Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/33: differenze tra le versioni

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      cotai si fecer quelle facce lorde
 de lo demonio Cerbero, che ’ntrona
-{{R|33}}l’anime si, ch’esser vorrebber sorde.
+{{R|33}}l’anime sí, ch’esser vorrebber sorde.
      Noi passavam su per l’ombre che adona
 la greve pioggia, e ponevam le piante
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      E io a lei: «L’angoscia che tu hai
 forse ti tira fuor de la mia mente,
-{{R|45}}si che non par ch’i’ti vedessi mai.
+{{R|45}}sí che non par ch’i’ ti vedessi mai.
-     Ma dimmi chi tu se’ che ’n si dolente
+     Ma dimmi chi tu se’ che ’n sí dolente
 loco se’ messa ed a si fatta pena,
 {{R|48}}che s’altra è maggio, nulla è si spiacente».
      Ed elli a me: «La tua cittá, ch’è piena
-d’invidia si che giá trabocca il sacco,
+d’invidia sí che giá trabocca il sacco,
 {{R|51}}seco mi tenne in la vita serena.
      Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
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 ché tutte queste a simil pena stanno
 {{R|57}}per simil colpa»; e piú non fe’ parola.
-li risposi: «Ciacco, il tuo affanno
+     Io li risposi: «Ciacco, il tuo affanno
-mi pesa si, ch’a lagrimar mi’nvita;
+mi pesa sí, ch’a lagrimar mi ’nvita;
 {{R|60}}ma dimmi, se tu sai, a che verranno
-cittadin de la cittá partita;
+     li cittadin de la cittá partita;
 s’alcun v’è giusto, e dimmi la cagione
 {{R|63}}per che l’ha tanta discordia assalita».