Saggi poetici (Kulmann)/Parte terza/Callimaco

Parte terza - Callimaco

../Filota ../Teocrito IncludiIntestazione 1 febbraio 2022 75% Da definire

Parte terza - Filota Parte terza - Teocrito
[p. 247 modifica]

CALLIMACO


LA GROTTA D’AMORE

295Quel dì, ch’anticamente
     Alla possente Dea
     Delle selve era sacro,
     Lietissimo drappello
     Di fanciulle, lasciata
     300La paterna capanna,
     Inver la spiaggia andonne
     Del non lontano mare,
     Per celebrar ne’ vaghi
     E pittoreschi avanzi
     305D’un antico tempietto,
     La festa della Dea
     Lietamente cantando
     E danzando a vicenda.

Deh! salve, augusta prole
     310Del poderoso Giove
     E di Latona bella,
     Suora del Dio-Cantor.

Tu volontier percorri
     Le scoscese montagne
     315E le vallee ombrose,
     Abbandonando il ciel.

Tu riposi talora
     Ai confin di quel bosco
     In mezzo alle tue Ninfe,
     320Il fido cane ai piè.

Tu traversi pur anco
     La vicina pianura,
     Tratta da bianche cerve
     In aureo carricel.

325Spesso di questo tempio
     Nel recinto tu dormi,
     Lassa dal caldo estivo
     Quand’è in meriggio il sol.

Qui n’aduniamo, o Dea,
330Per celebrar tua festa,
Abbellando tuo tempio
Con olezzanti fior.

Deh? salve, augusta prole
Del poderoso Giove
335E di Latona bella,
Suora del Dio-Cantor.
Un vecchio Pastore
(da sè.)

Di lor ridermi io voglio,
     E poscia i detti miei,
     Quali amistà m’inspira,
     340Indicheran quai danni,
     Incontrar ponno osando
     Venir così solette,

[p. 248 modifica]

     Ove non solo approda
     Il pescator contento,
     345Carco di ricca preda;
     Ma pur di tratto in tratto
     Il crudele pirata,
     Che, nel giunco nascosto,
     Intero il giorno attende
     350Pazientemente il giugnere
     D’inavveduta preda.
(alle fanciulle)
Pian piano, figlie mie!
     Non riempite l’aria
     Delle vostre canzoni,
     355E non svegliate Amore!
Le Fanciulle
Ma chi è mai quell’Amore,
     In cui favor tu brami
     Che celebriam tacendo,
     Siccome il muto gregge
     360Che l’ampio mar nutrica,
     Questo dì sacro a Diana?
Il Pastore
Egli è fanciullo ardito,
     D’arco e di frecce armato
     Ch’ora dorme in un antro
     365Non lontano dal mare.
Le Fanciulle
S’egli fosse fanciullo
     Al seno della madre,
     Canteremmo pian piano,
     Per timor di svegliarlo.
     370Ma che n’importa adulto
     Giovinetto, che è ignoto
     A tutte noi qual vedi:
     Perchè, dormir volendo,
     Altro luogo non scelse?
Il Pastore
375Giovinette prudenti,
     Non provocate mai
     La collera d’Amore!
     Benchè giovine ei sia,
     È da temersi molto.
Le Fanciulle
380Vecchio, qui ne difende
     La possente Dïana,
     E non temiam fanciullo,
     Benchè malvagio ei sia,
Il Pastore
Figlie mie! contro Amore
     385Difendervi la stessa
     Dïana non potrebbe,
     Benchè figlia di Giove
     E sorella d’Apollo.
Le Fanciulle
È fors’egli del cielo
     390Abitator tremendo,
     Quasi egual per la forza
     Al poderoso Giove?
Il Pastore
Giove istesso il paventa
     E Nettuno e Plutone,
     395E innanzi a lui pur tremano
     Tutti i Numi del cielo.

[p. 249 modifica]

Le Fanciulle
Tu spaventarci vuoi!...
     O forse, vecchierello,
     Egli è così deforme,
     400Che ’l solo aspetto suo
     Già t’ispiri terrore?
Il Pastore
Anzi di tutti i Numi
     È il più leggiadro a fronte
     Per fin d’Apollo istesso.
     405Ma l’immensa sua possa
     Limiti non conosce.
     E quant’ei puote, sallo
     L’orgogliosa Callisto,
     Favorita di Diana.
     410Ella un giorno beffarsi
     D’Amore osava, ed egli:
     «Il guiderdon ne avrai,»
     Disse crucciato, «il giuro.»
     E senz’indugio spiega
     415L’infaticabil’ali,
     Drittamente volando
     Verso l’eccelse cime
     Del misterioso Latmo,
     E vi cerca un caprajo
     420Ch’ha vieppiù di cent’anni.
     Pendegli lunga lunga
     La sconcissima barba;
     E tale è sua bruttezza,
     Che non ha pari al mondo.
     425E gli comanda Amore
     Non interrottamente
     Sette notti corcarsi
     In sulla istessa via,
     Che ’l luminoso carro
     430Di Diana percorre.
     Ei sa, che in quelle notti
     La colpevole Ninfa
     Accompagna la Dea:
     E per quanto le spiaccia,
     435È forza che Callisto
     Scenda dal carro immoto,
     E lo squallido vecchio
     Per amore o per forza
     Sempre tre volte baci.
Le Fanciulle
440Tu perdonaci, o Dea,
     Se in più temprate note
     Noi cantiamo tue lodi,
     Per timor che nell’antro
     Vicino Amor si svegli!...
445Ma tu dinne, o diletto
     Padre, hai tu mai veduto
     Amore? ed egli in fatti
     Ti sembrò così bello?
Il Pastore
Che mi date, o fanciulle,
     450S’io vi dipingo Amore?
La prima
Eccoti questa cesta
La seconda
Eccoti questa coppa.
La terza
Il capo adornerotti
     Di berretto gentile.
La quarta
455Ed io nastri leggiadri,
     Ti darò, per le figlie.

[p. 250 modifica]

Il Pastore
Basta, mie care, basta!,
     Deh! state attente a quello,
     Ch’ora contarvi io voglio.
460Tre lustri appena avea,
     Quando la prima volta
     In questa valle io venni
     Colla peregrinante
     E numerosa mandra.
     465Le pecorelle, esauste
     Dal cammino e dal caldo,
     Coricaronsi all’ombra
     Di que’ tigli ramosi;
     Io men andai del mare
     470Alla prossima spiaggia
     Per cercarvi leggiadre
     E conchiglie e pietruzze,
     Onde recarle in dono
     Alle suore tornando.
475Udir mi sembra, presso
     Di quell’ameno colle,
     Il piacevole suono
     Di pastorali avene.
     Poco a poco distinguo
     480Aggradevol concento
     Di più suoni diversi
     E fra sè concordanti,
     Che sono ognor gli stessi.
     Pur m’incanta la strana
     485Ammiranda armonia.
     Entro con ratti passi
     Nella foresta oscura,
     Donde venir mi sembra;
     Odo sempre gli stessi
     490Dolci e concordi suoni,
     Che più chiari, distinti
     E schietti e pieni echeggiano
     A ciaschedun mio passo.
     Già so, che non proviene
     495Quell’ameno concerto
     Da numerose avene,
     Nel medesimo tempo
     Tutte insieme suonanti,
     Pure indagar non posso
     500E d’onde nasca e come.
La tenebrosa selva
     Quasi intera varcata,
     Eccomi pel stupore
     Quasi fiso alla terra,
     505All’aspetto d’un colle,
     Qual finor mai non vidi,
     Benchè sortii la cuna
     Appiè del Pindo, noto
     Per il ridente aspetto
     510Che d’intorno il circonda.
Cinge il capo del poggio
     Mescolanza ammiranda
     Di splendenti e vezzosi,
     A me non noti fiori.
     515Poveri ed infiniti
     Diafani ruscelletti
     Ne discendon con onda
     E lenta ed interrotta,
     Pressoché goccia a goccia.
     520Li riceve un bacino
     Larghissimo di marmo.
     Che sotto a l’onde brilla
     Con le diverse tinte
     Del più bel labradoro.
     525Quel monticel veggendo,
     Direste una Sirena,
     Dall’ocèano emersa,
     Che sulla riva siede,
     E pastorelli e mandre
     530Colla sua voce incanta,
     Mentre a bell’agio asciuga
     La foltissima chioma,
     Che il salso flutto piove,
     Ai bei raggi del sole.
535Scorgo a’ piedi del colle
     Spaziosissimo un antro
     Da cui sembran uscire
     Quegli armoniosi accenti,

[p. 251 modifica]

     Che le stillanti gocce
     540Producono cadendo.
Quant’ammirato e attonito
     Della grotta all’ingresso
     Stetti a mirar nel sasso
     Gli animali e le piante,
     545Tutto opera miranda
     Che l’indefessa mano
     Di possente Natura
     Col metallo produce,
     Che tignendola impregna
     550La liquefatta pietra.
     Sempre dinanzi agli occhi
     Stammi un leggiadro nido,
     Dove con rotte scorze
     Si vedevano tre ova:
     555Dall’uno avanza a stento
     Un augellin spennato
     Il beccherello negro
     E ’l roseo collicino;
     Mezzo uscito dall’altro
     560Sorge augellin giallogno
     Che tutto mira intorno;
     Sta il terzo, su i frantumi
     Del carcere spezzato,
     Trïonfator superbo.
     565Solo agli occhi credendo,
     Diresti che ’l liquore
     Riformator, nel ratto
     Corso suo, li sorprese
     Tutti tre in quello stato,
     570E di vita privandoli,
     Li cangiò alfine in sasso:
     Tale è la somiglianza!
Entro poi nella grotta.
     O gran Numi, che veggo!
     575Quivi riposa Amore.
     Qual bianchissima massa
     Di marittima spuma,
     Che, sovra oscura rupe
     Della riva giacendo,
     580Segue ’l moto uniforme
     Della marea crescente:
     Tale in placido sonno
     Egli nell’antro giace.
     Brilla l’aureo turcasso,
     585Pieno di frecce alate,
     Al suo fianco. Sull’arco
     Formidabile siede
     Sonnacchiando colomba,
     Lassa dal lungo volo,
     590Con securtà calando
     Le candidette penne.
Par che dal corpo emani
     Dell’immortal fanciullo
     Un celeste chiarore,
     595Che, qual face velata,
     Tutto l’antro rischiara.
Muove per caso il Dio
     Una mano, e par quasi
     Cercar nella faretra
     600Egli un telo volesse.
     Vedesi nel suo volto
     Lo sdegnoso sorriso
     Della pronta vendetta.
     Egli la mano innalza;
     605Io, di paura pieno,
     Fommi indietro, fuggendo
     Spavento la colomba,
     Che di subito spiega
     L’ali e gira chiassosa
     610Tutta la grotta intorno.
     Temo ch’ella volando
     Sturbi il sonno del Nume,
     Precipitoso fuggo
     Dalla caverna, e corro
     615Alla sinistra in vece
     Di prender l’altra via.’
Vennemi un vecchio incontro,
     E sorridendo disse:
     «Tu, giovine, ora giungi
     620Dalla grotta d’Amore:
     Al terror tuo lo veggo,
     Che ’l tuo pallido volto

[p. 252 modifica]

     E le tremanti labbra
     Scolorite dimostrano.
     625Odi, e nel cor t’imprimi
     Ciò che in simil frangente
     L’avolo un dì mi disse:
     «Se ospite inaspettato
     Il poderoso Amore
     630Viene alla soglia tua,
     Tu rispettosamente
     E con piacer lo accogli:
     Ma non svegliare, o figlio,
     Mai l’Amore, se ei dorme!
     635Anzi del suo riposo
     Approfittar tu dèi
     Per adempir tranquillo
     Quel che ’l dover t’impone.
     E così fa la savia
     640Giovane genitrice
     (E imitar tu la dêi):
     Ella, vedi, prepara
     Il semplice suo cibo,
     Mentre il pargolo dorme:
     645Che quando ei desto sia,
     Non le darà più tregua
     Non volendo forzandola
     A lasciare le cure
     Della modesta casa.