Specchio di vera penitenza/Trattato della vanagloria/Capitolo secondo

Trattato della vanagloria - Capitolo secondo

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Trattato della vanagloria - Capitolo secondo
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CAPITOLO SECONDO.


Dove si dimostra che differenza è tra la vanagloria e la superbia, e quando è peccato mortale.


La seconda cosa che si dee dire della vanagloria, si è che differenza è tra lei e la superbia, e quando è peccato mortale. Dove è da sapere che, avvegna che per la grande somiglianza c’hanno insieme questi due vizi, ispesse volte dalla Scrittura e da’ savi dottori si prendono l’uno per l’altro; tuttavia, considerandogli sottilmente, hanno grande differenza e sguaglio1 l’uno dall’altro; e ciascuno è vizio per sé, distinto l’uno dall’altro: la qual cosa ci si manifesta apertamente, se ci rechiamo a memoria delle cose dette di sopra. Fu detto di sopra, che la superbia, propriamente parlando, è uno amore, o vero uno appetito disordinato, che sospinge l’animo dell’uomo ad alcuna escellenza o maggioranza, più che non si conviene secondo la diritta ragione. La vanagloria, secondo che si puote raccogliere di quello che n’è detto di sopra, è uno appetito di loda mondana,2 o vero di reputazione secondo la stimazione e l’oppenione delle genti; per la quale avere, si manifesta e mostra qualunche escellenza o virtù o bontà, [p. 265 modifica]non referendola con debita ragione in debito fine, ma vanamente di quella dilettandosi. E però si dimostra, che altro è superbia e altro è vanagloria. E che la vanagloria aggiunga e ponga sopra la superbia, si dimostra che dove la superbia desidera d’avere alcuna escellenzia e maggioranza, la vanagloria, non contenta pure d’averla, anche la vuole3 manifestare e farne mostra, per acquistare loda, nome ed onore e fama appo le genti. E alcuna volta vuole l’uomo vanaglorioso essere lodato, onorato e reverito, per venire a notizia delle genti, e perché si manifesti alcuna sua escellenzia o bontade, per l’onore e per la reverenza che gli è fatta, e per la loda e per la fama che gli è data: sì che alcuna volta la loda e l’onore è cagione della vanagloria; alcuna volta è effetto e fine al quale per vanagloria l’uomo intende. Quando e come la vanagloria sia peccato mortale, è da notare che, come dice san Tommaso nella Somma, il peccato è mortale quando è contrario alla carità di Dio e del prossimo. Quanto alla carità del prossimo, la vanagloria propiamente, e secondo ch’ell’è considerata, non è contraria, se non fosse già di rimbalzo o per indiretto; come potrebbe essere ch’altri, per acquistare gloria e onore e loda e fama, facesse ingiuria o oltraggio al prossimo, o oppressandolo o infamandolo o in altro modo non dovutamente offendendolo; e allora sarebbe bene contro alla carità del prossimo, e sarebbe peccato mortale, o cagione di peccato mortale. Quanto all’amore e alla carità di Dio, puote essere la vanagloria contraria in due modi. L’uno modo, secondo la materia e la cosa della quale altri si gloriasse; come se altri si gloriasse d’alcuna cosa falsa, che fosse contraria alla divina reverenzia; secondo che disse il profeta Ezechiel contro a quello re: Elevatum est cor tuum, et dixisti: Deus ego sum: Il tuo quore s’è levato in alto, e dicesti: Io sono Iddio. E san Paolo dice: perché ti glorii tu, o uomo, de’ beni che tu [p. 266 modifica]hai ricevuto da Dio, come se tu non gli avessi ricevuti? O quand’altri ha4 alcuno bene temporale o corporale o spirituale che fusse, del quale si gloriasse mettendo sé innanzi a Dio; la qual cosa vieta Iddio per lo profeta Ieremia, e5 dice: Non glorietur sapiens in sapientia sua, nec fortis in fortitudine sua, nec dives in divitiis suis; sed in hoc glorietur qui gloriatur, scire et nosse me: Non si glorii il savio nel senno e nella sapienza sua, né l’uomo forte nella fortezza sua, né ’l ricco nelle sue ricchezze; ma chi si gloria, si glorii di sapere e di conoscere me. O quand’altri il testimonio degli uomini mandassi dinanzi a quello di Dio, sì come Cristo dicea contro ad alcuni nel Vangelo: Qui dilexerunt magis gloriam hominum, quam Dei: Egli hanno più amata la gloria degli uomini, che quella di Dio. E puòssi intendere in due modi: o ch’egli abbino più amato d’avere gloria dagli uomini, che da Dio; o ch’egli abbino più amato di dare gloria agli uomini, che a Dio. Il secondo modo che la vanagloria può essere contro alla carità di Dio, si è da parte di colui che si vanagloria, quando la sua intenzione referisce e ordina alla gloria come ad ultimo fine, alla quale eziandio le cose virtuose ordina, e per la quale avere non lascerà di fare di quelle cose che sono contro a Dio, e6 lascerà di fare di quelle cose che sono secondo Iddio: e in questo modo è peccato mortale. Onde dice santo Agostino: Questo vizio, cioè la vanagloria, è nimico della vera fede, se nel quore sia maggiore cupidità di gloria e della umana loda, che ’l timore e l’amore di Dio. E però dicea Cristo nel Vangelo a certi vanagloriosi: Quomodo potestis credere, gloriam ab invicem expectantes; et gloriam quoe a solo Deo est, non quoerentes? Come potete voi ben credere e avere vera fede, aspettando la gloria l’uno dall’altro, e non cercando la [p. 267 modifica]gloria ch'è da solo Iddio? Ma se l'amore dell'umana gloria, avvegna che sia vana, non è contrario alla carità, né quanto a quello di che altri si gloria, né quanto alla 'ntenzione di colui che si gloria, si come è sposto; non è peccato mortale, ma veniale. Onde dice san Giovanni Boccadoro, che con ciò sia cosa che gli altri vizi abbiano luogo ne' servi del diavolo, la vanagloria ha luogo ne' servi di Cristo; e intendesi in quanto è peccato veniale.

Note

  1. É sguaglio non è (forse per volontaria soppressione) nella stampa del primo secolo.
  2. Meglio così (a me sembra) col Testo, che umana, come leggesi nelle stampe.
  3. L'edizioni da noi consultate: non contenta pur dell'avere, la vuole ec.
  4. Questo verbo sì necessario al senso, omesso nel Codice e trascurato nella più recente, è nelle antiche edizioni.
  5. E qui coll'aggiunta della copulativa il Codice nostro e la stampa del primo secolo ci rendono compiuto il costrutto.
  6. Men bene l'apografi: delle.