Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci/VII. - Il sistema planetario eliocentrico considerato come ipotesi fisica probabile

VII. - Il sistema planetario eliocentrico considerato come ipotesi fisica probabile

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VII. - Il sistema planetario eliocentrico considerato come ipotesi fisica probabile
XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci - VI. - Il sistema planetario eliocentrico considerato come ipotesi geometrica possibile XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci - VIII. - Riassunto delle conclusioni principali

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VII. IL SISTEMA PLANETARIO ELIOCENTRICO
CONSIDERATO COME IPOTESI FISICA PROBABILE.


51. Eraclide Pontico sembra finisse la sua carriera press’a poco nel tempo medesimo che Aristotele, ad ogni modo intorno al 320. L’indipendenza e l’originalità delle sue opinioni, che gli avevano procurato il titolo di παραδοξολόγος1 non erano proprio ad assicurargli gran credito presso le due scuole domiminanti allora in Grecia, quella dei Platonici e quella dei Peripatetici; il Pitagorismo, come scuola filosofica, si andava riducendo al nulla2. Eraclide stesso non potè o non volle essere caposcuola; di lui non si sa che lasciasse alcun discepolo, o almeno alcun rappresentante delle sue dottrine3. Queste [p. 168 modifica]adunque non vissero che ne’ suoi libri, i quali tutti senza eccezione andarono perduti. Non è certo neppure che egli facesse una esposizione accurata, e confortata da prove geometriche, delle ipotesi cosmiche da lui approvate, od anche solamente riconosciute come possibili. E sembra che soltanto mezzo secolo più tardi di queste ipotesi cominciasse ad occuparsi il gran matematico ed astronomo Aristarco di Samo, la cui vita possiamo collocare approssimativamente fra gli anni 310 e 240.

52. Archimede attesta nell’Arenario, che Aristarco τινῶν ὑποθέσεων ἐξέδοκεν γραφάς, pubblicò la descrizione di certe ipotesi. In queste ipotesi, dal poco che Archimede ne dice, è impossibile non ravvisare il sistema di Copernico. La parola γραφή qui usata sembra significare non solo una descrizione a parole, ma includere anche l’idea di disegni esplicativi4. Difatti se Aristarco ha dato, come è indubitabile, una dimostrazione geometrica di quelle ipotesi, ed ha intrapreso di provare che esse erano atte a spiegare i fenomeni, non ha potuto far a meno di analizzare tutti i gradi, che dai fatti osservati conducono al risultato definitivo da lui ottenuto, cioè al sistema planetario eliocentrico. Perciò non dovettero essergli ignote le costruzioni di Eraclide Pontico, sia che ad esse ei pervenisse coll’intuizione del genio, sia, com’è più probabile, che ne avesse notizia dalle opere, allora recenti e celebrate, di Eraclide stesso. Nè dovettero essergli sconosciuti i ragionamenti, per cui alle idee di Eraclide si era condotti dallo studio accurato del movimento dei pianeti. La connessione che esiste fra il moto così semplice dei pianeti rispetto al Sole e il moto più complicato dei medesimi rispetto alla Terra; il modo, con cui da entrambi derivavano le apparenze osservate: tutto questo doveva esser dimostrato da Aristarco, e ciò si poteva far ottimamente col mezzo di disegni accurati, in cui fossero serbate le proporzioni nelle grandezze delle orbite e nella loro reciproca collocazione5. Nè solo le proporzioni e le giaciture; [p. 169 modifica]ma anche la grandezza del tutto egli era in grado di assegnare ponendo a fondamento le distanze della Luna e del Sole da lui precedentemente studiate.

53. Purtroppo di questa opera, che per la storia scientifica sarebbe d’un valore inestimabile, non è restata che la menzione fattane da Archimede, come si disse poc’anzi; a cui sono da aggiungere i brevi cenni, che delle ipotesi in essa opera contenute ha lasciato Archimede stesso, e gli altri cenni ancora più brevi di alcuni antichi scrittori. Tutto questo è noto, e non occorre ripetere qui come Aristarco si rendesse esatta ragione delle conseguenze del suo sistema e delle obiezioni che gli si potevano muovere6. Stando alle parole di Archimede, Aristarco avrebbe supposto l’orbita della Terra non soltanto circolare, ma ancora esattamente centrata sul Sole: τὰν δὲ γᾶν περιφέρεσθαι πρὶ τὸν ἅλιον κατὰ κύκλου περιφέρειαν, ὅς εστιν ἐν μέσῳ τῷ δρόμῳ κείμενος... Ne potremmo con qualche verisimiglianza inferire, che Aristarco, al pari di Eudosso, non includesse nelle sue ipotesi l’anomalia del corso solare scoperta da Eutemone e confermata da Callippo. Questa conclusione, se vera, ci darebbe anche un argomento di più per credere, che di essa non si curasse neppure Eraclide Pontico7. Ma di ciò sia quello che si vuole.

54. Un’altra cosa sarà anche opportuno notare; ed è che Aristarco ha potuto arrivare al suo concetto eliocentrico senza mai dipartirsi dai principi fisici allora ritenuti come plausibili in questa materia, e senza introdurre nel cielo alcuna circolazione intorno a punti ideali e privi di fisico contrassegno, come fecero più tardi gli astronomi matematici da Apollonio in avanti. Ma Aristarco non era solo un matematico; egli altresì aveva atteso alla parte fisica di tali questioni, frequentando le lezioni di Stratone Lampsaceno, cui fu dato il nome speciale di fisico, perchè della fisica faceva la base principale del suo insegnamento8. [p. 170 modifica]

Tale ripugnanza ad ammettere circolazioni dei corpi celesti intorno a punti ideali fu una delle cause che accelerarono l’avvento dell’idea copernicana. Infatti, posta una volta la condizione impreteribile che un astro non potesse circolare che intorno alla Terra, od intorno ad un altro astro, due ipotesi soltanto rimanevano capaci di soddisfare all’anomalia dei pianeti con movimenti circolari ed uniformi; e sono l’ipotesi ticonica per chi vuol fissa la Terra, e l’ipotesi copernicana, se si consente alla Terra di muoversi come un astro qualsiasi. Perciò arriviamo a questa conseguenza singolare, ma pur vera: che se i matematici greci, colle loro forme astratte di movimento per eccentri ed epicicli intorno a punti ideali non fossero intervenuti nella questione e l’avessero lasciata alla pura speculazione dei fisici, i Greci non avrebbero avuto da scegliere, che fra l’ipotesi di Ticone e quella di Copernico, o se si vuole, fra quella di Eraclide e quella di Aristarco; e quindi forse più presto sarebbero giunti alla verità. L’introduzione degli eccentri e degli epicicli centrati su punti ideali non giovò ad altro sulle prime, che a soffocare appena nate le vere idee sulla struttura dell’universo. Gli epicicli d’Apollonio e dei suoi successori si adattavano troppo bene a conciliare i fenomeni coi pregiudizi correnti nelle scuole, e della libertà che ne derivava fu fatto largo uso a danno della verità. Cessa così la meraviglia, che in noi destava il fenomeno in apparenza inesplicabile del regresso avvenuto dopo Aristarco nelle idee dei Greci sul sistema del mondo. Le idee di Aristarco vissero ancora per qualche tempo in discepoli a noi ignoti; e quantunque il suo nome fosse in tutta l’antichità celebratissimo, le sue dottrine furono ricordate soltanto come opinioni bizzarre e singolari, facili ad essere confutate con argomenti allora in apparenza invincibili, e di cui soltanto diciannove secoli dopo si cominciò ad apprezzare giustamente la totale insufficienza.

  1. Vedi Diogene Laerzio nella vita d’Eraclide. Di questi paradossi abbiamo avuto un saggio sufficiente per giudicare delle calunnie, che su di lui furono a gara accumulate. Uno spirito così indipendente, che non consentiva di arrolarsi sotto nessuna delle bandiere filosofiche allora più corteggiate, poteva facilmente dare argomento ad ogni specie di aneddoti burleschi, specialmente poi se, come sembra, fosse inclinato verso tutto ciò che a lui si presentava d’insolito e di meraviglioso. Noi dobbiamo attenerci, per quanto concerne il valore scientifico di Eraclide, a quel poco che ne danno Simplicio, Proclo, Calcidio, Plutarco e i doxografi; e lasciar da parte le dicerie dei grammatici. Non è possibile che Platone si compiacesse della società di un mattoide, quale alcuno vorrebbe farci credere fosse Eraclide; e che affidasse ad un tal uomo la direzione della scuola durante uno dei suoi viaggi in Sicilia, secondo che narra Suida. Un giudizio autorevole e ben ponderato su Eraclide si può vedere presso Boeckh, Kosm. Syst. des Platon, pp. 129-131.
  2. Vedi più sopra le note 4 a pp. 146-147 e 1 a p. 148
  3. Deswert, Diss. de Heraclide Pontico, p. 15.
  4. In questa idea mi è gradito trovarmi d’accordo con F. Hlutsc. Vedi la sua notizia su Aristarco nella Real-Encyclopádie di Pauly-Wissowa. Adotto la lezione data nell’eccellente edizione di Archimede nuovamente pubblicata da Heiberg.
  5. È noto che nei sistemi di Copernico e di Ticone la proporzione delle grandezze delle orbite e delle distanze dei corpi planetari risulta determinata dalla costruzione loro: così che data una di tali grandezze e di tali distanze, tutto è conosciuto. Nel sistema degli epicicli le dimensioni e le distanze di un pianeta sono indipendenti da quelle degli altri, e quindi le proporzioni dell’intiero sistema rimangono indeterminate.
  6. Vedi su ciò i miei Precursori di Copernico capo IV, e Documenti XLI-XLV.
  7. Queste riflessioni non avrebbero più luogo se con Bergk (Fünf Abbandlungen, p. 162) si volesse leggere ἐν μέσῳ τῷ οὐρανῷ invece del ἐν μέσῳ τῷ δρόμῳ. Confesso però di non vedere alcuna necessità di una simil correzione.
  8. Zeller, Philosophie der Griechen, vol. IV (3a ed), pp. 903-904.