Saggi poetici (Kulmann)/Parte terza/Callimaco
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CALLIMACO
LA GROTTA D’AMORE
295Quel dì, ch’anticamente
Alla possente Dea
Delle selve era sacro,
Lietissimo drappello
Di fanciulle, lasciata
300La paterna capanna,
Inver la spiaggia andonne
Del non lontano mare,
Per celebrar ne’ vaghi
E pittoreschi avanzi
305D’un antico tempietto,
La festa della Dea
Lietamente cantando
E danzando a vicenda.
Deh! salve, augusta prole
310Del poderoso Giove
E di Latona bella,
Suora del Dio-Cantor.
Tu volontier percorri
Le scoscese montagne
315E le vallee ombrose,
Abbandonando il ciel.
Tu riposi talora
Ai confin di quel bosco
In mezzo alle tue Ninfe,
320Il fido cane ai piè.
Tu traversi pur anco
La vicina pianura,
Tratta da bianche cerve
In aureo carricel.
325Spesso di questo tempio
Nel recinto tu dormi,
Lassa dal caldo estivo
Quand’è in meriggio il sol.
Qui n’aduniamo, o Dea,
330Per celebrar tua festa,
Abbellando tuo tempio
Con olezzanti fior.
Deh? salve, augusta prole
Del poderoso Giove
335E di Latona bella,
Suora del Dio-Cantor.
Un vecchio Pastore
(da sè.)
Di lor ridermi io voglio,
E poscia i detti miei,
Quali amistà m’inspira,
340Indicheran quai danni,
Incontrar ponno osando
Venir così solette,
Ove non solo approda
Il pescator contento,
345Carco di ricca preda;
Ma pur di tratto in tratto
Il crudele pirata,
Che, nel giunco nascosto,
Intero il giorno attende
350Pazientemente il giugnere
D’inavveduta preda.
(alle fanciulle)
Pian piano, figlie mie!
Non riempite l’aria
Delle vostre canzoni,
355E non svegliate Amore!
Le Fanciulle
Ma chi è mai quell’Amore,
In cui favor tu brami
Che celebriam tacendo,
Siccome il muto gregge
360Che l’ampio mar nutrica,
Questo dì sacro a Diana?
Il Pastore
Egli è fanciullo ardito,
D’arco e di frecce armato
Ch’ora dorme in un antro
365Non lontano dal mare.
Le Fanciulle
S’egli fosse fanciullo
Al seno della madre,
Canteremmo pian piano,
Per timor di svegliarlo.
370Ma che n’importa adulto
Giovinetto, che è ignoto
A tutte noi qual vedi:
Perchè, dormir volendo,
Altro luogo non scelse?
Il Pastore
375Giovinette prudenti,
Non provocate mai
La collera d’Amore!
Benchè giovine ei sia,
È da temersi molto.
Le Fanciulle
380Vecchio, qui ne difende
La possente Dïana,
E non temiam fanciullo,
Benchè malvagio ei sia,
Il Pastore
Figlie mie! contro Amore
385Difendervi la stessa
Dïana non potrebbe,
Benchè figlia di Giove
E sorella d’Apollo.
Le Fanciulle
È fors’egli del cielo
390Abitator tremendo,
Quasi egual per la forza
Al poderoso Giove?
Il Pastore
Giove istesso il paventa
E Nettuno e Plutone,
395E innanzi a lui pur tremano
Tutti i Numi del cielo.
Le Fanciulle
Tu spaventarci vuoi!...
O forse, vecchierello,
Egli è così deforme,
400Che ’l solo aspetto suo
Già t’ispiri terrore?
Il Pastore
Anzi di tutti i Numi
È il più leggiadro a fronte
Per fin d’Apollo istesso.
405Ma l’immensa sua possa
Limiti non conosce.
E quant’ei puote, sallo
L’orgogliosa Callisto,
Favorita di Diana.
410Ella un giorno beffarsi
D’Amore osava, ed egli:
«Il guiderdon ne avrai,»
Disse crucciato, «il giuro.»
E senz’indugio spiega
415L’infaticabil’ali,
Drittamente volando
Verso l’eccelse cime
Del misterioso Latmo,
E vi cerca un caprajo
420Ch’ha vieppiù di cent’anni.
Pendegli lunga lunga
La sconcissima barba;
E tale è sua bruttezza,
Che non ha pari al mondo.
425E gli comanda Amore
Non interrottamente
Sette notti corcarsi
In sulla istessa via,
Che ’l luminoso carro
430Di Diana percorre.
Ei sa, che in quelle notti
La colpevole Ninfa
Accompagna la Dea:
E per quanto le spiaccia,
435È forza che Callisto
Scenda dal carro immoto,
E lo squallido vecchio
Per amore o per forza
Sempre tre volte baci.
Le Fanciulle
440Tu perdonaci, o Dea,
Se in più temprate note
Noi cantiamo tue lodi,
Per timor che nell’antro
Vicino Amor si svegli!...
445Ma tu dinne, o diletto
Padre, hai tu mai veduto
Amore? ed egli in fatti
Ti sembrò così bello?
Il Pastore
Che mi date, o fanciulle,
450S’io vi dipingo Amore?
La prima
Eccoti questa cesta
La seconda
Eccoti questa coppa.
La terza
Il capo adornerotti
Di berretto gentile.
La quarta
455Ed io nastri leggiadri,
Ti darò, per le figlie.
Il Pastore
Basta, mie care, basta!,
Deh! state attente a quello,
Ch’ora contarvi io voglio.
460Tre lustri appena avea,
Quando la prima volta
In questa valle io venni
Colla peregrinante
E numerosa mandra.
465Le pecorelle, esauste
Dal cammino e dal caldo,
Coricaronsi all’ombra
Di que’ tigli ramosi;
Io men andai del mare
470Alla prossima spiaggia
Per cercarvi leggiadre
E conchiglie e pietruzze,
Onde recarle in dono
Alle suore tornando.
475Udir mi sembra, presso
Di quell’ameno colle,
Il piacevole suono
Di pastorali avene.
Poco a poco distinguo
480Aggradevol concento
Di più suoni diversi
E fra sè concordanti,
Che sono ognor gli stessi.
Pur m’incanta la strana
485Ammiranda armonia.
Entro con ratti passi
Nella foresta oscura,
Donde venir mi sembra;
Odo sempre gli stessi
490Dolci e concordi suoni,
Che più chiari, distinti
E schietti e pieni echeggiano
A ciaschedun mio passo.
Già so, che non proviene
495Quell’ameno concerto
Da numerose avene,
Nel medesimo tempo
Tutte insieme suonanti,
Pure indagar non posso
500E d’onde nasca e come.
La tenebrosa selva
Quasi intera varcata,
Eccomi pel stupore
Quasi fiso alla terra,
505All’aspetto d’un colle,
Qual finor mai non vidi,
Benchè sortii la cuna
Appiè del Pindo, noto
Per il ridente aspetto
510Che d’intorno il circonda.
Cinge il capo del poggio
Mescolanza ammiranda
Di splendenti e vezzosi,
A me non noti fiori.
515Poveri ed infiniti
Diafani ruscelletti
Ne discendon con onda
E lenta ed interrotta,
Pressoché goccia a goccia.
520Li riceve un bacino
Larghissimo di marmo.
Che sotto a l’onde brilla
Con le diverse tinte
Del più bel labradoro.
525Quel monticel veggendo,
Direste una Sirena,
Dall’ocèano emersa,
Che sulla riva siede,
E pastorelli e mandre
530Colla sua voce incanta,
Mentre a bell’agio asciuga
La foltissima chioma,
Che il salso flutto piove,
Ai bei raggi del sole.
535Scorgo a’ piedi del colle
Spaziosissimo un antro
Da cui sembran uscire
Quegli armoniosi accenti,
Che le stillanti gocce
540Producono cadendo.
Quant’ammirato e attonito
Della grotta all’ingresso
Stetti a mirar nel sasso
Gli animali e le piante,
545Tutto opera miranda
Che l’indefessa mano
Di possente Natura
Col metallo produce,
Che tignendola impregna
550La liquefatta pietra.
Sempre dinanzi agli occhi
Stammi un leggiadro nido,
Dove con rotte scorze
Si vedevano tre ova:
555Dall’uno avanza a stento
Un augellin spennato
Il beccherello negro
E ’l roseo collicino;
Mezzo uscito dall’altro
560Sorge augellin giallogno
Che tutto mira intorno;
Sta il terzo, su i frantumi
Del carcere spezzato,
Trïonfator superbo.
565Solo agli occhi credendo,
Diresti che ’l liquore
Riformator, nel ratto
Corso suo, li sorprese
Tutti tre in quello stato,
570E di vita privandoli,
Li cangiò alfine in sasso:
Tale è la somiglianza!
Entro poi nella grotta.
O gran Numi, che veggo!
575Quivi riposa Amore.
Qual bianchissima massa
Di marittima spuma,
Che, sovra oscura rupe
Della riva giacendo,
580Segue ’l moto uniforme
Della marea crescente:
Tale in placido sonno
Egli nell’antro giace.
Brilla l’aureo turcasso,
585Pieno di frecce alate,
Al suo fianco. Sull’arco
Formidabile siede
Sonnacchiando colomba,
Lassa dal lungo volo,
590Con securtà calando
Le candidette penne.
Par che dal corpo emani
Dell’immortal fanciullo
Un celeste chiarore,
595Che, qual face velata,
Tutto l’antro rischiara.
Muove per caso il Dio
Una mano, e par quasi
Cercar nella faretra
600Egli un telo volesse.
Vedesi nel suo volto
Lo sdegnoso sorriso
Della pronta vendetta.
Egli la mano innalza;
605Io, di paura pieno,
Fommi indietro, fuggendo
Spavento la colomba,
Che di subito spiega
L’ali e gira chiassosa
610Tutta la grotta intorno.
Temo ch’ella volando
Sturbi il sonno del Nume,
Precipitoso fuggo
Dalla caverna, e corro
615Alla sinistra in vece
Di prender l’altra via.’
Vennemi un vecchio incontro,
E sorridendo disse:
«Tu, giovine, ora giungi
620Dalla grotta d’Amore:
Al terror tuo lo veggo,
Che ’l tuo pallido volto
E le tremanti labbra
Scolorite dimostrano.
625Odi, e nel cor t’imprimi
Ciò che in simil frangente
L’avolo un dì mi disse:
«Se ospite inaspettato
Il poderoso Amore
630Viene alla soglia tua,
Tu rispettosamente
E con piacer lo accogli:
Ma non svegliare, o figlio,
Mai l’Amore, se ei dorme!
635Anzi del suo riposo
Approfittar tu dèi
Per adempir tranquillo
Quel che ’l dover t’impone.
E così fa la savia
640Giovane genitrice
(E imitar tu la dêi):
Ella, vedi, prepara
Il semplice suo cibo,
Mentre il pargolo dorme:
645Che quando ei desto sia,
Non le darà più tregua
Non volendo forzandola
A lasciare le cure
Della modesta casa.