Sole d'estate/L'ospite
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L’OSPITE
Cattivo era l’umore di donna Brigida, quel giorno ventoso di marzo. Per la prima volta ella aveva licenziato la vecchia serva, venuta con lei dal lontano paese natio, e la vecchia serva prometteva di andarsene. Muso lungo reciproco, quindi; senso di separazione da tutto un passato pacifico; terrore dell’avvenire nuovo. Il fatto è che la vita, secondo le due donne, è sempre più difficile; tutto costa, tutti imbrogliano; per avere un operaio in casa bisogna prima invocare l’aiuto di Dio: e il denaro, anche ad averlo nascosto in ogni angolo, come ce l’ha donna Brigida, non ha valore.
Ella stava appunto contando e ricontando con meticolosità il resto della spesa che la serva triste e torva aveva deposto sulla tavola della cucina, quando fu suonato quasi con violenza il campanello della porta.
— Gesù Maria, sembra la giustizia coi suoi gendarmi, — mormorò la vecchia Agostina, che in trent’anni ch’era a Roma non aveva un giorno solo dimenticato le tradizioni della sua stirpe diffidente.
Era invece un ospite. E che ospite! Nel ricomparire davanti alla padrona, Agostina pareva quella di trent’anni fa: la maschera della vecchiaia e della tristezza le era caduta dal viso, la voce risonava commossa:
— Sa chi c’è? Bustianeddu Minore. Porta una bisaccia di roba: l’ho fatto entrare in camera da pranzo.
— Come mai? Come mai?
Anche la padrona è un’altra. Bustianeddu, la bisaccia! Figure e cose balzate, appunto in quel momento di crisi, dal più lontano passato, con uno strascico luminoso di favola.
L’uomo, che si era seduto accanto all’uscio, come usava nel paese, a prima impressione disilluse donna Brigida. Era vestito da borghese, col cappotto foderato di seta, la sciarpa al collo, un «borsalino» grigio, morbido come un piccione. Ma il suo odore di ricco pastore era lo stesso; e il viso bronzino, la bocca sorniona e sopratutto gli occhi di vecchio daino, riallacciarono intorno alla donna l’incanto del tempo che fu.
— Come mai? Come mai?
Le due mani, quella scura e grande dell’uomo, quella piccola e ancora rosea della donna, si stringevano e si scuotevano a vicenda, accompagnando domande, risposte, rallegramenti.
— Eh, che vuole donna Brigida? Capricci da vecchio.
— Ma che vecchio! Se sembrate un fidanzato. E come ci siamo fatti eleganti!
Egli sollevò la falda del cappotto per farne valere meglio la fodera: ma guardava i suoi vestiti con benevolo sarcasmo. Poi domandò:
— E sos pizzinnos?
— I bambini? — grida donna Brigida, coi grandi occhi neri attoniti. — Ma se sono già laureati.
E Agostina, che ascolta trepida dietro l’uscio, si mette a ridere immaginandosi il dottor Attilio e il professore Panfilo ancora col grembiale nero di scuola.
*
— La bambina, è sperabile, sarà ancora tale, — riprese l’uomo, accostando l’uno all’altro i ponti ancora neri delle sue sopracciglia, come per varcare meglio il fiume del tempo. — Le mie ragazze le mandano un regalo: scuserà se è cosa da poco, ma l’intenzione è stata grande. Non è a casa?
— Anche la bambina è a scuola: è piccola d’anni, sì, ma si è fatta alta e forte.
Il dono, tuttavia, era adatto per lei: e quando l’ospite trasse la prima scatola dalla bisaccia e l’aprì, il rosso di scarlatto, l’azzurro denso, il giallo e il verde dei ricami arcaici che decoravano la borsetta sarda ricordarono a donna Brigida e all’occhio che spiava dall’uscio, la processione del Corpus Domini, con le donne e gli uomini in costume, gli stendardi, la primavera sui monti, la fede, la speranza, la fanciullezza, l’amore.
— Come sarà contenta la bambina: grazie, grazie. Agostina, vieni a vedere.
Agostina entra, ringrazia anche lei. E la pace è fatta.
*
— Questo è per lei, donna Brigida: roba fatta in casa: s’intende, accettare sempre la buona intenzione.
— Se di queste buone intenzioni fosse lastricata la via dell’inferno!
Donna Brigida giunse le mani, adorando, piegata sulla seconda scatola, molto più grande della prima, e sotto il cui strato di carta velina gli amaretti freschi, color sabbia con incrostazioni d’oro, si stendevano davvero come un campione di lastrico quale se ne vede nei sogni.
Ma a toccarne uno, come fece donna Brigida dietro l’insistente invito dell’ospite, si tornò alla più chiara realtà. E la stessa Agostina, che non aveva più un solo dente molare, dichiarò che sembravano di crema di mandorle.
— E adesso veniamo al sodo. Qui, veramente, un po’ di buona intenzione c’è stata. È morto appena da avant’ieri: vede, l’occhio sembra ancora vivo. Ma sarà meglio che andiamo in cucina. Tu, vecchia, lo reggerai per una zampa, ed io lo squarterò. Non ce l’hai un coltello a serramanico? Bene, ce l’ho io, se Dio vuole e il passaporto lo permette.
Le donne guardavano adesso un po’ disorientate il grosso porchetto ancora sanguinante che veniva fuori a stento dalla guaina della bisaccia. L’intenzione era stata certamente ottima, ma forse oltrepassava alquanto il limite. Non è facile mettere al fuoco, in una linda piccola cucina moderna, un porchetto di otto chili.
— Niente paura: andiamo in cucina, — incoraggiò l’ospite; e sollevò il porchetto, che, con le zampe stroncate, le orecchie pendenti, il muso rassegnato, si abbandonava alla sua sorte.
Fu deposto sull’altare marmoreo della mensola dell’acquaio, e Sebastiano Minore, detto così per distinguerlo dal padre quasi centenario, si tolse cappotto e sciarpa e impugnò l’arma piccola e terribile, che piegata e chiusa nel suo manico di corno sembra un amuleto, e aperta può produrre la morte. Con essa, aiutato da Agostina, squartò la bestia.
— Questo pezzo, vecchia, lo farai arrosto, questo in umido, questo si può farlo anche fritto. E saziarsene. Dio ha creato il porco per il bene dell’uomo: tanto è vero che gli ha dato le ossa piccole, perché la carne se ne distacchi meglio, e tu le puoi sputare come i noccioli delle ciliege. Ma che fa, donna Brigida? Il caffè a me? Con le sue mani di dama? Ah, si vede che anche lei è rimasta una donna all’antica. Mi permetta, prima, di lavarmi gli artigli. Che bella cosa l’acqua in casa. Anche noi, adesso, ce l’abbiamo. Solo che, mentre prima si beveva l’acqua pura della fontana del monte, adesso abbiamo l’acqua calcarea che aiuta i vecchi ad andarsene all’altro mondo. E allora io, donna Brigida mia, sa che cosa faccio? Quando ho sete vado in cantina. Giusto, ho portato, in fondo alla bisaccia, anche una bottiglia di vernaccia per il commendatore.
Per tirar fuori la bottiglia tornarono nella sala da pranzo: e dopo la bottiglia vennero fuori altri doni, fra i quali una larga e grassa treccia di formaggio fresco passato al fuoco, che sembrava quella di una fata albina.
— Ma perché tutto questo, caro Bustianeddu, perché? Voi mi mortificate; e non so come ricambiarvi.
Ma egli tirò su la bisaccia vuota, l’arrotolò come un tappeto, la nascose sotto la credenza. Non aveva bisogno di ricambio, lui: poiché per il cuore dell’uomo generoso il solo compenso è la gioia di donare.
*
— Notizie del paese? — disse, rimettendosi a sedere accanto all’uscio. — Buone e cattive. Si lavora, si combatte contro il tempo e le stagioni, si nasce e si muore. Mio figlio Giovanni è malato di mal di cuore; mia nipote Paulina si sposa col segretario comunale. Abbiamo fabbricato un palazzo, non grande come questi di Roma, ma insomma capace di albergare tutta la discendenza; mio padre, però, si rifiuta di lasciare la sua vecchia casa. È un vero uomo all’antica, lui: non brontola contro le novità, è contento che i ragazzi e anche le ragazze vadano in città a studiare: lascia che le cose corrano per il loro verso; ma per conto suo se ne sta seduto sulla panchina di pietra, contro il muro assolato, e parla solo col suo bastone.
— Chi sta bene non si muove, — sospirò donna Brigida. E forse era meglio che anche noi fossimo rimasti in paese.
— No, no; il paese è buono per i vecchi; per i giovani occorre la città. Ed anche ai vecchi, a volte, viene la smania di muoversi, di andare in giro per il mondo. Teste matte non ne mancano neppure tra i vecchi: esempio il suo ospite d’oggi. E forse lei, donna Brigida, pensava che io fossi venuto qui a disturbarla per ottenere una raccomandazione, o per andare da qualche avvocato o da qualche medico. Si sbaglia: io sono venuto per veder Roma.