Saggio di racconti/XI/VI
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ossia l’Adolescenza d’un Artista nel secolo XVI
Un amico
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Già quel tanto che Francesco poteva imparare nella bottega dell’orafo era divenuto poco per lui, sicchè aveva incominciato a metter mano ai pennelli sotto la scorta di Giuliano Bugiardini; e in età di 13 anni coloriva per suo studio quadretti che gli davano occasione di farsi strada fra gli artefici di merito e di età superiori alla sua. Non erano invero quei primi lavori opere da maestro; ma dimostravano molto ingegno, un tocco risoluto, una verità che s’accostava alla perfezione della natura, e più che altro l’espression degli affetti sentiti con grandissima forza. Le quali cose in si tenera età erano degne d’ammirazione, benchè in Firenze non fosse nuovo ne raro l’esempio d’ingegni prematuri.
Anzi era venuto a que’ giorni d’Arezzo un fanciullo di nove anni chiamato Giorgio Vasari, il quale, oltre all’essere abile nel disegno, aveva già fatto tali progressi nello studio delle belle lettere, da spiegar bene l’Eneide di Virgilio e saperne a mente tutti i passi più belli. Abitava egli in casa di messer Niccolò Vespucci, in sulla coscia del Ponte vecchio sopra la chiesa del Sepolcro1, e praticava in bottega di Michelangiolo Buonarroti.
Venne la cosa a notizia di Francesco, e arse subito di desiderio di conoscerlo. Appunto allora girava di sua mano un ritratto che fu mostrato a Giorgio, a cui piacque molto; e perchè ogni simile ama il suo simile, anch’egli fu preso dalla stessa brama di legarsi in amicizia con Francesco. Sicchè studiandosi ambedue d’incontrarsi, alla fine si videro un giorno in sulla piazza del Duomo, e prima che altri proferisse i loro nomi, quasichè si fossero amati da lungo tempo, provarono l’interno trasporto d’una tenera amicizia.
Subito i loro colloqui spiegarono l’affetto che avevano per le belle arti e l’ammirazione per le naturali bellezze che sono in tutti gli esseri dell’universo. Dovunque trovavano da imitare, da scegliere, da studiare la perfezione della natura, dove ogni parte ha la respettiva bellezza, che l’occhio di chi par nato per essere artista sa conoscere, intendere e combinare con leggiadra armonia o con robustezza di concetti nelle invenzioni. Non si saziavano mai di parlare delle opere dei grandi maestri, e s’infiammavano a vicenda nel desiderio d’acquistarsi riputazione.
Quindi non è possibile immaginare spettacolo più gradito di quella schietta amorevolezza, di quello zelo di superare l’un l’altro senza vituperio d’invidia, e di quel desiderio d’aiutarsi a vicenda, che animavano i vecchi e i giovani artisti di quel tempo. Componevano tutti come una concorde famiglia, e d’altri piaceri non andavano in cerca se non di quelli che offriva loro lo studio.
Quei giovanetti poi avevano trovato un bel modo per goderne insieme e con maggior frutto. Poichè il dì delle feste si riunivano in lieta compagnia, non già per darsi a frivoli passatempi o divenire importuni ad altrui; ma, recando seco il bisognevole per disegnare, andavano per Firenze a copiare le opere più lodate, così nei chiostri dei conventi come nei cortili dei palagi, e talor’anco all’aperta campagna per entro alle ville circonvicine.
Era pur bello vedere quella brigata di giovani e di fanciulli accostarsi con venerazione ai monumenti dei nostri antichi, e dare opera chi ad una copia, chi ad un’altra, ricercandone a gara le riposte bellezze; i più esperti esser d’aiuto ai novelli compagni; ed ora con festevoli detti, ora con ammirazione alle cose più belle, manifestare l’ingegno, lo zelo, e la fratellanza che tutti insieme gli univano. I principali di questa compagnia erano Nanni di Prospero delle Corniuole, Francesco di Girolamo dal Prato orefice, Nannoccio da s. Giorgio, il Diacceto, i Naldini, e molti altri fanciulli che poi riuscirono valentuomini nella loro professione2. E niuno di loro più si affaticava, nè con più amore di quello che faceva Francesco. Anche Giorgio fu subito del bel numero, e in coteste occasioni nelle quali singolarmente spiccava l’abilità di ciascuno, fece nascere di sè molto belle speranze; la qual cosa era di gran soddisfazione a Francesco.
Intanto l’esempio di quel fanciulli così solleciti d’imparare, i loro costumi onesti e il contegno rispettoso, giovavano a tutti gli altri, i quali si astenevano dall’andare oziando, dall’abbandonarsi alle frivolezze e dal far villanie, come sogliono coloro che non si curano della stima dei cittadini.
Quindi lo spirito di unione che era tra i giovani ed i fanciulli contribuiva non poco all’avanzamento e all’indipendenza dell’arte; e generava in loro la forza che è necessaria a superarne le difficoltà ed i rischi.
Dopo alcun tempo Giorgio fu messo a studiare con Baccio Bandinelli; e fece tanto che vi tirò anche Francesco con molta utilità dell’uno e dell’altro; perciocchè impararono e fecero stando insieme più frutto in un mese che non avevano fatto disegnando da loro in due anni; siccome anco fece un altro giovinetto, che similmente stava allora col Bandinello, chiamato Nannoccio dalla costa San Giorgio.3
Note
- ↑ Sulla fine del secolo passato questa chiesa fu soppressa e incorporata nel nuovo casamento del Sig. Ab. Carovana.
- ↑ Vasari. Vita di Cecchin Salviati.
- ↑ Vasari, Vita di Cecchin Salviati. — Non crediamo che il Vasari, benchè dica precisamente così, potesse tenere il Bandinello in conto di buon maestro.