Specchio di vera penitenza/Trattato della vanagloria/Capitolo primo

Trattato della vanagloria - Capitolo primo

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Trattato della vanagloria - Capitolo primo
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CAPITOLO PRIMO.


Dove si dimostra che cosa è vanagloria.


La prima cosa che dobbiam dire della vanagloria, si è che cosa è vanagloria. Dove è da sapere, che questo nome vanagloria inchiude due cose: l’una si è gloria, l’altra è vana. A volere sapere che cosa è vanagloria, si conviene sapere che [p. 261 modifica]cosa è gloria, e poi vedremo quale gloria è vana; e così conosceremo che cosa è vanagloria. In prima si conviene sapere che cosa è gloria; della quale dice santo Agostino: Gloria est frequens fama cum laude: Gloria è una fama e una nominanza continuata e che perseveri con loda; o vero, come dice altrove: Gloria est iudicium hominum de aliquo bene opinantium: La gloria è uno giudicio degli uomini che stimano bene d’altrui. E santo Ambruogio dice: Gloria est clara cum laude notitia: La gloria è uno conoscimento chiaro con loda. E Tullio dice, che gloria è Frequens de aliquo fama cum laude; com’è sposto di sopra. E in un altro luogo dice: Gloria est quoedam solida res et expressa, non adumbrata: La gloria è una cosa salda ed espressa, non adombrata. Per tutti questi detti, che in sentenzia dicono una medesima cosa, si dà ad intendere, come dice san Tommaso, che gloria dice una chiarità.1 La cosa chiara dice una bellezza e uno manifestamento. E però questo nome gloria importa propiamente uno manifestamento d’alcuna cosa che appo l’oppenione delle genti sia o paia buona e bella e dicevole, chente che quella cosa si sia, o corporale o spirituale, pure ch’ella sia onorevole e degna di loda. È, adunque, gloria uno conoscimento manifesto e chiaro che hanno le persone d’alcuna escellenza o bontade altrui, che sia degna di loda o d’onore, secondo la stima e l’oppenione della gente. L’appetito di questa cotale gloria puote essere sanza vizio e sanza peccato; e ciò è quando la persona disidera di manifestare alcun bene ch’ell’abbia detto o fatto, o alcuna grazia, e il manifesta2 con diritta ragione e a buon fine; come sarebbe quando lo facesse3 acciò che Dio n’avesse [p. 262 modifica]loda e gloria, secondo che Cristo disse nel Vangelo: Sic luceat lux vestra coram hominibus, ut videant opera vestra bona, et glorificent Patrem vestrum, qui in coelis est: La luce della vostra bontade si manifesti sì e in tal modo dinanzi dagli uomini, che veggiano l’opere vostre buone, e glorifichino il vostro padre Iddio, il quale è in cielo. Ancora, quando altri il facesse per dare buono essemplo altrui, acciò che altri ne diventasse migliore: come n’ammaestrava4 san Paulo, quando dicea: Providentes bona non solum coram Deo, sed etiam coram omnibus hominibus: Provvedete di fare e di mostrare l’opere buone, non solamente dinanzi a Dio, ma ancora dinanzi a tutti gli uomini, dando loro il buono essemplo. Similmente, quand’altri lo facesse per perseverare nel bene e per diventare migliore: come interviene che certe persone, udendo lodare e approvare dalle genti le buone opere che fanno, sì ne megliorano (come disse quel savio, che la virtù lodata cresce), e perseverano nel bene. E a questo intendimento n’ammaestra il savio Ecclesiastico, il quale dice: Curam habe de bono nomine: Abbi cura del buono nome. E Tullio dice che gli uomini s’accendono a ben fare per la gloria. Per qualunche di queste tre cose l’uomo desidera la gloria, manifestando le sue buone opere, o qualunche bontà o virtù ch’egli abbia, non che sia peccato o vizio, ma egli è virtù e mercè; però che si fa per carità di Dio e del prossimo. Puote essere l’appetito e ’l desiderio della gloria vizio e peccato, quando non per veruna delle tre cagioni dette di sopra si desidera, ma vanamente; e allora s’appella vizio di vanagloria. Chè, come dice san Tommaso: Qualunche cosa vana si desidera,5 è vizio e peccato; secondo che dice il Salmista: Ut quid diligitis vanitatem, et quoeritis mendacium? Perché amate voi la vanità, e cercate di dire o udire le bugie? E puòssi dire gloria vana in tre modi: [p. 263 modifica]o da parte della cosa della quale altri cerca d’avere gloria; che è cosa vana, fragile e non degna di gloria: o quando altri cercasse d’avere gloria dalla cosa che non ha; della quale vanità dice il profeta Ieremia: Vana sunt opera eorum et risu digna: L’opere loro sono vane e degne di riso; cioè, ch’altri se ne faccia beffe. Il secondo modo si è da parte di colui o di coloro da’ quali altri vuole avere la gloria, cioè dagli uomini; il cui giudicio è incerto e il più delle volte falso, e però è vano; de’ quali dice il Salmista: Universa vanitas omnis homo vivens; e in un altro luogo: Dominus scit cogitationes hominum, quoniam vanoe sunt: Ogni uomo vivente è tutta vanità, e Iddio sa bene ch’e’ pensieri degli uomini sono vani. Il terzo modo è detto la gloria vana da parte di colui che disidera la gloria; che non ordina l’appetito suo in debito fine, cioè all’onore di Dio, e alla salute sua e del prossimo. Della quale vanità dice il profeta Ieremia: Ambulaverunt post vanitatem, et vani facti sunt: Gli uomini sono andati dietro alla vanità, e sono fatti vani. Ragionevolmente, adunque, è detta gloria vana quella la quale altri desidera d’avere di cosa vana, e da cosa vana, e per cosa vana. Et è cosa vana, come dice Ugo di santo Vittore, quella che non dura a quello che l’ha,6 non prende frutto di quello che fa,7 e mai non giugne al termine dove va. Onde Salamone, considerando in queste cose create questa vanità, dicea: Vanitas, vanitatum, et omnia vanitas: Il mondo è vanità di vanitadi, e ogni cosa è vanità. L’altra lettera ha vanitantium, cioè degli uomini che si vaneggiano; quasi dica: Vanità sono le cose di che gli uomini vanamente si gloriano. Vani sono gli uomini che desiderano d’avere la vanagloria, o vero da’ quali [p. 264 modifica]altri desidera d’avere gloria. Vano è il fine al quale conduce tal gloria; della quale dice san Piero: Omnis gloria eius tamquam flos foeni: Ogni gloria dell’uomo, per qualunche modo tu la pigli, è vana come il fiore del fieno. E però dicea bene san Giovanni Boccadoro: Non è vera cotale gloria, e non è gloria, ma è vôta di gloria.8 Onde gli antichi l’appellano vanagloria, cioè cosa vôta; chè la cosa ch’è vôta è detta vana.

Note

  1. Le antiche edizioni: che gloria è una clarità (o chiarità).
  2. Ci siamo ingegnati d'annestare in una, e più compiunta, le varie e difettose lezioni, com'è qui per vedersi. Ediz. 95 e 85: alcun bene ch' ell' abbia, e di fatto il manifesta. Ediz. 25: alcuno bene, ch' ell' abbia detto o fatto, il manifesta. E il Manoscritto: alcun bene ch' ell' abbia, o alcuna grazia, il manifesta.
  3. Le antiche stampe: quando l'huomo il facesse.
  4. Non pensiamo che bene scegliesse, co' suoi predecessori, il Salviati, benchè il medesimo si trovi ancora nel nostro Testo: come manifestava.
  5. La stampa del primo secolo: vana desiderare è ec.
  6. In tutte le stampe, e ancora nel Manoscritto, ch' ell' ha; e in quella degli Accademici, che mal provvidero a chiarezza: di ch' ell' ha. Prendemmo licenza di sciogliere l'antica lettera chellha, e di sopprimere la l soverchia, come si è fatto, parendoci che questo, e non altro, debba qui essere il sentimento: non dura a (come in o per) quello (colui) che l'ha (l'alietta o prova in sè stesso).
  7. Di quello che fa manca, con prediguidizio del senso e della euritmia, nel Manoscritto e nella stampa del Salviati.
  8. Ma di gloria vota, le stampe.