Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci

XI. - Origine del sistema planetario eliocentrico presso i Greci

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XI.

ORIGINE

DEL SISTEMA PLANETARIO ELIOCENTRICO

PRESSO I GRECI




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Dalle memorie del Reale Istituto Lombardo. Classe di scienze matematiche e naturali, vol. XVIII, Milano 1896-1900. (Memoria presentata nell’adunanza del 17 marzo 1898).

Un riassunto di questo scritto, dovuto all’autore stesso e intitolato: Come i Greci arrivarono al primo concetto del sistema planetario eliocentrico detto oggi copernicano, comparve nel periodico Atene e Roma, Anno I (1898), pp. 65-79. Ad evitare ripetizioni, l’articolo dell’ Atene e Roma non venne compreso nella presente edizione.

L. G.



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Le speculazioni dei filosofi e degli astronomi greci intorno alla disposizione generale dell’universo ed intorno al movimento dei corpi celesti costituiscono uno dei capitoli più interessanti e più belli nella storia della coltura antica. Veramente la scarsità, dei documenti e lo stato imperfetto della tradizione limino reso assai difficile il rendersi conto dei vari gradi, per cui dalle più rozze e primitive costruzioni il genio ellenico seppe, in meno di due secoli, elevarsi all’idea del sistema eliocentrico, di quello cioè che fu più tardi rimesso in onore da Copernico. Tuttavia, grazie alle recenti fatiche di alcuni dotti investigatori, allo studioso della storia astronomica è concesso di seguire, per lo più con discreta continuità, l’evoluzione delle idee dei Greci intorno a questo argomento. Restano però diverse lacune, le quali finora non fu dato di supplire con piena soddisfazione; ed in più casi è da credere, che dalla insufficienza dei documenti saremo per sempre ridotti a doverci contentare di congetture più o meno plausibili. Ma vi sono alcuni altri punti, su cui un esame approfondito di ogni speciale questione potrà gettare ancora qualche maggior luce, conducendo ad un grado di probabilità più soddisfacente; in particolare, se alla critica filologica ed istorica dei testi antichi, alla quale giustamente si è data fino ad oggi la primaria importanza, si aggiunga un’altra critica non meno necessaria, di cui l’abito si può acquistare soltanto colla diuturna e meditata osservazione di quegli stessi fenomeni, che agli antichi sapienti servirono già ii stabilire le loro ipotesi astronomiche.

Fra tali questioni ancora capaci di ulteriore dilucidazione, nessuna sembra più importante di quella segnata in fronte al [p. 116 modifica]presente scritto: e nessuna mi pare più degna di essere esaminata colla maggior cura possibile. Noi vediamo infatti in Atene, intorno all’anno 330, Aristotele con Callippo e Polemaroo ancora affaticarsi per adattare le sfere omocentriche di Eudosso alle proprie teorie fisiche dell’universo. Cinquanta o sessant’anni dopo, Aristarco di Samo proclama al mondo, come ipotesi probabile, il sistema astronomico che poi fu detto di Copernico! Quale fu la rapida evoluzione d’idee, che produsse in tempo così breve così straordinario risultato? Ma vi ha di più. Il grandioso concetto non trova terreno adatto a mettere profonde radici; e quasi subito dopo annunziato, scompare. Per quali cause, ed in qual modo è ciò avvenuto? Ecco i quesiti a cui ho voluto cercare una risposta, forse troppo obbedendo alla mia curiosità, e forse non abbastanza tenendo conto della mia insufficiente preparazione filologica.

Venticinque anni fa io ebbi già occasione di trattar brevemente lo stesso argomento nella mia memoria Sui precursori di Copernico nell’antichità. Nell’esporre il progresso che dalle idee di Platone e di Eudosso condusse a quelle di Aristarco e di Seleuco, dovetti allora aiutarmi più con caute congetture, che con uno studio veramente accurato e completo degli elementi della questione. Già però lìn d’allora io aveva riconosciuto, che la vera chiave del problema stava nell’ipotesi degli eccentri mobili, in quel tempo affatto negletta dagli storici dell’astronomia; e fui condotto a congetture, che al sistema di Copernico i Greci fossero arrivati passando per quello di Ticone. Le presenti ricerche, assai più rigorose ed assai più complete, hanno confermato la parte sostanziale delle mie conclusioni d’allora, correggendole in qualche particolare.

Io le avevo presso a poco condotte a termine, quando mi venne sott’occhio l’opera importante di Paolo Tannary, intitolata Recherches sur l’histoire de l’astronomie ancienne, pubblicata nel 1892 fra le memorie dell’Accademia di Bordeaux, poi separatamente a Parigi presso Gauthier-Villars. In questo libro, dove, accanto alla discussione di molte questioni note, veggonsi additati ad ogni passo nuovi problemi non prima avvertiti, e tuttavia degnissimi di attenta considerazione, il Tannery ha toccato il presente argomento, specialmente nel cap. XIV. Al pari di me egli ha riconosciuto l’importanza dell’ipotesi degli eccentri mobili, ed al pari di ine dalla forza delle cose è stato condotto a concludere, che il sistema detto [p. 117 modifica]di Ticone ha dovuto esser noto agli astronomi greci di una certa epoca, e rappresentare una parte importante nell’evoluziene delle loro teorie astronomiche. Egli crede che Apollonio abbia derivato il sistema ticonico da Aristarco per la stessa via per cui Ticone lo derivò da Copernico; riproducendo cosi il medesimo procedimento regressivo a 1800 anni di distanza. Un tale curioso ricorso storico nulla avrebbe in sè d’improbabile, ove come terzo elemento della questione non venisse il frapporsi il curioso personaggio di Eraclide Pontico, il cui nome si trova ripetutamente citato nei principali documenti rifarentisi alla presente discussione, e la cui importanza in questo campo di speculazione cosmologica non sembra sia stata sufficientemente apprezzata dal Tanneri. — Dalle presenti indagini risulterebbe invece, che il sistema ticonico fosse noto ai Greci già vivendo Eraclide Pontico, cioè al tempo d’Alessandro Magno; che fosse un grado della scala, per cui essi si elevarono al concetto di Copernico; che infine dal medesimo avessero origine, per via di astrazione e di generalizzazione, le teorie degli epicicli e degli eccentri mobili, quali li presentò un secolo più tardi Apollonio di Perga.

La varia natura degli elementi astronomici, geometrici, istorici, di cui si dovrà intessere la nostra dimostrazione, e più di tutto le gravi bienne della tradizione, e le preparazioni necessarie per interpretare a dovere il significato dei pochi documenti rimasti, mi hanno obbligato a discutere parecchie questioni secondarie, ed a deviare spesso dall’ordine naturale per arrivare a stabilire un filo logico abbastanza saldo nelle deduzioni, ed a produrre in chi legge la convinzione desiderata. Ciò non ha potuto farsi senza qualche poco d’apparente disordine nell’esposizione; del quale già chiedo scusa fin d’ora. Ho procurato di rimediarvi coll’aggiungere in fine un riassunto dei fatti più salienti, secondo l’ordine del tempo in cui sono avvenuti.