spessore delle muraglie è possibile il passaggio di persone.
La torre campanaria di S. Giacomo di Cagliari segue questo tipo. il che indusse molti scrittori a ritenerla opera dei pisani, mentre venne eretta sotto il dominio d'Aragona come risulta dalla seguente iscrizione: EN LAYN 1442 ESENT VIRREY I CAPITAnG | ENERAL DEL PreseNT REGN DNO GIACOMO | DE ARAGAL FOREN ELEGITS SINDICS | EN CAP MOSEN LEONART MUVRIA | MOSEN MIQUEL AZORI I IOANOTM | ANNO TROBAREN FINS LA PreseNT FILE | RA FETA DE ASI ENAMYnT FANFER LO | S PreseNTS SINDICS DE LA OBRA I COLLI | TA DE LA VILLA I PAROCHIA DEI GLO | RIOS SANT IAVME AB COnSEnTIMEnT DE TOTS | EN LAYN 1438 AL 8 DE MARTS | SES PRINCIPAT LO PreseNT CAMPaNiI | FOREN SINDCS MOSEN IOAN DESSI | MOSEN BERTOMEY VACA MESTRE | TOMAS MARINI.
Il campanile della parrocchia di Sestu non differisce per niente da questo di S. Giacomo; la torre campanaria della chiesa parrocchiale di Villamar, colpita anni or sono da una scarica elettrica, s'inspira alle stesse forme, ma, mediante un sovralzo, riesce più svelta e più elegante.
Sullo stesso tipo sono o meglio erano le torri campanarie delle Chiese parrocchiali di Ales, di Aritzo, di Assemini, di S. Gavino, di Settimo, di Laconi, di Orroli, di Villasor, di Sardara, di Donori, di Villacidro e di Nurri.
Nel campanile di Nurri è degna di nota l'antica porta d'accesso con arcata ogiva, ornata di ricco fogliame gotico.
Le forme archiacute ebbero larga applicazione negli edifici civili: in molti paesi conservansi tutt'ora caratteristiche finestre aragonesi che imprimono una simpatica nota ai fabbricati in cui sono aperte. La maggior parte di esse non hanno riscontri nel gotico italiano, che pure ebbe una certa influenza in fabbriche del trecento che disgraziatamente andarono distrutte.
Si dice dai vecchi di Sassari che alla Via Roma prospettavano molte finestre gotiche a colonnine ed a trafori sul tipo di quella che si conserva tutt'ora in detta via.
Villamar — Comapanile della Chiesa parrocchiale.Il partito dominante nell'interno delle chiese gotiche è la volta a crociera cogli spigoli sagomati, intersecantisi secondo gemme anulari: i prototipi di queste volte sono nelle due cappelle del Duomo di Ca gliari, le quali i Pisani, ai primi del XIV secolo, aggiunsero alla bella costruzione romanica. La forma più semplice e più frequente è quella della volta a crociera con gli spigoli diagonali sagomati intersecantisi secondo un'anulare centrale ed impostantisi su fasci di colonnine o su mensole decorate, per lo più, con i simboli degli evangelisti, con angeli sostenenti qualche stemma, e molto spesso con animali mostruosi contorcentisi fra il fogliame gotico.
Il risalto dei costoloni e delle gemme anulari concede a queste volte un'eleganza ed un effetto notevole, specialmente quando si susseguono una dopo l'altra, separate da sole arcate come nei corridoi dei conventi. Pur tuttavia, se questa costruzione tanto si estese in Sardegna da perdurare fino al XVII secolo, devesi, non tanto ai risultati decorativi, quanto alla maggiore facilità d'esecuzione delle volte mercè questi costoloni che costituiscono le nervature fra le quali si gettavano gli spicchi con cantoni esattamente lavorati. Le gemme anulari hanno una rientranza che funziona da chiave di volta.
Il tipo primitivo della crociera si rese più complicato e più decorato con l'inserzione di altri costoloni, pervenendo alla suddivisione della volta in dodici spicchi con cinque gemme anulari formanti una croce, di cui il centro è occupato dal rosone centrale, più grande e più ornato degli altri quattro.
Queste crociere gotiche sono gli elementi costitutivi degli interni delle chiese, erette sotto l'influenza delle costruzioni aragonesi: la navata centrale è coperta da queste volte che la dividono in quattro o cinque campate, separate da archi riccamente sagomati che per lo più partono da fasci ripetenti le stesse sagome delle arcate. Ai due lati di ciascuna crociera sono aperte due arcate minori d'accesso alle cappelle laterali, ancor esse coperte da volte a crociera. Infine il coro, quasi sempre quadrato, è coperto da volta a molteplici costoloni.
Cagliari — Crociera nella Chiesa della Purissima.Questo è il tipo schematico che è seguito con maggiore o minore fedeltà: è seguito integralmente nella chiesa di S. Domenico, di cui abbiamo estesamente trattato, e nella Chiesa della Purissima di Cagliari, la quale, per non essere officiata se non in rare occasioni e per esser nascosta da un alto muro di cinta, non è conosciuta e non è apprezzata convenientemente.
Queste caratteristiche costruzioni a crociera ritroviamo in moltissime chiese dell'isola: in S. Maria di Betlemme le volte sono ardite ed in pari tempo grandiose: le gemme anulari sono veri bassorilievi ed i capitelli non potrebbero esser più squisitamente intagliati. Queste volte vennero gettate nel 1465 come risulta dalla seguente iscrizione, incisa su una targa posta in un capitello: ANNO DOMINI M | CCCCLXV.
In S. Pietro di Silki le antiche capriate vennero rimosse e sulle navate gettaronsi le volte a crociera. La stessa sostituzione si effettuò nella Cattedrale e nella Chiesa di Valverde d'Iglesias. In questa città una costruzione organica a crociera è data dalla Chiesa di S. Francesco. in cui si raggiunse un'eleganza quanto mai squisita. Nel coro di questa chiesa abbiamo una modificazione geniale del consueto tipo nei costoloni che si dipartono da archetti trasversali raccordanti gli angoli.
La parrocchia di Suelli e la Chiesa di S. Giorgio di Perfugas hanno il corpo centrale con coperto di tavole e le piccole cappelle laterali con volte a crociere.
Non havvi chiesa in Sardegna, eretta dal XIV al XVII secolo, che non abbia almeno qualche cappella con queste volte a crociera: l'oratorio, elevato sul colle di Bonaria presso Cagliari e dedicato alla Vergine della Mercede, presenta queste forme svolte con vero magistero.
In Cagliari hanno, in tutto od in parte, queste caratteristiche costruzioni oltre le già menzionate, le chiese del Carmine, del Monte, del Santo Sepolcro e di S. Giacomo. Fuori di Cagliari le parrocchiali di Monserrato, di Settimo, di Maracalagonis, di Serdiana, di Villasor, di Serramanna, di Assemini, di Decino, di Uta, di Villamassargia, di Nuraminis, di Monastir, di Sestu, di Settimo, di Quartucciu, di Orroli, di Suelli, di Sorgono, di Ula Tirso, di Ardauli, di Bono, di Sedini, di Martis, ecc. Queste forme raggiungono infine eccellenza d'arte nella bella cupola dell'antico archivio della Cattedrale d'Oristano.
Da questo rapido esame delle forme architettoniche, svolte nel XIV secolo nella nostra isola, si deduce che esse in genere inspiraronsi al l'arte ed alla tecnica dei costruttori aragonesi. Alcuni edifici risentono ancora d'antiche influenze, ma sono rare evocazioni dovute ad artisti toscani, che neanche le vessazioni dei nuovi dominatori valsero ad allontanare da quelle terre, in cui non poteano più considerarsi stranieri ed alle quali erano legati da interessi o da vincoli affettuosi.
La penetrazione artistica d'Aragona e di Catalogna portò a render più ornate ed intrigate quelle forme gotiche, che ai primi del secolo XIV erano apparse timidamente con lince semplici e sobrie, ma squisitamente leggiadre. Le modanature nelle fascie e nelle arcate sagomate si moltiplicano, il fogliame s'attorciglia e si contorce stranamente fra le figure le più mostruose, le volte a crociera s'adornano di costoloni in tutti i sensi e di gemme anulari che le suddividono e le sminuzzano tanto da non lasciarne più intravedere la struttura organica.
Più spiccata e più caratteristica si palesa l'influenza aragonese nelle costruzioni civili: poche di queste sono a noi pervenute, ma pur sono tali da darcene un'adeguato concetto; le finestrine sono a luce rettangolare, contornate da cornici sagomate con tori e con listelli, oppure terminate superiormente con archi trilobati e con trafori minutissimi che ricordano le intrigate e geometriche ornamentazioni moresche. La finestra, che fino a pochi anni or sono si conservava nella casa Oggiano in Sassari, avea un interessante bassorilievo rappresentante un ingresso trionfale.
In alcune delle gemme anulari di queste costruzioni sono incise figure di Santi, date, e nomi: in una crociera della Chiesa di Valverde è il nome del costruttore, Antioco Spano, colla data (1620), il che ci mostra che, mentre nelle altre regioni italiane il rinascimento assurgeva alle più gloriose vette dell' arte, trascendendo poscia al seicentismo, le nostre chiesette venivano erette ancora con forme di transizione fra il romanico ed il gotico.
- ↑ D. Scano, Scoperte artistiche in Oristano nella rivista L'arte, anno VI, fasc. I-IV.
- ↑ Canonico Giovanni Spano, Storia e descrizione di un crocione antico in argento dei duomo di Cagliari e di due opere sarde di oreficeria antica.
- ↑ Vasari, Le vite dei più celebri artisti.
- ↑ Alberto De La Marmora, Itinéraire de L'Ile de Sardaigne, Vol. II, pag. 85, Turin 1860.
- ↑ Fara, De Chorographia Sardiniae, pag. 85.