Saggi poetici (Kulmann)/Parte prima/La querciola
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LA QUERCIOLA
Noi, cui pur anco il sole
In questa vita splende,
Te salutiamo, o amica,
Che morte ci rapì.
5Viva t’amammo, o Eudora
Dall’armoniosa voce;
O dell’arpa inventrice,
T’amiamo estinta ancor.
Quei, che tuoi canti udiro
10A Proserpina sacri,
O vergine, il tuo nome
Sempre rammenteran.
Plutone udita ch’ebbe
Sua sposa te lodare,
15Pregò l’Aurora, e seco
Al mondo te rapì.
Al tuo sparir, coprissi
Febo di nubi il volto,
Cadder le foglie al bosco,
20Gli augelli ammutolir.
Ma te in aurata stanza
Il Re dell’ombra ammira,
Te Lino ed Arïone
Dell’aurea lira i Re;
25Mentre di fiori ornando
La tomba tua, piangiamo
Lei che quantunque estinta,
È sempre il nostro amor.
Al cominciar d’autunno
30Così vaghe donzelle
Meste cantaro in coro
Sulla salma ancor calda
Della diletta amica.
Poi d’un platano ai rami
35Sulla tomba sospesi,
Con nastri avvinta posero
Un’arpa armonïosa,
Dall’estinta creata.
Eudora, la nipote
40Vezzosetta di Lino,
Avea compita appena
La duodecima state,
E niuno ardia nel canto
O sul liuto mostrarsi
45A contenderle il vanto.
Onde gli abitatori
De’ lieti campi d’Enna
La prescelsero unanimi,
E colla lira il canto
50Le affidaro dell’Inno
A Cerere-nutrice.
Eudora fra le cure
Di tanto peso imposto
A sì tenera etade,
55A meditar ritrassesi
Sovra colle romito
Alle Camene sacro.
Ivi implorò le Muse
Ad ispirarla e tosto
60All’opera si pose.
Arde la fronte, immoti
Risplendono gli sguardi.
Come su verde prato
Allo spuntar d’aprile
65Sorgono a mille i fiori;
Dal profondo del core
Così in Eudora sorgono
Mille pensier diversi
Or lucidi, ed or foschi,
70E nuovi, e fieri, e arditi,
E sublimi, e grandiosi;
Or teneri or vezzosi,
Piacevoli e giocondi:
Tosto un pensier fra tanti
75S’affaccia e si dilegua.
E quando riede e splende
All’anima sorpresa,
A poco a poco prende
Degli altri il loco, e sorge
80Gigante, e signoreggia
In non diviso impero
L’alta mente soggetta.
Lo spirto allor, siccome
Esperto industre artefice
85Spigolando tra quelli,
Unisce insiem l’ordito
Ponderato lavoro.
Or cangia, ed or corregge:
Toglie, forbisce, aggiugne,
90E, alfin l’opra compiuta,
Stupito e lieto ammira
Il perfetto lavoro.
«Voi deste le parole,
Benevoli Camene!
95Il dono or voi compite
Inspirando armonia
Degna dell’alte Dive
Che a celebrar m’accingo.»
Le inspiratrici Muse
100Così invocava Eudora
Con fervida preghiera.
Placido sonno chiude
Alla fanciulla i rai:
E in vago sogno vede
105A se dinanzi Clio
Seduta sovra aurato
Tripode, e starle ai piedi
Nuovo stromento, simile
Benchè minore, a un’arpa.
110Poscia con chiara voce
L’inno canta la Dea
Che innanzi il sonno avea
Composto Eudora. Oh! quali
Udía suoni soavi!
115Quai rivi d’armonia
Sgorgavano da quelle
Dolci labbra divine!
Ma se il sublime canto
L’invaghiva, sorpresa
120Vie più si stava al suono
Dell’ignoto stromento,
Le cui corde, non tocche
Dalle dita di Clio,
Suonano accompagnando
125Il canto della Dea:
Sembra che a dar lor vita
Basti un sospir....
Ma il freddo
Di vespertina auretta
Rapisce il dolce sogno
130Col sonno a Eudora. Oh! Numi,
Con quanta meraviglia
Ella si vede accanto
Quell’arpa istessa, dono,
Inestimabil dono
135Dalla propizia Clio.
Impaziente imita
Ella il canto di Clio,
Ver le corde inclinata:
Non tocche e ossequiose
140Suonan docili, e seguono
Della felice Eudora
Il vago canto. Allora
Tra sè risolse andarne
Di Cerere alla festa
145E secondar suo canto
Non con la lira usata,
Ma con l’arpa ch’è dono
Delle Camene sacre.
È giunto il dì: ai piedi
150De’ simulacri stassi
Assisa Eudora, e scioglie
La melodiosa voce.
Intuona l’inno e lascia
Inoperosa l’arpa.
155Ammira l’affollata
Turba che tace e ascolta
Il verso e l’armonia.
Ma più stupita stassi,
Quand’improvvisa sorge
160Dello stromento ignoto
Spontaneo suon che segue
La chiara voce e il canto
Della fanciulla... Preso
Da insolito spavento
165Ognun chinò la fronte
Infino a terra, quando,
L’inno compiuto, vedesi
Dalla man di ghirlande
Carica di Proserpina,
170Caderne una di vaghi
Amaranti intrecciata,
Che quasi premio restasi
Sovra dell’arpa appesa.
Cadente il sol, le turbe
175Accompagnaro Eudora
Prediletta alle Dive
Infino alla lontana
Sua capanna che siede
All’ombra d’un antico
180Largo fronzuto tiglio
In riva al Pergo, altero
De’ vaghi cigni suoi.
Già tuffasi nell’onde
Febo col carro ardente
185E vespero distende
Purpureo vel sul chiaro
E cheto lago: dormono
Gli abitator canori
Dell’onda in mezzo al giunco
190Che al par d’un bosco cuopre
Per lungo tratto il lido.
Sol un fra lor non dorme:
Sua dolcissima voce
Ei scioglie, e tu non odi
195Un lamento, un sospiro:
Tranquillo canta e attende
La non lontana morte.
Godon le turbe al canto
Inopinato: a Eudora
200Il cor tremò: rivolta
A una compagna, disse:
«Infausta è l’ora in ch’io
Udii quel canto: pronta
Ed immatura morte
205Egli m’annunzia: oh! amica,
Oggi tu udisti, credilo,
L’ultimo canto mio.»
Così fanciul ferisce
Inesperto, col ferro
210Un suo diletto arbusto:
Della paterna valle
Era l’onor: coperto
Ne’ lieti giorni estivi
D’innumere farfalle
215Dall’ali variopinte,
E nelle calde notti
Ricovero al canoro
Incantator de’ boschi
Melodioso usignuolo,
220Che del silenzio amico
Scioglie di notte il canto.
Or l’arboscello inchina
La smorta fronda a terra
E ad uno ad uno i fiori
225A preparargli cadono
Molle odorante tomba.
E tale Eudora vedesi
Ogni di più la guancia
Appassita languire.
230E pria che Diana in cielo
Deposto l’arco argenteo,
Preso avesse l’aurato
E risplendente scudo:
Un dì le sue campagne,
235Allo spuntar del sole
Nelle valli cercandola,
La ritrovaron gelida,
Priva di vita al piede
Del platano pietoso
240Che la sua tomba or cuopre.
Qual vedi nave riedere
Pomposamente impavida
Dalle feste di Delo,
E in suo cammin secura
245Fidarsi al chiaro lume
Che spande argentea luna;
Ma se improvviso turbine
Con atre nubi involge
E oscura il ciel d’intorno,
250Sconturba il mar e l’onde,
Dal sonno lor riscosse
Fin nel profondo abisso,
Trabalzata la nave
Da’ flutti alto-sonanti
255Come fanciullo in culla
Erra a lor grado, e stanchi
Del crudo giuoco e lungo
La rompono frementi
Sui durissimi scogli:
260Il nocchier, le dovizie,
Tutto l’oceano inghiotte:
E a’ nuovi rai del giorno
Che siegue, e lieto ascende
Dal già pacato seno
265Del roseo mar, tu vedi
Splender gli avanzi infranti
Della nave che al lido
L’onda gettò sdegnosa.
Le compagne piangendo
270All’amica pietose
Erser modesto tumulo
E quel d’intorno ornaro
Di rose e gelsomini:
Agli inchinati rami
275Del platano quell’arpa
Con vaghi nastri appesero,
Che mesta e muta ancora
Lei che l’usò rammenta.
Ma allor ch’insiem col verno
280Le tempeste spariro,
E l’importune brine,
E la stagion de’ fiori
Lieta reddiva al canto
Di mille e mille augelli,
285Nei vaghi campi d’Enna
Riedon le meste vergini
A salutare il tumulo
D’Eudora: ed oh! qual gioia,
Scorgon l’amata tomba
290Lieta di folte rose
E gelsomini candidi.
Tosto a cantar accingonsi
In armoniose note
Dell’amica le lodi.
295Compiuto appena il canto,
L’arpa sospesa al platano
Sola comincia a gemere
In mestissimi accenti
Soavemente acerbi,
300E pur immoti dormono
Tutti nell’aere i venti.
Godono le donzelle
Il noto suono udendo
Dell’arpa armonïosa;
305E fra lor, una, crede
Frammista al suon dell’arpa
La voce aver udita
Della diletta amica.
E un’altra allor, «Sorelle
310Avviciniamci,» disse,
«E ripetiamo il canto
Presso alla tomba: allora
Se l’arpa di bel nuovo
Risuonerà, prestiamo
315Attento orecchio e udremo
La non ignota voce
E sue parole. «Presso
Del tumulo muscoso
Le giovani compagne
320Ricominciaro il canto:
Finito ch’ebber l’inno,
Di nuovo l’arpa suona
E odono le donzelle
Dell’amica la voce:
325Sembra leggiero soffio
Di venticello estivo,
Che a mezzo il giorno spira,
E pur odon distinte
Le sue parole: «O care,
330O dolci mie compagne!
Che tanto in vita amai
E ch’amo ancor fra l’ombre,
Ad ora ad ora, amiche,
A me pensate!» Il guardo
335Delle compagne errando
Sul tumulo muscoso,
Scuopre là dove il core
Posa d’Eudora, sorgere
Un fiorellino azzurro,
340Che piccol core aurato
Fra cinque foglie chiude.